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Autore: Walpurgisnacht    16/01/2012    5 recensioni
Molto bene. Vi abbiamo fatto aspettare un po' ma alla fine eccola. Secrets corretta, riveduta e aggiustata.
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Mousse ne ha le scatole piene delle umiliazioni inflittegli. Un giorno decide di alzare la testa. E saranno fuochi d'artificio, su Nerima e sui suoi abitanti.
[EIP tra _Mana e Kaos]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Mousse, Ranma Saotome, Shan-pu, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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La serata continuò in maniera più o meno tranquilla. Kasumi ovviamente insistette affinché Mousse rimanesse con loro, e sistemò per lui un futon nella stanza di Ranma e del signor Saotome. La cena si consumò normalmente come ogni cena in casa Tendo - ovvero con battibecchi tra Ranma e Akane e furti dalle proprie ciotole tra Ranma e Genma con conseguente bagno nello stagno per entrambi. Mousse osservò il tutto con un misto di curiosità e divertimento. Al Nekohanten in genere cenava da solo e a orari impensabili, dopo aver chiuso il locale; oppure cercava di ritagliarsi qualche momento tra una consegna e l'altra. Più rifletteva sulla vita che aveva condotto in quell'ultimo anno in Giappone, più si rendeva conto di quanto si fosse perso tantissime cose. E di quanto avesse permesso a quelle arpie di sfruttarlo a piacimento.
Ranma-chan, rientrando fradicia dal solito bagno di metà pasto, non poté proprio fare a meno di notare lo sguardo abbacchiato di Mousse.
Capirai, ci fosse voluta una laurea in Acume Applicato. Emanava tanta di quella voglia di vivere che manco Ryoga quando caricava lo Shishi Hoko Dan.
Stava per chiedergli qualcosa, una qualunque cosa. Poi si fermò, soverchiato dall'imbarazzo e dall'orgoglio di non mostrarsi vulnerabile di fronte agli altri. Specialmente di fronte ad Akane. Lui era l'uomo, dopotutto. Che figura barbina ci avrebbe fatto a mostrarsi compassionevole verso lo sfigato ragazzo-anatra? Eppure... gli faceva veramente pena.
Ranma non credeva neanche di poter essere capace di capire fino in fondo gli infimi livelli a cui erano arrivate l'autostima e la considerazione di sé del loro ospite.
Oh, al diavolo. Farò una figuraccia, ma chissenefrega.
Aprì la bocca per dire qualcosa.
"Mousse, come va? Sei preoccupato?".
Ranma si bloccò. Non era la sua voce.
Girandosi a destra vide Akane, gli occhi un poco lucidi, che aveva appena fatto quella domanda dopo averlo ignorato per praticamente tutta la cena.
Ebbe un moto di gelosia.
Prova a fregarmi la... ragazza e ti distruggo, stupido cinese.
"Eeeeeeeeeh. Sì, sono preoccupato. Come potete immaginarvi è un pessimo momento per me. E mi spiace di procurarvi fastidi e grane, non è neanche giusto nei vostri confronti" mormorò.
"Nessun disturbo, ragazzo" disse Soun, con un tono serio come nessuno dei presenti lo aveva mai sentito. "Capiamo la tua situazione. Sappi che la famiglia Tendo è sempre disponibile ad aiutare chi è in difficoltà".
Ranma era sconvolto. Quando succedeva qualcosa a lui nessuno si prendeva la briga di compatirlo un minimo, anzi! In genere le accuse arrivavano a pioggia, perché di qualunque cosa si trattasse la colpa era sempre sua. Sempre. Mai una volta che si chiedessero se, per caso, le cause potessero essere altre. Ok, era vero, spesso era lui a cacciarsi nei guai, non lo negava. Ma era pur vero che era circondato da squilibrati mentali! A partire dalla sua fidanzata isterica che scattava per un niente, continuando con le fidanzate autoproclamate e non tutte sane di mente, come Kodachi Kuno - e come dimenticare il fratello di quest'ultima? Che lo odiava mortalmente ma aveva anche un'insana ossessione per la sua controparte femminile. E avrebbe potuto continuare la lista in eterno. Con gente del genere i guai, se non te li cerchi, ti inseguono comunque. Ma figurarsi, mai nessuno che compatisse il povero Saotome jr...
