Geee… Eccolo qua il tesoro
mio… l’ho anche messo nel titolo del capitolo per ricordargli
quanto lo adoro…
Dunque, in realtà questa è ancora un’ipotesi
di storia. Mi spiego: avevo più di un’idea su cosa poteva essere
avvenuto e questa è quella per cui infine ho optato. Se non vi aggrada,
posso proporvene un’altra…
Comunque, grazie a tutti per i commenti che
SICURAMENTE fioccheranno numerosi a meno che non vogliate tutti beccarvi una
bella fattura.
Io vi ho avvisati.
Sono estremamente seria.
Ciao ciao
Suni
Ah… Ho corretto il prologo visto che lisachan gentilmente mi ha dato un paio di dritte. Grazie
Uno:
HOWL E LA SORPRESA DI MARKL
“PERMESSOOO!! -strillò Markl zigzagando in mezzo ai passanti che affollavano la
via principale- Mi scusi, pardon! Scusi, sono di fretta!”
continuò, del tutto ignorando i commenti stizziti e contrariati dei
malcapitati che si trovavano sulla sua via e che si sentivano spintonare o
pestare i pedi.
I suoi grandi occhi saettavano tutto intorno, alla
ricerca di altri, intensi ed azzurro cielo. Era già più
d’un ora che correva in giro e si sentiva stanco.
Si maledisse per non aver fatto caso, quando Howl
era uscito, a quale fosse il colore su cui era sintonizzata la porta: dopo
l’arrivo della sorella di Sophie era stato
impossibile verificarlo.
“Mi Scus-“
iniziò per poi interrompersi con un mugolio soffocato, rimbalzando
pesantemente a terra e rimanendo accucciato scompostamente a gambe spalancate.
Scrollò la testa per riprendersi prima di sollevare lo sguardo.
“Ma guarda dove vai, ragazzino!”
l’apostrofò rude l’uomo alto ed elegante contro cui era
andato a sbattere in malo modo.
Markl lo guardò con
decisione, avvezzo com’era a non lasciarsi mettere i piedi in testa da
nessuno –e sì che, come apprendista di un mago, ne incontrava di
creature preoccupanti.
“Mi scusi tanto –disse secco- comunque
in terra ci sono finito io, mica lei” osservò guardandosi il
ginocchio spellato.
L’uomo, notò Markl,
non parve badarvi minimamente. Non era solo alto, ma anche piuttosto imponente.
L’espressione del viso era fredda e sdegnosa, e l’abbigliamento
raffinato lo rivestiva di un monolitico color nero, su cui spiccavano due
gelidi occhi grigi.
“Così imparerai a guardare dove vai,
ragazzino” ribattè sostenuto.
Markl si alzò
spolverandosi i vestiti.
“Ha mica visto un bellissimo ragazzo con gli
occhi azzurri, gli orecchini e i capelli neri? E’ il mio capo, l’ho
perso” domandò senza troppe cerimonie, accontentandosi per
comodità di esporre la descrizione più comune di Howl che
circolava tra le fanciulle –e quindi tra i salotti cittadini.
“Spiacente, piccoletto, non so di chi
parli” ribattè l’uomo, già
allontanandosi d’un passo con disinteresse.
“Pffff
–sbuffò Markl tra sé- Stupido
mago da strapazzo!” brontolò esausto.
Se non fosse stato così concentrato nella
ricerca del viso tanto conosciuto, forse Markl
avrebbe colto l’espressione di bramoso trionfo sul volto di quello
sconosciuto tanto lugubre; e forse, sarebbe stato più cauto nel dosare
gesti e parole.
“Il tuo capo, hai detto?” sentì
chiedere mentre una mano esile straordinariamente possente lo afferrava per la
spalla e lo tratteneva facendolo somigliare ad un pupazzo di pezza.
Si voltò con scostanza
verso l’uomo.
“Sì, il mio capo, il signor Pendragon” rispose con aria d’importanza,
sicuro del fatto che ben pochi lo conoscevano diversamente che come Howl.
“Ed è un mago, hai detto?”
insistette lo sconosciuto, improvvisamente molto più affabile.
Markl lo scrutò
sospettoso, esitando a rispondere.
