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Autore: Jude Buckley    13/01/2012    2 recensioni
“Scopare, scopare, scopare..”
Perché nella sua testa, vi era quella vocina che ripeteva quasi come un mantra quelle parole.
Ed era proprio con quelle “soavi” parole nella mente, che improvvisamente, si ritrovò sbattuto violentemente con il culo contro il freddo asfalto, riportato alla cruda realtà da un manubrio di BMX, conficcato dritto in mezzo ai coglioni, la sua parte del corpo più vulnerabile, quasi considerata sacra..
“Ma che cazzo..”
Disse con voce flebile, facendo leva con le mani sul manubrio perfettamente incastrato tra le proprie gambe, spingendolo lontano da sé. In quel momento, si sentiva un po’ come un cane dopo la castrazione.
“Amico, tutto okay??”
Una voce nasale, gli penetrò nell’apparato uditivo.
Quasi d’impulso, alzò repentino lo sguardo verso la figura che aveva davanti. Si ritrovò faccia a faccia con un giovane dalla pelle olivastra, il naso tipicamente afroamericano e dei lunghi capelli neri, con dei boccoli che gli ricadevano sulle spalle.
“Tutto okay? Mi hai appena scoglionato!”
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

You’re our child, screamin’ wild

 

 

Prese sotto braccio il proprio skateboard, niente ginocchiere e niente casco..

Non era di certo il tipo di ragazzo attento alle norme di sicurezza. Fortuna che non aveva una madre petulante che gli imponeva di uscire di casa imbottito come se fosse un pazzo rinchiuso in una clinica psichiatrica o peggio, un soldato pronto per essere spedito in guerra.

 

Con passo cadenzato, si diresse verso la porta di casa, aprendone con uno scatto la serratura, stranamente chiusa a doppia mandata..

 

“Big Lilly, io esco!!”

 

Urlò a gran voce il ragazzo, senza nemmeno attendere la risposta di quella Santa donna che era sua nonna.

Non aveva pranzato, non aveva dormito, forse nemmeno era stato in bagno.

Ma poco importava, in quel momento aveva solo un’irrefrenabile voglia di scender giù da qualche rampa improvvisata, fatta con dei cartoni della pizza vuoti o con vecchi scatoloni, facilmente reperibili nel retro di qualche ristorante.

 

“Okay Steve, cerca di tornare in tempo, prima che Norman finisca il suo turno in fabbrica!”

 

Disse inutilmente Big Lilly, senza ricevere alcun responso.

Il ragazzo si era già richiuso la porta alle spalle, sbattendola con quel particolare menefreghismo che ogni volta, le faceva desiderare di non averlo mai accolto in casa propria.

 

“Sconsiderato.. Appena torna e soprattutto, se torna, se la vedrà con suo nonno..”

 

Disse tra sé e sé la donna, scuotendo energicamente il capo e tornando a svolgere le sue faccende domestiche, rassegnatasi ormai all’idea di avere un nipote irrecuperabile.

 

 

 

 

S’incamminò lungo lo stretto viale di casa, ricoperto da uno spesso strato di ghiaia, la più scadente che si poteva trovare in commercio a quel tempo. Poggiò la sua ormai consumata tavola di legno d’abete, sul cemento che ricopriva il marciapiede, salendoci sopra e sfrecciando lungo il breve tratto di strada che lo separava dallo skatepark, la sua tanto agognata meta. Di certo, non era una bella prova di resistenza al quale sottoporre le sue nuove Vans appena uscite dal miglior negozio di calzature in città.

Scarpe che costavano più del suo intero guardaroba, ma le desiderava ardentemente e la vecchia, aveva stranamente acconsentito a comprargliele.

Con quelle ai piedi, si sentiva quasi un pilastro della società Los Angelina, come se a qualcuno importasse realmente se indossasse un paio di scarpe ai piedi.

Peccato sarebbero durate poco, ma ci teneva a mostrarle alle ragazze della compagnia in tutto il loro splendore, come se quelle scarpe fossero un trofeo da esporre. Senza quelle ai piedi, sarebbe stato un qualunque sfigato di provincia, senza amici e senza una passera con la quale sollazzarsi, secondo la sua mentalità prettamente da giovane ragazzino di sedici anni.

Perché se non piacevi alle ragazze, potevi considerarti un nullafacente.

Ma lui, aveva tutte le carte in regola per far sì che le fanciulle, lo notassero in mezzo a tutti gli altri.

Lunghi capelli, di un biondo chiarissimo che, visti da alcune angolazioni, parevano addirittura bianchi.

Degli occhi di un blu acceso, così intenso che le pupille quasi non si notavano.

Un corpo snello e sottile, dato forse dalle interminabili ore passate a macinare chilometri sullo skateboard.

Una lieve peluria sul petto che lo rendeva virile, già a quell’età e che nel corso degli anni, si sarebbe notevolmente accentuata.

