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Autore: Haruakira    13/01/2012    4 recensioni
Dal primo capitolo: "Ammettilo Hayato, avrebbe voluto dirlglielo Yamamoto, ammettilo che l' aria che respiro è la stessa che vorresti respirare, meglio se quella di un bacio, che starmi vicino è la cosa che più ti completa, che se quel vicino diventa un poco più lontano allora desidereresti annullare ogni distanza. Ammettilo. Perchè è quello che provo io, avrebbe voluto aggiungere.
Yamamoto socchiuse le palpebre degli occhi scuri e ingoiò amaro quella preghiera che sapeva di fiele, arricciò le labbra in un modo un po' infantile e alla fine tese la mano, avrebbe anche parlato forse ma una voce lo sorprese facendolo girare verso il nuovo venuto. Era Akari, la sua Akari dalle trecce perennemente arruffate e il fiocco allentanto sulla divisa."
Yamamoto si è fidanzato, come la prende Gokudera?
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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parte tre lost in you
 LOST IN YOU
Parte terza



Ten years later

-Tieni Hayato.- Yamamoto sollevò le coperte lasciando sul grembo di Gokudera l' oggetto che il ragazzo gli aveva chiesto. L' altro lo fissò due secondi con le sopracciglia aggrottate, poi si rivolse al ragazzo di fronte a sè, un fazzoletto accartocciato tra le mani coperte a metà da un pigiama più largo di lui, la voce più rauca del solito:- Che diavolo sarebbe questo?
-E la tua borsa dell' acqua calda
Gokudera guardò se possibile ancora più torvo prima lui e poi il maialino caldo, rosa e con la cosa riccia spaparanzato beatamente sulle sue gambe:- Non è mio- scandì lentamente
-Oh sì che è tuo
Gokudera scavalcò la matassa ingarbugliata di coperte e si mise in piedi sul letto, allungò il braccio verso la camicia di Yamamoto avvicinandolo a sè con uno strattone:- Ho detto che non è mio, baka!
Takeshi rise allungando il collo verso di lui e schiacciandogli un bacio sulle labbra prima di affermare:- L' abbiamo comprata al mercato l' anno scorso. Quella a forma di cane, di gatto...
-Quella, quella è mia. Non questo maiale.
Takeshi sbuffò, poi rise:- Non l' ho trovata- rispose candidamente mettendosi una mano dietro la testa
E prima che l' altro potesse sparare qualche impropero al suo indirizzo Yamamoto si allontanò verso il televisore di fronte al letto.
Gokudera era ancora fermo, in piedi sul materasso:-Ehi, dove vai?
-Rimettiti al letto 'Dera, hai la febbre- Il guardiano della pioggia sentì il rumore delle molle che si muovevano, un tonfo -probabilmente il maialino spiaccicato contro le sue gambe- e le mani che rumorosamente sistemavano il cuscino alle spalle:- Cazzo, mi sento un moribondo- sbuffò Gokudera.
-Ho acceso il televisore, ti lascio il telecomendo sul comodino. Vado a preparare la cena.
-Non voglio il brodino!- sbraitò Gokudera pochi secondi dopo avendo come risposta la risata di Yamamoto che correva lungo il corridoio.

Gokudera, avvolto nel plaid scuro, il famigerato maialino sulle gambe, rigirava annoiato il cucchiaio nel piatto, guardandosi intorno alla ricerca di un pasto sostitutivo. E possibilmente degno di quel nome.
-Non troverai nulla- lo informò Yamamoto addentando un altro pezzo di carne
-Ti avevo detto che non volevo il brodo- borbottò l' altro ragazzo
-Sei malato. Devi rimetterti in forze- fu la cristallina risposta accompagnata da un altrettanto cristallino - e idiota- sorriso smagliante.
Gokudera era sempre stato un ragazzo fortemente vendicativo, guardò di sottecchi il compagno al suo fianco - e la sua fetta di carne- e buttò lì, con aria tranquilla:- Certo però... avresti potuto farmi compagnia. Non ti sembra ingiusto che tu ti ingozzi come un maiale proprio al mio fianco? Io ho solo un misero brodino, ti vorrei far notare.- terminò stizzito.
E Yamamoto che non era poi così stupido come sembrava e che conosceva Gokudera da una vita, indi anche i suoi supposti piani per farlo sentire in colpa, si avvicinò a lui cingendogli il collo e stampandogli un bacio a fior di labbra:- Sì- confermò- ma è un brodino fatto con tanto amore.
-Dammi il telecomando, idiota- sviò lo smokin' bomb arrossendo e allungando la mano al suo indirizzo.

