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Autore: ___Luthien    14/01/2012    2 recensioni
"Mi si avvicinò tutto d’un tratto, e quando fummo così vicini da poter toccare i nostri rispettivi nasi, disse: "Ho ucciso mia sorella."
Poi si allontanò e ricominciò a ridere. "
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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DRIIIN.
Sentii la sveglia suonare. Erano le 5 e mezza. Storsi il naso. Non ero abituata ad alzarmi così presto.        
 Scesi delicatamente dal letto, e cercai di non fare troppo rumore così da non rischiare di svegliare Edward; ma, accesa la lampada mi accorsi che non c’era.
Non potevo permettermi di andarlo a cercare, la signora Kraford mi aveva avvertita : “Qui non accettiamo ritardi, sia chiaro. Ogni sua dimenticanza verrà seriamente punita

Quindi, corsi a vestirmi, e non volendo risaltare su gli altri indossai un semplicissimo paio di Jeans, e una maglietta nera a maniche corte. Legai i capelli in una coda laterale e indossate le mie comode Convers uscii dalla mia stanza. Quando aprii la porta rimasi stupita; Il corridoio era pieno di persone e quasi tutte le stanze erano aperte. Chiusi la mia camera, e notai molti sguardi posarsi su di me. Abbassai gli occhi e mi diressi verso il salone blu per la colazione. Quando arrivai mi sorpresi per la grande confusione e per l’enorme fila creatasi davanti alla mensa. Stranamente però, la coda si muoveva velocemente;infatti in pochi minuti riuscii ad arrivare davanti alla cuoca.

<<Cosa vuoi ragazzina? >>
<<Ehm, un cappuccino con una brioche alla crema>> sorrisi gentilmente, nonostante, la sua maleducazione.
<<Sei nuova vero? >> E senza aggiungere altro prese il mio vassoio. In una scodella versò una pappetta appiccicaticcia dal colore\odore\sapore non identificato, e in un bicchiere (sporco?!?!) mise dell’acqua zuccherata.

<<Il prossimo. >>

Presi con disgusto quel vassoio ma guardandomi in torno notai che tutti mangiavano il proprio “cibo”  in maniera talmente veloce  tanto da farlo sembrare appetitoso..
 
-“Forse avrà un buon sapore”-.. Pensai.

 Mi sedetti nel primo posto libero e senza notare chi avessi a fianco iniziai a mangiare…

Un senso di vomito mi percorse tutta la schiena. Quella, cosa, era immangiabile. Mi domandai subito, come facessero gli altri a digerire quel offesa alla cucina senza mostrare i minimi segni di svenimento, ma poi capì. Tutti i presenti, non facevano altro che guardare l’orologio senza preoccuparsi di quello che mettevano in bocca.  Avevano un viso altamente preoccupato, e non facevano che affrettarsi.
Mi alzai dalla tavola, e buttai via tutto il vassoio. Non avrei mai fatto colazione con una simile schifezza. Quella cuoca faceva proprio pena. Avrebbe fatto meglio a cambiare lavoro.

<<Hei tu signorina! >>

Sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai di scatto e mi ritrovai faccia a faccia con quella grassona incapace di svolgere il proprio mestiere.

<<Si..? >>

<<Nessuno ti ha mai detto che il cibo non va sprecato?>>

<<Ah.. Perché? Quello lo considera cibo?>>

Sentii un bisbiglio alzarsi dalla sala, e molti mi segnalavano di non rispondere.

<<Oh. Oh. Oh. Abbiamo una principessa schizzinosa qui. >>  Mi si avvicinò minacciosa, e senza nemmeno poter ribattere, mi afferrò  i capelli e mi spinse violentemente contro il muro.

<<Ah!! Ma…ma.. eh impazzita?? Mi lasci subito!>>

Nessuno si muoveva,tutti guardavano ma nessuno aveva intenzione di aiutarmi. La spinsi via con forza, e la vidi barcollare per poi però, venirmi di nuovo contro. Afferrò il grosso mestolo di legno, e iniziò a sventolarlo con un sorriso beffardo. Cercò di colpirmi, ma per un pelo riuscì a schivarlo; senza accorgermene però, persi l’equilibrio e la urtai. Riuscii a rimanere in piedi, ma lei cadde. In tutta la sala scese il silenzio; nemmeno una mosca osava volare. Era come se tutti i suoni del mondo si fossero spenti nello stesso istante.

