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Autore: _Marika_    13/01/2012    1 recensioni
Bicchieri rossi, lampadari distrutti, giocatori di football, champagne scadente, danze esotiche, vestitini leopardati, baci, risate, lacrime.
Nuovi incontri.
Cos'altro potrebbe accadere questo venerdì sera?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Shots and Mr.Maybe

 

Trovai Donna che dormiva in giardino.

Nel vederla, risi ancora. Mi sembrava tutto estremamente buffo quella sera. La mia amica era sdraiata sull'erba, vicino alla piscina, e russava beatamente mentre le persone che le camminavano accanto non davano segno di averla notata.

Mi sedetti accanto a lei. Qualcuno le aveva disegnato un monociglio con un pennarello nero. Le toccai la spalla trattenendo le risate.

Hey, Donna”.

Uhm?” mugugnò. Borbottò qualcosa in inglese, poi aprì gli occhi.

Si alzò a sedere di scatto e guardò terrorizzata. “Non sono brasiliana! Non voglio ballare la capoeira!” strillò in un americano perfetto.

Ah-ah.” annuii con aria saggia, spingendola delicatamente di nuovo supina. Da sdraiata, strinse gli occhi e mi riconobbe.

Sbuffò. “Me la rinfaccerai tutta la vita questa, vero?”

Tutta” confermai. “Chi ballava la capoeira?”

Si strinse nelle spalle “Ah, bo. Un bianco. E non era niente male! Ha sradicato le lampade a olio, quelle lunghe da giardino, sai, e le roteava in aria. Pensavo avrebbe finito per bruciare qualcosa, e invece è caduto in piscina”.

Scrutò la vasca, illuminata anche da luci subacquee.

Dev'essere annegato” sentenziò.

La aiutai ad alzarsi e ci sedemmo su delle sedie sdraio lontano dalla folla. Se possibile, lei era messa peggio di me: monociglio a parte -del quale ovviamente non le dissi nulla-, puzzava di alcol in una maniera stomachevole e aveva i vestiti a brandelli.

Mi accomodai meglio sullo sdraio, guardandomi le doppie punte. “Chi ti ha ridotto i vestiti così?” domandai salottiera.

Così com..?” Si guardò. Se avesse potuto, sarebbe impallidita.

Dopo lo shock iniziale, liquidò la cosa con un raffinato colpo di tosse. “Ehm. Allora. Dicevamo?”

Non dicevamo niente” risposi innocente, lasciando ricadere la ciocca di capelli.

Quanto sei petulante. Allora, hai trovato un uomo di tuo gradimento?”

Prima ancora di poter formulare un pensiero, il flash di un sorriso mi attraversò il cervello. Un sorriso con una piccola fossetta sul lato sinistro.

Forse” minimizzai.

E' già un buon punto di partenza. E dov'è dunque questo Mr. Maybe?”

Mi strinsi nelle spalle: “E' sparito”.

Ed era vero. L'avevo perso nella zona cucina. Stavamo tentando una conversazione -piuttosto sgrammaticata a dire il vero, ma davo la colpa al gin- quando avevo sentito un botto. Avevo fatto un salto per lo spavento, ma era stato solo un altro demente che aveva fatto saltare il tappo ad una bottiglia di spumante.

Non avevo fatto in tempo a riprendermi che lui era sparito. Un momento prima mi era accanto e quello dopo -puff!- volatilizzato.

Sparito?” ripeté Donna, scettica. Con quell'espressione snob e il sopracciglio colorato era assolutamente ridicola, ma mi trattenni.

Sparito” sospirai con drammatico trasporto.

Non mi credeva. “Secondo me l'hai spaventato, ecco cosa. Tu e la tua mania di gesticolare”.

Non è una mania, è un gene dominante del DNA italiano”.

Donna mi fece una smorfia. Quelle smorfie da aristocratica con la puzza sotto il naso erano caratteristiche di lei. Tipico ego delle donne di colore.

Ebbene, pensi di ritrovarlo entro la serata o aspetti un segno del destino?”

Credo che aspetterò il destino” sbuffai. “E' sempre così gentile nei miei riguardi. E poi non ho voglia di alzarmi, si sta comodi qui”.

Donna rise. “Scordatelo. Sei o non sei qui per vivere la vera vita americana? Com'on, sweetie, let's go!”

Rientrare fu un trauma. Il volume della musica sfiorava l'assurdo, e la sala era così, così... overcrowded!

Donna mi trascinò al bancone degli alcolici, dove un paio di ragazzi si davano da fare come barman. Dopo aver ingoiato due shots, già la sobrietà era un nebuloso ricordo.

Donna sembrò invece più lucida. “Avanti!” Esordì, bellicosa “Cerchiamo questo sexy Mr. Maybe. Com'è fatto?”

