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Autore: supernova_the_fifth    13/01/2012    1 recensioni
Quando la vita ti sembra normale. quando credi che tutto andrà per il meglio...è allora che il passato ti si ripresenta dinnanzi!
Dal capitolo 6:
[ Cloud non alzò lo sguardo da terra e non cercò di discolparsi. In cuor suo sapeva che ciò che lo sfregiato aveva appena detto era vero. In fin dei conti non aveva tentato nulla per fermalo e impedirgli di fare qualcosa.
Aveva perso davvero tutto quello che era un tempo.
E fin da subito sapeva di aver condannato tutti loro a morte certa. Nella sua mente aveva cercato più volte di pensare che si sarebbe concluso tutto per il meglio per tutti loro ma sapeva di mentire a se stessa.
Lei aveva comunque continuato a sperare; ora però tutta la consapevolezza di ciò che attendeva Anna, Erica, Mattia, Giulia, Naya, Elisabetta e Alice la colpì come un macigno.
Le parole che la raggiunsero qualche istante dopo furono il colpo di grazia.
- Anche se immagino che un secondo omicidio di massa non possa pesarti troppo sulla coscienza. Vero Supernova?- ]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Nexus Universe'
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Tutto perduto? Ricordati chi sei.

 

 

Aveva passato le scorse ore a cercare di convincersi che quello era tutto un brutto incubo. Uno di quelli che fai quando ti succede qualcosa di spiacevole, o quando mangi troppo e il tuo subconscio te la fa pagare facendoti passare dei minuti d’inferno.

Continuava a ripetersi che era sempre colpa del sogno che i pizzicotti non funzionassero, che il dolore fosse parte della finzione, ma non era così.

Era ben consapevole che la pietra su cui poggiava i piedi era vera, come erano veri tutti quegli ultimi giorni passati a fissare le spoglie pareti in pietra e terra; anche il suo corpo glielo rammentava. Era stanca, indolenzita, parecchi graffi ricoprivano mani e viso e di sicuro doveva avere molteplici botte su tutto il corpo.

No. Niente di tutto quello era finzione.

Perché le bugie allora? Gli inganni? A tutto quello non voleva credere.

Non ci riusciva.

Parole che la raggiungevano e cancellavano ricordi, quasi avessero avuto un cancellino e i suoi ricordi fossero scritti in gesso su una lavagna. Li cancelli, spariscono.

Non era vero l’essere presa in braccio e correre a cavalluccio quando Adelaide non guardava, non era vero il pescare con i rami dell’albero dai fiori gialli, il suo palloncino non era mai volato via perché non era riuscito a prenderlo in tempo quando lei glielo aveva passato.

Il vento troppo forte l’aveva solo portato via di mano.

Tante lacrime avevano cominciato a scendere, mentre la voce continuava, mentre i ricordi svanivano. Lacrime silenziose che portavano con se la bella sensazione di famiglia che credeva di avere sempre avuto.

Piangeva ma ancora aveva continuato a sperare, sperare in un no, in un qualsiasi accenno che tutto quello, a discapito dell’impossibile fosse una sporca menzogna. Che tutti loro fossero li per caso e non per un motivo così orribile.

Poi però l’aveva sentito.

- E’ tutto vero. -

Non ci aveva messo molto a realizzare quello che stavano a significare quelle tre parole. Erano un bollo, come i sigilli con la ceralacca. Era finita.

Lo sfregiato aveva preso loro e Mattia e li aveva trascinati via, fino a portarli in quella stanza e rinchiuderli in quella gabbia sopraelevata.

Da li in poi le ore erano trascorse interminabili: nella mente solo quelle tre parole, solo quelle, che la martoriavano dentro.

Aveva comunque provato a fare un tentativo, cercare di capire perché.

Alice l’aveva subito bloccata. Non aveva proferito parola ma era comunque risultata chiara. Il volto una maschera d’odio che non accettava compromessi. Un po’ lei la capiva, era la sua migliore amica dopotutto; forse lo stesso conflitto che vi era all’interno di lei era anche all’interno di Alice ma dopo quello sguardo non ne era più stata certa.