“… Qualche volta. Ma se vuole comprare
qualcosa, glielo dico subito, il signor Pendragon
è molto restio ad accettare nuovi clienti” recitò
petulante, preferendo continuare ad evitare di pronunciare il nome proprio,
decisamente troppo noto, di Howl.
L’uomo non parve affatto dispiaciuto dalla
notizia, ma inalberò una strana aria compita.
“Oh, beh, certo, quand’è
così…” borbottò distrattamente.
“Arrivederci, signore” tagliò
corto Markl con un breve inchino, prima di ripartire
con una strisciata che sollevò una scia di polvere da terra.
Non si avvide di essere seguito, mentre
s’addentrava nel dedalo delle vie cittadine. Continuò a correre e
saltellare quando qualcosa gli ostruiva la visuale, finchè
non ebbe raggiunto, incerto, la locanda del Gatto Nero.
Avrebbe desiderato evitare di cercare Howl là
dentro. Per cominciare, perché quel posto era pieno di gentaglia che
metteva i brividi persino a lui, e poi perché di solito Howl quando
usciva da lì blaterava incoerenze senza senso e s’immergeva in
tristissimi discorsi su Sophie e su quando non ne
potesse più della vita. E non riusciva mai a reggersi in piedi da solo,
gli toccava sempre trascinarlo su per le scale. Per smaltire la sbronza, poi,
cagionevole di salute com’era, rimaneva sempre almeno tre giorni a letto
ed era assolutamente intrattabile, persino Calcifer
si affrettava a fare tutto quel che gli richiedeva senza il minimo accenno di
protesta.
Fu quindi con un comprensibile sospiro di
rassegnazione che Markl spalancò la porta del
fumoso locale e vi affisse all’interno lo sguardo con molta più
sicurezza di quanta ne sentisse.
Gregari, e chissà di chi. Ce n’erano
almeno una dozzina, distribuiti in tre diversi tavoli.
Markl passò loro di fianco
con innocenza.
Troppa innocenza, visto che si mise a fischiettare e
saltellare contemporaneamente.
Da quando l’anno prima era nata quella specie
di faida tra maghi, non era bene che un qualunque apprendista facesse troppo lo
spavaldo in mezzo a membri di fazioni opposte. In realtà, Markl non aveva nemmeno del tutto chiaro a cosa fosse
dovuta tutta quell’ostilità, ma di
solito si limitava a non curarsene.
Due gregari gli furono addosso in un istante, e uno
dei due lo prese per la collottola sollevandolo di qualche centimetro da terra.
“BRUTTO BESTIONE, METTIMI GIU’!!”
protestò il ragazzino agitando inutilmente le mani strette a pugno verso
di lui.
Qualcuno rideva, mentre Markl
continuava a divincolarsi, e una certa attenzione si concentrò su di
loro, probabilmente nell’attesa che il ragazzino se le buscasse
movimentando un po’ la giornata.
“Lascialo” disse una voce ferma e
noncurante alla sua destra.
Markl sorrise tra sé.
Sembrava anche una voce relativamente lucida, oltre
che da lui molto conosciuta.
Il gregario lo mollò come se si fosse
scottato e si ritrasse bruscamente. Markl, accucciato
a terra, si massaggiò il fondoschiena bistrattato constatando come tutti
avessero improvvisamente distolto l’attenzione e sembrassero altrettanto improvvisamente
immersi negli importantissimi affari loro.
“Credevo di averti detto di non venire qui, Markl” continuò la stessa voce con
disinteresse.
Il ragazzino sollevò un mastodontico sorriso
verso il mago.
Howl faceva roteare nella mano destra un bicchiere
colmo di un qualcosa su cui lui preferiva non interrogarsi. La camicia bianca,
sfilacciata e anche troppo aperta sul davanti gli pendeva un po’ sbilenca
verso sinistra, trattenuta dal mantello blu. Ciocche scomposte di capelli nero
pece gli ricadevano sui chiarissimi occhi, un po’ offuscati.
“A casa c’è una sorpresa per
te!” ululò Markl balzando in piedi.
Howl posò uno sguardo scettico e distante su
di lui.
“Magnifico” disse atono.