Già, com'era fatto? Non me lo ricordavo. L'unica cosa che avevo stampata a fuoco nella corteccia celebrale era il suo sorriso irriverente. E quella dannata, dannata fossetta.

Non me lo ricordo” ammisi.

Are you kidding me? Non ti ricordi niente? Proprio niente niente?”

Bè... aveva una fossetta sulla guancia, quando sorrideva. Una sola”. Perché quel dettaglio continuava a sembrarmi così importante?

Una fossetta? Oh, gosh. Nient'altro? Era alto? Biondo, moro, rosso?”

Domanda da un milione di dollari. “Uhm... castano. Credo”.

Cool. Non lo troveremo mai. Sai almeno come si chiama?”

Certo che lo sapevo. Glielo dissi.

Lei ci pensò un po' su, poi scosse la testa e mi afferrò per un braccio. “No, non mi dice niente. Andiamo a caso, faremo prima”.

Il salotto, se possibile, era ancora più devastato di quando lo avevo lasciato.

Il lampadario di cristalli faceva bella mostra di sé, semidistrutto, in mezzo al pavimento sala; una ragazza bionda rideva incastrata nel mezzo. Nel mio delirio di ubriaca, mi parve quasi la Venere nella Conchiglia di... di? Non riuscivo a ricordare chi lo avesse dipinto.

Dovevo smetterla di bere.

La gente spumeggiava qua e là, esaltata, e i palloncini che accarezzavano il soffitto avanti e indietro mi davano ancora di più quell'idea di mareggiata. I festoni ora giacevano scomposti per terra come grossi serpenti multicolore. Era una bambola gonfiabile quella?

Shit, qui è un devasto” commentò Donna “Dobbiamo dividerci. Io comincio da qui, tu prova a tornare in cucina”. Sembrava proprio in assetto di battaglia, con i vestiti distrutti e il fiero monociglio.

Trattenni una risata. “Ma dai, Donna, non è così importante...”

Lei alzò un dito ammonitore “Non esiste. Sei qui per dimenticare il passato ed è mio dovere di amica aiutarti a farlo”.

Non vedo come trovare un ragazzo possa...”

Shut up and move!”

Sospirai esageratamente e mi avviai verso la cucina.

Superate le porte scorrevoli, una scarpa volante mi mancò di un soffio. Anche lì dentro era affollatissimo. C'era una coppia che si dava da fare sull'isola della cucina, un ragazzo seduto dentro il frigo, un altro che stava cucinando beatamente dei pancake. Camminai rapida, sgusciando tra le persone. Feci cadere un paio di bicchieri in bilico sul tavolo e per poco non mi inzuppai le scarpe. Per terra c'erano macchie viscide di dubbia provenienza.

Mi fermai e mi guardai attorno critica, analizzando con lo sguardo ogni rappresentante del sesso maschile di quella stanza.

Fu quello il momento. Fu mentre fissavo un ragazzo -privo di fossetta, purtroppo-, che sentii quel suono. Quel suono capace di far tremare e azzittire un'intera folla di post-adolescenti. Quel suono capace di far impallidire perfino la voce di Katy Perry.

Le sirene della polizia.

Il ragazzo privo di fossetta mi guardò, allarmato.

Urla.

Scalpiccio di migliaia di passi terrorizzati.

Il tizio dentro al frigo sembrò riemergere da suo stato comatoso e fuggì rovesciando sedie e bottiglie vuote. La coppia sull'isola si rivestì malamente e scappò da tutt'altra direzione.

Poi le luci si spensero di botto, e potei fidarmi solo del mio istinto.

Ero al buio.

E dovevo scappare.

 

 

Corsi via, urtando chiunque mi trovassi davanti. Per fortuna la cucina aveva una porta che dava sul giardino: lì almeno erano rimaste le fiaccole e le luci azzurre e liquide della piscina.

Non sapevo dove andare, sapevo solo di dover andare via da lì. Notavo appena le ombre scure che scivolavano ai lati del mio campo visivo, ragazzi e ragazze eccitati dalla paura quanto me.

Parecchie ragazze strillavano, e udivo rumori sempre più strani provenire dalla villa.

Andare via, andare via, andare via.

Sì, ma dove?

Il pensiero di Donna mi attraversò la mente. Lei sì che avrebbe saputo cosa fare, con la sua navigata esperienza in fatto di feste abusive. Ma non avevo tempo di cercarla: avrei dovuto arrangiarmi.

Mi tolsi i tacchi e corsi verso il limitare dell'immenso giardino.

Ricordavo che dopo delle aiuole di fiori c'erano delle alte siepi scure. Se fossi riuscita a passare al di là sarei stata in salvo.

Corsi a perdifiato e mi fiondai tra le aiuole.

What the fuck?!”

