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Autore: brothers of steel    14/01/2012    2 recensioni
"Forse non sono i legami di sangue che ci rendono una famiglia. Forse sono quelle persone che sanno i nostri segreti e ci amano comunque, così che possiamo essere finalmente noi stessi" (Gossip Girl)
Una storia di Amicizia divisa tra Amore e Lealtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Legami di Sangue





Prologo


"Forse non sono i legami di sangue che ci rendono una famiglia. Forse sono quelle persone che sanno i nostri segreti e ci amano comunque, così che possiamo essere finalmente noi stessi"



Capitolo 1

La grande Idea


Pov. Edward


"Rapinare una tabaccheria" ci può essere un'idea più stupida? Ecco cosa ho pensato non appena Emmett, il mio migliore amico da sempre, me lo ha proposto.

- E perché dovremmo rapinare una tabaccheria?-

- Per i soldi!- esclama con leggerezza.

- Ah. E quando lo avresti deciso di preciso?-

- Stamattina mentre facevo colazione. Allora ti va o no?-

- E come hai intenzione di farlo? Non possiamo certo andare io e te. Primo ci beccherebbero subito, secondo non siamo attrezzati- gli faccio notare.

- Ricordi James? Quello che lavora al negozio di ricambi in città? Beh si da' il caso che lui ha un paio di amici con "l'attrezzatura" giusta- fa le virgolette con le dita ammiccando.

- Hai pensato proprio a tutto eh?- esclamo buttando giù un sorso di birra, la soddisfazione che gli leggo in viso mi ricorda che razza di presuntuoso sia. Esattamente come lo sono io, lo so.

Bevo un sorso della mia birra prendendo in considerazione la sua proposta. Non ci siamo mai spinti così oltre, si certo abbiamo fatto qualche furto, poca roba… un motorino, qualche borsetta. Una rapina in un negozio è una cosa totalmente diversa.

Il problema è che ho bisogno di soldi quindi mi trovo costretto ad accettare.

- Ok, fammi sapere dove e quando e ci sarò- Emmett esulta soddisfatto della sua vittoria conquistata con nemmeno troppa fatica, ordinando altro alcol, io mi butto sul divanetto del privè che abbiamo affittato al Piper, una discoteca del centro di Boston, cercando di rilassarmi.

Questa sera il locale è pieno di persone. La musica è così alta da rimbombarmi nella cervello ampliando il mal di testa che mi porto dietro da stamattina. Cerco di estraniami dal resto ma la proposta di Emmett torna a riproporsi nella mia mente.

Non siamo bravi ragazzi. Cresciuti in un quartiere alla periferia di New York, costretti a crescere troppo velocemente dalla vita dura fatta in strada, in una di quelle zone dove capisci che se vuoi sopravvivere non devi avere ne' scrupoli, ne' coscienza. Devi essere disposto a fare tutto.

Io mi sono adattato.

Sono stato abbandonato all'età di cinque anni, insieme alle mie due sorelle, da due genitori tossicodipendenti di cui a malapena ricordo il volto. I miei nonni ci hanno preso con loro. Non sono cattive persone, si spaccano la schiena ogni giorno per arrivare a fine mese, si sono sforzati di darci una buona educazione, una buona istruzione, ma da dove vengo io ho imparato sulla mia pelle che non sono queste le cose che ti aiutano a sopravvivere.

Emmett non è stato più fortunato, ha perso sua madre quando aveva appena sette anni in uno scontro a fuoco. Un proiettile fantasma, i responsabili non furono mai trovati. La cosa più assurda fu che lei non doveva nemmeno essere lì quella mattina. Aveva la febbre e dopo i numerosi capricci di suo figlio per andare al parco giochi aveva ceduto ed era uscita con lui. Emmett non se l'è mai perdonato.

- Andiamo- dico alzandomi, certi pensieri mi deprimono e questo posto, stasera, non mi è di grande aiuto.

- Adesso?- chiede Emmett accigliandosi

- Si, adesso- esclamo non lasciandogli possibilità di ribattere. Sbuffa accordando alla mia richiesta, paghiamo il conto e usciamo dal locale. L'aria fredda di fine ottobre mi colpisce il viso riscuotendomi. Respiro profondamente inalando l'aria inquinata di questa città. Mi volto verso Emmett, ha gli occhi lucidi e non la smette di ridere

- Capito, guido io.- dico allungando una mano verso di lui

- Non sono ubriaco!- sbiascica barcollando leggermente

- Si, certo. Tu non sei ubriaco e io sono una donna.-

- Davvero? Sei bruttina però!- ride in modo isterico, sospiro cominciando a perdere la pazienza

- Emmett, dammi le chiavi- ripeto. Lui m'ignora e quando tendo di prenderle me lo impedisce. Stanco di giocare gli pesto violentemente il piede facendo piegare su se stesso.

