Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    14/01/2012    2 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao, sono una matricola


Connecticut, università di Yale.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quell'enorme insegna in ottone, quella che mi indicava dove mi trovassi, che non stavo solo sognando.
< Sarebbe gradita una mano > disse papà mentre mi seguiva con i miei bagagli. Aveva insistito tanto per accompagnarmi che non me l'ero sentita di dirgli di no, non dopo che si era presentato davanti a casa di Robert.
< Coraggio, vecchietto è una buona scusa per farti un po' di muscoli > ribattei mentre prendevo un paio di borse per aiutarlo, dopotutto non potevo ucciderlo, o a Newark avrebbero ucciso me.
< Hai per caso un cadavere qui dentro? > continuò, ma feci finta di niente e senza staccare gli occhi dal foglietto sul quale c'è scritto il mio dormitorio con la mia stanza tento di orientarmi.
< Per di qua! > esclamo a un certo punto mentre indico alla mia destra, aiutata dal cartello sul quale c'è scritto “Dormitorio Kennedy”. Impiegammo circa cinque quindici minuti prima di trovare la mia stanza e quando vi entrai la prima cosa che mi colpì furono i colori della stanza: le pareti bianche, le sponde del letto in legno chiaro, stesso colore della scrivania…l'unico colore forte era il blu della sedia. Decisamente una stanza piena di colore.
< Quindi è qui dove alloggerai per quest'anno >
< Già >
< Mi…mi sembra molto confortevole >
< Sì, infatti >
< Adatta a una studentessa >
Guardai mio padre scettica.
< Già, è per questo che è stato creato il collegio. Per ospitare studenti >
< E non è abbastanza grande da ospitare più di due persone… >
Bingo! Ecco dove voleva parare. Non si doveva essere geni per capire che il messaggio era “tieni fuori Robert da questa stanza”.
< Stai tranquillo, papà, non ha tempo per venire qui ora > risposi frustrata: non ci eravamo praticamente visti per niente quest'ultima settimana, se non una sera nella quale dovevamo fare il mondo e invece avevamo finito per addormentarci sul divano.
< Era quello che volevo sentirmi dire > rispose sorridendo e mi baciò la guancia. La sua bambina era cresciuta, aveva un fidanzato e ora che sarebbe andata a vivere lontano dai genitori lui aveva deciso di assumere il ruolo di padre geloso. Era quasi comica la cosa.
Mi aiutò a sistemare i miei bagagli, mi salutò con un groppo alla gola, dopotutto la distanza tra noi due era di sole novanta miglia, una passeggiata in confronto alle quasi tremila di prima, e quando rimasi sola iniziai a sistemare le mie cose.
Ogni cinque secondi ero dietro a guardare il telefonino in attesa di una chiamata di Robert, che era impegnato in una intervista alla radio, ma evidentemente stava impiegando più tempo del previsto perché ancora non si era fatto vivo e quando finii di sistemare l'ultimo pigiama, due ore dopo dal mio arrivo, la porta si aprì.
< Ciao > mi disse una ragazza alta, più della sottoscritta, con i capelli castani e tenuti legati da un'alta coda, gli occhi marroni e un accenno di lentiggini che le rendevano l'espressione più simpatica < sono Kelly >
< Piacere, Michelle > risposi sorridendole mentre le stringevo la mano < hai bisogno di una mano con i bagagli? > le chiesi e scosse la testa.
< Non preoccuparti, ce la faccio > replicò, ma dal momento che non avevo niente da fare le diedi una mano.
Trascorse un'altra ora nella quale Kelly ed io chiacchierammo e scoprii che era originaria di Cincinnati, ma aveva vissuto per gran parte della sua vita a New York con i genitori e con sua sorella minore Janice, che aveva dodici anni e mezzo, poi sistemammo le ultime cose e decidemmo di farci una doccia prima di uscire per andare in palestra, dove il rettore Stan voleva incontrare le matricole.
La prima a farsi la doccia fui io e quando fui pronta posizionai la foto che avevo fatto con Robert il giorno del mio diciannovesimo compleanno sul comodino accanto al letto.
Non appena la mia nuova compagna di stanza liberò il bagno vi schizzai dentro per lavarmi i denti e quando uscii la vidi sul mio letto intenta ad osservare quella foto.
< C'è qualche problema? > chiesi curiosa e lei posò la foto dov'era prima.
< Non dirmi che sei una sua fan! Non puoi perdere punti così! > esclamò e mi indispettii nel sentire quelle cose.
