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Autore: AthinaNike    13/01/2012    4 recensioni
Più di un pokémon, ma meno di una donna: la storia di Gaelle
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Svegliarsi con il mal di testa è terribile. Soprattutto se il tuo sonno è attraversato da incubi e voci che urlano. Sentivo una voce lontana. Mi chiamava. “Apri gli occhi… Svegliati…”. La conoscevo. Anche se era un po’ diversa… più… umana… Spalancai gli occhi. Vidi quegli occhi arancioni attorniati da pelle chiara…. capelli… guance… labbra… “OCCRISTO!” urlai mettendomi seduta. Quasi non la colpii in testa. Guardai con attenzione la figura davanti a me. Un volto piccolo, con una linea perfetta. Capelli lunghi biondi scuro, lievemente mossi sulle punte che cadevano con un lungo ciuffo su quegli occhi. Inconfondibili. Erano i suoi. Ma ancora più sconvolgente il corpo. No non era il suo… cristo santo. Mi portai una mano sulla fronte. Dovevo essere diventata immediatamente color porpora. Era perfetto! spalle perfette, dei seni perfetti, fianchi perfetti, gambe perfette. E una pelle così candida, eppure colorita. Le si adagiava sul corpo un leggero vestito bianco e blu, con qualche venatura lilla. Era semplice, ma estremamente elegante. Come Gaelle del resto. Mi guardò interrogativa. “Stai bene?! Cosa ho che non va? Non mi riconosci?”.
Seriamente, io ero immobilizzata. Era stupenda. E poi… quelle labbra… Dio santo.. “Gaelle… sei tu?” chiesi non trovando niente di più intelligente da chiedere. Notai che eravamo ancora in quella radura di prima, e che si era fatto pomeriggio. Lei arrossì. “Sono io… ma non ho idea di cosa sia successo al mio corpo…” mosse le gambe e cercò di alzarsi ma cadde subito. Mi alzai di scatto. e la aiutai a mettersi in piedi.
“Stai attenta…” dissi io. Lei gemette per il dolore. La misi in piedi davanti a me. Era sempre lievemente più bassa. Ci guardammo. Restammo in silenzio per qualche secondo. Era salva. Era salva.
La baciai stringendola forte a me. Fu il bacio più lungo della nostra vita. La mia guancia fu rigata da una lacrima, poi da un’altra. Gaelle mi asciugò con le dita. “Ma Claire… perché piangi…”.
“Pensavo che fossi morta, di non esserti riuscita a proteggere… per me eri morta! Avevo una paura folle… io… io…” dissi singhiozzando quando lei poggiò l’indice sulle mie labbra e mi baciò ancora. Sorrideva. Le strinsi la mano. “Non piangere… sono viva, sono qui. Ti amo Claire.”.

Restammo fino a sera sotto un albero abbracciate a carezzarci e a baciarci. Era ancora tra le mie braccia. Con quella risata stupenda, a deliziarmi con la sua voce e le sue movenze, che piano piano si perfezionavano. Adesso era veramente lei. Sentivo che la sua anima e il suo corpo erano in sintonia adesso. Con il crepuscolo, si alzò un leggero vento freddo che ci spinse a incamminarci verso il Centro Pokémon più vicino. Certo, del tizio non si è più avuta notizia. Poco importa. Arrivammo al Centro e dopo aver consegnato la mia squadra all’infermiera salimmo in stanza e la chiudemmo a chiave.
Passammo una notte quasi eterna, tra le lenzuola bianche. Sentirsi così parte della persona che si ama era una sensazione del tutto nuova.
Le stelle che riempivano il cielo e la Luna che si spostava nel cielo, mentre noi due, amanti giocavamo sul letto, infuocate e dalla pelle porpora. Quelle notti che suonano quasi come una preghiera, come un ringraziamento a chi ti ha dato la possibilità di riempirti di quell’anima così perfetta attraverso quegli occhi.

Perdonate la digressione. Ogni tanto mi lascio andare.

