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Autore: Afaneia    16/01/2012    0 recensioni
Chi è Luisa? Un tempo non era nessuno, era solo una piccola ragazza di provincia, una piccola allenatrice di Borgo Foglianova partita all'avventura come tanti, come tutti. E ora? Ora è la Campionessa di Kanto e Johto, dopo aver superato sfide e pericoli e aver sconfitto, dopo anni di viaggio e allenamento, Lance e Rosso, il Presidente della Lega Pokémon e il vero Campione delle due regioni.
Ma la vita continua a cambiare. La piccola ragazza di provincia ora è quasi una donna e i suoi nemici (Rosso, Argento, quel ladro che conobbe il primo giorno del suo viaggio) stanno cambiando e le loro relazioni mutano con loro. E soprattutto, ciò che cambierà definitivamente la sua vita sarà l'arrivo di Ho-Oh, la fenice di fuoco delle leggende, che discenderà dal cielo ad annunciarle una grande verità...
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Lance, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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Atterrarono a Indigo Plateau. Il sole era calato, pioveva, ma nessuno si preoccupava più, ormai.

Entrati nella Sede, videro un uomo seduto a un tavolo. Il mantello, che ancora non si era tolto, era zuppo di pioggia, i suoi bei capelli rossi arruffati e bagnati. Sedeva al tavolo col capo tra le mani, disperato; ma si alzò bruscamente quando arrivarono, scansando il mantello.

“Blu!”

“Lance” esclamò il giovane venendo verso di loro. “Lance, ho parlato con Lorelei, ha detto…ha detto che Rosso è stato qui, l’altro ieri.”

Era stravolto, tutti lo notarono.

“Sai dov’è andato? V’ha detto cosa avrebbe fatto? Lance, lo sai?”

Il volto di Lance si mantenne estremamente rigido. “Ha detto” disse lentamente “Che avrebbe atteso a Monte Argento il Campione della Lega, per tutto il tempo necessario.”

Blu lo guardò a lungo, incredulo e felice. “Da…davvero?”

“Blu.” Il tono di Lance era estremamente serio. “Tu sei un Capopalestra.”

Gli occhi del giovane si spensero immediatamente. Chinò lo sguardo. “Sì, io…lo so.”

“Non ti è permesso allontanarti durante la Lega, lo sai.”

“Lance, non si potrebbe…ti prego…”

“Blu, devo pregarti di non mettermi in difficoltà. Sono il Presidente della Lega Pokémon, e devo negarti questo permesso come lo negherei a Jasmine di Olivinopoli, a Blaine dell’Isola Cannella. Perciò ti prego, non insistere.”

Blu aveva vergogna di guardarlo in viso. Cogli occhi bassi, mormorò: “Molto bene.” Poi scansò il Presidente e fece per uscire.

Lance si manteneva rigido. Era mortificato. Luisa gli tirò un braccio, Argento l’altro. Si guardarono.

“Blu…”

“Sì, capo?”

“Naturalmente, nessuno verrebbe a saperlo, forse neppure io, se tu ti allontanassi durante la notte.”

In un secondo, Blu era ai piedi di Lance e gli abbracciava le ginocchia, continuando a ripetere: “Grazie, Lance, grazie, grazie!”

I tre ebbero pietà di lui. Lance lo rialzò. Blu si ricompose.

“Mi…mi dispiace, Lance. Perdona la mia irruenza.”

“Non importa” rispose il giovane. “Abbi maggior controllo di te, Blu. Piuttosto, per quale motivo eri venuto?”

Blu sorrise. “Sono venuto per portarti il numero degli allenatori cui ha conferito la mia medaglia.”

“Cioè?”

Il Capopalestra estrasse un foglio. “Questi sono i nomi. Comunque, sono sei in tutto.”

“Solo sei?” esclamò Luisa.

Blu alzò le spalle. “Non è semplice sconfiggermi, Campionessa.”

“Non come Sandra, che, pur vantandosi di essere la migliore, mi ha portato una lista di quarantasei candidati” disse Lance distrattamente. “Comunque, non posso farglielo notare. Resta pur sempre la nipote del Maestro. Ti ringrazio, Blu. Ho bisogno di questa lista, domani apriranno le iscrizioni alla Lega Pokémon.”

“Domani?” chiese Argento. “Questo significa che per tutto l’Altopiano Blu inizieranno a circolare allenatori?”

“Precisamente” replicò Lance. “Quanti supereranno l’ultimo ostacolo, cioè la Via Vittoria, avranno diritto a sfidare la Lega Pokémon.”

