TRACK
5
::
Step
by step
(
Chapter’s
Song
: Step by step – f(x) )
Onew’s PoV
Iniziava a ridere, a dire le prime parole,
a chiamarci “mamma” e
“papà”, a muovere i primi passi e fare i
primi disastri e
piccole emergenze, come quella volta in cui si era messa una mia felpa
sulla
testa, aveva giocato a moscacieca ed era andata a sbattere contro il
pianoforte
di Taemin.
«Maddie! Ah, sei proprio figlia di tuo
padre. Rassegnati amore, non esiste più la Onew sangtae ma
la Maddie sangtae!», era
accorsa subito
Luna togliendole la maglia dagli occhi ed
“attaccando” me che, per inciso, ero
appena entrato in casa.
«Ma che ho fatto?», mi domandai andando a
salutarle entrambe.
La cosa strana di nostra figlia era che non
piangeva. Qualsiasi cosa si facesse non piangeva. Certo si lamentava
come tutti
i bambini, ma non urlava né strepitava facendo scene da
opera tragica.
Compiuti tre anni assomigliava già in tutto
e per tutto a Luna anche se, come lei stessa aveva desiderato ancor
prima che
Maddie nascesse, aveva il mio sorriso.
Davanti ai nostri occhi vedevamo il fiore
del nostro amore crescere sempre di più, diventare un
bocciolo ed aprirsi in
una meravigliosa rosa.
Quando compì quindic’anni ormai la
somiglianza con sua madre era ovvia ed evidente.
Sin da bambina l’avevamo portata alla SM,
tanto per farle conoscere l’ambiente e tutti i suoi svariati
zii e zie
acquisiti.
Tutti l’avevano amata da subito ed avevo la
mia bella convinzione di essere l’unico ad aver avuto una
figlia alla SM, tra
gli artisti quantomeno.
Ed ora che era quindicenne era praticamente
diventata di famiglia.
Essendo entrambi cantanti non ci stupimmo
più di tanto quando scoprimmo anche la sua, di voce.
Raggiungeva e superava facilmente le ottave
che riusciva a toccare Luna, ma aveva la mia stessa morbidezza.
Era un connubio pressochè perfetto e quando
la sentii cantare The name I loved mi
commossi come mai mi era capitato di fare.
Nonostante fosse una canzone triste, quando
era piccola gliela cantavo spesso per farla addormentare.
E poi, oltre a ciò, era pur sempre mia
figlia e sentirla cantare era un’emozione grandissima, non
per modo di dire.
«Papà non piangere!», aveva esclamato
sorridendo del mio stesso sorriso, prendendomi un po’ in giro
assieme ai miei
adorati colleghi ed all’amore della mia vita quando le
risposi: «E chi
piange?».
Sì, effettivamente con gli occhi lucidi me
la sarei anche potuta risparmiare, ma ormai era grande, era
nell’ambiente della
SM praticamente dalla culla, quindi era inevitabile che a sua volta
fosse
interessata a quel mondo essendovi cresciuta dentro.
Non mancava mai di partecipare a qualsiasi
spettacolo scolastico, per dirne una. Evidentemente aveva ereditato il
gene
artistico da noi.
Oltre a ciò aveva un ottimo rapporto con
tutti, anche con i suoi zii e zie che ormai si reputavano tali di
natura.
Con Key andava a fare shopping e con
Krystal parlava di ragazzi come se fossero state amiche da una vita,
Tae le
insegnava a suonare il piano e Amber si occupava
dell’inglese.
Ed il bello era che tutto ciò succedeva
tutti i giorni come una routine ma non erano lezioni, era…
era una cosa
naturale che succedeva e basta.
E finchè Madison era felice mi sarebbe
andato bene tutto.
Taemin’s PoV
«Zio Tae?», chiese alzando lo sguardo.
Io continuai a suonare rispondendole con
un: «Sì, Maddie?».
«Tu quando… quando hai debuttato con
papà e
gli zii?».
Quella domanda mi spiazzò un po’, tuttavia
sorrisi, le rivolsi uno sguardo e poi risposi.
«Nel Duemilaotto, te l’abbiamo detto tante
volte»
«Sì, lo so, ma intendo… quanti anni
avevi?», mi chiese un po’ titubante. E forse stavo
anche capendo dove stava per
andare a finire.
La melodia divenne più lenta, meno
energica, più quasi da ninna nanna. Sospirai.
«Avevo quindic’anni, Madison. Come te»,
sorrisi di nuovo. L’anno del debutto era stato strano per me.
Avevo
quindic’anni, ero il più piccolo ed ero quello che
aveva più anni di scuola
davanti.