Restammo su quel letto fino al mattino successivo. Ci alzammo per mezzogiorno e scendemmo a fare colazione e ritirare gli altri.
Ci guardavamo intensamente da un lato del tavolino all’altro. Mi sembrava quasi di galleggiare tra le nuvole, mi sentivo quasi ubriaca. Avevo la vista lievemente annebbiata. Mi perdevo nel suo sguardo, nella sua anima. Le sue labbra....
“Claire smettila di pensare alle mie labbra...”.
Il contatto ora era un po’ diverso. Percepivo piccole cose, dettagli, sensazioni. Ogni tanto pensavamo le stesse cose. Era più umano anch’esso, in un certo senso.
Mi sorrideva. Un po’ di serietà signori e signore, come si fa a non pensare a quelle labbra quando sorridono in quel modo?! Distolsi lo sguardo e iniziai a girare il latte caldo nella tazza con il cucchiaio. Mi prese la mano. “Guardami. Dobbiamo parlare di quello che è successo”. Alzai la testa. “Speravo che sapessi dirmi qualcosa tu. Io sono stata addormentata da Arceus!” dissi io girando un biscotto tra le dita e immergendolo nel latte. Vidi il suo sguardo sulle mie dita che giocavano col biscotto. Era fermo, penetrante. Ma anche calmo e tenero.
“Questo è un problema... Io non ho idea di cosa abbia fatto dopo che hai parato il colpo... credo di aver scatenato un potere troppo forte... ma non tale da...” disse e poi fece una smorfia e strinse la mia mano. Mi alzai di scatto e mi sedetti accanto a lei. Sentivo il suo dolore, ma meno rispetto a prima.
“Non ti sforzare!” la abbracciai stretta a me. Mi cinse il collo con le braccia.
“E’ stato orribile... vedere te... in quello stato... e io... io...”. Ancora una fitta.
“Smettila di ricordare. Va bene così. Se sono rose fioriranno... penso...”. Strinsi forte la sua mano. La sua testa sul mio petto... Sentivo tutto quel dolore nella mia testa. Chiaro e netto. Non riusciva a farlo fluire via. Le alzai il mento e la baciai. Lentamente si disperse. La calmai. Non sopportavo vederla soffrire in quel modo. Capitolo chiuso. Era rossa. Calda tra le mie braccia. Era stato un cambiamento inaspettato. E del tutto imprevedibile. Eppure la conoscevo, conoscevo anche il suo corpo in un certo senso. Non chiedetemi di spiegare meglio, perché non ho idea di come fare. Come quando non si sa esprimere una sensazione, come quando non si sa descrivere un bacio. Con quei suoi occhi infiniti guardava un punto indeterminato sul pavimento. Respirava piano... lentamente. Sarei rimasta ore a guardarla, a carezzarle il braccio.
“Come spiegheremo cosa è successo?” dissi.
”Perché, a chi dovremmo raccontarlo?”chiese sotto voce.
“Beh qualcuno potrebbe incuriosirsi... Della serie “Prima un Gardevoir, adesso una ragazza...”Magari mi daranno della pervertita!” risposi ridendo.
“Che abbiano ragione...?!”. Rise.
“Ma come sei simpatica!” le morsi piano il collo e la strinsi a me. Senso dell’umorismo delicato lei. Sempre.
Giocammo per qualche minuto, quando ci ricordammo di essere lievemente in un luogo pubblico. Ma grazie al cielo non c’era nessuno. Tornando lentamente serie, ripresi il discorso.
“Hai intenzione di non dire niente? Nemmeno una scusa? Come ci siamo conosciute?” chiesi.
“Interessa davvero questo alla gente?” fece una faccia splendida. Un misto tra il profondamente stupito e il “voi umani siete strani”. Mi fece sorridere.
“Sì. Interessa questo alla gente comune, che vive di apparenza e non di sentimenti” risposi. Certo può sembrare un commento di denuncia sociale, me ne rendo conto. Beh, chi è capace di smentirmi lo faccia, onestamente non vedo l’ora di essere colta in torto.
Comunque sia, ci serviva almeno un piano. Fissava il tavolo silenziosamente con i suoi occhi splendidi. Le scostai il ciuffo da davanti gli occhi e le carezzai la guancia. Vidi il suo volto turbato.
“Beh, magari non c’è tutta questa fretta di trovare una soluzione” intercalai sorridendole. Mi lanciò un’occhiata sollevata. Le alzai il mento e la baciai.