Stizzito, se ne andò in camera sua senza dire una parola.
"Ranma sto per portare il dolce!" gli disse Kasumi, incrociandolo in corridoio.
"Non ho fame!" disse piuttosto scorbutico, chiudendosi la porta alle spalle. Kasumi rimase ovviamente stupita. Ranma che non ha appetito? Quando entrò in sala da pranzo la prima cosa che chiese, mentre sistemava i dolci sul tavolo, fu: "Che cosa avete detto a Ranma per infastidirlo? Signor Genma?" chiese. Genma era una delle principali cause di malumore di Ranma.
Quest'ultimo, intanto, mugugnava tra le coperte, cercando di ricordarsi che, in tutto questo, Mousse era solo una vittima, e che prendersela così era infantile. Più facile a dirsi che a farsi. Il panda obeso tirò fuori un cartello con su scritto "Io? E che c'entro io? Fatto niente".
Kasumi sospirò, non del tutto convinta della proclamazione d'innocenza del vecchio Saotome. Ma tant'è, non aveva niente per smentirlo o confermarlo.
Servì velocemente il dolce, un poco preoccupata per il fidanzato della sorella.
La quale sorella, nel frattempo, aveva cominciato a chiacchierare fitto fitto con Mousse sulla sua attuale situazione e su possibili soluzioni alla stessa.
"No Akane, che io non sappia non esiste modo di sciogliere il legame che vincola me e Shan-Pu" disse lui sconsolato per la quarta volta. Apprezzava la premura della sua nuova amica nel ravanare idee per cavarlo dagli impicci, ma data la sua situazione psicologica non esattamente stabile temeva di poter scoppiare e rivolgerle delle brutte parole. Cercò di riguadagnare un minimo di calma, sarebbe stato tremendamente ingiusto e maleducato rivolgersi in quel modo alla prima persona che aveva mostrato comprensione e... si azzardò a pensare pure affetto, nei suoi confronti.
Perché le amazzoni sono matriarcali e non vengono insegnati simili valori, si chiese acido come una freccetta intinta nel curaro. Ci vuol davvero così poco a non far sentire un maschio come l'ultima ruota rotta dell'ultimo carro, cavolo.
"Ne sei davvero sicuro? Obaba, prima, ha accennato a qualcosa..." fece lei, speranzosa. "Magari ti è stato detto una volta e l'hai rimosso perché al momento non ti sembrava un'informazione utile".
Si stava scaldando, Mousse. Decise che era meglio troncare la conversazione prima di spingersi troppo oltre.
Alzò una mano di fronte a sé, come a imporre uno stop: "Akane, credimi quando ti dico che apprezzo moltissimo quanto stai cercando di fare per me. Ma ti assicuro che, almeno per ora, non mi viene in mente nulla di utile. Ti chiedo di darmi tempo per riflettere e ragionare, magari è davvero come dici tu". Cercò di suonare il più conciliante possibile, nonostante una venatura di rabbia che gli stava salendo dallo stomaco.
Lei, per fortuna, la prese bene. Gli sorrise e disse che capiva e che non l'avrebbe più tempestato di domande.
"Grazie. Quante volte ti ho ringraziato, oggi? Sei? Sette? Otto?".
"Le giuste volte, Mousse. Le giuste volte".

Nel frattempo, Kasumi portò in cucina le stoviglie e dopo aver finito di pulire il tutto si disse che era proprio il caso di far visita a Ranma. Ficcanasare era un po' l'hobby delle sorelle Tendo, ma Kasumi era probabilmente la sola che lo faceva senza malizia e con il solo intento di aiutare. Portò con sé un piatto con il dolce rimasto, sicura che a Ranma avrebbe fatto piacere. Quando bussò alla porta sentì solo mugugnare.
"Ranma, posso entrare?" si azzardò a chiedere aprendo un po’ la porta. Quando Ranma si accorse che si trattava di Kasumi sembrò calmarsi un po’, e le fece cenno con la testa di entrare. La ragazza si accomodò accanto al suo futon, porgendogli il dolce. "Ho pensato che lo volessi, e ho preferito non lasciarlo incustodito in cucina, almeno finché tuo padre è in giro!" sorrise.
"Grazie, non dovevi..." rispose Ranma senza però mostrare interesse nel dolce, che di solito avrebbe divorato in pochi secondi. Kasumi si avvicinò a lui e, seriamente preoccupata chiese "Qualcosa non va Ranma?".
