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Autore: lievebrezza    16/01/2012    35 recensioni
Blaine arriva in una nuova scuola. L'ultima cosa che vuole è innamorarsi della persona sbagliata; però succede. E tutto improvvisamente, diventa molto complicato, perchè a volte non si può evitare di amare qualcuno di proibito.
[Teacher!Blaine + Student!Kurt]
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Posso confessarvi una cosa? Inizio a essere spaventata dal successo che sta avendo questa storia. Davvero, ho il terrore di deludervi.


Capitolo Undicesimo


Chissà, forse se Kurt e Blaine fossero stati in un film avrebbero sciolto l'abbraccio e si sarebbero baciati appassionatamente, sussurrandosi tra un bacio l'altro come avrebbero combattuto per difendere il loro amore. Kurt poteva immaginare tutta la scena, con tanto di labbra arrossate, dita che correvano tra i capelli e gente che li spiava dai finestrini. O che batteva le mani intonando una smielata canzone natalizia mentre la neve si posava delicatamente sui riccioli di Blaine.
Si sarebbero guardati intensamente negli occhi e avrebbero riso, mentre i titoli di coda cominciavano a rincorrersi sullo schermo e le luci in sala si accendevano, nascondendo agli occhi degli spettatori che cosa sarebbe successo dopo. Tutti avrebbero calpestato i pop corn mentre prendevano i cappotti e uscivano dal cinema, disinteressandosi di come Kurt e Blaine avrebbero dato la notizia a scuola o quanto sarebbe stato frustrante nascondere la loro relazione. Si sarebbero accontentati di quel perfetto momento d'intimità, non avrebbero sentito il bisogno di vederli smontarsi sotto le difficoltà quotidiane di quello che avrebbe comportato quel bacio.
Nessuno voleva davvero sapere qual era il vero sapore della realtà.
Nessuno voleva sapere di come non ci fosse nulla di romantico nell'aria fredda che sferzava tra capelli e dell'autista dell'autobus che suonava il clacson, mentre i passeggeri li guardano scocciati, senza la minima intenzione di cantare.
A Kurt era sembrato di rimanere stretto a Blaine per ore, invece erano rimasti così vicini solo per pochi secondi; il primo a ritrarsi era stato proprio Kurt, ben conscio della rumorosa presenza del mezzo fermo dietro le sue spalle. Tra di loro, più nessuna parola, solo un cenno del capo e un rapido sguardo d'intesa, poi si era voltato ed era salito, occupando sul primo sedile libero con la mente affollata di pensieri.
Si era trattato di un'occhiata veloce, ma sufficientemente calda e rassicurante. Era stata sufficiente a convincere Kurt che non era necessario scusarsi per aver oltrepassato qualche limite. Che andava bene così, che era a tutto a posto.
Sempre quell'occhiata veloce gli aveva impedito di correggere rapidamente il suo augurio, mormorando: “Ehm... volevo dire signor Anderson. Mi dispiace professore.”
Era stato il perfetto scambio di auguri.
Una manciata di secondi in cui si erano concessi di abbandonare i panni di studente, di professore, di ragazzo con problemi di fiducia, di ragazzo con problemi e basta. Per pochi, brevissimi istanti, l'universo gli aveva permesso di assaporare come sarebbe stato essere solo Kurt e Blaine, due ragazzi che si abbracciano stretti sotto la neve per farsi gli auguri. Qualcosa di prezioso, dove i dolci nella scatola sarebbero sempre rimasti perfetti e le pagine del libro deliziosamente lisce.
Un piccolo momento perfetto, riservato solo a loro due. Che anche solo una parola in più avrebbe reso banale, imperfetto, imbarazzante.
Seduto in un cantuccio, con la sensazione del braccio caldo di Blaine che afferrava la stoffa del suo cappotto e il profumo della sua acqua di colonia che gli riempiva il naso, Kurt venne distolto dal caldo benessere in cui era ancora avvolto. Nella tasca della giacca, il cellulare vibrò silenziosamente e per un momento pensò irrazionalmente che fosse Blaine. Ovviamente non era lui, dal momento che non aveva il suo numero di telefono.