< Cos'è che di lui non ti piace? >
< Mi da l'idea che sia un ragazzo che si da delle arie >
< Beh, non è così > ribattei secca.
< Scusa, non volevo offendere nessuno > replicò come se mi stesse prendendo in giro. Dov'era finita quella dolce ragazza di un'ora prima?
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta e il discorso finì lì. Era Jeremy.
< Jer! > esclamai saltandogli al collo < Da quanto sei qui? >
< Mezz'ora > rispose ricambiando l'abbraccio stritolatore < mamma voleva venire a salutarti, ma mio padre aveva fretta di tornare a casa. Sai com'è, i Lakers questa sera giocano… >
Risi e scossi la testa.
< Non preoccuparti, salutamela non appena la senti. Oh, lei è Kelly > gli dissi facendo le presentazioni < Kelly, lui è Jeremy, il mio migliore amico >
Si presentarono e insieme ci dirigemmo al nostro luogo d'incontro con il rettore. Ci accomodammo tutti e tre nelle prime file e conversammo civilmente, dopotutto Kelly sarebbe stata per un anno intero la mia compagna di stanza e non potevo avercela a morte con lei solo perché odiava il mio ragazzo, e con somma soddisfazione constatai che i due signorini si erano presi in simpatia.
< Hey! Sono qui! > esclamò Jeremy ad un certo punto < Ora vi presento il mio compagno di stanza > ci disse sorridendo < è un tipo strano, ma è forte. Si chiama… >
< Liam > lo interruppi mentre vedevo quel pel di carota avanzare verso di noi e anche lui mi guardava con lo stesso sguardo divertito.
< Lo conosci? >
< Molto bene. È mio cugino >
Il mondo era davvero piccolo.
Salutai mio cugino con un caloroso abbraccio e chiacchierammo tra di noi finché il rettore Stan non entrò in palestra. Era un uomo davvero affascinante, alto e con i capelli brizzolati, ma aveva degli occhi azzurro brillanti irresistibili.
< Salve a tutti > ci salutò col microfono < sono il rettore Stan e per prima cosa voglio darvi il benvenuto alla Yale University >
< Cavolo, lui sì che è un bell'uomo! > sussurrò al mio orecchio Kelly e ridemmo.
Parlò per un paio d'ore e ci illustrò le varie regole e così via, poi ci disse che si sarebbe reso disponibile per qualunque dubbio, che il suo studio era nella sede della facoltà di medicina e si congedò.
< Accipicchia, che discorso lungo > si lamentò mio cugino e risi.
< Io ad un certo punto mi sono addormentata > ribattei e guardai il mio migliore amico sorridendo < grazie per la spalla >
< Figurati > ribatté baciandomi la fronte e in quell'esatto momento un gran bel ragazzo ci si parò davanti.
< Ciao > ci salutò.
< Ciao > risposi atona.
< Mi chiamo Jason e faccio parte della confraternita K.U.T.Δ. Questa sera daremo una festa e voi ragazze siete invitate > ci disse mentre ci porgeva due braccialetti < indossateli, è l'unico modo per entrare >
< Potresti darcene altri due? > domandai < Ci sono anche loro con noi >
< Oh, mi spiace, ma li ho finiti > ribatté sorridendo < spero di vedervi questa sera >
E detto ciò si allontanò.
< Che stronzo > si lamentò Liam < anche io volevo essere invitato >
< Beh, si da il caso che quel tipo non aveva occhi che per la nostra Michelle > intervenne Jeremy < è ovvio che non volesse ragazzi nei dintorni >
Kelly rise e mi mise un braccio intorno alle spalle.
< Se il risultato è farsi invitare alle feste ti sfrutterò più spesso >
< Guarda che ti tengo d'occhio > ribatté Jeremy fissandomi severo < e ora vieni a offrirmi un frozen yogurt? >
Questa volta fui io a ridere e accettai il suo “invito”, mentre Kelly lo declinò per andare in stanza a chiamare sua madre, che, da come l'aveva descritta lei, era “tremendamente ansiosa”.
Ci sedemmo sulla panchina davanti al mio dormitorio con il nostro acquisto in mano quando il mio cellulare vibrò.