Dall’uscita di Replay,
ormai distante anni luce, anche le ragazze della mia classe
erano diventate mie fan ed era… strano. Parecchio strano. Un
ragazzino che
prima era tutto timido nel giro di un anno si era ritrovato ad avere
centinaia
di migliaia di fan, come già detto, anche a scuola.
Tuttavia nonostante avessi attorno decine
di ragazze nessuna mi interessava particolarmente, a meno fino a quando
non mi
diplomai, poi mi laureai e durante il primo concerto in Italia, a
Venezia,
incontrai Elisabetta, dieci anni fa, una giovane studentessa di lingue
orientali che per pagarsi gli studi faceva la cameriera nel locale accanto al nostro hotel. Il
bello era che lei
neanche sapeva chi fossi quando le andai a chiedere un caffè
macchiato. In
realtà prima rimasi un po’ scioccato quando la
salutai con un “salve”
decisamente strascicato e lei con un fluentissimo “annyeong
haseyo” come se
nulla fosse.
«Oh niente, si capisce dall’accento», mi
aveva risposto facendo spallucce quando le avevo chiesto come avesse
capito che
ero coreano.
«Paolo, un macchiato per favore! Anzi,
fanne due va!», aveva esclamato in italiano verso qualcuno
che io non avevo
potuto vedere ma del quale sentii la risposta.
«Sì Eli! A ‘sto punto ne faccio pure
cinquanta!»
«Eh, buona idea!», aveva riso di una risata
cristallina tornando ad occuparsi delle sue faccende.
«Mi chiamo Elisabetta, comunque»
«Io sono Taemin». E le avevo stretto la
mano.
Una volta tornato in hotel mi ero lasciato
letteralmente cadere sul letto e avevo guardato il soffitto.
«Elisabetta…», avevo detto appena.
Jonghyun si era fermato esattamente di
fronte a me e mi aveva fissato.
«Che accidenti hai detto?», aveva chiesto
strabuzzando gli occhi. Io mi ero semplicemente messo a ridere,
scuotendo la
testa come a dire: “non puoi capire”.
E invece poteva, ma dettagli.
«Zio Tae io… voglio entrare alla SM»,
sparò.
Un bel proiettile che mi colpì dritto in
mezzo al petto ma che non sentii più di tanto. Dopotutto me
l’aspettavo. Aveva
vissuto tra casa sua, l’asilo, il parco e la casa
discografica, quindi era
praticamente impossibile che decidesse di rimanere il più
lontana possibile da
quel mondo.
Nessuno l’aveva forzata, semplicemente
Jinki e Luna avevano trovato in un certo qual modo giusto far conoscere
anche a
lei l’ambiente semmai un giorno avesse voluto entrare a farne
parte anche lei.
E a quanto pareva quel giorno era arrivato.
«Okay. Come mai lo dici a me? Non
fraintendere, non è che non sia felice del fatto che ti vuoi
confidare con me
ma… l’hai detto a tuo padre?», domandai
e vedendola scuotere la testa non capii
perché, difatti fu quello che le chiesi.
«Perché penso che lui non sarà
d’accordo»
«No, non dire così. Ascolta
Maddie…», dissi
posandole una mano sulla spalla.
«Conosco tuo padre da tantissimi anni.
Siamo quasi come fratelli ormai, tu lo sai, e credimi se ti dico che
lui vuole
solo il tuo bene, così come lo vuole tua madre. Vogliono
solo che tu sia
felice. E se questo ti renderà felice stai certa che ti
lasceranno perseguire
il tuo sogno. Non vedo perché non dovrebbero farlo quando
d’altronde è stato
anche il loro, prima del tuo!», sorrisi.
Era stato il loro come il nostro e per
fortuna tutti avevamo avuto l’appoggio delle nostre famiglie.
Figuriamoci che il padre di Minho l’aveva
addirittura fatto desistere dalla volontà di perseguire la
carriera di
calciatore. E per fortuna, direi oggi.
«Dici?»
«Dico. Dai nipotina, non ti preoccupare!
Guarda, se ti va gliene parliamo assieme, eh?», domandai
sorridendole
nuovamente.
«Va bene zio. Grazie»
«Ma figurati», sorrisi baciandole la
fronte.
«Per la mia nipotina questo ed altro».
Come previsto Jinki la prese… in modo
strano.
Rimase zitto per parecchio tempo quando gli
parlai della decisione di Madison.
«Non lo so Taemin… insomma, avevo messo in
conto che essendo figlia nostra prima o poi sarebbe successo,
però…», esitò
passandosi stancamente una mano sugli occhi.
«Sai bene quanto me com’è la nostra vita
e…»
«Ascolta, ti posso dire una cosa?»,
domandai.
Il suo sguardo fu più che eloquente.
«Se non volevi che entrasse a far parte di
questo mondo forse non dovevi portarla agli studi a due anni di
vita»
«Non è questo Tae, lo sai bene»
«E allora qual è il problema?», esclamai
spazientito.