Si era stretta a Giulia, lasciando perdere quello che si era prefissata di fare e aveva cercato di estraniarsi il più possibile. Forse lei era troppo piccola per capire, le mancava quel pizzico di maturità in più per vedere come effettivamente andavano affrontate le cose; allora forse la reazione di Alice acquistava un senso. Quindi aveva mollato.

Erano trascorse ore di silenzio, ognuno troppo scosso per riflettere lucidamente sul da farsi.

Ad un certo punto la curiosità l’aveva presa e aveva rivolto lo sguardo verso la bruna: inerme come quando li avevano portati li, incatenata alla parete, immobile.

Si era morsa un labbro e aveva volto lo sguardo di nuovo al pavimento sotto i suoi piedi.

Forse si era pure addormentata di li a poco, ma di certo in quel momento poteva confermare di essere sveglia.

Aveva visto Rajal entrare, si era preoccupata quando aveva menzionato degli altri oltre a lui, aveva visto il fratello di Cloud su di un tavolo. Soprattutto aveva visto la ragazza completamente mutare, aizzarsi dalla rabbia, gridare contro il loro aguzzino fino a quando il soffitto sopra le loro teste non era crollato rivelando ai loro occhi una creatura gigantesca, un drago.

Si era spaventata ma allo stesso tempo aveva come avvertito un’aura benigna provenire da quel lucertolone gigante; quello fino a quando la sua attenzione non era ritornata a rivolgersi a Cloud.

Se prima la ragazza era in preda alla rabbia ora la situazione era diversa.

Cominciava ad aver paura.

Cloud era completamente circondata da scosse elettriche. Le vedevi comparire e scomparire attorno al corpo.

E poi c’erano gli occhi.

Avevano perso tutto il colore che avevano, erano vacui.

 

Il drago si era fermato. Stava parlando con Cloud eppure anche lui era rimasto scioccato. E chi non lo era.

Tutto era un gran casino e ora la loro amica era pure in preda ad una crisi di rabbia che aveva presentato effetti collaterali quali scariche elettriche e occhi da mostro assatanato.

Per un istante cominciò a credere che davvero, vedendola in quello stato, il massacro lei l’avesse compiuto. Ma durò solo un istante.

Qualcos’altro catturò la sua attenzione.

Un luccichio che vide cadere verso il basso.

Una lacrima.

Cloud stava piangendo. Era in preda ad una rabbia cieca e stava piangendo.

Adesso aveva cominciato a dimenarsi cercando di spezzare le catene, tirando.

I polsi sanguinavano pesantemente da quanta pressione la ragazza stava applicando, fino a far penetrare le catene di qualche centimetro dentro la carne e le scosse intorno a lei continuavano a diventare sempre più intense.

Ad un certo punto credette di sentire i polsi rompersi da quanto forte stava tirando Cloud.

In quel momento i pensieri cominciarono ad affollarle la mente.

Fissava terrorizzata quella ragazza e pensava.

Non era possibile. Lei non poteva aver fatto niente di ciò di cui quel bastardo l’aveva accusata. Era lì, davanti a lei che piangeva come una bambina e urlava il nome di suo fratello. Cercava solo disperatamente di raggiungere ciò che aveva di più caro al mondo e quel pezzo di bastardo l’accusava di essere una pluri omicida?

Crack.

Questa volta fu certa di sentirlo per davvero. La mano inerme sorretta dalla catena e il polso destro ora completamente fuori sede.

Anna sgranò gli occhi. Cloud continuava a dimenarsi, ma non certo per il dolore, pareva quasi non rendersene nemmeno conto.

Fu questione di un istante. Non dovette nemmeno pensarci più di tanto.

Qualcuno cercò di trattenerla per un braccio ma lei riuscì comunque ad arrivare alle sbarre che si volgevano verso la ragazza.

Qualche scarica era così forte che le arrivò a qualche centimetro di distanza ma lei non se ne curò.