Dieci anni prima Gokudera Hayato non avrebbe mai immaginato di trovarsi nella situazione in cui in effetti si trovava in quel momento. Se qualcuno gli avesse detto che lui e Yamamoto Takeshi, l' idiota del baseball che tanto aveva avversato agli inizi della sua carriera di braccio destro del Decimo erede, sarebbero diventati compagni di vita, avrebbero diviso casa, bagno, letto e qualsiasi altra cosa più o meno condivisibile amandosi e onorandosi finchè morte non li avesse separati, perchè sì, lo aveva giurato e forse, forse doveva essersi ubriacato per fare una cosa così ridicola, si diceva dunque che probabilmente, il famigerato smokin' bomb avrebbe fatto saltare quel qualcuno in aria, per primo. Per secondo lui stesso da adolescente non credeva di poter avere una simile fortuna, sfigato come era stato per tutta la vita , nonchè particolarmente pessimista. Per terzo infine, l' idiota che in quel momento trafficava per rimettere in ordine la cucina mentre lui si comportava da buon malato nel loro letto, gli aveva dato picche. Un due di picche grosso come una casa quando lui si era dichiarato. Ma, in fin dei conti, se tutto era andato bene alla fine, Cupido non doveva essere propriamente cieco, e nemmeno la fortuna.
Gokudera a un certo punto si spazientì, ormai odiava addormentarsi da solo. O meglio senza di lui:-Takeshi! Che diavolo stai combinando?
-Arrivo!
-Sbrigati- borbottò poggiando stancamente la mano sotto al mento e facendo zapping col telecomando.


I always knew you' d
come back to get me...

Ho sempre saputo che tu
saresti tornato a prendermi...

Gokudera sospirò. Aveva dovuto aspettare un mese prima che Yamamoto capisse che si sarebbero dovuti mettere insieme. Idiota.
Non era stata una passeggiata, lui stesso sapeva di avere un pessimo carattere e che avrebbero dovuto affrontare parecchi problemi reali o immaginari che fossero. Quel mese poi era stato un inferno, c' erano giorni in cui si alzava dal letto e pensava di averlo perso per sempre, anzi, di non averlo mai avuto, altri in cui invece si diceva che quel dannato idiota era suo e prima o poi se ne sarebbe accorto anche lui, che bastava aspettare e avere pazienza. Si era sentito un po' come sulle montagne russe in un continuo sali e scendi da altezze enormi che lo terrorizzavano. Tutto era nelle sue mani, nelle mani di Yamamoto, e lui non poteva fare niente, assolutamente niente. Era una di quelle volte -rare- in cui aveva passato la sua vita nelle mani di un' altra persona -cercando di metterle insieme in quel caso- e si era ritrovato a guardare. Qualche giorno prima aveva rivisto Akari Sazuki in una libreria del centro. Lei si era avvicinata trascinandosi dietro un uomo alto e un marmocchio. Per poco non gli veniva un colpo, avrebbe fatto finta di non vederla se quella non si fosse dimostrata particolarmente insistente.
-Gokudera! Gokudera, ti ricordi di me? Sono Sazuki, Sazuki Akari.
Hayato aveva annuito lasciandosi trascinare distrattamente in quella breve conversazione. L' uomo alto al suo fianco era il marito, il marmocchio di nome Kaoru il figlio. E a giudicare dal pancione enorme un altro era in arrivo. Una bella famiglia, proprio. Era rimasto un momento interdetto a fissarli, si era sentito strattonare dal bambino -lui odiava i bambini- che voleva mostrargli a tutti i costi uno stupido libro musicale. Aveva sbuffato interiormente e si era abbassato alla sua altezza mostrando un sorriso di circostanza e notando gli occhi scuri del piccolo. Il mondo in quell' istante pareva essersi annullato intorno a lui.
"Sarebbero potuti essere quelli di Takeshi"
Un bambino con i suoi occhi sarebbe stato bellissimo, un marmocchio con i suoi geni -e non solo i suoi-, un piccolo Yamamoto Takeshi. Magari meno stupido.
"Una bella famiglia", si ripetè uscendo dalla libreria. Quella che aveva tolto a Yamamoto.

