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Autore: Jules_Black    14/01/2012    1 recensioni
"Non aveva orologio, nulla che potesse indicargli quanto tempo era passato, quanto ne era rimasto, quanto ce ne sarebbe stato poi- anche se senza di lui non avrebbe avuto più senso."
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"Non sperava nemmeno – non piangeva nemmeno- perché non c’era logica nel continuare a credere che lui fosse ancora vivo, che non fosse un mucchio di ossa e qualche pezzo di pelle di cui sentiva ancora forte l’odore sulla sua."
JamesxSirius| One-shot| Drammatica| Slash!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'We're all stories, in the end.'
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Sirius era arrabbiato con James. Incazzato nero.

 

Sirius non si chiese mai perché quella notte decise di partire sotto la pioggia frustante per andare ad accertarsi come se la passasse il suo migliore amico. Era una scusa troppo futile, troppo idiota.
Non si chiese molte cose. Né perché aveva preso la moto anche con i venti contrari, né perché non aveva esitato nell’accelerare sopra le autostrade trafficate babbane in quella strana e scura notte di Halloween.
Non seppe mai darsi una riposta, nemmeno quando gli anni scolorirono sul suo dolore, mitigando il senso di vuoto e perdita – e frustante mancanza di amore.
***
Sirius scese veloce in strada, come un pazzo, furioso, prendendo la moto, volando verso est a velocità impensabile. La sentiva, l’oscurità crescente premergli addosso come un mantello soffocante; si sentiva, perso, disperso, nelle pieghe del tempo mentre tentava in tutti i modi di non pensare a ciò che avrebbe trovato lì, in quella villetta di due piani con un fazzoletto di giardino. Correre contro il tempo, tutto il suo significato stava lì, nel motore che rombava, accelerava, con strani scarti. Non aveva orologio, nulla che potesse indicargli quanto tempo era passato, quanto ne era rimasto, quanto ce ne sarebbe stato poi- anche se senza di lui non avrebbe avuto più senso.
***
- Il tempo è così limitante, Felpato!
- Perché?- rispose lui, alzando un sopracciglio.
- Perché non esiste nulla che scavalchi il “per sempre”. Ed io voglio stare con te per quel nulla.
***
Era limitante stare sotto i 150. Limitante, seccante, inutile. Non aveva fretta di vedere la morte in faccia, di sentire il freddo della pelle di James sotto le mani, l’eco dell’ultimo battito nel petto. Non aveva fretta, ma voleva correre. Non aveva fretta, eppure era lì, l’acceleratore premuto, la magia in azione.
***
- Non me ne frega niente del fatto che hai paura!- aveva gridato.
- Vai a quel paese, cagnaccio! Rallenta!
James tremava stretto contro la sua schiena. Accelerò, per farsi stringere di più.
***
Il vento gli frustava i capelli, lo richiamava a terra – era schiavo della gravità. Come se fosse potuto esistere ancora alcun vincolo fisico per il suo cuore quando l’ultimo, l’unico, se n’era probabilmente appena andato.
***
- Sei frustante, Sir’. E’ talmente facile capire la gravità: sei attratto verso il centro della terra ed amen!
- Potter, da quando conosci la legge di gravità tanto bene?- rispose lui, scuotendo la testa e continuando la sua mappa astrale.
- Da quando ad attrarmi non è più il centro della terra.
***
 
Non sperava nemmeno – non piangeva nemmeno- perché non c’era logica nel continuare a credere che lui fosse ancora vivo, che non fosse un mucchio di ossa e qualche pezzo di pelle di cui sentiva ancora forte l’odore sulla sua.
Sirius sapeva che lui era stato l’ultimo a cui avesse detto “ti amo”. Avrebbe preferito che lui fosse ancora vivo e magari lo odiasse. Invece – bum!- poteva sentire l’esplosione nella sua testa, rimbombargli nel cranio e scendere giù, come piombo. Non c’era nulla di divertente nella guerra. Nelle notti passate a guardare Villa Malfoy – una strana casa dell’orrore- e finite con il consumare se stessi, pelle contro pelle, bocca contro bocca.
***
- Cazzo Sir’, non credevo che fossi così bravo a fott-…
Sirius gli tappò la bocca con la mano libera, mentre le stelle li guardavo sorridenti.
- A fare l’amore, James. A fare l’amore.
***
Sirius credeva che la guerra fosse esalta tante, che fossero medaglie dorate, pacche sulla spalla e bacchette che sfavillavano nella notte. Invece la guerra erano morti da ripescare sotto le macerie, morti a cui chiudere gli occhi fissi verso il cielo, morti che – cazzo- stavano bene lì, oltre il tempo. E loro di qua, a piangere, a chiedersi se il vero inferno non fosse quello che stavano vivendo.
Sirius era arrabbiato con James. Incazzato nero.
Se n’era andato in un lampo di luce – la Maledizione non aveva lasciato segni sul suo corpo bello, bellissimo, anche alla luce di quelle pallide stelle. Se n’era andato con quelle due parole che ormai avevano perso ogni significato.
Vaffanculo, avrebbe voluto gridargli.
Invece rimase a guardarlo, inerme, mentre intorno a lui  giacevano i pezzi di una casa- una vita, una famiglia- distrutta.
***
- Mi sposo. Tra tre mesi. Voglio passare questi ultimi novanta giorni a fare l’amore con te. E voglio che tu sia il mio testimone.
James gli aveva rovesciato contro un fiume di parole. Acconsentì a tutte le sue richieste, perché lo amava.
   
 
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