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Autore: strafe    15/01/2012    4 recensioni
questa è la storia dell'Oracolo dell'antica Ilirea, una persona potente che però ha un solo sogno, la conoscenza, e scoprirà che ogni suo sogno diventerà realta se solo lei lo vuole...è la mia seconda ff e spero che vi piaccia...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angela
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 3

Uluthrek

 

Al suo ritorno al villaggio con l'enorme animale la sua gente la acclamò come un'eroina, e lei in fondo lo era, ma quello era solo un piccolo gesto per dimostrare la sua forza, dopotutto, aveva centrato il suo obbiettivo come una freccia elfica.

Era consapevole della sua forza, e l'uccisione di quel Nagra era solo un assaggio del suo potere, soltanto la parola che aveva avrebbe potuto uccidere un intero esercito non protetto dalla magia e senza rimanerne nemmeno affaticata.

Gli arieti avevano già iniziato a macellare la bestia e stavano accendendo i fuochi, lei aspettava che stessero per gettare le interiora, infatti doveva fare un atto di rispetto, doveva donare il cuore alla moglie di Nar Garzvogh.

Il momento arrivò, e quando lei si avvicinò tutti la fissarono, e quando raccolse l'enorme massa di muscoli sanguinante e ancor calda il silenzio cadde su tutti i presenti.

Non poteva più tornare indietro, doveva aprire quella tenda nella quale solo pochi giorni dormiva il capotribù ormai cenere.

Scostò un lembo dell'ingresso e fece la sua entrata, la madre Urgali era sdraiata sulle pelli di orso che formavano i suo letto, il neonato era grande il doppio di un bambino umano, ed era al suo fianco, assopito.

La donna si alzò di scatto, non sapeva cosa aspettarsi da quell'essere così minuto ma allo stesso tempo così pericoloso, ancora si chiedeva come aveva fatto a far suicidare il suo amato, era sospettosa come una lupa ferita.

La piccola donna teneva qualcosa in mano, qualcosa che grondava sangue, aveva sentito che qualcuno aveva portato una grossa bestia al campo, ma se quel cuore poteva appartenere solo a un animale davvero gigantesco, appena capì sul suo volto si dipinse la sorpresa e lo stupore per quello che l'umana stava facendo.

Donare un cuore di un animale ucciso durante la caccia era sempre stato per il popolo con le corna un gesto di fedeltà assoluta, il giorno della sua unione con Garzvogh lui le aveva donato un cuore di bisonte, ma mai lei si aspettava di ricevere un cuore di Nagra.

Con quel gesto lei non solo le faceva un dono senza eguali, ma dichiarava che per sempre lei si sarebbe fidata ciecamente di lei e della sua stirpe, era il dono più importante che un essere vivente gli avesse fatto.

-Questo è il cuore del Nagra con cui la tua anzi, la nostra gente si sta sfamando, questo è il cuore mio e della mia stirpe, adesso tu sei il mio cuore e io non posso vivere senza, ti prego di accettarlo come segno della mia fedeltà verso te e verso tuo figlio Garzvogh, lui mi chiese di dargli il suo nome e io terrò fede alla mia promessa, inoltre darò il suo nome anche al mio degno erede al comando della tribù, quando voi due non sarete che polvere.-

-Questo ti rende onore, non potrò mai dimenticare la morte di mio marito, ma so che sei sincera, ho un dono da farti, come segno di riconoscenza- detto questo prese un fodero lungo e sottile da sotto la branda di pelli.

Una spada” capì, “una strana spada”.

Il fodero era anonimo, di semplice cuoio, eppure la guardia crociata che ne spuntava era armoniosa e sembrava viva alla luce del braciere, sull'impugnatura c'era scritto qualcosa.

-Questa spada venne ritrovata da mio marito in una grotta molto a nord di questo accampamento, non sappiamo di che materiale sia fatta, ma finora nessuno dei nostri guerrieri è riuscita a maneggiarla senza perdere almeno un paio di dita- detto questo la sguainò, e la lama che sembrava fatta di diamante e brillava di una tenue luce che sapeva di morte.

Era un'arma formidabile, sottile come un foglio di pergamena, la lama si fondeva con la guardia con il disegno di un complicato arabesco di diamante nero.

La prese dalle mani inesperte della donna Urgali e lesse sulla guardia, c'era scritto nella Liduen Kvaedhì “io sono Albitr, la fine di tutto”, si sentì commossa di ricevere quel dono, quando era ancora a Ilirea aveva letto di una spada forgiata all'alba dei tempi per un guerriero che si diceva aveva dominato il mondo per diventare un dio, e proprio quello era il suo nome, Albirt.

Quasi si mise a piangere, ma riprese subito coscienza di chi aveva davanti.

-Ti ringrazio per questo dono, lo porterò con me sempre, e per nessun motivo la lascerò nella mia tenda durante la battaglia, ti sono debitrice per questo.-detto questo uscì, era sollevata, perchè se ci fosse stato un suo nemico nel suo accampamento, quella Urgralgra sarebbe stata di certo il peggiore.

Quella sera ci fu grande festa nella piccola comunità, la testa dell'enorme cinghiale troneggiava al centro della radura del falò.