Ma il ragazzino gli afferrò la mano libera e
la tirò con impazienza. Già pregustava il momento in cui quell’espressione apatica e assente e quella voce
vuota sarebbero sparite finalmente per lasciare il posto di diritto al sorriso
luminoso e alle mille smorfie e versi di Howl.
“Dai, andiamo!” esclamò iniziando
a correre verso la porta.
La scena poteva parere bizzarra.
Un ragazzino che tirava con tutte le proprie forze,
e con smorfie d’impegno, continuando a correre a tutta velocità,
assolutamente fermo sul posto; mentre
un giovane angelico e dal viso troppo scavato beveva
come se nulla fosse appoggiato ad una pila della sala, del tutto ignorando il
braccio che gli veniva strattonato con tanta foga.
“Markl,
piantala” ammonì con noncuranza ricevendo senza badarvi alcuni
sguardi ammirati dalle poche presenti appartenenti al gentil sesso.
“MA E’ IMPORTANTE!”
protestò lui, ormai tanto preso da puntare entrambi i piedi contro la
pila per fare più forza.
Howl cessò di fare resistenza
all’improvviso, mandandolo a gambe all’aria per la terza volta in
dieci minuti. Lo guardò tranquillamente mentre si alzava borbottando
sottovoce.
“Se è per Calcifer,
guarda che-…” iniziò stancamente avviandosi
all’esterno.
“Ma quale Calcifer!
–lo interruppe Markl riprendendo a correre
aggrappato alla sua mano, questa volta seguito, pur controvoglia, dal mago-
Sbrigati, presto!”
Howl lo seguì lungo le vie, fino al portone.
A differenza del ragazzino, poté notare con
la coda dell’occhio, di tanto in tanto, una presenza scura alle proprie
spalle.
“Markl,
chi-…?” iniziò svoltando bruscamente l’angolo nella
scia del ragazzino.
“DENTRO! DENTRO!” urlò lui
spalancando la porta e pigiandolo in casa a forza, non stando ormai più
nella pelle.
Calcifer scoppiettava nel camino.
La nonna e Cane erano seduti la prima sulla
poltrona, l’altro sul tappeto ai suoi piedi, in un delizioso quadretto
familiare.
Howl si voltò indietro, guardando Markl con un misto di derisione e noia.
“Davvero straordinario, lo confermo”
osservò perplesso.
Il ragazzino rimase per qualche istante a bocca
aperta, guardandosi intorno senza capacitarsi.
“Ma dov’è-?...”
balbettò senza fiato.
“E’ andata a prenderla”
gracchiò piano la nonna, facendogli un occhiolino.
Howl aggrottò la fronte, guardandoli a turno.
“Chi è andato a prendere cosa? Che
state combinando, voi?” chiese scrutandoli con profondità.
“Te l’ho detto, è una
sorpresa” lo interruppe Markl scuotendo al
testa come un ossesso, ad implorarlo di non scandagliare i loro segreti.
Howl fece spallucce con uno sbadiglio.
“Come vi pare –rispose distratto- Calcifer, acqua calda in bagno” aggiunse con estrema
freddezza.
Il demone non aveva evidentemente intenzione di
ribattere, visto che il mago pareva già sufficientemente irato nei suoi
confronti, e lanciò uno sguardo a Markl, ma la
nonna fu più rapida.
“Howl caro –cinguettò rauca-
Perché non aspetti un momento al nostra sorpresa?” domandò
supplice.
Il mago le scoccò un’occhiata
spazientita prima di lasciarsi cadere sulla sedia più vicina,
slacciandosi il mantello che scivolò a terra sotto lo sguardo amorevole
di lei.
Un tempo, quella che lui ora chiamava familiarmente
“nonna” o “nonnina” aveva tentato con ogni impegno di
impossessarsi del suo cuore, e più d’una, vedendolo,
l’avrebbe capita.
In quel momento lo scollo della camicia di Howl era
scivolato fin sotto la spalla, e le ciocche corvine, sciolte e mosse dalla
corsa, carezzavano l’incavo del collo del mago, da cui pendeva una
collanina argentata con un piccolo ciondolo irregolare segnante i pettorali che
s’intravedevano dall’apertura. Il viso finissimo e regolare di
Howl, momentaneamente troppo smagrito e segnato dalle occhiaie, conservava un
che di aggraziato e sensuale e gli
occhi appannati e profondi color cielo fissavano la linea delle lunghe gambe
avvolte in pantaloni amaranto.