“E dunque” disse Luisa “Anch’io combatterò?”

“Certamente” rispose Lance. “Non deluderci, Luisa. La donna che ha sconfitto Suicune non può lasciarsi sconfiggere da un branco di mocciosi.”

“Suicune” ripeté Blu. “Lance, è vero quanto mi ha raccontato Lorelei? Che i Pokémon leggendari sono giunti fin qui e che al vostro arrivo si sono inchinati davanti a voi?”

“È così” rispose Luisa. “Ma a te cosa importa?”

Blu si voltò a guardarla. “Rosso sta dedicando la sua vita a farsi riconoscere come Prescelta Creatura, Luisa.”

“Non possiamo farci nulla.”

“Ma voi…”Blu si stava infervorando. Tacque per non doversene pentire. “Grazie, Lance. Arrivederci.”

Si voltò e uscì dignitosamente dall’edificio. I tre cominciarono a salire le scale.

A un tratto, al quarto piano, Luisa guardò giù da una finestra e vide il Capopalestra fermo sulla cima di Via Vittoria. Spalancò la finestra e si sporse.

“BLU!”

Il ragazzo si voltò a guardarla.

“Blu, solo tu puoi salvarlo! Solo tu, hai capito?”

Il vento le portò una risata. Un istante dopo, Blu correva giù per la Via. Ma Luisa seppe che aveva capito e che stava piangendo.

 

Il mattino dopo, Luisa venne svegliata da un grido. Si mise seduta sul lettone bianco accanto alla finestra e tirò la tenda.

Fuori si stendeva una lunga fila di allenatori.

“O mio Dio” mormorò Luisa guardando in basso. Spalancò la finestra e si sporse per vedere Lance in tenuta da Superquattro camminare con passo marziale. Molto allenatori, per lo più ragazze, si sporgevano per chiedergli l’autografo. Lance firmava senza sorridere.

“È una star molto seria” disse Argento nella sua mente. Anche lui era sveglio. “Anche se è stato sconfitto, poi, resta pur sempre l’idolo delle folle, eh?”

“Cerca di ricordare loro che non sono qui per una scampagnata, che è il momento più importante della loro vita.”

“Scendiamo?”

“D’accordo. Voglio assistere al discorso.”

Luis si vestì e si pettinò in fretta e uscì dalla sua camera. Argento l’aspettava fuori. Scesero e uscirono dalla Sede per una porta secondaria. Si misero distanti dagli allenatori per poter ascoltare il discorso di Lance.

Il giovane li vide e li salutò con un cenno altero del capo, prima di porsi in piedi sulla piattaforma rialzata posta per lui davanti all’edificio.

“Signori allenatori” gridò, e la sua voce sola fu sufficiente a far calare il silenzio. “Sono Lance, Presidente della Lega Pokémon e Capo dei Superquattro. Desidero darvi il benvenuto all’Altopiano Blu e augurarvi buona fortuna.” Tacque un istante e i suoi occhi girarono sulla folla. “Voi state per sfidare la Lega Pokémon.”

“Non è un gioco. Non è un posto per bambini. È probabilmente l’ostacolo più imponente sul vostro percorso. Alcuni di voi vengono da Kanto, altri da Johto; tutti voi avete compiuto un lungo viaggio per giungere fin qui e questo vi rende meritevoli di lode. Ma questa è solo la prima tappa del vostro viaggio. La vita vera inizia qui.” E con un gesto indicò l’alto edificio alle proprie spalle. “Dopo la Lega voi proseguirete il vostro viaggio. Attraverserete altre regioni, catturerete nuovi Pokémon, diventerete più forti.” Sospirò. “Da quest’anno, come saprete, io combatterò solo in qualità di Superquattro, poiché l’anno scorso una donna ha sconfitto la Lega Pokémon nella mia persona. E quindi, ammesso e non concesso che voi riusciate a sconfiggere me, voi dovrete sconfiggere la nuova Campionessa, Luisa, a oggi considerata la più forte allenatrice del mondo. Lasciate però che vi ricordi una cosa.”

Lo sguardo di tutti si fece più attento. “Luisa non era la più forte allenatrice del mondo, quando sconfisse me. Il vostro destino non è nelle mie mani, o in quelle dei Superquattro, o in quelle di Luisa. A partire da oggi, il vostro destino si decide qui.”

Si voltò un istante verso l’edificio. I Superquattro, alle sue spalle, erano alteri e silenziosi. Bruno gli passò un’alta clessidra. Con uno sforzo, Lance lo capovolse.