-Ehi, Hayato, che hai?
-Eh?- Gokudera si voltò verso Yamamoto che si stava infilando il pigiama- non ho niente. Ce ne hai messo di tempo.
Hayato aveva detto tutto a Takeshi, gli aveva raccontato di Sazuki, del marito e del figlio. Yamamoto era contento per lei, era inevitabile. Gli aveva anche detto quello che aveva pensato ma l' altro aveva sorriso placidamente prendendogli una mano tra le proprie:- Credi che io abbia bisogno di questo? Ho fatto una scelta, Hayato, la facciamo insieme ogni giorno.- il sorriso sulle labbra aveva lasciato il posto ad una linea seria, gli occhi svelavano tutta la maturità conquistata con gli anni:- Posso fare a meno di tutto- la presa sulla mano si era stretta- l' importante è che tu stia al mio fianco.
Gokudera aveva annuito anche se in quegli anni si era reso conto un migliaio di volte di quanto Yamamoto fosse bravo con i bambini, li attirava, proprio come una calamita. Yamamoto in realtà attirava un sacco di gente intorno a sè, perfino uno come lui. Takeshi se solo ne avesse avuto la possibilità sarebbe stato un buon padre, un ottimo padre. E probabilmente era per questo che allenava uno sparuto gruppetto di ragazzini nel fine settimana, che Uri, Jiro e Kojiro erano praticamente tutto il giorno fuori dai loro Vongola box a fare casino. Lui e Yamamoto stavano cercando goffamente di formare una famiglia.


And you always knew that
it wouldn' t be easy to go back to the start
to see where it all began
or end up at the bottom
to watch how il all ends.

E tu hai sempre saputo che
non sarebbe stato facile tornare al punto di partenza
e vedere dove tutto ha avuto inizio
o andare alla fine
per vedere dove tutto è terminato.