< Pronto? >
< Mitchie? >
< Rob! > esclamai felice < Come stai? >
< Io bene…tu dove sei? >
< Sono a prendere un frozen yogurt con Jer e mio cugino. Sai che ci siamo incontrati così per caso? Insomma, quante probabilità avevo di finire nello stesso college di mio cugino e che lui finisse nella stessa stanza con il mio migliore amico? >
< Una su un milione > disse ridendo < senti, sarò breve. Sono davanti alla porta del tuo dormitorio, ma la tua compagna di stanza non appena mi ha visto mi ha sbattuto la porta in faccia >
< Sì, Kelly mi ha fatto capire prima che… > - mi bloccai - < dove sei? >
< Davanti alla porta del tuo dormitorio. E temo che qualcuna mi abbia riconosciuto. Verresti a salvarmi? >
< Trenta secondi > risposi e chiusi la chiamata < ragazzi…Rob è qui >
< Oh, lo sappiamo > intervenne Liam.
< Cosa? >
< Chi credi che gli abbia detto dove trovare la tua stanza? > continuò mio cugino indicando Jeremy e sorrisi.
< Ti devo molto di più che un frozen yogurt >
< Lo so. Dai, vai >
Mi alzai in piedi e corsi fino alla mia porta, vidi Robert in lontananza – quell'uomo non sapeva cosa volesse dire travestirsi per non essere riconosciuto – lo presi per la mano e lo feci entrare in camera mia. Chiusi la porta di scatto e gli buttai le braccia al collo.
< Cosa ci fai qui? > chiesi eccitata.
< Davvero credevi che mi sarei perso questo giorno così importante per te? > ribatté sorridendo e mi baciò le labbra, ma poco dopo venimmo interrotti da Kelly che usciva dal bagno.
< Oh…ora si spiega perché ti sei scaldata così tanto prima > disse scuotendo la testa < e non mi hai detto niente, anzi! Mi hai lasciato fare una figuraccia >
< Kelly…lui è Robert >
< Ciao > lo salutò lei con un cenno di capo e lui fece lo stesso < beh, io allora esco e vi lascio soli… >
< Non preoccuparti, devo andarmene ora >
< Cosa? > domandai sgranando gli occhi < No! Perché? >
< Ho un'intervista con Jay Leno e poi Kristen e Taylor hanno detto di volermi trascinare ad un party a New York. E se non voglio far tardi da Jay, devo andare >
Abbassai lo sguardo dispiaciuta, ma scossi la testa, tornai a guardarlo e gli sorrisi.
< Beh, allora divertiti >
< Anche tu > replicò baciandomi le labbra < che programmi hai per stasera? >
< Kelly ed io siamo state invitate ad una festa > risposi sorridendo.
< Comportati bene > mi diede un ennesimo bacio e aprì la porta della stanza < è stato un piacere conoscerti, Kelly >
< Sì, anche per me > replicò lei abbozzando un sorriso, che immaginai fosse falso.
Lui mi guardò dispiaciuto e se ne andò. Chiusi la porta solo quando lo vidi voltare l'angolo.
< Speravo restasse di più > sussurrai, ma non abbastanza perché Kelly non mi sentisse.
< Senti, io…mi dispiace. È solo che proprio non ce la posso fare a essere carina con lui >
< Figurati > replicai alzando la mano < per me è lo stesso con Kristen… >


***

< Dimmi la verità…ti sembro volgare vestita così? > domandò Kelly mentre si era fermata davanti ad una ennesima parete sulla quale si potesse riflettere, cioè la porta a vetro della mensa, illuminata da due lampioni.
< Stai per caso dando del volgare alla mia gonna? > ribattei avvicinandomi e guardai entrambe le nostre figure riflesse: tra le due chi risultava più volgare ero io con il mio vestito tremendamente corto e non lei con la mia minigonna che le arrivava fino a metà coscia e la T-shirt nera con lo scollo a V.
Sbuffai e cercai di allungare il vestito.
< Cosa c'è? >
< Non mi sento per niente a mio agio con questo coso addosso > risposi dimenandomi per riuscire nel mio intento, ma tutto era invano.
< E allora perché l'hai indossato? >
< Perché me l'ha regalato la mia sorellastra e mi ha fatto giurare che l'avrei indossato in occasione della prima festa del campus >
< Secondo me ti sta molto bene, te l'ho detto anche prima in camera. Hai delle belle gambe, puoi meritartelo. Comunque stavo dando della volgare a me, non alla gonna > disse facendomi la linguaccia.