“Si dia inizio alla Lega Pokémon.”

E la clessidra cominciò a scorrere.

La fila avanzava lentamente per le iscrizioni. Gli uomini che raccoglievano le domande controllavano per l’ennesima volta le medaglie degli allenatori, le liste portate dai vari Capipalestra, i Pokémon con i quali si intendeva partecipare. Lance passeggiava tra gli sfidanti, serio e dignitoso, in silenzio.

“Lance!” lo chiamò Luisa avvicinandosi con Argento. Il ragazzo si voltò a guardarli e sorrise.

“Avete seguito il mio discorso?”

“Commovente” rispose Argento. “Credo però di aver colto un’allusione al fatto che il destino di molti si decide qui.”

Luisa rise. “È stato così per noi, dopotutto: qui ti ho salvato, qui ho conosciuto Lance, qui abbiamo incontrato…beh, il capo, qui Rosso e Blu hanno sfidato Lance…forse che l’Altopiano Blu non è il centro del mondo?”

I tre risero appena. Attorno a loro, giovani allenatori passavano, eccitati nel loro nuovo costume di sfidanti della Lega.

“Sapete” disse Argento dopo un po’. “È la prima volta che ci svegliamo senza provare il desiderio di andare da qualche parte a scoprire il nostro passato.”

“Non è fantastico?” chiese Luisa. “Siamo liberi, adesso.”

Lance sorrise appena. “Siamo salvi. Il Pokéfanatico ci ha salvato.”

“Devi star qui tutto il giorno, Lance?” chiese Argento. La sua anima era impaziente e reclamava libertà.

Lance guardò la folla di allenatori. “No. Tra poco mi accerterò che le operazioni di iscrizione procedano per il meglio e che la consegna d’acqua agli allenatori funzioni come necessario. Per quanto riguarda il resto della giornata, preferisco allontanarmi. Non è conveniente che mi mostri troppo prima di una Lega. Andate a fare colazione, quando avrete finito andremo da qualche parte ad allenarci.”

Luisa e Argento rientrarono, quindi, e fecero colazione. Essendo ospiti di Lance, non mangiavano né tantomeno risiedevano ai piani degli allenatori, cioè il secondo e il terzo, che ospitavano le camere, la mensa e il salotto comune, ma avevano accesso ai piani riservati, cioè dal quinto in su. Andarono quindi a fare colazione nella sala da pranzo privata, quella dove solitamente mangiavano i Superquattro.

Lance li raggiunse dopo circa una mezz’ora, quando stavano riponendo le tazze nel lavello.

“Volete andare da qualche parte ad allenarci?” domandò. “O preferite forse andare da qualche altra parte, per esempio ad Azzurropoli a divertirci?”

“Perché no?” rispose Luisa, un attimo prima che il suo Pokégear suonasse. Rispose e sullo schermo comparve il volto del Professor Elm.

“Professore! Buongiorno. Perché mi chiama?”

“Buongiorno a te, Luisa. Chiamo in merito a una telefonata del professor Oak.” Il volto del professore era molto serio. “Luisa, mi ha parlato delle vostre domande sulla leggenda della Prescelta Creatura. Lascia perdere, hai capito? Sono solo storie. Solo storie, hai capito?”

Luisa sospirò. “Certo, professore. Solo storie.”

“Dammi retta, Luisa! Non voglio vederti girare come una pazza per il continente sfidando chiunque per ottenere il consenso di Ho-Oh, d’accordo?”

“Certo, professore. Come desidera.”

“Mi ha detto che hai due compagni, e che uno è Lance dei Superquattro. Cosa state combinando, Luisa’”

“Non si preoccupi, professore. Abbiamo smesso di credere a quella storia. Abbia cura dei miei Pokémon, però.”

“No, Luisa, è una cosa seria. Smettetela, va bene? E ho saputo dei tre allenatori e di Mew a Rovine d’Alfa. C’entrate qualcosa? Ditemelo.”

“No, professore. Deve credermi. Lasci che vada, ora. Non si preoccupi per noi. Stiamo bene, ora. Stiamo andando a fare shopping ad Azzurropoli. Arrivederci.”

L’uomo non era convinto, e tuttavia permise che andasse. Luisa chiuse la chiamata e si voltò verso i suoi compagni.

E tutti e tre scoppiarono a ridere, come non accadeva da troppo giorni.