Che dolce che era Kasumi. Altro che quel maschiaccio con le tette della sua fidanzata.
Perché tutta la gentilezza della famiglia Tendo era finita nella primogenita mancando completamente la secondo e la terzogenita?
"No, tranquilla. È solo un po' di malumore passeggero. Se ne andrà com'è venuto" mentì spudoratamente, sapendo anche che a nessuna delle tre sorelle si poteva dire le bugie.
E difatti, come volevasi dimostrare, Kasumi scosse la testa e gli disse: "Ranma Ranma Ranma, tuo padre non ti ha insegnato che a raccontare frottole ti cresce il naso? Poi come fai a combattere con un righello sulla faccia?". Rise subito dopo per smorzare e provare a dargli la voglia di spiegarsi.
"Non vi si può nascondere nulla. Ahn. Sì, non ho avuto una gran giornata. E mi sento in colpa".
La risposta spiazzò Kasumi. In colpa? Per cosa? Espresse a voce alta i propri dubbi.
"Mi sento in colpa verso Mousse. Prima, a tavola, ci sono rimasto male quando Akane gli ha rivolto la parola con tutta quella... dolcezza. Che non ha mai avuto per me. Giurami che non glielo dirai mai, Kasumi".
"Cosa, che ti senti in colpa verso Mousse?".
"No. Che sono... geloso".
Si aspettava una reazione più vitale e imbarazzata da parte di lei. Invece ricevette, in cambio della propria ammissione, solo un bel sorriso caldo.
"Ranma, direi che è normale essere gelosi in simili situazioni. La tua fidanzata si mostra tenera e comprensiva verso uno dei tuoi acerrimi nemici che d'accordo, ha avuto una giornata a dir poco tremenda ma rimane sempre uno dei matti che ha cercato anche di farti seriamente del male. Lo capisco, davvero".
"Ka-Kasumi...".
"Oh Ranma, non credere che solo perché sto tutto il tempo in cucina o a pulire la casa io non mi accorga di quel che mi succede attorno. È che, sai, mi sono presa un certo impegno e sono l'unica che può portarlo avanti in maniera soddisfacente. Ma ricorda sempre questo: una Tendo non è stupida. Mai. Può apparirlo, forse. Ma il succo è diverso. E credo che noi tre sorelle, ognuna nella nostra maniera, lo si dimostri perfettamente. Ora vai pure avanti, che il discorso non è finito".
Ranma si trovò spiazzato. Non credeva che avrebbe mai sentito parlare così Kasumi. Non che gli dispiacesse, comunque.
"Beh in fondo non c'è molto altro da aggiungere..." disse, incerto su cosa dire. Kasumi lo guardò paziente, in attesa di quella spiegazione che, sapeva, non avrebbe tardato ad arrivare. E infatti poco dopo il ragazzo riprese il suo sfogo. "È solo... è solo che con me Akane è sempre così acida, e intrattabile! Anche quando cerco di essere gentile... so di non essere il fidanzato perfetto - e nemmeno vorrei esserlo, il suo fidanzato eh! Però è difficile riuscire a comportarmi in maniera più gentile, quando lei per prima la parola più dolce che riesce a rivolgermi è pervertito!" sbuffò.
Kasumi sorrise, annuendo. La sua sorellina in effetti non era proprio un soggetto facile: Akane era cresciuta con la convinzione di dover essere meglio di un ragazzo in tutto e per tutto, e non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno. Ritrovarsi da un giorno all'altro promessa sposa di un ragazzo mai visto prima, che era migliore di lei come combattente - e, a suo dire, più femminile di lei quando trasformato - non era qualcosa che faceva bene alla sua autostima.
"Non ti dirò come Akane è dovuta crescere e cosa comporta il doversi confrontare con te ogni giorno" disse Kasumi, soppesando attentamente le parole. "Però, posso suggerirti questo." disse, ottenendo subito l'attenzione di Ranma.