Era Finn.
“Coso, scendi alla prossima fermata, sono in macchina dietro all'autobus.”
Kurt aveva ancora il cuore in gola quando rispose alla chiamata con aria perplessa ed era ancora in quello stato quando, con poca convinzione, fece quello che suo fratello gli chiedeva; una volta sceso sul marciapiede, vide immediatamente Finn accostato a pochi metri di distanza.
“Che ci fai qui?” chiese incuriosito mentre si allacciava la cintura, seduto dal lato del passeggero. Finn indossava la tuta da ginnastica che di solito portava in casa e il giaccone mezzo aperto, come se fosse uscito solo per una commissione veloce. In un angolo della bocca aveva appiccicata qualche briciola, che cadde non appena cominciò a parlare.
“Oggi non c’erano gli allenamenti dopo la scuola ed ero sul divano a giocare alla Xbox quando ho notato che non eri ancora arrivato a casa. Ti ho chiamato, ma non rispondevi. Ormai era passato un pezzo dalla fine della lezione di piano e faceva un freddo cane, allora ho preso l’auto e sono venuto a cercarti. Prima ho suonato alla signorina Rice, perché ho pensato che forse la lezione di oggi era più lunga del solito, ma mi ha detto che eri andato via da ore.  Non sapevo dove accidenti cercarti, allora sono passato davanti al Lima Bean, ma non eri nemmeno lì. Alla fine ti ho visto vicino alla fermata un attimo prima che salissi, ma non ho fatto in tempo a fermarti. Quindi ti ho telefonato per non guidare fino a casa da solo come un idiota.” rispose Finn, perdendosi in un confuso labirinto di spiegazioni e giustificazioni. Kurt capì che lo stava soffocando di parole inutili solo quando gli disse che lo aveva visto alla fermata dell’autobus.
L’aveva visto con Blaine.
L’aveva visto dare a Blaine il pacco regalo con i dolci.
L’aveva visto abbracciare Blaine.
E aveva visto Blaine abbracciare lui, appoggiando il viso contro il suo cappotto.
Di colpo, Kurt si rese conto di quanto quel gesto fosse stato stupido e impulsivo, ma prima di poter dire qualunque cosa, Finn ricominciò a parlare.
“In più, mi piacerebbe sapere che diavolo ci facevi lì fuori con il professor Anderson. Insomma, fuori da scuola quasi non lo riconoscevo, assurdo! Tipo che con i capelli senza cemento e il sorriso in faccia sembra un’altra persona. Sembra quasi che abbia meno di trent'anni, vestito così.”
“Finn, guarda che ha ventitrè anni, non cinquanta.” si trovò a sbottare. Si era preoccupato di quello che Finn avrebbe potuto pensare vedendoli insieme su quel marciapiede, invece per ora sembrava solo colpito da quanto Blaine sembrasse diverso fuori da scuola. Si lasciò sfuggire una risatina isterica.
“E tu come fai a saperlo?” chiese improvvisamente, mentre si fermava a uno stop e controllava la strada guardando a destra e sinistra.
“Si è laureato a luglio, dopo quattro anni di studi. Fatti due conti.”
“Ahhhh.... capito.” rispose soddisfatto. Per poi assumere di nuovo un'espressione confusa.
“Che c'è adesso?”
“E tu come fai sapere che si è laureato a luglio?”
“L'ha detto in classe un po' di tempo fa.” mentì Kurt, intenzionato di chiudere il discorso nel modo più rapido e indolore possibile. Segretamente sperava che Finn cominciasse a parlare d'altro, dimenticandosi della scatola di dolci che doveva per forza aver visto in mano a Blaine. Era solo un dettaglio, ma se Finn l'avesse ricordato avrebbe sicuramente riconosciuto nel loro professore di letteratura il ragazzo di cui lui e Kurt avevano parlato proprio quella mattina. Insomma, era un collegamento abbastanza semplice, perfino lui sarebbe riuscito ad arrivarci.
“In classe? Ah... ecco perchè non lo sapevo. Niente di quello che dice in classe sembra entrarmi in testa. Allora non è tanto vecchio. Tipo per essere un prof.” ragionò Finn.