Certo, ora per fortuna i pensieri della nonna
correvano al Principe Rapa, appellativo tra i più cordiali che lui
soleva rivolgere all’altro spasimante di Sophie
dopo che da spaventapasseri era tornato umano.
Si portò la mano sinuosa alla fronte e la
stropicciò piano, stancamente.
“Dovevamo per forza correre, Markl? Non potevamo venire via aria?” domando,
stiracchiando le gambe.
Il ragazzino mise su un teatrale broncio.
“Come sei sempre! Era per il pathos!” ribattè risentito.
“Il tuo pathos è stato rovinato dal
palese ritardo dell’arrivo della tua sorpresa, temo” obiettò
Howl gettando un’occhiata di
sbieco a Calcifer.
Non poteva non notarlo, erano tutti evidentemente
elettrizzati, e cercavano invano di trattenere sorrisi trionfali e felici
dietro le maschere della “sorpresa”. Da un pezzo non li vedeva
così euforici, e provò un subitaneo moto d’invidia nei loro
confronti: di qualunque cosa si trattasse a lui non avrebbe certo importato granchè. Quasi gli dispiaceva per quelle smorfie
così cariche d’aspettativa, d’orgoglio e di fiera gioia.
Erano evidentemente convinti di rallegrarlo oltremodo e già pregustavano
la sua contentezza, che però, lui lo sapeva, non sarebbe arrivata.
Howl non rideva più.
Dalla tragica scomparsa, come la definivano, della
sua giovane sposa, Howl Pendragon non si degnava di
dedicare al mondo più attenzioni di quelle necessarie alla sopravvivenza
stretta.
Semplicemente, non gli riusciva. Nulla lo catturava
o lo avvinceva, nulla gli metteva allegria.
Il campanello suonò nuovamente.
Markl scattò su come un
fulmine e Cane gli s’incollò ai piedi abbaiando, mentre scattava
ad aprire la porta. Calcifer sfrucullava
più che mai e la nonna serrava nei pugni lo scialle che Markl le aveva accomodato prima di uscire in cerca di Howl.
Erano talmente ansiosi che persino lui si sentì pervadere da un vaga
curiosità, appena accennata.
Corrugò la fronte con stupore, riconoscendo
nella persona appena entrata la suocera, con uno splendente sorriso sulle
guance floride.
“E’ arrivato?” domandò
eccitata guardandosi intorno, e quando lo vide non potè
trattenere un urletto di gioia.
Howl si trovò a domandarsi se una buona
pozione calmante non potesse farle bene.
Si alzò cerimoniosamente.
“Sì, sono arrivato, mia caris-…” iniziò con leggiadra
cavalleria, avvicinandosi.
Ma la voce gli morì in gola, mentre la donna
faceva entrare una seconda persona che, innegabilmente, costituiva la tanto
decantata “sorpresa per Howl”.
Finissimi capelli d’argento, luminosi.
Occhi grandi, liquidi, intensi.
Un sorriso di una dolcezza spropositata, avvolgente.
Un fare timido e dimesso a nascondere una dirompente
forza d’animo che Howl aveva avuto modo di conoscere a fondo.
Rimase immobile, la mano a mezz’aria bloccata
nell’avvicinarsi alle spalle della suocera per un abbraccio informale.
Potevano quasi udire, gli altri, l’assenza del suo respiro, risucchiato
da increduli polmoni.
“Sophie…”
sussurrò con gli occhi sgranati, finalmente ben visibili in tutto lo
splendore che emanavano.
“Sì…” mormorò lei
imbarazzata.
Markl quasi cadde a terra
nell’osservare, nell’arco di un pugno di secondi, la trasformazione
del volto di Howl. Fu come se una cortina cadesse, le guance gli si tinsero di
colore e gli occhi ripresero brillantezza ed intensità, mentre tutto il
suo volto s’illuminava e la morbidezza tornava a disegnare quei
lineamenti d’angelo, e in generale tutta la sua persona riacquistava una
forza elegante mentre si slanciava in avanti con un sorriso –un sorriso,
finalmente- splendente dello sfolgorio dei denti perlacei.