Delle braccia possenti, rese così forti dalle sue doti di batterista in erba.

Sì, perché lui era un batterista.. Un batterista che aveva abbandonato l’idea di suonare, o meglio, strimpellare la chitarra, perché innamorato perdutamente di Roger Taylor e Peter Criss.*

 

Insomma, un vero e proprio rocker, trasandato e tipicamente rozzo. Apparentemente, era il tipo di ragazzo per il quale a quei tempi, agli inizi degli 80’s, le donne stravedevano.

Forse era anche per questo motivo che con l’altro sesso, aveva così tanto successo.

Pare che loro andassero letteralmente in visibilio quando davanti ai loro occhi, vi si presentava fiero e spavaldo, il ragazzo socialmente disadattato, con un tragico passato alle spalle, contornato da un’impulsività e sregolatezza che quasi meccanicamente, riusciva a renderle delle galline prive di cervello e con gli ormoni sparati a mille.

 

Le fanciulle.

Era per quell’appetibile motivazione che lui, si comportava in tale modo. Loro lo spingevano ad apparire in quella determinata maniera, con quello specifico look e comportamento.

“Scopare, scopare, scopare..”

Perché nella sua testa, vi era quella vocina che ripeteva quasi come un mantra quelle parole.

Ed era proprio con quelle “soavi” parole nella mente, che improvvisamente, si ritrovò sbattuto violentemente con il culo contro il freddo asfalto, riportato alla cruda realtà da un manubrio di BMX, conficcato dritto in mezzo ai coglioni, la sua parte del corpo più vulnerabile, quasi considerata sacra..

“Ma che cazzo..”

Disse con voce flebile, facendo leva con le mani sul manubrio perfettamente incastrato tra le proprie gambe, spingendolo lontano da sé. In quel momento, si sentiva un po’ come un cane dopo la castrazione.

“Amico, tutto okay??”

Una voce nasale, gli penetrò nell’apparato uditivo.

Quasi d’impulso, alzò repentino lo sguardo verso la figura che aveva davanti. Si ritrovò faccia a faccia con un giovane dalla pelle olivastra, il naso tipicamente afroamericano e dei lunghi capelli neri, con dei boccoli che gli ricadevano sulle spalle.

 

“Tutto okay? Mi hai appena scoglionato!”

 

Gli urlò contro il biondo, alzandosi da terra e spolverandosi i jeans chiari che indossava. Strappati sulle ginocchia, come se non fosse già abbastanza audace fiondarsi ad alta velocità su uno skateboard, senza indossare ginocchiere.

 

“Scusa, ho perso il controllo della bici, i freni non funzionavano più.”

 

Sorrise.

 

“Capito.. E così, tu sei un biker?”

 

Lo scrutò per intero.

Nemmeno dato il tempo per scusarsi e già lo aveva perdonato per avergli deturpato i genitali.

 

“Sì, mi diverto così. Dalla tua tavola invece, deduco che tu sia uno skater.. E a giudicare dagli adesivi dei Kiss e di Iggy Pop, deduco anche che ascolti buona musica.”

 

Osservò a lungo la tavola, facendo poi scorrere il proprio sguardo verso i suoi pantaloni, controllando che non avesse segni o ferite sullo strappo dei pantaloni, che faceva intravvedere la sua pelle, chiara.

 

“Ascolto Rock. Come ti chiami?”

 

Si sentì osservato, ma non diede molta importanza all’atteggiamento di colui che si ritrovava davanti.

 

“Saul. Tu invece?”

 

“Io? Steven.. Steven Adler.”

 

Steven Adler era il nome che Big Lilly, sua nonna, gli aveva imposto di adottare.

In realtà, alla nascita si chiamava Michael Coletti. Ma se voleva avere un tetto sulla testa dove rifugiarsi, doveva sfoggiare fiero quello che era il suo nuovo nome.

 

“Bene Steven.. Ci facciamo una birra?”

 

“Oh certo, e dove la vai a prendere una birra senza documenti?”

 

Saul sfilò dalle spalle il suo zaino nero, aprendone la cerniera e infilandoci dentro la mano, agguantando due lattine di birra ammaccate ed esibendole come fossero una bottiglia di Chateau Margaux d’annata.

Steven dal canto suo, era rimasto piacevolmente colpito da quell’atteggiamento.

 

“Ho i miei metodi..”

 

Esclamò Saul, porgendo una delle due lattine di birra al biondo.

Sorrisero entrambi.

 

“Wow.. Credo diventeremo ottimi amici.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ebbene, ecco qui una loooong fic sui Guns N’ Roses, yeeeee! @.@

La mia prima Slash, ma non traete conclusioni troppo affrettate, perché la coppia in questione non è quella che vediamo in questo primo capitolo.

Insomma, dovrete aspettare per capirlo u.u

Ora me ne torno nella mia oscura caverna :3

Alla prossima!

 

 

  
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