Erano rose. Imprecai, lacrimando per le spine che mi erano affondate nella carne. Mi aprii un varco, graffiandomi le mani e la gambe, fino ad arrivare proprio sotto le siepi.

Shit. Erano alte. Troppo alte.

Stavo pensando di rinunciare, quando avvertii dei passi concitati dietro di me, nel buio. Mi si gelò il sangue nelle vene.

Senza più pensare, lanciai le scarpe oltre la siepe e cominciai ad arrampicarmi. I passi erano sempre più vicini. Afferrai un ciuffo di rami sopra la mia testa, cercando di issarmi sempre più in alto. Ma i miei piedi scivolavano, non trovando appigli adeguati.

Shit, shit, shit!

Quasi urlai, quando un paio di mani decise mi spinsero il piede destro verso l'alto. Grazie a quella spinta potei aggrapparmi alla cima delle siepe e a issarmi sopra di essa. A cavalcioni, guardai giù: un ragazzo si stava arrampicando. Quando anche lui fu in cima i nostri sguardi si incontrarono.

Poi un fascio di luce gialla ci colpì in piena faccia.

Hey, you! Get off of there! Immediately!” abbaiò un poliziotto. Risi istericamente.

Ma certo! E adesso?

Il ragazzo con me sulla siepe saltò giù dall'altra parte con l'agilità di un atleta, mentre io rimanevo lassù, in bilico tra il terrore per il poliziotto e la paura di uccidermi saltando giù nel giardino accanto.

Get off!” ruggì ancora l'agente.

Eh no. O la va o la spacca. O meglio, mi spacco io.

Saltai.

Le caviglie urlarono di dolore, cedettero e finii lunga distesa per terra.

Ma, a parte le mani graffiate e le caviglie malmesse, ero viva e -cosa ancora più strabiliante- intera. Il poliziotto sbraitava contro qualcuno dall'altra parte della siepe. Capii che erano arrivati i rinforzi. Recuperai le mie scarpe e mi avviai zoppicando verso il cancello che vedevo in lontananza. Il ragazzo era lì, e sembrava mi stesse aspettando.

Are you waiting for me?” gli chiesi, sbuffando. Ansimavo e stavo sudando come un maiale. Non dovevo essere un bello spettacolo.

Yes, I am” rispose lui, quasi infastidito “You don't look able to walk back home on your own”.

Oh, ma che cavaliere snob!

Non mi lamentai, comunque, perché un cavaliere snob era sempre meglio di nessun cavaliere. E poi le caviglie mi facevano male veramente.

Mi prese un braccio e me lo mise attorno alle sue spalle; con l'altro mi sostenne per la vita. Così mi avviai a casa, lungo il marciapiede di una delle zone più chic dell'intero paese: brutta, malmessa, dolorante e aggrappata ad un perfetto sconosciuto.

Un perfetto sconosciuto che non sembrava per nulla interessato ad intavolare una conversazione. Bè, meglio così. Ero troppo stanca per parlare. E il silenzio era gioia per le mie orecchie, dopo tutto quel frastuono. Procedevamo a piccoli passi incerti. Io ero zoppa, ok, ma lui non doveva essere granché sobrio. Il silenzio era rotto solo dalle rare macchine che sfrecciavano sulla strada accanto a noi.

Lo guardai. La luce gialla dei lampione rendeva i suoi lineamenti quasi caricaturali, era sbronzo ed era incazzato: nonostante questo, ero bello. Gli guardai i capelli, gli occhi, il naso, la bocca. Volevo ricordarmela, la sua faccia.

Well?” sbottò, guardandomi in tralice “Che hai da guardare?”

Risposi senza collegare il cervello alla bocca: “Voglio ricordami di te”. Mi guardò male, ma non mi vergognai. Avevo ancora troppo alcol in corpo per provare vergogna.

Arrivammo ad una stradina secondaria e lui chiamò un taxi.

Dove abiti?” mi chiese. Dovetti fare un enorme sforzo per mettere insieme le parole e i numeri del mio indirizzo. Aspettammo qualche minuto e il taxi arrivò. Lui mi ci ficcò dentro e ripeté l'indirizzo al taxista.

Mi guardò, la testa ancora infilata nel finestrino del passeggero. “Goodnight, sweetheart” mi augurò, sarcastico. Sfilò la testa dall'abitacolo e risalì sul marciapiede. Il taxista mise il moto.

Il calore dell'abitacolo mi cullò, e il ronzio basso del motore mi rilassò i nervi. La tensione si sciolse.

Stavo andando a casa.

 

 

 

 

Grazie di essere arrivati fino a qui! E' la prima Originale a capitoli che pubblico su EFP. Spero che leggerla sia divertente quanto lo è per me scriverla! Fatemi sapere cosa ne pensate, così so se posso continuare o se è meglio che mi trasferisca in Australia a raccogliere ananas :D

Al prossimo capitolo!

   
 
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