"Ranma, non sei stupido. Mi è stato detto che, quando combatti, pensi quattro o cinque passi davanti al tuo avversario. Allora cerca di applicare questa tua intelligenza anche nel rapporto con Akane. Cerca di pensare prima di agire e di parlare. Cerca di intuire quale reazione può avere la frase che stai per dire. Basta un po' di autocontrollo. Sono sicura che se ti impegnerai in questo anche mia sorella coglierà il cambiamento e le cose fra di voi non potranno che migliorare. Lei ti vuole bene, e lo sai. Solo che a volte fa fatica a dimostrarlo o lo dimostra in modo sbagliato, esattamente come capita a te. Venitevi incontro invece di mettere bastoni nelle ruote dell'altro. Non fa bene a te, non fa bene a lei e non fa bene alla vostra relazione. E non mi dire che non ci dovrebbe essere una relazione fra voi, perché c'è e sai meglio di me che non è solo dovuta all'ossessione di quei due pazzoidi dei nostri padri. C'è qualcosa fra di voi, Ranma. Non lasciartelo sfuggire perché non riesci a controllare quella tua bocca birbante. Sei un bravo ragazzo e Akane è una brava ragazza. Quando non litigate siete una bella coppietta". E detto questo si alzò, sempre sorridendo a sufficienza da accecare chiunque.
Ranma cominciò a respirare con sempre maggiore affanno e la faccia gli divenne rossa come un pomodoro maturo.
"K-K-Kasumi... che-che... che dici?".
"Solo la verità, caro Ranma. Solo la verità. E adesso non credi che dovresti trasformarti? Sei ancora in forma di ragazza".
Orpo. Era vero! Era stato talmente affranto da quanto successo durante la cena che non si era neppure curato di tornare maschio.
"Ti lascio solo, Ranma. Rifletti sulle mie parole. So che farai la cosa giusta, non sei il tipo di persona che non pensa a queste cose".
Lasciò il ragazzo solo, perso nei suoi pensieri.

Nel frattempo, al Nekohanten, l'atmosfera era tutt'altro che serena. Obaba era sparita nelle sue stanze, alla ricerca di manoscritti o chissà quali altre amenità.
Shan-Pu si trascinò a fatica in camera sua, e accasciò sfinita sul futon. Avrebbe voluto tornare indietro e cancellare quella giornata.
"Stupido Mu-si!" bofonchiò contro il cuscino. Solo nominarlo le fece bruciare gli occhi, che a stento trattenevano le lacrime che aveva frenato per tutta la giornata. Era ancora incredula.
Mousse aveva minacciato di ucciderla. La odiava sul serio, gliel'aveva letto negli occhi. Non capiva. O forse non voleva capire. Perché sapeva benissimo quanto di suo ci fosse nell'odio che il ragazzo provava per lei. Non si era mai curata di trattarlo con riguardo, o con un minimo di gentilezza. Non gli aveva mai sorriso, né gli aveva mai rivolto parole che non fossero insulti o prese in giro. Eppure, per lei era la norma.
Era così che era stata addestrata: gli uomini non valgono nulla, a Joketsuzoku. Le amazzoni comandano, gli uomini obbediscono. Per lei, era normale. E anche per Mousse, in teoria. Eppure... eppure da quando viveva a Nerima, aveva notato come tutto fosse diverso. Solo che faticava ad accettarlo, e aveva preferito non vedere ciò che le era scomodo. Mousse, invece doveva aver visto una sorta di salvezza in quella società così diversa dalla loro.
Mentre rifletteva, sentì l'inconfondibile picchiettio del bastone della nonna avvicinarsi a lei. Si mise seduta, e se la trovò a pochi passi dalla porta. "Shan-Pu, mia cara, io e te dobbiamo parlare."
Un pensiero alieno fulminò nella mente di Shan-Pu.
"Nonna... no".
Calò qualcosa di mai visto prima sul ristorante: l'ira della vecchia.
"No? NO? NO? Tu osi dire quella parola a me? Nipote, alzati. Ho deciso che dovremo parlare e parleremo!" tuonò la matrona tascabile.
"No". La risposta della ragazza era stanca ma anche piena di energia, di voglia di ribellarsi a quel che le veniva ordinato.
