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Autore: Luna95    15/01/2012    11 recensioni
“Lascerete questa vita alle vostre spalle; vale la pena salvarvi?”
Gwen cercò di ignorare la strana sensazione… eppure c’era qualcosa. Lo percepiva sotto la pelle, scorreva nelle vene, la corrodeva dall’interno; era qualcosa d’invisibile, di spaventoso… e lei non poteva fermarlo.
Fu un momento: in un sobbalzo prese il cuore e lo tenne stretto nella sua morsa dolorosa; poco dopo anche i polmoni sembrarono riempirsi di ghiaccio.
Il respiro divenne affannoso, la vista iniziò ad annebbiarsi; con un ultimo spasimo Gwen voltò la testa e si accorse che anche Heather ansimava violentemente, spaventata quanto lei.
Le gambe di Gwen ormai tremavano, le forze le iniziarono a venir meno… le mani di Duncan furono le ultime cose che sentì: il buio dei sensi la inghiottì subito dopo.
[...]
Un segreto, un'illusione, qualche grammo di veleno; la storia è iniziata così...
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Gwen, Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Cameron, non sto scherzando. Il suo cuore non batteva e da un taglio sul braccio ne è uscito più sangue coagulato che fresco; il calmante non ha fatto effetto subito perché il cuore non riesce a pompare il sangue in tutto il corpo! >> urlò Chase, sbattendo una risma di fogli sulla scrivania con aria frustrata.

<< Certo, come no! A quest’ora sarebbe all’obitorio, non in una camera per vivi a respirare aria come tutti i comuni mortali… >> replicò sarcasticamente la dottoressa, fulminando il collega con lo sguardo.

<< Ora basta! >> intervenne Foreman, cercando di mitigare la situazione << La mancanza di sangue che porta ossigeno al cervello potrebbe causare le allucinazioni. >>.

<< Sì, ma se non sappiamo perché il cuore batte appena non possiamo curarla >> sospirò Cameron, passandosi una mano tra i capelli.

<< Possiamo farle una trasfusione, poi passeremo al problema del cuore >> propose Chase.

<< Se è una malattia autoimmune o qualcosa di simile, il corpo potrebbe respingere un aiuto esterno… e potrebbe farle più male che bene >> osservò Foreman, pensieroso.

<< Ma se non facciamo nulla, morirà! >> ringhiò l’altro, infuriato per la prudenza quasi ridicola dei colleghi.

<< E se facciamo qualcosa potrebbe stare peggio di così! >> rispose a tono la dottoressa << Ieri sera le ragazze stavano già meglio; dovremmo rimandare l’inizio di una cura. >>

I tre medici annuirono; avrebbero sospeso ogni medicinale, per il momento.

 

**

 

 

<< Voglio andarmene da qui >> sibilò a fatica Heather, togliendosi con uno scatto rabbioso la mascherina del respiratore artificiale.

<< Mi amor, sai bene che non è possibile >> sospirò pazientemente Alejandro << non finché non starai meglio, almeno. >>.

Heather bevve con bramosia l’acqua che un infermiere le aveva portato, evitando lo sguardo del ragazzo. << Io sto già meglio >> replicò freddamente.

L’ispanico sospirò. Lui non poteva proteggerla, se lei faceva di tutto per impedirglielo… perché la sua ragazza doveva essere sempre così complicata e testarda?

 

**

 

Duncan svoltò a sinistra, addentrandosi in un vicolo piuttosto angusto e buio; non era spaventato, lo percorreva tutti i giorni per arrivare a casa prima.

Saltò la staccionata di legno traballante e si addentrò ancora di più nello stretto viale che divideva due casupole, ormai disabitate da anni; improvvisamente una mano afferrò il suo collo e lo sbatté contro il muro con violenza, mentre il punk si divincolava, spaventato e sorpreso.

 

Il suo assalitore, protetto dalla coltre d’ombra umida del vicolo, portava un cappuccio nero che lo rendeva irriconoscibile, strinse Duncan così forte da impedirgli ogni possibilità di divincolarsi e premette delicatamente la lama fredda di un coltello contro la sua gola.

<< Le ragazze devono uscire dall’ospedale >> sussurrò l’aggressore, con voce appena udibile; attese una risposta da parte di Duncan, che, confuso, annuì febbrilmente; in quel momento percepiva solo il freddo della lama e dallo sfarfallio dell’adrenalina nel suo stomaco.