“Già.” annuì Kurt, mordendosi il labbro.
Di certo il problema qui non è l'età.
“Però è un professore. Quindi di sicuro è una noia mortale.”
L'altro tacque, stringendosi la borsa contro il petto e pregando perchè quel viaggio finisse entro i successivi cinque secondi. Sentiva i meccanismi del cervello di Finn scricchiolare mentre con lentezza estenuante arrivavano al punto che sembrava sfuggirgli da quando li aveva visti insieme.
“Kurt?” chiese incerto.
“Sì?”Sospirò. Evidentemente, era arrivato il momento che stava aspettando.
“Perchè eri lì con lui? Voglio dire... non è che eri lì e lui passava per caso e si è fermato a salutarti. Vi stavate abbracciando e lui aveva in mano il pacchetto di dolci.”
Nessuna risposta da parte di Kurt, che affondò nel sedile.
“Kurt? Dai... non fare così. Spiegami.” La voce di Finn era così gentile che non potè fare a meno di voltarsi a guardarlo, seppure senza dare l'impressione di voler dire qualcosa. “Conosce quel ragazzo di cui parlavamo, non è vero?”
Kurt assunse un'espressione imbarazzata e cominciò a stropicciarsi il bordo del cappotto. Fu proprio quella sua reazione a dare a Finn il pezzo mancante per completare il puzzle di quell'assurda situazione.
“Oddio. Non è amico del ragazzo che ti piace. E' lui. È lui che ti piace.”disse con voce piatta, senza aggiungere nessun altro commento. Riprese a parlare quando arrivarono nel vialetto di casa, ripetendo la conclusione cui era improvvisamente giunto: “E' lui. Che idiota, come ho fatto a non capire subito? La scatola di dolci, il fatto che non è disponibile e che non volevi dirmi di chi si trattava... e ci credo che non spiccicavi una parola! Cazzo Kurt, è un professore! Ma sei impazzito?”
Kurt abbassò lo sguardo e si limitò a rispondergli: “Non puoi capire. Non ti azzardare a dire un'altra parola al riguardo, perchè non hai il diritto di farlo, hai capito?”. Afferrò la borsa e scese dall'auto, avviandosi a grandi passi verso casa dopo aver sbattuto con forza la portiera. Alle sue spalle, sentì Finn fare lo stesso e corrergli dietro; quando lo raggiunse, Kurt era già sulle scale, diretto verso camera sua.
“Guarda che non può uscirne niente di buono!” gli disse dal pianerottolo, facendolo fermare tra un gradino e l'altro. Per un momento ebbe il desiderio di dirgli che non era vero, di voltarsi e urlargli in faccia che quello che Blaine gli aveva dato nel corso di quelle tre settimane era di più di quanto lui avesse fatto in mesi e mesi di amicizia. Che gli incontri con lui erano il momento più bello della settimana e che parlargli era così semplice e giusto e naturale... così tanto che quasi faceva male pensare di non poter avere di più.
Avrebbe voluto dirgli che non doveva preoccuparsi per lui. Perché quando l'aveva abbracciato, non solo Kurt aveva capito di essersi innamorato di lui, ma aveva capito anche di essere disposto ad accontentarsi, pur di non perderlo.

Dopo aver guardato Kurt  salire sull’autobus, Blaine si era seduto su una panchina ed era rimasto lì per più di un’ora, finché il gelo tipico delle sere invernali non gli era strisciato sotto la pelle. Stordito, tutto quello che sapeva era che abbracciare Kurt era stato qualcosa di nuovo, per lui. Familiare e nuovo allo stesso tempo, quel semplice tocco si era rivelato in grado di farlo sentire bene; erano anni che non si sentiva così vicino a qualcuno. Avrebbe voluto fosse durato di più, per bearsi del senso di sicurezza e di appartenenza che aveva sentito tra le braccia di Kurt.
Quando ormai il naso sembrava essersi congelato, aveva camminato come un automa fino alla sua auto e aveva guidato fino al suo appartamento senza riuscire a concentrarsi su nient’altro che il profumo di vaniglia dei capelli di Kurt. E al suo corpo caldo premuto contro il suo cappotto. E a come farsi chiamare per nome fosse sembrato giusto, in quell’istante.