Uscimmo dal centro. Ausropoli si apriva sotto i nostri piedi. Davanti a noi la leggera brezza marina e l’alba che irradiava colori caldi sulla superficie dell’acqua e li spandeva quasi con tocchi di pennello. Adesso avevo un posto libero in squadra. Prima di uscire avevo preso Ignis dal box.
Si prospettava una bella giornata, e andare a cavallo sulla spiaggia aveva sempre qualcosa di magico. Soprattutto quando il sole colorava i capelli di Gaelle di un biondo ramato, la illuminava tutta. Feci uscire Ignis dalla sfera e issai dolcemente lei prendendola dai fianchi. Era davanti a me. Le baciai piano il collo e le labbra. “Claire stavolta vai piano”. Risi tra me e strattonai le briglie dando due colpi di tacco sui fianchi del mio Rapidash preferito.
Partimmo ad una velocità moderata. Dopo tante avventure, dolori e adrenalina che usciva anche dalle orecchie, entrambe avevamo bisogno di un po’ di tranquillità.
All’alba, quando il sole indugia nei suoi movimenti, è lento, e l’aria è frizzante e lievemente umida della notte appena trascorsa, il mare sembra che bagna piano la sabbia, calmato dalla tempesta, rivela tutte le piccole meraviglie di questo mondo splendido, porta a riva ciò che nasconde nelle sue profondità. L’acqua brillava come un diamante sotto i riflessi della luce obliqua, che illuminava anche i suoi occhi. Era seduta all’amazzone, con le gambe tutte da un lato, il vestito adagiato morbido sul corpo con una coperta leggera sulle spalle. Aveva la testa sul mio petto, lo sguardo perso e tranquillo. Amavo quando aveva quello sguardo. Sarebbe stata una fotografia meravigliosa. Il suo volto perfetto, le linee dolci e morbide, la pelle che con quella luce assumeva un colore lievemente ambrato e i capelli sul biondo tiziano indietro per il vento. Non volevo rovinare quell’immagine splendida, ma a strinsi piano a me e lei mi sorrise. Quel sorriso, quel sorriso era ed è un miracolo.
Ignis era in forma eccelsa. Non avrei mai detto che fosse diventata così forte. Sentivo la potenza scorrere sotto le mie gambe, nei suoi muscoli. Anche la fiamma che la avvolgeva era cresciuta, era nettamente più intensa. Lo sentivo al tatto.
Ad ogni colpo brusco Gaelle scivolava di poco sul mio corpo, con la testa che batteva sul mio collo ed espirava piano nel mio orecchio. Iniziai a far fare più colpi bruschi ad Ignis. La stringevo a me dai fianchi e la guardavo negli occhi intensamente. Erano circa le dieci quando lentamente ci fermammo vicino la riva. toccai le sue labbra con il dito. “Gaelle, sei bellissima”.
Lei non riusciva a distogliere lo sguardo da me, nè io da lei. Eravamo come ipnotizzate l’una dall’altra. “E’ la prima volta che hai moderato così tanto la velocità” disse lentamente, scandendo tutte le parole e quasi sussurrandole, e quegli occhi che mi dicevano tutto ciò che pensava. Erano la porta per la sua anima, come un vassoio argentato con dell’acqua, mi sembrava quasi di poterci immergere le mani e toccare con delicatezza tutta quella grandiosa città al loro interno. Si passò la lingua sulle labbra rosse. La leccai chiudendo gli occhi e le carezzai il viso.
Quello era il paradiso. Non tanto la sua bocca, non il suo corpo solo, ma quanto tutto quello. La luce obliqua, i suoi rilessi sul mare e su di lei, quel vago odore salmastro, il calore misto a respiri carichi di energia, vedere la sua anima dagli occhi, baciare il suo cuore e ascoltare la sua voce. Quello era il paradiso. Quegli istanti preziosi più di diamanti che volavano via troppo veloci. Si sarebbero dovuti fermare sotto quel bacio, nelle nostre mani intrecciate, nei nostri desideri pulsanti. Lei tremava, fremeva. Il mio cuore incalzava. Volevo vederla morire con l’adrenalina nel sangue, volevo scorgere quello sguardo, sentire quei gemiti, quando fui presa da un calore che avvampò dentro di me. “Gaelle io ti amo. La mia intera esistenza, il mio perché sei tu. Sei tu che hai avviato questo ruotare, questa tendenza a te, alla tua perfezione. Cambierà il mondo, cambierà il mio volto, o il tuo, ma il nastro che ci unisce rimarrà per sempre intatto, immobile nel tempo e nell’eternità”. Sgorgarono sole quelle parole. A dire il vero ho anche difficoltà a ricordarle. Ma lei se le ricorda bene, ancora oggi, nonostante sia passato tanto tempo.
“Saremo insieme per sempre, spose sotto un immenso cielo stellato che ogni notte brucia per noi” disse guardandomi dritta negli occhi e sorridendo. La baciai, lei mi baciò. Guardai di sfuggita le nostre mani e notai per qualche secondo avvolto intorno ai nostri avambracci un nastro rosso, con un fiocco sulle dita, ma sarà stato quasi sicuramente un caso.

Scendemmo da Ignis e la lasciammo correre un po’ intorno, libera. Camminammo a piedi scalzi lungo la battigia. Parlavamo di tanti argomenti, di tutto e niente insieme. Il vento muoveva lentamente il suo vestito. Lei volgeva il suo sguardo al mare. Si fermò a guardare l’orizzonte. Le presi la mano, in silenzio. Solo il vento tra i capelli, e il mare sulle dita dei piedi. Il nostro silenzio, quella fantastica armonia. Le nostre menti che dialogavano per immagini, per emozioni, per sensazioni. E la voce muta, quasi a non voler rovinare tutto. Sembrava quasi una dea. Decisamente, era una dea. E l’orizzonte mostrava nuvole in avvicinamento. Erano veloci, da Sud. Candide.
Pensai più volte di pregare un qualche dio per fermare il tempo, per far durare quella tranquillità per sempre. Io e lei, e del resto nulla. Ma sapevo in cuore mio che non era possibile, e mi spinse ancora di più e riempirmi gli occhi di quello spettacolo di struggente bellezza, e ancora oggi non mi abbandona.
Si girò verso di me sorridendomi e portandosi i capelli mossi dal vento dietro l’orecchio. “Andiamo Claire”. Le sorrisi, la baciai sul naso e la presi in braccio mentre Ignis ci correva incontro. La issai sul Rapidash “Ti amo mia sposa”. Ricordo ancora lo sguardo che mi regalò. Fu lo stesso che ebbe quella sera, nuda tra le lenzuola, guardandomi.
  
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