- Ahi!- gli sfilo le chiavi dalle mani e mi dirigo verso la macchina

- Sei proprio scorretta sai?!- urla ancora dolorante.

Ridacchio raggiungendo la macchina, prima di entrare però, incrocio un paio di occhi scuri che mi paralizzano. Due pozze color cioccolato così intense che sembrano poter inghiottire tutto ciò che hanno intorno.

- Hai intenzione di salire anche tu?- domanda Emmett, che ha già preso posto nella macchina. Con un notevole sforzo mi obbligo a spostare gli occhi puntandoli su di lui

- Certo. Andiamo.- salgo in macchina evitando di posare ancora gli occhi su di lei, consapevole che se lo facessi non riuscirei a trattenermi dal raggiungerla.

Lascio Emmett a casa, premo pesantemente sull'acceleratore e mi dirigo verso casa. Il finestrino è completamente abbassato, mi piace sentire il rumore del vento che sferza contro l'auto. I giri aumentano facendo rombare il motore, con uno scatto la macchina prende altra velocità.

L'adrenalina che sento mi fa accelerare ancora…ancora…ancora.

Passo col rosso, non rispetto uno STOP. Non m'importa. Corro tentando si scacciare via tutto il resto, desiderando di poter sfuggire anche alla mia vita.

La consapevolezza di non poterlo fare amplia il mio malessere.

Sono imprigionato in una vita che detesto, con una condotta che aborro.

Sono prigioniero di me stesso. Di quello che sono. Di quello che faccio.

Stanco di girare a vuoto torno a casa preoccupandomi di parcheggiare l'auto in garage. L'ultima cosa che voglio è trovare un "Bel regalino" sulla fiancata domattina.

Entro tentando di fare meno rumore possibile, dormono tutti. Mi tolgo i vestiti indossando i pantaloni di una tuta, mi butto di peso sul letto sentendo le molle cigolare sotto il mio peso.

Quando chiudo gli occhi cercando di rilassarmi ripenso alla proposta di Emmett

"La tabaccheria di Mike è praticamente il colpo perfetto! Non ci sono telecamere ne' sorveglianza. Quell'idiota è così convinto di essere in un bel quartiere con bravi cittadini che non si è minimamente preoccupato di montare un antifurto!"

Ha ragione a dire che è un idiota.

Il mondo fa schifo, la gente che ci vive fa schifo. Pensare che esistano brave persone con sani principi è un'idiozia.

Il latente torpore del sonno comincia a farsi sentire, prima di perdere i sensi però, rivedo lei e i suoi caldi occhi color cioccolato.


Pov. Isabella


- Andiamo Bella sbrigati!- urla Jessica prima di voltarsi verso di me. Mi guarda con quasi esasperata fermandosi ad aspettarmi. Certo, "sbrigati" dice lei. Vorrei vederla se fosse al mio posto con ai piedi due potenziali armi alte dodici centimetri.

Oltre a controllare la mia andatura, decisamente traballante, devo fare attenzione al mini abito che mi hanno costretta ad indossare.

Sistemo al meglio la gonna che, nonostante i miei migliori sforzi continua ad alzarsi

- Se tiri ancora già quel vestito rimarrai nuda- mi fa notare con tono saccente.

Non poteva lasciarmi venire con i miei Jeans e le mie adorate converse?

Lei continua a borbottare qualcosa mentre Angela tenta di farla calmare. Annoiata dei suoi lamenti sospiro pesantemente guardandomi intorno.

Due ragazzi escono dal locale, uno molto alto, ben piazzato e moro. Cammina barcollando un poco, probabilmente è ubriaco.

L'altro più smilzo, ha i capelli di un caldo color rame e i lineamenti del viso marcati. Quello che mi colpisce però, sono i suo occhi. Verdi. Di un verde così intenso che sembra bruciare.

Ci guardiamo per quello che sembra un eterno minuto e tutto il resto semplicemente scompare.

Chi sei?

Grida la mia mente.

È lui il primo a distogliere lo sguardo, si volta a guardare il suo amico che nel frattempo è entrato in macchina.

Entra anche lui e lo ringrazio mentalmente di non essersi voltato di nuovo a guardarmi. Probabilmente non sarei riuscita a trattenermi dal raggiungerlo.

- Ehi Bella tutto ok?- mi chiede Angela poggiandomi una mano sul braccio. La guardo ancora un po' stordita.

- Si certo. Andiamo.- la incoraggio con un cenno della testa, lei un po' titubante mi segue.

La fila scorre veloce e in poco tempo siamo nel locale. La pista è piena di persone che si muovono a ritmo della musica che rimbomba fuori dalle enormi casse. Il Dj fa oscillare il braccio muovendo la testa sullo stesso ritmo. Gioca con i suoi cambiando melodia, alzando il volume. Muovo leggermente la testa seguendo il ritmo.