«Tua figlia è piena di talento. È
bella, ha
una bellissima voce, sa ballare… lo so che vorresti
preservarla dalla fatica,
dallo stress che questo lavoro comporta, lo farei anch’io se
io ed Elisabetta
avessimo una figlia! Ma ciononostante ricordati che questo è
stato il nostro
sogno, lo è ancora. E probabilmente ora è anche
il suo», dissi semplicemente.
Sarei sempre rimasto il maknae degli
SHINee, tuttavia ero cresciuto e anche se Jinki sarebbe sempre rimasto
il mio
hyung ora ci parlavamo come pari. Non che una volta non lo facessimo,
ma era
un’altra cosa. Ora mi sentivo di potergli dire determinate
cose, di potergli
parlare da uomo a uomo perché era quello che eravamo ormai,
e da parecchio.
Sospirò pesantemente. Potevo capire che
fosse una decisione difficile, ma era ciò che lei
voleva. Madison era intelligente e poteva ormai decidere da
sola per la sua vita, per ciò che avrebbe voluto fare.
D’altronde non avevamo
fatto lo stesso anche noi? E molto prima di quindic’anni?
Quindi perché lei non
avrebbe dovuto essere in grado di decidere?
«Avanti Jinki…»
«Oh, d’accordo!», concluse infine con un
mezzo sorriso che comunque era pur sempre un sorriso. Il che voleva
dire che
l’idea non dispiaceva nemmeno a lui. Non del tutto.
«Allora posso dirglielo?», domandai.
«No», disse scuotendo la testa, ficcando le
mani nelle tasche dei jeans.
«No, glielo dico io», sorrise nuovamente.
Annuii e sorrisi, facendo qualche passo
indietro e sentendo appena la porta che si apriva dietro di me.
«Okay hyung»
«Ah sei qui!», esclamò una voce che
conoscevo e nella quale sentii un sorriso.
Voltandomi incontrai lo sguardo azzurro e
caldo di Elisabetta.
«Puoi uscire un secondo? C’è mia madre
al
telefono, vuole farti gli auguri», sorrise tenendo una mano
sul ricevitore e
facendo spallucce.
Mi voltai un secondo verso Jinki ed alzai
una mano per salutarlo.
«Jinki, diglielo tu allora, ok?»
«Certo!».
E mentre uscii assieme ad Elisabetta lo
sentii chiaramente canticchiare “saengil chuka
hamnida”.
Sorrisi prendendo il ricevitore dalle mani
della mia fidanzata.
«Annyeong haseyo Marta!»
«Annyeong Taemin! Saengil chuka hamnida!».
E da là, dal mio italiano ancora un po’
strascicato e dal suo coreano altrettanto strascicato –
eravamo sulla stessa
barca sostanzialmente – iniziò una telefonata
eterna, degna della più fantastica
suocera italiana.
«Va
bene! Sì, sicuramente, non mancheremo! D’accordo
Marta! Annyeong! Ciao!»,
sorrisi chiudendo la comunicazione intercontinentale e restituendo il
cellulare
ad Elisabetta, passandole nel frattempo le braccia attorno alla vita.
«Tua madre vuole che la andiamo a trovare.
Il più presto possibile»
«Sì, lo so. Ha fatto una testa così
anche a
me. Ma per il momento non progetto di spostarmi da qui»
«Nemmeno io, sai», sorrisi baciandola.
«Tanto meglio», disse allontanandosi appena
e sorridendomi a sua volta di quel suo sorriso italiano che mi aveva
fatto
innamorare.
… Libretto
…
Annyo!
In questo capitolo abbiamo visto il secondo
flashforward della ff, un salto in avanti di diversi anni. So che
così facendo
ho accelerato le cose, ma capirete che non potevo perdere capitoli su
capitoli
a raccontare della crescita di Madison, altrimenti sarebbe diventata
una cosa
eterna e soprattutto noiosa.
Cooomunque, abbiamo visto la sua decisione.
Un po’ scontata, lo ammetto, ma è necessaria per
il proseguimento della storia
per come l’ho impostata (sennò andava per cavoli
suoi e veniva fuori un casino
xD).
E sì, sì l’ho fatto.
L’ho fatto.
Ho fatto venire gli SHINee da noi!
E ho messo Taemin con un’italiana! xD Ho
voluto togliermi uno sfizio, tutto qui ^^ Comunque non avrà
mai una posizione così importante nella ff ^^Ma non si sa
mai...
J u l
… Special
Thanks …
Per le
preziosissime recensioni ringrazio:
- Asuka
Black
e x_cyanide,
con le quali oltretutto mi scuso per il brusco cambiamento di pairing
^^” I’m
so sorry…
- Disclaimer
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puramente
casuale.
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