"Shan-Pu. Mi stai facendo uscire dai gangheri. Sai quanto posso diventare violenta quando succede. Alzati. Ora. Immediatamente". Lei si girò verso l'anziana. Fino a quel momento le aveva persino dato le spalle: "Nonna, basta. Qualunque cosa tu possa minacciare non sarà peggio che obbligarmi a sposare Mu-Si. Non potrei concepire un fato peggiore. Quindi sfogati pure. Fai quel che ritieni giusto e puniscimi come pensi che meriti. Poi, però, lasciami in pace. Te lo chiedo per favore". La voce di Shan-Pu era davvero un sussurro e pure Obaba, notoriamente provvista dell'udito di un'aquila, fece una gran fatica a cogliere le parole della nipote.
E quando il suo cervello registrò e comprese appieno... beh, diciamo che una tempesta tropicale avrebbe avuto paura di lei.
Senza dir nulla, emanando un'aura combattiva sufficiente a tramortire un tirannosauro, si avvicinò al letto della nipote. Diede un colpo rabbioso col bastone e lo capovolse, incurante delle ferite e delle lesioni della ragazza.
"A-l-z-a-t-i". Ogni singola lettera era abbastanza affilata da uccidere un uomo adulto.
Da per terra Shan-Pu si concesse una risata amara: "Forse non hai capito bene. Vuoi picchiarmi? Fai pure. Vuoi tagliarmi le mani e farmele ingoiare? Fai pure. Vuoi riportarmi a casa e farmi giudicare dal Gran Consiglio? Fai pure. Non m'interessa. Sono tutti destini preferibili rispetto all'idea di sposarmi con Mousse. Se vuoi uccidermi accomodati, non proverò nemmeno a difendermi. Tanto da lui o da te cambia poco, no?". Lasciò che tutto il dolore e la rabbia provata quel giorno fluissero fuori libere, in quel momento dirette sul grugno aggrinzito di Obaba. Che stava decidendo se avere compassione della nipote o ammazzarla seduta stante.
Qualunque punizione avesse in serbo per lei, a Shan-Pu non importava assolutamente. Sarebbe morta in ogni caso, che fosse per mano della nonna o di Mousse. O per mano sua, pensò per un attimo. Si fissarono per un tempo che parve infinito, poi l'energia di Obaba cominciò lentamente a defluire dalla stanza, tornando nel corpo della vecchia. Shan-Pu si permise di sgranare gli occhi, incredula. "Va a dormire Shan-Pu. Faremo i conti domani. Non credere che mi dimentichi del nostro discorso in sospeso." disse, e si chiuse la porta alle spalle. La ragazza si mise silenziosamente in piedi e sistemò alla buona il suo futon, per poi rannicchiarsi sotto le coperte. E piangere in silenzio.
Obaba intanto era tornata ai suoi manoscritti, alla ricerca di qualcosa che potesse venire in suo soccorso: una vecchia legge, una postilla, una scappatoia qualunque che evitasse loro il peggio. Ma nulla sembrava essere dalla sua. Stavolta neppure Cologne la vecchia volpe avrebbe potuto evitare di trovarsi faccia a faccia col destino. L'unica cosa che poteva davvero escogitare era fare in modo che il Gran Consiglio non venisse a conoscenza degli ultimi avvenimenti. Almeno per ora.
Stava quasi per rassegnarsi e decidersi ad andare a dormire, troppo stanca per proseguire. Avere trecentocinquantasei anni pesava, nonostante tutto.
Ripose l'ultima pergamena al suo posto e soppresse uno sbadiglio. Sì, era decisamente invecchiata.
Non così tanto quanto le piaceva pensare, però, perché sentì dei rumori all'esterno del ristorante. Fruscii nei cespugli, probabilmente.
Uscì veloce, il sonno momentaneamente passatole.
"Vieni fuori, chiunque tu sia" ringhiò. Nonostante gliel'avesse fatta passare liscia, almeno per il momento, non aveva ancora scaricato la rabbia che si era accumulata durante il non-discorso con Shan-Pu. Oh, come l'avrebbe suonata il giorno successivo. Non vedeva l'ora.
Ma prima l'intruso. Un ladro suicida, forse.
"Onorevole Obaba, la prego di scusarmi se l’ho spaventata. È che è... buio..." fece una voce conosciuta.
Era la voce di...
"Akane Tendo? Che ci fai qui?".
La ragazza giapponese venne fuori, in maniera un po' maldestra, dalle macchie verdi. Si era graffiata sulle braccia e sulle gambe. I rovi erano sempre piaciuti, alla vecchia, e ne aveva fatti piantare un po' nel loro giardino.