- Bella!!- vengo assalita da uno scricciolo che mi si butta al collo. Le stringo tra le braccia contenta di vederla

- Ali! Che bello vederti!-

- Anche io sono felicissima!!- pigola stringendomi di più. è quasi un mese che non ci vediamo. è partita per la Francia dopo essere stata selezionata tra le alunne migliori della ragione, ha fatto uno stage presso una delle case di moda più prestigiose di Parigi. Dopo qualche minuto mi libera dalla sua morsa ferrea. Per essere una nana alta appena un metro e cinquantacinque ha una forza assurda.

- Allora che mi racconti? Voglio che mi aggiorni su tutte le ultime novità!- dice trascinandomi su uno dei divanetti posti intorno alla sala.

- Sei tu che mi devi aggiornare! Com'era Parigi? Lo stage è andato benissimo scommetto…che ti hanno fatto fare?-

- Oh tantissime cose! prima di tutto….- e da il via ad una lunga, infinita sfilza di nuove cose che ha imparato. è decisamente un vulcano.

Ci siamo conosciute a scuola un paio di anni fa, lei è iscritta all'istituto di moda, io al liceo classico. Le nostre scuole sono adiacenti così un giorno, durante una delle molte autogestioni organizzate col solo intento di perdere ore di lezione, ci siamo scontrate.

Non è stato difficile diventare sua amica, è una persona che ti travolge con la sua energia, ha sempre il sorriso sulle labbra e per molti può sembrare una di quelle ragazze che non hanno problemi, dalla vita facile.

Ma io conosco la verità. Conosco la vera Alice. Quella capace di lunghi silenzi, di sguardi assenti, di lacrime nascoste nel silenzio. I suoi genitori l'hanno abbandonata da bambina quindi i suoi nonni si sono presi cura di lei.

Non ho mai avuto modo di conoscerli, ne' di conoscere suo fratello Edward, o sua sorella Rosalie. So che non lo ha fatto per escludermi dalla sua vita, è solo il suo modo di difendersi. Non da me, dalla vita, dal tanto dolore che troppo spesso ha provato. Quando sarà pronta mi farà entrare lei in quella parte di se.

Per adesso la sua amicizia, la sincerità e l'amore che mi dimostra sempre mi basta.

Le voglio bene e so che su di lei potrò sempre contare.

Non ho bisogno di conoscere la sua famiglia per sapere questo.

- Sono così felice per te…- ammetto sorridendo leggermente. I suoi occhi brillano, mi abbraccia di nuovo.

- E io sono felice di essere tornata… mi sei mancata sai?- mormora mordendosi un labbro. é una persona dolce, ma fa fatica ad esprimere i suoi sentimenti a parole. Ha sempre puntato tutto sui gesti.

- Anche tu… non sai che strazio dover sopportare quell'oca di Jess senza te!- borbotto gonfiando le guance imbronciata. La risata cristallina di Alice risuona mentre sorseggio il cocktail analcolico che ho ordinato. Dopo poco si alza allungando la mano verso di me

- Dai andiamo a ballare!-

- Sei pazza? Con questi tacchi?- dico mostrandole le "armi" che porto ai piedi

- Dai Bella non sarà così disastroso!- mi incita lei

- Alice, devo per caso ricordarti il mio labile equilibrio? Rischio di spezzarmi una caviglia anche con le converse!-

- Andiamo fidati!!…- tenta un ultima volta, io scuoto la testa con convinzione

- No no no, non ci penso neanche! Tu vai! Portati dietro anche le ragazze…- lei s'imbroncia come una bambina, ma davanti ai miei occhi supplicanti di comprensione finalmente cede

- Ok… noi andiamo. Ci vediamo tra poco ok?-

- Certo! Buon divertimento!- mi fa l'occhiolino trascinando in pista Jessica e Angela. Ormai sola mi permetto di ripensare a quel ragazzo. Mi chiedo chi sia.

I suoi occhi sono la cosa più bella che abbia mai visto. Così profondi, intensi. Nel momento in cui si sono legati ai miei ho capito che non mi stava semplicemente guardando. C'era qualcosa di più… è come se avesse potuto guadarmi dentro.

Nonostante quella bellezza, non ho potuto fare a meno di notare quanta tristezza vi fosse celata. Sembrava solo, spaventato. Come se fosse preoccupato per qualcosa.

Sorrido sconcertata, non so nemmeno chi è, perché mi preoccupo tanto per lui? Per quanto ne so potrebbe essere un poco di buono, un teppista. Sorseggio il mio cocktail distogliendo l'attenzione da lui, non m'interessa chi è, ne' cosa lo preoccupa.

…Allora perché non riesco a togliermelo dalla testa?...






Disclaimer: Questi personaggi non sono di mia creazione. Sono di proprietà di Stephanie Mayer.

I fatti e le ambientazioni sono invece di mia creazione.

  
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