<<Tu, piccola sgualdrina…>> Si alzò con fatica dal pavimento e mi afferrò per un polso. La sua stretta era davvero forte. Alzò il mestolo e…

<<Ora basta.>> Una mano bloccò quella stronza. Mi voltai verso il mio salvatore...
<<E…Edward..>>  bisbigliai..
<<Tu non t’immischiare.>> ribatté lei.
I suoi occhi dal colore meraviglioso divennero pericolosamente agghiaccianti.
<<Le chiedo scusa per il suo atteggiamento. Il cibo non dev’essere sprecato in questa maniera..>>
<<Edward cosa stai dicendo??!? Non ti devi scusare di nien..>>
<<Zitta.>> Mi lanciò uno sguardo  terrificante, e poi riprese a parlare con la “cuoca” <<Mi prenderò personalmente le responsabilità per l’accaduto. E le prometto che ciò non accadrà più. Quindi per favore la lasci andare.>>

<<Bene bene. E sia. Edward, sai già dove andare.>> disse con un sorriso enorme.

Lo vidi annuire e girarsi…

<<E..Edward?!?>> Una mano, mi prese per il braccio e mi trascinò via.

<<Un.. un attimo!Lasciami!>>

Una ragazza più o meno della mia età mi guardò preoccupata.

<<Cosa pensavi di fare??Rispondere in quella maniera alla Signorina Mischelle!>>
<<Signorina?>> Scoppiai a ridere. <<Io non ho visto nessuna signorina. Quella lì era una sottospecie di balena. >>

La sua faccia però rimase seria.

<< Nessuno ti ha spiegato come bisogna comportarsi? Quel povero ragazzo.. Non so come mai un tipo come lui ti abbia aiutata. Ma ritieniti fortuna. Ora andiamo, mancano due minuti all’ inizio delle lezioni.>>

Mi trascinò dietro di se è per un pelo riuscimmo ad entrare in classe prima del professore. Non segui nemmeno una parola di tutta la lezione; Pensavo solo a ciò che era successo.
Grazie a questo pensiero, le lezioni volarono e non tardò molto l’ora di pranzo.

<<Sono, Arisa. Arisa Mako. Scusa se questa mattina sono stata così severa, ma devi capire certe cose che lì,   nel mondo esterno, non esistono..>> Mi trascinò in bagno e riprese il discorso..
<<Questa, non è una casa famiglia qualunque. Questa non è una scuola come le altre. Qui, noi ragazzi.. Non siamo considerati tali..>> Si alzò la maglia e rimasi di sasso. Il suo corpo era ricoperto di ferite, ed era cosparso di enormi lividi viola..
<<..Od..Oddio.. Devi farti vedere dal medico. Chi è stato? Dobbiamo chiamare la polizia.. Cosa…>>
<<Shh!! Non dire queste cose nemmeno per scherzo! Se qualcuno ti sentisse andrebbe a riferirlo alla preside. Il..>> abbassò il tono della sua voce.. <l medico, qui non esiste. Lui è d’accordo con tutti gli altri. Se si va in infermeria, l’unica cosa che si ottiene sono altri lividi. E.. E non parlare mai di polizia!! Se ti sentissero, dio solo sa cosa ti potrebbe accadere. Qui i telefoni sono vietati, e qualsiasi contatto con l esterno è strettamente sorvegliato. Anche se… a dire il vero… Non vi è contatto esterno.
>>   
<<Ma, ma cosa stai dicendo?.. Perché hai tutte quelle ferite, perché nessuno fa niente?>>
Rise.
<<Vuoi sapere come me le sono procurate?>>
Annui.
<<Bene. Vedi questo taglio qui leggermente sotto il seno? Ecco quello lo avuto per un ritardo ai lavori delle 3. Questi lividi, li ho avuti per uno starnuto scappatomi durante il discorso della preside. Questi buchi,  bhè.. Questi li fanno per prelevarti del sangue, fino a farti quasi rimanere senza… Quando fai qualcosa che a loro non sta bene, ti mandano in quella stanza..>>
<<Quale stanza?>>
<<La stanza nel corridoio. E situata nell’ala ad ovest… È piccola e ha un grosso catenaccio..>>

Mi ricordai subito di quella stanza. L’avevo vista il giorno prima per caso..I brividi che mi aveva provocato mi fecero tremare.
 Deglutì.
 
Sentimmo una campanella.

<<Oh, no.! Sono le tre. Come ho fatto a perdere la cognizione del tempo. Dobbiamo muoverci. Io e te lavoriamo nello stesso piano, forse non lo sai ma le nostre camere sono molto vicine.>>

Corremmo lungo le scale, e percorremmo tutti i piani, fino ad arrivare al terzo.  Una lunga coda di ragazzi era disposta in fila indiana.

<<Voi due. Siete ai bagni.>>
<<Si>>

Arisa prese il secchio e le spugne, io il moccio e i saponi.

<<Che sfiga. Il lavoro peggiore.>> Sbuffò << Non posso credere che per un intera settimana dovrò lavorare con questo schifo di odore tra le narici.>>

In effetti l’odore non era dei migliori.
Avete presente un bel miscuglio di vomito, pipì, e gorgonzola? Ecco aggiungeteci anche un pizzico di calzini sporchi e calda, soffice… cacca.  Bello il risultato vero?
In ogni bagno notai sempre le stesse cose. Sul water, per terra,e persino sulle pareti vi erano sempre schizzi di sangue.