"Le chiedo di nuovo scusa per la sorpresa. Il fatto è che ero inquieta e volevo vedere... ecco, volevo sapere se potevo dare una mano in qualche modo".
La guardò con la testa leggermente reclinata, non spiegandosi appieno il perché del suo comportamento. Non avrebbe dovuto essere contenta dalla piega che stavano prendendo le cose? Finalmente Shan-Pu era depennata dalla lista delle fidanzate di Ranma e questo non poteva che essere un bene per lei, no?
"Non ti capisco, ragazza. Cosa vuoi esattamente?".
Akane si morse il labbro inferiore, incerta su cosa dire - e non del tutto sicura che la vecchia Obaba avrebbe capito. "Il fatto è che... sono in pensiero per Mousse..."
"In pensiero per lui? E perché mai, giovane Tendo? Sposerà Shan-Pu e ti toglierà di mezzo un peso, non capisco perché non gioisci invece di arrovellarti tanto il cervello." disse la vecchia, con noncuranza.
Akane a stento si trattenne dal ringhiare. Ovviamente Obaba non aveva assolutamente capito da cosa dipendeva la preoccupazione per Mousse; per quanto fosse una liberazione, l'avere una spasimante di Ranma in meno in circolazione era l'ultimo dei suoi pensieri.
"Come immaginavo non ha capito un accidente!" sbuffò, lasciando di sasso la vecchia Cologne.
"Come osi rivolgerti a me in questo modo, ragazzina impertinente?"
"Oso eccome, visto che sembrate non capire la gravità della situazione!" rispose Akane, per nulla intimorita dalla vecchia. Quest'ultima stava quasi per sfogare la sua rabbia su Akane, quando la ragazza riprese a inveire contro di lei. "Mousse in questo momento è a pezzi! E siete state lei e sua nipote a ridurlo così, con le vostre angherie e quelle stupide leggi da amazzoni! Forse da voi è normale trattare così gli uomini, ma non siete più in Cina, ed è ora che il vostro modo di fare si adatti a quello di una società diversa dalla vostra! Mousse non è uno schiavo - soprattutto non è il vostro schiavo, ma una persona e come tale va trattata!" disse tutto d'un fiato.
Lasciando Obaba sconvolta. Per l'ennesima volta in un giorno qualcuno l'aveva presa in contropiede. Stava decisamente perdendo colpi.
Oh. Questi giovinastri la devono smettere di pensare che io sia solo una cumulo di rughe semoventi. Sono Ku-Lun, maledizione! Rispetto!
"Ascoltami bene, giovane Tendo. Gli usi e i costumi delle amazzoni non sono fatti che ti riguardano, proprio per niente. Sono secoli che a Joketsuzoku le cose funzionano in questo modo e nessuno ha mai avuto niente da ridire. Chi sei tu per venire a criticarci in questo modo? Una stupida sedicenne giapponese che non sa nemmeno allacciarsi le scarpe, ecco chi sei. Quindi sei pregata di alzare i tacchi e di togliere il disturbo, ho avuto una pessima giornata e potrei non rispondere di me stessa".
Obaba trattenne un lamento quando Akane, per nulla turbata dal cazziatone, si avvicinò a lunghi passi a lei e le diede uno schiaffetto. Ovviamente l'intenzione non era quella di farle male, anche perché sarebbero dovuti passare mille anni prima che ci potesse riuscire. Era un gesto simbolico, di rifiuto delle sue parole.
"Ora mi ascolti bene lei, onorevole Obaba. Le vostre leggi, qui, valgono quanto carta igienica. Mousse ha trovato la forza di ribellarsi alle ingiustizie che lei e sua nipote gli avete scaricato addosso come si scarica un camion di letame. Io sono insindacabilmente dalla sua parte, che per lei abbia importanza o no non m'interessa. Si metta in testa che ormai lui si è divincolato dai vostri assurdi codici d'onore e che preferirebbe morire piuttosto che sposare sua nipote. E, a giudicare dallo sguardo che lei ha avuto oggi, mi sento di dire che la cosa è reciproca. Perché non può, per una volta, fare un'eccezione e andare incontro a entrambi? Sarebbe davvero così tragico?". Il discorso di Akane voleva essere guerrigliero e l'inizio con gesto plateale ispirava in tal senso. Ma, via via che parlava, l'emozione per la cattiveria di tutto quello che stava succedendo, a Shan-Pu e specialmente a Mousse, presero il posto del giustissimo sdegno e le ultime parole furono pronunciate con le labbra tremanti.