Gokudera una volta aveva confessato a Yamamoto che Akari non era poi così male, aveva ammesso che non gli era stata poi così antipatica dopo che avevano rotto e per questo si sentiva un po' in colpa. Era stato qualche giorno dopo che si erano messi insieme e Yamamoto, con un sorriso spento gli aveva chiesto di non parlarne più. Non era innamorato di Akari ma le voleva bene e sapere di averla fatta soffrire gli faceva male. In realtà quando Gokudera quella notte lo aveva baciato Takeshi non era riuscito a tornare dagli altri, nè da Akari. Era sceso giù al campo da baseball dietro la scuola e aveva afferrato la mazza tra le mani cercando il vuoto. O una risposta. Alla fine, non sapeva dopo quanto tempo, si era accasciato sulla polvere e contro la rete delimitatoria, la fedele mazza da baseball schiacciata sotto il mento.
Ordine, aveva pensato. Una lista, una lista è ordinata, magari uno schema lo era ancora di più.
Akari uguale fidanzata. Ok
Ti piace, Takeshi, no? Sì, ok.
Gokudera... e lì nel suo disegno mentale aveva messo un grosso punto interrogativo. Forse doveva davvero alzarsi e cercare carta e penna. Poi il punto interrogativo lo aveva cancellato. Amico, aveva messo. No.
Conoscente, nemmeno.
Collega, troppo impersonale.
 Non era bravo in queste cose, gli schemi poi neanche a parlarne. Quella era roba di Gokudera.
Eccolo che ritorna.
-Gokudera. Gokudera. Gokudera- aveva ripetuto scuotendo la testa.
Poteva provare ad aggirare la questione e imparare sul campo. L' indomani avrebbe rivisto Akari. E poi anche Gokudera.
Yamamoto si era alzato ed era andato a casa senza nemmeno fare lo sforzo di riabbottonarsi meglio la camicia o pulire i pantaloni ed era stato una settimana a imparare sul campo. Quella successiva l' aveva passata a mandare inconsciamente dei segnali ad Akari. Inconsciamente.
Ho gli allenamenti.
Studio con Tsuna.
E robe simili.
Era una delle poche volte in vita sua che si era sentito veramente ma veramente in colpa. Ed egoista. E Akari iniziava a capire, aveva iniziato a capire quella fatidica sera, quando il giorno dopo gli aveva chiesto che fine avesse fatto. E che volesse Gokudera.
-Gokudera voleva organizzare un torneo di sumo- e si era messo a ridere con le mani dietro la testa tirando fuori una delle scuse che il senpai aveva rifilato per secoli a Kyoko e alle ragazze. Loro ci credevano, perchè non avrebbe dovuto funzionare?
Akari aveva annuito rimproverandolo solo del fatto che avrebbe dovuto avvisarla. Poi però Takeshi aveva capito che era ora di finirla. O si ama o non si ama e non era da lui perdersi in un bicchier d' acqua, perdere tempo a fare ordine - o a provarci- a discapito di altra gente.
Un pomeriggio stava tornando a casa dagli allenamenti, la testa che non ne poteva più di quei ragionamenti dolorosi e complicati, si era fermato al parco e aveva telefonato ad Akari. Era come se lo sapesse, Akari, che tutto stava per finire perchè aveva il muso lungo, gli angoli delle labbra inclinati verso il basso e gli occhi tristi.
Era rimasta in piedi di fronte a lui ignorando la panchina:- Dimmi tutto. Lo so che devi dirmi qualcosa- aveva accennato un mezzo sorriso guardando altrove- fallo.
Silenzio, poi:-Non... non posso più... stare con te.- Yamamoto l' aveva guardata negli occhi per poi abbassare istintivamente lo sguardo. Non voleva vederla soffrire. Non era bravo in certe cose, ora lo sapeva.
Un singhiozzo, poi un altro. Le guance di Akari si erano bagnate di lacrime, mordeva le labbra cercando di trattenersi:- Capita no?- diceva sempre così per farzi forza- passerà... è solo una cotta, no? Però fa male, anche se passerà fa male.- si era asciugata le lacime con le mani, Takeshi le era andato incontro stringendola forte, desiderando solo poter lenire quel dolore. Ma non era possibile, lui che ne era la causa non poteva esserne anche la cura.
-C' è' un altra persona- aveva detto Akari- io ti piaccio, soltanto. Ma tu ti sei... ti sei...
Yamamto non aveva risposto, stringendola di più:-Scusa, scusa. Scusami.
Il giorno dopo la notizia che si erano lasciati era di dominio pubblico ma per Yamamoto nulla era ritornato a posto. Non riusciva ad andare da Gokudera, essere felice, fare finta di niente. Sapeva che Akari stava male.
Si era domandato perchè si era messo con lei e la risposta in effetti era piuttosto semplice. Akari gli era piaciuta, gli dava serenità, gentilezza, una sorta di fuga dal mondo. Però era stato stupido, stupido perchè aveva chiuso in un cantuccio la vocina che gli diceva a gran voce il nome di Gokudera, che glielo scriveva a caratteri cubitali nel cervello semplicemente perchè... non era possibile. Tanto per iniziare il fatto che potesse piacergli un ragazzo, quel ragazzo, lo aveva lasciato spiazzato in un primo momento, anche se poi con una scrollata di spalle si era detto che l' amore non fa certe distinzioni. E' grande, punto. E per lui sapere che gli piaceva Gokudera era assolutamente, semplicemente, assurdamente... normale. E poi Gokudera non lo voleva come amico, figarsi qualcosa di più. Lui stesso a volte arrivava a domandarsi se l' altro fosse così burbero perchè forse davvero non gli andava a genio.
Chiuso, si era detto. Pietra sopra e scordiamocelo. Bisogna pur andare avanti no? E lui aveva creduto di esserci riuscito, di essersi dimenticato del ciclone Gokudera, quindi quando un po' di mesi dopo Akari Sazuki era piombata nella sua vita aveva pensato che era la sua occasione, che davvero Gokudera non esistava più, almeno in quel senso.
Evidentemente si era sbagliato e aveva fatto un casino.
Il problema era stato quel bacio. Quel bacio aveva cambiato tutto. Tutto.
Perchè si era accorto di volersi chiudere fuori dal mondo, dentro quell' aula e insieme a Gokudera, che poteva dimenticarsi di tutto, che voleva toccare solo lui, sentire solo le sue labbra e la sua voce. Chiedere di appartanergli, magari per sempre.
Ma il mondo era lì e lo chiamava a gran voce, ed era quella di Akari che decisamente non poteva ignorare.
Arrivati a quel punto, dopo Gokudera, dopo il suo fidanzamento andato male, aveva solo bisogno di tempo per riprendersi. Ne era bastato un poco visto che il guardiano della tempesta sembrava urlargli nelle orecchie di sbrigarsi e di smetterla di fare il coglione. Faceva finta di niente, lo smokin' bomb. Era stato un paio di giorni senza guardarlo e poi come se nulla fosse -probabilmente era l' abitudine o il desiderio di stargli accanto in qualche modo, uno qualsiasi- aveva urlato allo scemo, all' idiota del baseball. Una maniera insomma, per dirgli "ti dò tempo, baka."
Yamamoto almeno voleva interpretarla così.
Gli era bastato vedere con la coda dell' occhio Akari sorridere con le amiche, pensare che tutti, in un modo o nell' altro, vanno avanti, per mettere finalmente tutto a posto, per afferrare la mano di Gokudera lungo il tragitto per andare a casa, per prendersi un pugno sul naso come risposta e  chiedersi perplesso se forse non aveva interpretato male tutto quanto.
-Che stai facendo, pezzo di cretino?!
Yamamoto si massaggiava la parte dolente, lagnandosi che- Volevo solo un bacio.
-Ah!- Gokudera aveva sorriso. Era un grande, grande sorriso come non ne aveva mai visti ed era tutto per lui. Lo smokin' bomb doveva essersene accorto perchè era arrossito fino alla punta dei capelli iniziando ad agitargli nuovamente i pugni vicino al naso. Istintivamente Yamamoto era arretrato di un passo mettendo le mani avanti:- Calma, calma, Gokudera.
-E se ci vedessero?
Takeshi si guardò intorno:- Non c' è n-
-Tch, idiota.- si era acceso una sigaretta- Qualcuno potrebbe spuntare da dietro l' angolo, o affacciarsi dalle finestre...
-O spiarci da dietro il giornale, o con i satelliti nell' iperspazio- aveva concluso Takeshi ridacchiando.
-Cos' è? Fai dell' ironia ora? Non scherzare su queste cose, idiota...
Gokudera lo aveva preceduto camminando avanti:- ma tu guarda- aveva ringhiato stizzito, poi con il fumo che usciva dalle labbra, il viso che ostinatamente guardava fisso davanti a sè, aveva allungato indietro il braccio, la mano aperta verso di lui:- Non voglio sapere cosa c' è dietro di noi.
Takeshi aveva sorriso annuendo anche se Hayato non lo vedeva, aveva preso la sua mano senza esitare a intrecciare le dita tra loro -ben strette-, e si era messo al suo fianco, proprio al suo posto.
Nemmeno lui voleva sapere cose lasciavano dietro di loro, alle spalle o cosa ci fosse intorno. Potevano perdersi così, l' uno nell' altro senza desiderare di volerne più uscire.