< Sì, ma indirettamente hai insultato la mia gonna. E ad ogni modo non puoi definirti volgare, sei più vestita di me! >
< Infatti non ho mai detto che somigli ad una puritana >
Risi e scossi la testa, poi la presi a per un braccio per raggiungere la confraternita K.U.T.Δ., dove si sarebbe svolta la prima festa dell'anno accademico. La confraternita era una delle più esclusive, o almeno questo era quello che mi era stato detto da Jason quando ci aveva rivisto in mensa per la cena.
Nessuna delle due sapeva dove si trovasse di preciso la confraternita, così ad un certo punto ci limitammo a seguire la folla di ragazzi con gli ormoni in subbuglio e già ubriachi, come lo si poteva constatare dalla loro camminata. Una ventina di metri dopo sentimmo in lontananza della musica e, voltato l'angolo, ci trovammo davanti ad una reggia, perché quello era, tutta illuminata. Non lo avrei mai detto a nessuno, nemmeno sotto tortura, ma ero eccitata: quella era la mia prima festa da universitaria. Salimmo lentamente le scale di pietra, mentre attorno a noi c'erano varie coppie che sembravano volersi accoppiare proprio davanti alla porta d'ingresso, e non appena mettemmo piede dentro casa venni sbattuta al muro da un branco di deficienti a torso nudo ubriachi che mi erano appena venuti addosso.
< Ma che diavolo fate, cretini?!?! > sbraitai e per tutta risposta ricevetti una loro sonora risata e se ne andarono continuando a urtare mezzo mondo.
< Stai bene? > domandò Kelly preoccupata e annuii con la testa.
< Vorrei solo strangolarli > risposi irritata e in quel momento un ragazzo ci si parò davanti.
< Buonasera > disse sorridendoci < io mi chiamo Bryson e sono il più anziano tra i miei confratelli, nonché il presidente. Benvenuta alla K.U.T.Δ. Voi siete…? >
< Single > rispose Kelly con occhi sognanti e le diedi immediatamente una gomitata sul braccio < Kelly, volevo dire > continuò imbarazzata < e lei è la mia compagna di stanza Michelle >
Strinsi la mano a Bryson salutandolo e non potei fare a meno di notare il sorrisetto sulle sue labbra mentre guardava Kelly.
< Siete nuove? Non vi ho mai viste >
< Siamo del primo anno > rispose prontamente Kelly e il suo voltò si illuminò.
< Allora permettimi di illustrarti il posto > disse offrendole il braccio e lei mi guardò.
< Andate, io andrò a bere qualcosa >
Kelly mi sorrise senza dire niente e afferrò il braccio di Bryson, che mi salutò con un cenno di capo prima di lasciarmi sola.
Rimasta sola davanti alla porta come un'idiota pensai bene di allontanarmi ed entrai nella stanza alla mia sinistra, da dove proveniva la musica del deejay e mi portai il più lontano possibile dalla pista da ballo, appiccicandomi così alla bacheca dei trofei.
Presi tra le mani il telefonino e andai sulla casella dei messaggi.
Imbucatevi, ti imploro” scrissi e lo inviai al numero di Jeremy.
Scordatelo” rispose pochi secondi dopo. Non l'avrebbe mai ammesso, ma c'era rimasto male, lo conoscevo fin troppo bene. L'aveva sicuramente presa sul personale e infatti per tutto il giorno non aveva fatto altro che ripetermi che lo detestava e che forse era meglio così, sicuramente si sarebbe annoiato a quella festa organizzata da bambocci. Ma me l'avrebbero pagata entrambi, questo era sicuro.
< Questa è la bacheca delle vittorie della K.U.T.Δ. Come puoi ben vedere, non ci sono spazi vuoti > disse Jason mentre mi offriva una birra < la tua amica? >
< In giro con Bryson >
< E allora è mio compito intrattenerti >
Gli sorrisi educatamente mentre speravo che la testa gli esplodesse e mi portai il bicchiere alle labbra.
< Cosa significa K.U.T.Δ.? >
Rise della mia domanda e si passò una mano tra i capelli, stesso gesto che compiva sempre Robert.
< Mi dispiace, matricola, ma solo i membri della confraternita sono tenuti a saperlo >
< Bene, allora voglio essere un membro anche io > replicai con tono di sfida e lui sorrise malizioso.
