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Autore: TrollFace    12/01/2012    9 recensioni
Salve a tutti, siamo Kappinias e Ari_92 :D
In un momento di sclero totale abbiamo iniziato a scrivere questa long a quattro mani e ora, con questo account che dice tutto, abbiamo avuto il coraggio di pubblicare questa cosa...
E se Kurt e Blaine vivessero entrambi a New York ma non si fossero mai incontrati?
Uno scontro accidentale a Central Park potrebbe cambiare le loro vite, ma sanno davvero tutto l'uno dell'altro?
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"Gli dico il mio nome, e lo invito a prendere un caffè.
Prima che possa fermarlo mi dice come si chiama: Kurt.
Non voglio saperlo. Non voglio dare un nome ai ragazzi con cui vado a letto: in un certo senso sarebbe come se mi rimanessero addosso, e io non li voglio ricordare."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera ragazzi e ragazze ;) Qui Ari_92 e Kappinias!
Prima di lasciarvi al nuovo capitolo per farsi una mezza ideuzza su cosa ne pensa Blaine dell’incontro/scontro con Kurt, ci teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra preferite/seguite/ricordate, e chi ha recensito ç___ç Grazie mille :D
Non vi rubiamo altro tempo e vi lasciamo al nuovo capitolo, a presto ^_^

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non riesco a dormire. Saranno due ore che me ne sto qui, steso sul letto a fissare il soffitto. È noioso, è snervante.
Sono abituato ad arrivare a casa a orari indecenti ogni notte, e di solito sono talmente sfatto che non faccio nemmeno in tempo a raggiungere il letto che crollo addormentato.
 
E invece è quasi una settimana che non esco di sera. E non riesco a dormire.
 
Odio starmene qui al buio, in silenzio: ho bisogno di rumore, sempre e comunque. Qualunque tipo di rumore: traffico, bambinetti urlanti, gente che sproloquia e che puntualmente non sto a sentire.. Tutto, tranne il silenzio.
Devo avere qualche suono che mi riempia il cervello, se no finisce come sta accadendo adesso: i miei pensieri vengono a galla.
 
Il problema è che non posso e non voglio sentirli. Tanto so già che strada prenderebbero: la tua vita fa schifo Blaine, sei un codardo Blaine,  non hai neanche le palle per cercare di cambiare le cose Blaine.
Ah. Dimenticavo il più ricorrente:
Sei un fottutissimo stronzo, Blaine.
 
Lo so, grazie tante.
Il fatto è che ci vivo da quando mi ricordo, in questo torpore quotidiano: la mia famiglia è piena di soldi, quando mio padre sarà abbastanza vecchio da andare in pensione erediterò la sua azienda e passerò il resto della mia vita a fingere di essere felice. Come sempre del resto.
 
Non che sia tutta colpa dei miei genitori se la mia esistenza è così priva di significato, ma diciamo che hanno fatto la loro buona parte.
 
Dopo il diploma non ho neanche fatto in tempo a mettere piede in casa che mi avevano già dato in mano un biglietto di sola andata per New York, con allegato l’indirizzo dell’appartamento che mi avevano comprato, così, come se fosse un maglione.
Sarebbe stato meglio per me diventare indipendente fin da subito, hanno detto. Io penso che si volessero semplicemente liberare di me, dato che da quando hanno scoperto che sono gay nemmeno riescono a guardarmi in faccia.
Punti di vista.
Comunque da quando sono qui la mia vita non è cambiata più di tanto: prima non facevo un cazzo in Ohio, adesso non faccio un cazzo a New York.
 
 
Più che altro bighellono per Central Park, trovo ogni scusa possibile per non starmene in casa, e faccio sesso.
No, non con il mio ragazzo o qualcosa del genere. Io vado con gente di passaggio, sconosciuti che mi auguro di non incontrare mai più, e non è un proposito poi così difficile da mantenere in una metropoli con più di otto milioni di abitanti.
 