Tutte a me le adolescenti con poca voglia di vivere, si chiese sarcastica Cologne.
"Lascia che ti porga io una domanda, giovane Akane. Perché prodigarsi tanto per qualcuno che in fondo conosci appena, e che ha più volte attentato alla tua vita col solo intento di togliere di mezzo il tuo... fidanzato, col solo scopo di sposare Shan-Pu?" disse, guardando Akane dritta negli occhi. "Che le nostre leggi siano tenute in considerazione o meno in questo paese per me è irrilevante. Noi seguiamo le nostre tradizioni, quindi quei due si sposeranno, che lo vogliano o meno. E non dirmi che non ti solleva il pensiero di non dover più preoccuparti degli scherzetti messi in atto da mia nipote ai tuoi danni! Perché il loro stato d'animo dovrebbe preoccuparti tanto?"
"Perché so come ci si sente. So cosa vuol dire ritrovarti legata a qualcuno che non conosci senza che nessuno abbia chiesto il tuo parere." rispose Akane con freddezza. Oh. Obaba non avrebbe mai pensato di sentirla parlare del giovane Saotome in quei termini. "Forse la mia situazione è diversa, e le cose tra me e Ranma sono andate diversamente... ma resta il fatto che capisco perfettamente lo stato in cui si trovano adesso Shan-Pu e Mousse, e per questo sono venuta a chiederle di lasciarli in pace." concluse.
Quanta forza d'animo in quella ragazzina, pensò Cologne. Sospirò, ormai stanca e priva di qualsivoglia istinto combattivo, per quella sera. "Comprendo cosa vuoi dire, giovane Tendo. Ma la mia risposta non cambia." disse voltandole le spalle, e avviandosi di nuovo verso il ristorante. "Tutto ciò che posso fare" aggiunse "è assicurarti che, in qualunque modo si risolva la cosa, cercherò di non coinvolgere il Gran Consiglio. Abbiamo già abbastanza problemi." disse. Detto questo, si chiuse la porta alle spalle, lasciando Akane nell'oscurità del vicolo.
Akane non si aspettava una conclusione tanto diversa, in effetti. Sapeva quanto testona e incapace di scendere a compromessi potesse essere quella vecchia.
Con uno sforzo che non sapeva spiegarsi era riuscita, durante l'accesa discussione, a non mostrarsi spaventata dalla chiara ostilità che le era arrivata addosso in certi momenti. Non faticava a crederle quando diceva che doveva aver avuto una gran brutta giornata. Come tutti loro, d'altro canto.
C'erano stati dei momenti, per fortuna pochi a onor del vero, in cui era stata sfiorata dal dubbio che Obaba potesse perdere le staffe. E lo sa solo un oni cosa avrebbe potuto farle senza alcun freno razionale. Al contrario di Happosai, unico altro dei maestri di arti marziali che conoscevano che poteva essere accostato al livello di lei, la nonna di Shan-Pu non era tipo da perdersi dietro baggianate quando iniziava a combattere. E molto probabilmente era quel tipo di guerriero che combatte per uccidere.
Il pensiero la fece sudare freddo per qualche istante. Aveva rischiato grosso. Dovette ringraziare la sorte e la stanchezza, chiaramente presente sul volto dell'anziana amazzone, se non era successo qualcosa di brutto.
"Almeno qualcosina l'ho ottenuto" disse a bassa voce, dimenticandosi per un istante di essere da sola.
Si incamminò verso casa, la consapevolezza di aver potuto rimanerci secca che le faceva battere il cuore più del dovuto. Farei bene a darmi una regolata. La volta che succede qualcosa di brutto prima o poi arriva.
E non l'ho neanche convinta. Lo immaginavo, eh. Ma mettere la propria vita a rischio in questo modo senza la possibilità di ottenere qualcosa di tangibile in cambio era stupido forte, specialmente considerato il fatto che, per quanto fosse davvero simpatetica con la brutta situazione dei due ragazzi cinesi, alla fine non era davvero cosa che la riguardasse.
Facciamo che da domani mi limiterò al supporto morale, ecco.
   
 
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