Ma dove ero finita? Perché mi avevano mandato in questo terribile posto? Una lacrima mi scese lungo la guancia. Io non avevo fatto nulla di male. Mentre questi pensieri mi annebbiavano la testa due delicate braccia mi strinsero in un caloroso abbraccio. Scoppiai a piangere. Arisa mi accarezzava dolcemente, sussurandomi parole tenere.. Capivo, che sapeva come ci si sentiva. E questo mi fece liberare completamente. Piansi per molto.

[…]
 
Finimmo il bagno e riconsegnammo tutto il materiale. Eravamo libere, o per lo meno lo eravamo per le restanti ore..  In giro si notava subito che i volti di tutti erano più rilassati e sorridenti.
<<Ora cosa facciamo?>>
<<Quello che vuoi.. L’importante e non mettersi troppo in mostra o causare problemi.>>
<<Io.. Io vorrei cercare Edward.>> Dissi con voce tremolante. Pronunciare il suo nome non era per niente facile. Non dopo aver saputo il motivo per la quale si ritrovava in questo edificio.
<<Impossibile.>> Sentenziò Arisa. <<La..>>
<<La?>>
<<La.. punizione non è finità.>>
Abbassai gli occhi. Era tutta colpa mia. Sarei dovuta andare io al suo posto, ma non pensavo che in questo luogo le cose andassero in questo modo.
E poi perché mi aveva protetta? Che ragazzo stupido. Mi sentivo così male per lui.

Alla fine passai tutto il pomeriggio con Arisa,che, mi mostrò la scuola, e mi informò su tutte le lezioni che si tenevano.  
Alle otto e mezza ritornammo entrambe nelle nostre rispettive camere.  Quando entrai sperai, di trovare Edward ma di lui non c’era nemmeno l’ombra. Iniziai a svolgere i compiti; poco dopo però scattò il coprifuoco.
Le luci si spensero automaticamente così mi coricai lentamente e chiusi gli occhi.

STRSCH TUFF.

Aprii gli occhi uno strano rumore mi aveva svegliata. Guardai la sveglia erano le 11 passate. Mi appoggiai con l’orecchio sulla porta, sentivo dei passi. Dei passi molto lenti.

Presi la torcia che avevo nel cassetto, e sbirciai fuori dalla stanza. A metà corridoio c’era qualcuno…

<<E…Edward!>> Dissi correndo verso di lui.
<<Shh! Fai silezio! >>
Lo feci appoggiare a me, e piano lo portai in camera. Era pieno di ferite. Tutto il suo corpo sanguinava. Sentivo il suo sangue scendere lungo le mie mani. Mi feci forza e lo aiutai a sdraiarsi nel letto.

<<Aspetta, te la tolgo io.>>

Gli tolsi la maglietta, e subito cercai  un kit di pronto soccorso.

<<Non, Non ci sono kit.>> disse sofferente nel letto. <<Stai tranquilla. Dormi. Farò da solo.>>

<<Non ci penso nemmeno.>> Corsi nel mio letto e presi il lenzuolo. Iniziai a strapparlo e con la bottiglietta d’acqua a bagnarlo.
Pulii il suo corpo delicatamente; Le ferite erano profonde e facevano pensare a delle frustate.  I lividi erano talmente tanti, da non riuscire a vedere il colore della pelle.

Iniziai a piangere silenziosamente.

Lo vidi puntarmi la lampada in faccia.

<<Fammi vedere dove sei ferito.>> dissi cercando di riprendermi la pila.

<<Tu, stai piangendo? >>

<<Non farci caso.>> E ripuntai la torcia sul suo torace.

Mi prese la mano, e con fatica si sedette sul bordo del letto.  La poca luce della pila, non bastava per aiutarmi a vedere il suo volto.

<<Non sentirti in colpa. Io sono il tuo compagno di stanza, avrei dovuto spiegarti determinate cose, ma non l’ho fatto. Questo era il minimo che potevo fare.>>

<<No, sono stata una stupida. Tu.. guarda come sei ridotto.>>

<<Tranquilla. Sto bene.>>

<<Come fai a stare bene?? Il tuo corpo, è…>>

Mi tappò delicatamente la bocca e disse:

<<Com’è il mio corpo non ha importanza. Sto bene. Credo che altro mi avrebbe fatto stare peggio.>>

<<Cosa c’è peggio di questo?>> chiesi singhiozzando.

<<Bhè per esempio, vedere delle simili ferite su di te, mi avrebbe fatto stare sicuramente più male.>> 
   
 
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