Non mi faccio problemi o sensi di colpa. I ragazzi con cui vado a letto cercano esattamente ciò che cerco io: un paio d’ore di divertimento, abbastanza da farci scordare per un attimo quanto facciano schifo le nostre vite.
 
Non so il nome di nessuno di loro, non mi ricordo le loro facce e se li incontrassi per strada nemmeno li riconoscerei.
 
 
Però è quasi una settimana che sto a casa la sera, ed è quasi una settimana che non mi porto a letto nessuno.
 
E non riesco a dormire.
 
“Blaine.. tesoro, non dormi?” Mi giro quel tanto che basta per incontrare un luccichio nell’oscurità, che riconosco provenire dagli occhi di mia moglie.
 
Già, mia moglie. Sono un fottutissimo stronzo.
 
Sorrido nel buio, accarezzandole distrattamente i capelli arruffati con il dorso della mano.
“Non preoccuparti Jess, tu riposati..” Lei mugugna qualcosa in risposta  e riprende subito a dormire, lasciandomi di nuovo al mio stramaledetto silenzio.
 
Ci ho provato a innamorarmi di Jessica, dico davvero.
 
Ci ho provato dal primo giorno in cui mio padre me la presentò, dal momento esatto in cui capii che, volente o nolente, quella giovane donna sarebbe diventata mia moglie.
Il fatto è che non ci riesco: non mi sono mai innamorato in vita mia, e di sicuro nella remota possibilità che accadesse non sarebbe con una donna.
Vivo di avventure di una notte, e mi va bene così.
 
Sto lontano da casa più tempo che posso perché davvero, ogni volta che la guardo mi sento morire. Non è per lei, è per me: sono uno stronzo, e Jess non merita una vita senza amore.
 
Guardo la sagoma del suo corpo, fiocamente illuminata dalla poca luce che penetra dalle persiane abbassate. A volte mi chiedo come faccia a non accorgersene.
Come può non avere qualche sospetto, magari dettato dal fatto che non sono mai a casa, che nonostante siamo sposati da poco non facciamo mai l’amore, o così, magari per via dell’odore di colonia da due soldi che mi lasciano addosso i ragazzi che mi scopo.
 
Forse semplicemente non si fa paranoie, o magari ha smesso di farsele, dato che è da quasi una settimana che resto in casa ogni fottutissima sera.
 
È cominciato tutto quel dannato giorno a Central Park.
 
Dico a Jessica che vado a fare due passi, quando voglio solo prendere un caffè fuori. Qualunque cosa per stare lontano da lei.
 
Poi lo vedo.
 
Un ragazzo piuttosto esile con i capelli castano chiari, che gira bruscamente l’angolo nella mia direzione, come se si sia deciso giusto in questo momento.
 
È immerso nella lettura del Times, così immagino non si sia accorto di me, che a mia volta ho cambiato leggermente senso di marcia mettendomi proprio nella sua traiettoria. Non mi ha visto. Prevedibile.
 
Ci scontriamo, e lui cade a gambe all’aria in un modo tanto plateale da farmi scoppiare a ridere.
Gli tendo la mano sfoggiando uno dei miei sorrisi più collaudati, e lui l’afferra, alzando lo sguardo su di me.
 
In quel momento capisco di essermi preso un enorme, allucinante abbaglio.
 
Vedo la faccia di quel ragazzo, e li conosco fin troppo bene i tipi come lui: romantici, facili ad arrossire e per niente propensi ad avventure di una botta e via.
Merda.. quando mi accorgo di soggetti del genere li evito a piè pari, ma quel giorno me ne rendo conto troppo tardi.
 
L’aiuto ad alzarsi, e lui mi fissa con un’espressione a metà tra l’imbarazzato e il divertito. Adorabile.
Mi sento stranamente a disagio, tanto che mi ritrovo a balbettare un po’ mentre mi scuso con lui. Abbassa gli occhi: scommetto che è sicuro sia colpa sua se ci siamo scontrati in quel modo.
 