-Uri, dannato gattaccio, scendi di lì!
Uri guardava Gokudera con aria annoiata, la coda che si muoveva nell' aria, le zampe saldamente appoggiate sull' armadio. Tanto il suo padrone era basso, non l' avrebbe mai presa. All' ennesima minaccia guardò le riviste impilate ordinatamente al suo fianco. Ufo e fantascienza ovviamente. Il gatto se la rideva sotto i baffi e Gokudera dovette intuirlo se urlò un "NO!" prima che i preziosi giornali gli finissero uno dopo l' altro sulla testa.
Ad un certo punto Kojirou aveva iniziato a volteggiare sulle loro teste e Uri pensò che fosse il momento buono per mangiarsi quel dannato uccellaccio una volta per tutte. Ma i gatti non sanno volare e Uri si sbilanciò troppo finendo addosso a quella palla di pelo gigante che era lo stupido cane che ora la fissava.
Idiota.
 Dove diavolo era quel dannato del suo padrone quando serviva? Uri fissò Gokudera a qualche metro da lei, a gattoni raccoglieva le riviste frignando - o meditando vendetta nei suoi riguardi-, poi spostò di nuovo lo sguardo sul grassone addosso a lei che la teneva tra le zampe, il suo muso sempre più vicino.
Smettila di leccarmi, microcefalo di un bestione, sembravano dire i suoi miagolii.
In quel momento la porta dell' ingresso si aprì e Yamamoto fece capolino nella stanza iniziando a ridere come un ossesso.
Uri sbuffò, ecco l' altro cretino.
-Perchè diavolo li hai lasciati liberi di scorazzare in giro per casa, eh?- Gokudera si era alzato da terra e aveva posato le riviste sul tavolo.
-Eh, così non si annoiano di sicuro. Kojirou è libero di volare e Jirou e Uri di stringere amicizia.
Gokudera lo guardò scettico, poi guardò la sua box che si agitava sotto le zampe enormi di Jirou e vittima di un bagno fuori programma, uno sbuffo e un sorriso gli scapparono dalle labbra. In quegli anni aveva imparato tante cose, ad esempio aveva imparato a sorridere e a ridere insieme all' idiota. Insieme erano cresciuti e forse anche un po' cambiati beneficiando -ma su questo aveva qualche dubbio- dell' influenza reciproca.
-Un cane e un gatto?- domandò poi in risposta all' affermzione di Takeshi.
Il moro fece spallucce afferrandogli la mano e dirigendosi in camera da letto:- Guarda noi.
Yamamoto aprì l' armadio, era l' ultimo dell' anno e dovevano prepararsi per raggiungere gli altri a casa di Tsuna, la febbre di Hayato per fortuna era passata appena in tempo non fosse stato per un po' di raffreddore che costrinse l' atleta a tirar fuori anche i guanti e la sciarpa per il proprio compagno. Mezz' ora dopo si avvicinò a Gokudera sorridendo imbarazzato:- Devo fare il nodo alla cravatta.
L' altro sbuffò seccato, poi sorrise afferrando la stoffa:- Quante volte te lo avrò spiegato?!- borbottò cercando di darsi un contegno.
Una risata:- Me ne dimentico sempre. E poi così è più divertente.