< Sono spiacente, matricola, ma queste… > disse indicando il mio seno < …e questa > continuò indicando il basso ventre < te lo impediscono >
Allontanai lo sguardo dai suoi occhi ipnotici, specialmente perché si stava avvicinando più del dovuto, e continuai a bere, finché non venne reclamato dagli stessi ragazzi che mi avevano spinto, che avevo scoperto essere del primo anno come me, perché facesse loro da giudice per chissà quale gara e mi lasciò sola. Presi il cellulare per guardare l'ora e vidi lampeggiare sul display il simbolo della busta, segno che mi era arrivato un messaggio.
Party a NY: Myley Cyrus poco fa mi ha dato del venduto e Lindsay Lohan mi ha praticamente vomitato sulle scarpe. Tu come te la passi?
Sorrisi e rilessi il messaggio almeno una ventina di volte. Erano passate poche ore da quando l'avevo visto, ma mi mancava. E allo stesso tempo mi indispettiva abbastanza saperlo accanto a Kristen Stewart mentre io non potevo tirarle i capelli e dirle di lasciare in pace il mio uomo.
Party alla confraternita K.U.T.Δ. Indosso un abito che quasi non mi permette di respirare, Kelly è in giro con un tipo, sono stata denigrata da un ragazzo perché sono una donna e sempre questo qui mi ha già chiamato matricola per due volte nel giro di trenta secondi” scrissi e gli inviai il testo “Kristen sta tenendo lontano le mani, vero?” scrissi ancora.
Attesi cinque minuti con gli occhi incollati al cellulare per leggere il suo messaggio di risposta, ma invano, così lo riposi dentro la borsa e feci un giro per la casa, finché non raggiunsi le scale che portavano al piano di sopra, dove seduto c'era un ragazzo dai capelli lunghi e i mille tatuaggi che mi fissava sorridendo.
< È proibito a chi non è un confratello salire di sopra, ma se vuoi venire con me ti mostro la mia stanza > disse alzandosi in piedi e il suo sorrisetto non gli abbandonava le labbra.
< Scusa, Manuel, ma lei sta con me > intervenne Jason portandomi un braccio intorno alle spalle e mi irrigidii, ma lo seguii quando ci allontanammo dal suo amico < stavi cercando me, matricola? > domandò stringendomi a sé e in quel momento ricordai del suo braccio, così mi divincolai immediatamente dalla sua presa.
< Stavo cercando la mia amica > ribattei scocciata.
< Non lo sai? È andata via con Bryson dieci minuti fa >
Kelly se ne era andata senza dirmi niente? Aveva per caso intenzione di passare la notte con quel tipo? Ed io dove sarei andata?
< Cosa? > domandai sorpresa.
< Bryson mi ha detto che lei non si sentiva bene e l'ha riaccompagnata nella sua stanza >
< Vado da lei > dissi dirigendomi a passo svelto verso la porta, ma Jason mi fermò per un braccio.
< Si vede che sei una matricola. Non lo sai che alla sera non è raccomandabile per una ragazza stare da sola? >
< Allora mi accompagni tu? > chiesi mentre picchiettavo il piede, pensando che se mi avesse chiamata matricola un'altra volta lo avrei ucciso sul serio.
Fece schioccare la lingua tra i denti e mi guardò strafottente.
< A dire il vero io volevo restare ancora qui. Ora viene il bello… >
Scossi la testa e uscii da quella casa per tornare dalla mia compagna di stanza, ma Jason mi si parò davanti alzando le mani e rise.
< Siamo suscettibili, eh? > disse sbeffeggiandomi e dopo che si mise al mio fianco ci incamminammo verso il mio dormitorio.
< A che anno sei? > domandai curiosa mentre passeggiavamo.
< Al terzo, facoltà di medicina >
< Anche tu a medicina? >
< La maggior parte dei confratelli studiano medicina >
< E cosa ti piacerebbe fare? >
< Il pediatra, adoro i bambini. Tu? >
< Chirurgo > risposi sorridendo < adori i bambini? Questa cosa ti fa onore. Stai recuperando punti >
< E come li avrei persi? > domandò sorridendo.
< Con la tua sfacciataggine > risposi guardandolo e mi rispose con uno sguardo divertito.
< Allora, matricola, questa è la confraternita delle Lions, note come figlie di papà > mi disse indicandomi una casa che faceva invidia anche a Barbie.
< Tanto da avere la domestica? >
< E il giardiniere >
< Mi stai prendendo in giro? >
< Affatto > disse alzando le spalle e poco dopo mi indicò un'altra casa < qui c'è la confraternita K4O7, i futuri scienziati d'America e lì ci sono le Tygers. Un po' civette, ma simpatiche e molto disponibili > continuò e capii al volo la sua ultima allusione.