Alla sua sinistra il grande drago cercava di avvicinarsi a Cloud ma le scariche e la forte aura emanata glielo impedivano.

Così la giovane prese un respiro e con tutto il fiato che aveva in corpo fece l’unica cosa che in quel momento era in grado di fare. Gridò.

- Cloud! Smettila! Ti stai facendo solo del male vedi? Calmati e troviamo una soluzione insieme, salviamo il tuo fratello e il dragone ci da una mano. Però non possiamo fare niente se non ti calmi. -

Cloud però continuava a non prestare attenzione alle sue parole. – Non ci ho mai creduto. Non ho mai voluto crederci. Lo so che sei una brava persona, sei la migliore, ricordi? La mia sorellona. Tu non puoi avere fatto cose cattive quindi è tutta colpa mia. In questi giorni ti ho evitato. Ti abbiamo tutti evitato. Abbiamo reso le cose più difficili anche per te. Perché alla fine sei quella che sta soffrendo di più non è vero? –

Qualcosa finalmente parve attirare la ragazza: aveva smesso di urlare e di dimenarsi, anche se gli occhi vacui e le scariche erano ancora fissi su Donatello.

Draciel dal canto suo aveva rinunciato a superare la barriera di scariche che lo separavano da Cloud ed era atterrato bloccando sotto le sue possenti zampe le tre figure ancora inermi che aveva messo k.o. qualche istante prima. Aveva come l’impressione che forse quei marmocchi potessero essere una cura migliore di ciò che poteva essere in grado di fare lui al momento.

Stringendo più forte le sbarre della cella, Anna continuò. – Non possiamo negare l’evidenza. I ricordi sono spariti. Però ce ne sono molti ancora che rimangono. Sono stata una stupida a non accorgermi subito: tutti i bei momenti passati in questi due anni, nessuno di loro si è cancellato. Sono tutti impressi qui, nella mia mente. – disse toccando la tempia con le dita. - Sono ciò che riescono a farmi capire che qualunque sia la verità, per me sarai sempre la mia sorellona. –

Anche lei adesso stava piangendo. Ci credeva, credeva in tutto quello che aveva detto e sperava che Cloud l’avesse capito.

Ma forse aveva sperato in troppo; la ragazza aveva smesso di agitarsi ma era comunque immobile e non dava segni di coscienza.

Anna si accosciò addosso le sbarre, non avendo idee di che altro fare; qualcosa ad un certo punto però la prese e la sollevò di peso, rimettendola in piedi. La ragazzina sgranò gli occhi e si girò verso la persona alle sue spalle che si rivelò essere Mattia.

- Guarda meglio. - disse per poi indicarle con un cenno di capo un punto davanti a loro.

Seguì la traiettoria che il ragazzo aveva voluto indicarle.

C’erano due pozze verdi. Verdi smeraldo, il più intenso che avesse mai visto che la fissavano dietro a dei ciuffi di capelli ormai tutti scarmigliati.

La faccia era ancora tesa, le lacrime le bagnavano ancora il viso stanco e le scariche non pareva accennassero a diminuire ma non era quello che ad Anna importava.

Cloud era di nuovo lucida.

E sorrideva.

 

Il rettile smeraldo guardò con attenzione la scena davanti ai suoi occhi. Erano davvero cambiate tante cose nel corso di quei due anni. Ma una cosa era sempre la stessa.

L’amore che Cloud provava verso i suoi cari.

Quella era la cosa a cui aveva sempre tenuto di più. Anche in quel momento, incatenata, sanguinante, ancora reduce da quello sfogo anomalo di energia, riusciva a sorridere per la fiducia di una singola persona.

Incassò la zampa ancora più in profondità nel terreno per indolenzire di più le sue prede. Ora che la piccola si era calmata potevano preoccuparsi di come andare via di li. Volse lo sguardo verso il rettile più piccolo alla sua destra.

Bisogna pure curare Donatello.

La tartaruga era malconcia ma sembrava stabile. Era meglio occuparsi degli umani prima.

E poi filarsela tutti alla svelta.

   
 
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