 

Era bello essere di nuovo liberi e leggeri, dopo quei giorni trascorsi nell’ansia e nella confusione, a cercare. Era bello poter passeggiare per Azzurropoli, come tutti i ragazzi fanno. Ma era diverso, ora. Erano più completi. Si erano ritrovati. La Prescelta Creatura e i suoi compagni erano uniti, come Mew aveva raccomandato che fossero.

Trascorsero la mattinata intera al Centro Commerciale, facendo acquisti e scherzando e divertendosi. Comprarono mille cose. Quando giunse mezzogiorno, pranzarono all’ultimo piano del Centro, divorando tre giganteschi cheese burger dall’aspetto poco sano e dal sapore delizioso. E si sentirono i colpa per aver mangiato qualcosa di così poco sano e le patatine fritte. Ma si divertivano troppo per pensarci più di quanto fosse consigliabile. Nel pomeriggio lasciarono i negozi e passeggiarono a lungo per le vie meno trafficate della città.

“Non pensavo che ci saremmo ancora divertiti così tanto, sapete” confessò Luisa, camminando. “Credevo che sarebbe cambiato tutto, dopo averlo scoperto.”

“Forse è davvero quel che dobbiamo fare” suggerì Argento.

“Fare come se nulla fosse?” domandò Lance. Il bel giovane scosse il capo.

“No. Non dobbiamo comportarci come se non fosse accaduto nulla. Dobbiamo solo fare quel che vogliamo: giocare se vogliamo giocare, combattere se vogliamo combattere. Questo, restando consapevoli di essere chi siamo: e allora sono sicuro che tutto andrà bene.”

Trovarono che le sue parole fossero giuste. Mangiarono un gelato e presero il volo per concludere quella giornata.

Sorvolarono il mare, percorsero la linea della costa. Giunsero in vista di Isola Cannella. Sulla cima del vulcano videro una figura solitaria. Si fermarono a guardarla da lontano, fermi a mezz’aria.

“È…”iniziò Argento.

Lance annuì. “È Rosso.”

“Aspetta che venga Blu” spiegò Luisa.

“Per scappare quando sarà troppo vicino. Ma gli è sufficiente vederlo.”

“Gli basta vederlo” ripeté Argento. “Ma da quanti anni vanno avanti così?”

Ci fu silenzio per un istante. “Troppi” disse infine Luisa.

Lance scosse il capo. “Andiamo via” disse. “Blu potrebbe sempre arrivare. Lasciamoli soli.”

Si sollevarono in volo più alto e proseguirono verso sud per poi tornare a nord, girando con un’ampia curva. Si abbassarono e sfiorarono l’acqua, sollevando mille spruzzi.

“Ci siamo divertiti oggi” disse Luisa.

“È stato molto divertente” riconobbe Lance.

“Sono felice che ci siamo ritrovati” disse Argento. “Adesso sembra tutto molto più vero.”

Raggiunsero nuovamente l’Altopiano Blu. Entrati, trovarono l’ingresso pieno di allenatori. L’infermiera Joy aveva un gran daffare ad accontentare tutti.

“Che caos” mormorò Lance.

“Sarà così finché non finirà la Lega?” domandò Argento, preoccupato.

“Temo di sì” confermò il ragazzo desolato. Vergognosa, una ragazza venne a chiedergli l’autografo. Lance glielo firmò senza sorridere.

“Che confusione c’è stasera” mormorò Luisa, vedendo allontanarsi la ragazza felice. “Anch’io ero così un anno fa, Lance?”

“No” replicò lui. “Non mi chiedesti l’autografo. Andiamo nella mia camera. È all’undicesimo piano, là non giungerà questo frastuono.”

Salirono le scale fino al penultimo piano, quindi. Lance aprì la porta con una tessera metallizzata ed eseguì un controllo delle impronte digitali.

“È per la sicurezza” spiegò. “È un po’ esagerato per salire in camera mia, ma del resto, resto pur sempre il Presidente della Lega Pokémon.”

La porta si aprì con uno scatto secco e ai loro occhi apparve d’un tratto una stanza immensa.

Era una sala ampia e luminosa, biancoarredata come le loro, ma più luminosa ancora, poiché grandi finestre riempivano in un dolce susseguirsi due intere pareti, rese più simili a vetrate che a semplici mura, ma vetrate lucenti e fantastiche, abbellite da leggiadre tende argentate che parevano fluenti e ondeggianti come acqua. E poi libri, fiori, mobili e soprammobili e computer, televisore, tavoli, sedie, poltrone e poi un enorme letto rotondo che fin da lontano pareva emanare una fragranza dolcissima di lenzuola fresche e stirate…

“È immensa” disse Argento in un soffio, ammirato.