< Non credo di voler sapere altro > dissi scuotendo la testa e lui rise, poi mi portò il braccio attorno alle spalle una seconda volta < hai intenzione di tenermi abbracciata ancora per molto? > domandai stizzita e la sua presa aumentò, forse per farmi un dispetto.
< Non sei una ragazza facile, eh? >
< Sono già impegnata > risposi dura e lui mi sorrise sornione.
< Tutto è relativo > replicò continuando a camminare.
< Senti…cosa comporta non far parte di nessuna confraternita? >
< L'anonimato >
< Il che è un bene per me > dissi annuendo e il vento freddo che si era alzato mi fece rabbrividire.
< Hai freddo? > domandò premuroso e quando annuii si tolse la giacca e la sistemò sulle mie spalle.
< Grazie > dissi sorridendo imbarazzata.
< Ah, dimenticavo…qui ci sono le Venus. Sono delle ragazze strane, lunatiche. Ma sono simpatiche. Sono uscito con una di loro l'anno scorso, non sono terribili come vengono descritte. Quindi mi raccomando, non credere a tutto quello che ti dicono sulle confraternite >
< Quindi tutto quello che mi hai raccontato tu potrebbe essere una balla? >
< Potrebbe > replicò lui sorridendo.
< Quindi tu e i tuoi confratelli potreste essere degli sfigati? >
< C'è una regola: mai mentire sulla propria confraternita > disse guardandomi serio < c'è qualche confraternita che ti interessa? >
< Te l'ho detto, preferisco l'anonimato >
< Perché? > domandò guardandomi curioso.
< È una storia lunga >
< Che ne dici di parlarmene domani sera a cena? >
< Il mio ragazzo non ne sarebbe per niente entusiasta >
< Chi è, uno dei due ragazzi di questa mattina? >
< No >
< Studia qui? >
< No > risposi e il suo sorriso si illuminò ancora di più.
< Ed è una storia seria? >
< Decisamente > risposi mentre giungevamo davanti al portone del dormitorio.
< Capito, allora sarà meglio stare al mio posto >
< Già > risposi mentre prendevo la chiave dalla borsa < beh, ora proseguo da sola >
< Non se ne parla, ti accompagno dentro >
< Non ce ne è bisogno >
< Sì, invece. E se ci fosse un maniaco che si aggira per il dormitorio? Potresti essere in pericolo >
< Fidati, non c'è nessuno >
< Come fai ad esserne così sicura? >
Sbuffai e mi portai le mani sulle tempie.
< Se ti lascio venire fino alla mia porta poi mi prometti di andartene? >
< Sì > rispose sorridendo.
Scossi la testa ed aprii il portone, salimmo le scale fino al secondo piano e mi
fermai davanti alla porta numero 80.
< Okay, sono arrivata. Grazie per il giro turistico, Jason. Ci vediamo in giro > gli dissi mentre lo salutavo con la mano, ma lui non accennava a muoversi < Jason, cosa stai aspettando? > domandai e senza rendermene conto si era avvicinato a me più del dovuto, aveva chinato la testa e mi stava baciando. Ero sorpresa, non riuscivo a muovermi, ma nel momento in cui la sua lingua toccò il mio labbro inferiore mi allontanai e gli mollai uno schiaffo sulla guancia.
< Cosa diavolo fai? >
< Sto al mio posto > sussurrò prima di baciarmi la fronte < ci vediamo domani, matricola. Ti aspetto per fare colazione insieme al bar della scuola alle otto. Non tardare > continuò facendomi l'occhiolino e mi lasciò sola, circondata da due ragazze che mi stavano trafiggendo con lo sguardo per chissà quale motivo.
Entrai nella mia stanza e senza fare rumore mi tolsi il vestito, infilai la canotta e i pantaloncini che avevo messo sotto il cuscino da usare come pigiama e mi misi sotto le coperte. Presi dalla borsa il telefonino e spinsi un pulsante perché si illuminasse il display. Robert non mi aveva più contattata.


***

Bene, bene, buonasera!
Avevo intenzione di postare prima, ma oggi è il compleanno della mia mamma, quindi non ho prestato molta attenzione a EFP; ma siccome ora è impegnata a fare chissà cosa, io posto! XD
Ci tengo a ringraziarvi per tutte le belle parole che spendete per me, mi scaldate il cuore ogni volta.
Al prossimo capitolo!

Giulls

   
 
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