Uri invece era riuscita a liberarsi dalla presa del bestione cercando di tenerlo lontano con qualche zampata decisa e mostrandogli gli artigli mimando un pugno all' altezza del tartufo scuro. Ma era deficiente che si avvicinava ancora? Quel cane non aveva capito niente. Niente! E nemmeno quell' uccellaccio. Prima o poi sarebbe finito nel suo stomaco.
Anche se forse non era poi così male contemplare -ogni tanto, non sempre- quella rondine che si muoveva elegante nel cielo e raggomitolarsi d' inverno accanto a quella palla di pelo -dal fiato pesante- e usarlo come una coperta.


...And somehow I found
a way to get lost in you.

...E in qualche modo
ho trovato la maniera per perdermi in te.




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CHIACCHIERE POST LETTURA:
Rullo di tamburi! E' finita. Mi auguro che sia finita bene. Ammetto che quel salto temporale per dare il via alla narrazione mi spaventava e non poco, capisco che è brusco ma lo scorso capitolo si conclude in un modo che lasciava spazio a un periodo di "caduta" in un certo senso, Yamamoto e Gokudera dovevano sistemare un poco di cose e l' idea di far raccontare il resto alle loro versioni più adulte, in un momento di calma e di serenità, completamente diverso e contrapposto dal precedente, mi piaceva. Mi piaceva questa idea di crescita in un certo senso, la sorpresa magari che si crea all' inizio. Ho provato a fare al contrario seguendo l' ordine degli eventi ma mi sembrava... sbagliato diciamo, non mi piaceva, mi sembrava troppo lento e prevedibile. Detto ciò ringrazio i magnifici recensori che venero con tutto il mio cuoricino *manda baci* e ringrazio chi ha meso la storia in preferite/ricordate/seguite.
A proposito, sì, nello scorso capitolo sono impazzita con l' html e l' unica soluzione -ovvero l' unica cosa decente che è uscita fuori- è stata quella. -.-
Ultimo avviso, se vi interessa a questo link (il mio piccolo blog): http://lo-zibaldino-di-pensieri.blogspot.com/2012/01/lost-in-you-il-commento.html
, potrete trovare i commenti su Lost in you, più che altro su questo capitolo, ad esempio perchè le scritte in corsivo, perchè le ultime frasi della canzone e robe varie. Lo lascio lì perchè troppo lungo a mio avviso per metterlo in queste note... e poi ho un mezzo dubbio su Break che riguarda... Hibari!(a proposito il quarto capitolo è stranamente a buon punto) e mi farebbe piacere un vostro parere.
Detto ciò, alla prossima.
Haru.

   
 
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