Non appena ottenne la conferma desiderata, l’assalitore lo lasciò cadere bruscamente a terra e corse via, indisturbato, con la consapevolezza di aver vinto di anche questa volta.

 

**

 

Gwen decise che aveva voglia di sgranchirsi le gambe: non ce la faceva più a rimanere seduta nel letto a farsi controllare di continuo, era stufa.

Chiamò un’infermiera che la aiutasse ad alzarsi, prese la sbarra di acciaio a cui era agganciata la sacca con la sua flebo, s’infilò le scarpine e mosse qualche passo nel corridoio, sorretta dalla donna; il sostegno della flebo era freddo, ma le dava una certa sicurezza.

<< In che camera sta Heather? >> domandò all’infermiera, sussurrando per non sforzare la voce.

<< Oh, credo sia quella lì in fondo: vuoi andare a trovarla? >> le chiese la donna gentilmente, spingendo insieme a Gwen l’asta: la ragazza sembrava troppo debole per riuscire a muoverne le ruote da sola.

Lei annuì, abbozzando un sorriso.

<< Certo, cara. Vieni, cammina con calma… >>

 

**

 

Alejandro aveva insistito molto perché Heather rimettesse la mascherina; la dottoressa Cameron gli aveva affidato l’oneroso compito di assistere la ragazza, anche quando faceva i capricci, sottolineando in particolare l’importanza di un’accurata ossigenazione.

Heather, però, non era dello stesso avviso; aveva indossato malvolentieri la mascherina del respiratore ma si era rinchiusa in un cupo silenzio, aveva incrociato le braccia ed era sprofondata tra i cuscini con un irresistibile broncio.

 

Era addirittura riuscito a persuaderla a tenere acceso il saturimetro, un’impresa non da poco che era stata precedentemente abbandonata da un esasperato dottor Chase.

Insomma, l’ascendente che l’ispanico aveva su di lei si era rivelato molto utile.

Gwen bussò ed entrò, salutando Alejandro con un cenno del capo.

<< Ehi, Heather. Come stai? >> le domandò allegramente ed entrò, cercando si non inciampare nelle ruote della staffa.

L’asiatica guardò di sbieco Alejandro, che le tolse la mascherina con un’espressione divertita.

<< Bene >> le rispose, soddisfatta; finalmente riusciva a respirare un po’ da sola, senza quell’odiosa mascherina.

Gwen alzò le sopracciglia, scettica, e il suo sguardo si posò platealmente sul respiratore e poi di nuovo sulla ragazza, che sbuffò seccata.

<< Al, come vedi, esagera sempre >> rispose Heather all’implicita domanda, calcando malignamente sull’odiato soprannome dello spagnolo.

 

 << Possiamo parlare? >>

 

Heather guardò sottecchi Alejandro, che recepì il messaggio senza bisogno di parole.

<< Va bene, va bene >> capitolò infine lui, dopo un altro sguardo eloquente della ragazza << ma solo cinque minuti >>.

<< Se dovessero esserci problemi >>, aggiunse l’infermiera << suonate il campanello e sarò subito da voi >>; le pazienti annuirono debolmente con la testa.

Lui e l’infermiera uscirono dalla stanza, chiudendo la porta e le ragazze finalmente ebbero l’opportunità di parlarsi liberamente.

 

<< Io non voglio rimanere qui >> disse Gwen, cupa, e Heather annuì: nonostante non si sopportassero, stipulare una tregua silenziosa poteva essere un buon compromesso.

<< Nemmeno io. So che quel biglietto era inquietante, ma ha ragione. Qui non ci cureranno, sono stanca di rimanere in ospedale. >> sibilò l’altra, con voce ancora flebile.

<< Allora andiamocene >> sussurrò la gotica, con un sorriso furbo sul volto.

Note dell'autrice

Salve! Qui qualcosa sta iniziando a smuoversi... chi sa che cosa avrà in mente l'autrice? *risata malefica*

Be', non credo ci sia molto da dire su questo capitolo... ma se avete qualcosa da chiedermi, sarò felice di rispondere alle vostre domande! (a patto che non siano di importanza fondamentale per la trama della storia, of course xD).

Vi ringrazio e vi saluto! Alla prossima :)

Baci, Luna.

   
 
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