Lance sorrise. “Occupa quasi tutto questo piano” spiegò “Insieme al bagno, naturalmente.”

“È…è pazzesco” balbettò Luisa incredula, guardandosi intorno.

Entrarono. Lance li fece accomodare su ampi divani bianchi e morbidissimi.

“Non faccio mai entrare nessuno qui” spiegò. “Non mi va che la gente entri qui.”

“E perché ci hai portati qua?” chiese Luisa, mentre Lance, aprendo un piccolo frigo a parete, ne estraeva alcune bottigliette di gassosa.

Il giovane sospirò.

“Questa stanza è un regalo” disse senza guardarli. “Mio padre la fece costruire per me, la fece arredare per me. Era il suo regalo per me. Ogni cosa che vedete è stata fatta da mio padre per la mia felicità. Pe questo non amo portare conoscenti e amici qui. I Superquattro non l’hanno quasi mai vista, meno di una decina di volte da quando ci conosciamo, e solo per brevi visite. Voi capite, questa stanza è per me il segno più importante dell’eredità di mio padre.”

La mano che reggeva le bottiglie tremò. Lance chinò gli occhi.

“Noi siamo i Prescelti. Saremo uniti per il resto della nostra vita. Oggi dopo tanto tempo mi sono sentito felice…perché ci siamo ritrovati. E allora ho capito che è da troppo tempo che siamo divisi, e che non voglio esserlo oltre.”

Calò il silenzio sulla bella stanza bianca. Lontano, tramontava il sole.

“Questo ti ha lasciato tuo padre, Lance” mormorò Argento. Arrossì. “Perdonami se ti invidio, sai, perdonami. So che non dovrei. Devo chiederti scusa.”

Entrambi lo guardarono. Argento chinò il capo sulle proprie ginocchia.

“Cosa ti ha lasciato tuo padre?” chiese Luisa, allontanando gli occhi da lui.

Argento tacque un istante. Poi si alzò in piedi e lasciò cadere a terra la propria giacca nera. Si tolse la maglietta e mostrò loro la schiena.

Sul bianco folgorante della sua schiena, campeggiavano cicatrici irregolari e rosse.

“Ecco, solo questo. Perdona la mia invidia, Lance: non ne ho il diritto e lo so bene. Non desidero compassione. Ma voi l’avete chiesto.”

Colpita, Luisa allungò la mano e sfiorò con le dita quei segni rossi.

“Lui ti ha fatto questo?” domandò.

“È la più delicata delle cose che mi ha fatto” rispose Argento allontanandosi. “Comunque sì, è stato lui.”

Lance emise un flebile sospiro. “Nessuno gli ha fatto nulla?”

Argento sorrise. “È scappato dopo aver ucciso mia madre.”

“Non posso crederci.”

“Oh, sì, credici, Luisa. Avevo nove anni e me lo ricordo. Davvero, me lo ricordo.”

Luisa non riusciva a guardarlo negli occhi. “Ma perché?”

“Non lo so perché!” urlò Argento. “Non lo so, questo non me lo ricordo, mi ricordo che l’ha fatto, va bene? Ma perché non me lo ricordo!”

D’un tratto cadde sul divano.

“Mi dispiace. Perdonatemi. Non volevo.”

Luisa e Lance si guardarono per qualche istante. Allora Lance sedette sul divano di fronte a loro.

“Argento. Argento, guardami. Non hai nulla da farti perdonare. Ora basta, è finita. Ora siamo di nuovo insieme. Siamo tre pezzi di anima ricongiunti, è tutto a posto. Non sei più solo, ora.”

Ma Argento non li guardava.

“Sono dispiaciuto, io non desideravo dirvi questo. Io non volevo che voi vi dispiaceste. Non volevo che aveste pietà di me. Sono desolato per quanto è successo.”

“Argento” disse lentamente. “Non aver paura. Siamo qui, adesso, siamo tutti qui. Ci siamo ritrovati, capisci? Non sei più solo, adesso, perché siamo qui, accanto a te. Hai capito ora?”

“Argento” ripeté Lance, con voce bassa e musicale. “Guardami.”

Stancamente, Argento sollevò lo sguardo dal divano. Vergognoso, puntò due occhi, che erano verdi e intensi e pieni di dolore, in quelli grigi del giovane.

“Hai paura?” chiese Lance piano.

“Ora non più.”

   
 
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