Alcune sagome danzavano intorno al fuoco gettando ombre inquietanti sui presenti, diversi guerrieri si sfidavano in incontri di lotta libera vicino al ruscello, mentre altri suonavano strani strumenti simili a tamburi fatti di pelle.

A quella vista e con quella musica incalzante nell'aria l'Oracolo sentì risvegliarsi la parte più selvaggia di lei, e si ritrovò a bere sidro aromatico e a parlare con due di quelli che dopo un paio di bicchieri gli sembravano davvero dei giganti, era la prima volta che si sentiva davvero parte di qualcosa, ed era una sensazione che riteneva fantastica.

Da quando, da bambina, i suoi genitori erano morti per malattia e lei aveva scelto di servire il re degli elfi era sempre rimasta chiusa a palazzo, si era dedicata anima e corpo al suo compito.

Ma lei era sempre stata un fantasma per la gente che sapeva della sua esistenza, inoltre non le era permessa alcun contatto umano, se non a parole, e non si ricordava nemmeno com'era ricevere una carezza, il ricordo della pelle morbida di sua madre era un ricordo ormai sbiadito nella sua mente.
Quel ricordo aveva lasciato un grande vuoto nella sua mente, un vuoto che aveva ormai deciso di colmare, voleva qualcuno al suo fianco, una persona che capisse cosa provava, una persona la cui anima riflettesse la sua come uno specchio d'acqua, qualcosa di simile a un amante, e se quel qualcuno fosse stato un umano, un elfo, un nano o un Urgali sarebbe stato indifferente per lei.

Per questo voleva conoscere tutto quello chela circondava e le persone che aveva davanti, voleva trovare una persona che fosse come lei fin nel profondo.

La festa si stava movimentando, il ritmo della musica era più veloce, i combattimenti di lotta erano sempre più feroci, gli Urgali stavano mostrando la loro vera natura di popolo selvaggio e brutale, l'accampamento sembrava un solo essere che si muoveva al ritmo con le fronde degli alberi scosse dal vento e delle scogliere percosse dalla furia delle onde.

Quello era davvero uno spettacolo degno di nota, a cui nessun umano o elfo era stato permesso di assistere prima di allora.

L'adrenalina scorreva come un fiume in piena nelle venedella giovane dai capelli rossi, ancora seduta su un masso ai lati della radura, la sua calma glaciale si stava sciogliendo come un ghiacciolo dei monti Beor caduto nei rosseggianti vulcani di Beirland, lasciandola in balia del suo essere.

Dai presenti si levava una profonda gratitudine nei suoi confronti, cosa che la compiaque, il ritmo accellerò ancora, ormai la pressione era insostenibile, il suo corpo era formato da tutti i presenti, che avevano autonomia propria, l'energia che gli scorreva in corpo era insostenibile.

L'incantesimo le sfuggì dalle labbra come un tuono, sovrastando la musica e i passi degli arieti sul terreno, era un canto elfico, ma dotato di una potenza e di una brutalità che solo gli esserei viventi che aveva ora davanti potevano eguagliare.

Sotto i suoi occhi il fuoco si spense, gettando un oscurità uniforme sulla folla, tutte le scintille che ancora volevano nell'aria come lucciole si riunirono a formare un grosso orso sospeso a mezz'aria, che si tuffò per terra e si frammentò in tanti falchi che presero il volo e salirono fino a scomparire dalla vista, prima di scendere in picchiata sui presenti.

Proprio mentre la piccola folla stava per allontanarsi lo stormo si tramutò in un branco di lupi, che correvano sulle correnti del vento, senza peso, risalendo verso la luna piena.

D'un tratto, la figura mutò ancora, stavolta riunendosi a formarne una sola.

Ora un drago che pareva abbracciare il cielo con le sue immense ali e aveva le squame che brillavano di mille bagliori vermigli volava verso la luna.

Una fiammata magica, creata dalla maga, sembrò circondare l'astro, ma il drago ancora non accennava a fermarsi, sembrava quasi poter toccare la luna quando con un morso sembrò mangiarla, facendola scomparire alla vista.

Il drago scese verso di loro, ma solo per dimostrare al mondo intero cosa fosse capace di fare, sembrò prendere fiato, poi lanciò una respiro di fuoco talmente intenso che pareva consumarlo, ogni scintilla di quel colosso magico stava alimentando quella fiamma, che quando il drago fu completamente sparito si condensò in una figura bianca e opalescente, la luna era tornata a proteggere il popolo Urgali.

Gli ultimi sprazzi di energia fecero cadere una delicata pioggia sulla radura, poi il fuoco tornò ad ardere, scoppiettante.
Tutto era ora immobile, niente pareva vivo ma di pietra in quella notte di estate, poi per la seconda volta quel giorno, le urla e i ruggiti di acclamazione la circondarono, poi un grido, una parola, che risuonò dilagante sulle montagne.
-Uluthrek! Uluthrek! : Mangialuna, cos' sarebbe stata ricordata dal popolo Urgali, lei aveva mangiato la luna quella notte.

 

Spazio autore:

allora spero innanzitutto che qualcuno arrivi fino a questo punto e che il capitolo vi sia piaciuto, anche questa volta non sono riuscito ad aggiornare presto come avrei voluto...spero che non ci siano errori dovuti alla distrazione come mio solito e...recensite grazie...:)

  
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