Decido di staccare il cervello e fare come al solito: certo, appartiene ad una categoria che evito come la peste, ma ormai sono in gioco e quel ragazzo beh.. devo ammetterlo: non se ne vedono tutti i giorni di bellezze così pulite e innocenti.
 
Gli dico il mio nome, e lo invito a prendere un caffè.
Prima che possa fermarlo mi dice come si chiama: Kurt.
Non voglio saperlo. Non voglio dare un nome ai ragazzi con cui vado a letto: in un certo senso sarebbe come se mi rimanessero addosso, e io non li voglio ricordare.
 
Ma ormai è troppo tardi, e Kurt mi ha già detto di chiamarsi Kurt.
Passa un po’ di tempo e mi chiedo come reagirebbe questo ragazzo dai lineamenti così sottili e dagli occhi così chiari da riflettere la luce del sole, se gli proponessi quello che di solito propongo agli altri.
Mi piego su di lui per sussurrargli all’orecchio.
 
Qualche ora più tardi sono a casa sua, con lui che mi dorme a fianco.
Nella penombra della stanza vedo una foto incorniciata: un ragazzo e una ragazza che si abbracciano, lui esageratamente alto, lei piuttosto carina.
Kurt deve conoscere queste persone, forse sono suoi amici, magari parenti.
Un attimo, perché me lo chiedo? Cosa me ne importa in fondo? Non ci tornerò più in quella stanza, né rivedrò Kurt – perché accidenti mi ha detto il suo nome – ?!
Lo guardo mentre si accoccola sul mio petto.
 
Non posso negarlo: è stato fantastico. Dannatamente diverso da tutte le altre volte, completamente diverso perché di solito mi sento uno schifo quando è tutto finito, e mi fa schifo anche il tizio con cui sono andato.
Invece questa volta non riesco a detestare il ragazzo steso su di me.
Sospiro profondamente, poi accade qualcosa che non doveva succedere.
 
“Blaine..” Mormora Kurt, stringendomi ancora di più.
 
Oh no.
Lo sapevo, conosco i tipi come lui: ora crederà che non fosse solo sesso, vorrà rivedermi, vorrà vivere con me, sposarmi, comprare un cane..
Me lo stacco di dosso ed esco da quella stanza, rivestendomi mentre corro giù per le scale.
 
Che idiota che sono. Lo sapevo: non ci s’immischia con tipi come Kurt.
Oddio – Kurt – come faccio a dimenticarmi quel maledettissimo nome?
Non sono più andato nel solito bar, perché temevo mi aspettasse lì, non sono più andato in quella zona di Central Park per il terrore di vedermelo comparire da dietro il Times, e figuriamoci nei dintorni del suo appartamento.
 
Il problema è che da quando ho fatto sesso con lui sento ancora sotto le dita la sua pelle liscia, respiro ancora il suo profumo – perché non poteva comprare anche lui la solita colonia da due soldi? – e rivedo quegli occhi di ghiaccio su di me.
Non so cosa diavolo mi stia succedendo, a parte il fatto che da allora non sono più stato con nessuno.
 
Il fatto è che ho voglia di rivederlo, e non dovrei dato che è stato solo sesso.
Dovrei non sapere il suo nome, e non riuscire a riconoscerlo per strada.
La verità è che, adesso come adesso, sarebbe impossibile il contrario.
 
L’importante è continuare a evitare le zone a rischio.
Perché non posso permettermi di incontrarlo di nuovo, non posso per me e anche per quel ragazzo. Lo so come sono fatti quelli come lui, e non voglio spezzarlo, non voglio che diventi come me.
 
Eppure è quasi una settimana che non riesco a smettere di pensarci. E non vado a letto con nessuno. Ah, e ancora non riesco a dormire.
 
Che cosa mi hai fatto, Kurt?
  

   
 
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