Per poco il ragazzino non battè
le mani, ma non potè trattenersi dallo
scoppiare a ridere mentre qualcosa di pesante gli cadeva dal petto lasciandolo
respirare e Howl abbracciava stretta la moglie, gli occhi chiusi, il sorriso
sempre più largo e felice.
“Sophie!”
mormorò il mago con un tremito, mentre la sua stretta aumentava e la
ragazza si trovava avvolta da quel profumo intenso e quella forza delicata.
Lei rimase immobile per qualche istante, poi le sue
braccia cinsero i fianchi morbidi di lui, immerso nella’assaporare
la morbida fragranza che tanto gli era mancata.
Alla nonna sfuggì una lacrima.
Cane abbaiò.
Sophie si distaccò
leggermente da Howl e i suoi occhi ora incupiti corsero a cercare quelli
materni.
La donna sospirò, affranta.
“Lui chi è?” mormorò
tristemente.
Calcifer imprecò sottovoce,
mentre Howl, ancora immerso in un sogno, si voltava verso la suocera.
“Come?” mormorò assente.
La nonna si era accartocciata su se stessa e gli
occhi di Markl correvano sui vari presenti senza che
riuscisse a capire, mentre si rendeva conto che qualcosa non andava.
“Non glielo hai detto! –sbottò Sophie all’indirizzo della madre- Non ci posso
credere!” esclamò colma di rimprovero. Quindi si voltò
rapida verso Howl, guardandolo con partecipe dispiacere.
Tirò un sospiro, mordicchiandosi un labbro,
quindi scrollò la testa con quella determinazione a lui tanto cara.
“Come ti chiami?” gli chiese con
tristezza.
Howl la guardò stranito, cominciando a
pensare che dovesse davvero trattarsi di uno strano, assurdo sogno.
“Eeeh?”
gnaulò allibito.
Markl si trovò a
considerare che Sophie doveva essere diventata un bel
po’ strana negli ultimi due anni se la prima cosa che le veniva in mente
di chiedere al marito dopo tanta lontananza era il suo nome proprio.
L’aveva sposato, insomma, non era mica un estraneo.
“Howl, tuo marito. Speravo che vedendolo
tu…” mormorò la madre vergognosa.
Sophie sospirò
rumorosamente, interrompendola.
Poi prese con gentilezza la mano del mago e lo
guardò negli occhi.
Howl sorrise fiducioso, rispecchiandosi in quello
sguardo che amava.
“Bene… Howl. Mi dispiace che mamma non
te l’abbia detto, risparmiando a te questa delusione e a me un compito
ingrato, ma circa due anni fa, per qualche ragione, io ho… Perso la memoria.
– lui sgranò gli occhi- La tua faccia, il tuo nome… Non mi
dicono niente”
Markl spalancò la bocca
con un suono strozzato.
Howl rimase immobile, statuario.
Da qualche parte, dentro di lui, il castello errante
cadde in pezzi una seconda volta.
TO BE CONTINUED
Le licenze
abbondano, temo… E vabbè.
X Moskycat: Io non penso che lui voglia che io lo divida con
qualcuna. Non so, penso non gli interessi. Mi dispiace, fattene una ragione! ^__^
Cazzate a parte, grazie per il commentino. Spero
vorrei dirmi cosa ne pensi adesso che c’è stato il “colpo di
scena”…
X lisachan: Grazie per le informazioni, spero che qualunque
cosa tu noti continuerai a farmela notare così da migliorare la storia. Nel
frattempo, mi impegno a rivedere il film prima possibile così non
tralascio le cose. Grazie anche per l’apprezzamento al mio Markl –adoro il personaggio e mi piace questa
versione adolescenziale- e alla struttura della storia, se hai suggerimenti o
perplessità fammeli presenti.
X kawai79:
Ma insomma! Tutte che si artigliano al MIO Howl! Tenete giù quelle
zampacce… ^__^ Lieta di averti incuriosita ed ecco qui l’aggiornamento
richiesto.