Al suo arrivo, la casa era deserta e probabilmente era meglio così; di certo sentirsi dire da Sebastian che aveva ragione era l’ultimo dei suoi pensieri. Aveva bisogno di una doccia bollente, di spogliarsi e chiarirsi le idee una volta per tutte, anche se le parole dell’amico gli rimbombavano nella testa intrecciandosi fitte al dolce augurio di Kurt.
Senza troppe cerimonie, si sfilò i vestiti e si mise sotto il getto rassicurante dell’acqua: in cuor suo sperava che lavasse via ogni cosa. Non si sentiva sporco, né aveva l’impressione di aver fatto qualcosa di sbagliato: ciò che lo spaventava più di tutto era proprio la sua mancanza di sensi di colpa, di disagio, di irrequietezza, il desiderio di toccarlo ancora, di rivederlo, di riabbracciarlo. Il suo rapportarsi con Kurt era spontaneo e naturale, ascoltarlo era divertente e intimo, parlargli era semplice. Così come era fin troppo semplice dimenticarsi di tutto il resto, quando era con lui.
Buon Natale, Blaine
Forse Sebastian aveva ragione, trascorrere il tempo con Kurt e affezionarsi a lui era solo un modo per trovarsi un surrogato di fidanzato e saziare la sua solitudine. Innamorarsi di uno studente era una cosa abbastanza stupida da essere perfettamente in linea con i suoi standard amorosi, ma anche un’ottima strategia di difesa. Con Kurt avrebbe avuto sempre delle ottime scuse per non esporsi e non aprirsi: non era per mancanza di fiducia o di coraggio, ma perché era un suo professore. Frustrato, picchiò un pugno contro una delle piastrelle, sentendosi un idiota nell’istante stesso in cui le nocche colpivano la superficie umida del muro. Non era in un film e nessuno l’avrebbe visto, poteva tenere per sé certe sceneggiate.
Buon Natale, Kurt
Mezz’ora più tardi, Blaine uscì dal bagno con un asciugamano arrotolato intorno ai fianchi e arrivò in camera, trovando Sebastian seduto sul letto a gambe incrociate. Stava per salutarlo, quando notò che l’amico era in procinto di  affondare i denti in uno dei tortini di Kurt.
E non un tortino qualunque. Era quello con glassa verde e la stella dorata sulla punta, a imitazione di un albero di Natale. Era quello che Blaine aveva segretamente designato come il suo preferito, l’ultimo che avrebbe mangiato. Aveva deciso di riservare quel dolce a un momento preciso: lo avrebbe mangiato la mattina di Natale, quando si sarebbe svegliato completamente solo in quell’appartamento minuscolo, con la silenziosa compagnia di un albero di Natale spelacchiato. Avrebbe lasciato spazio ai pensieri tristi mentre passava dal sonno alla veglia, poi avrebbe aperto il frigorifero per fare colazione e avrebbe sorriso mentre ricordava che Kurt aveva fatto davvero qualcosa per fargli passare un felice Natale. Finito il dolce avrebbe dovuto di nuovo affrontare la realtà, ma quello avrebbe ritardato quel duello, almeno per un poco.
Forse era quello il motivo per cui saltò immediatamente addosso a Sebastian, strappandoglielo di mano come una furia e riponendolo con delicatezza nella scatola.
“Ma che accidenti ti prende?” chiese Sebastian, guardandolo sorpreso.
“Niente.” bofonchiò lui, posando il coperchio sopra i dolci e voltandosi verso l’altro. “Se ne volevi uno, dovevi chiedermelo.”
“Mi avresti detto di sì, se ti avessi chiesto di mangiarlo?” domandò Sebastian, incurvando le labbra con aria scettica e alzando gli occhi al cielo.
“No.” rispose secco Blaine.
“Bene, allora ho avuto una buona intuizione, quando ho deciso di mangiarlo mentre eri nella doccia. Peccato che il mio piano diabolico sia tristemente sfumato. Dove sei stato tutto il pomeriggio?” si buttò di schiena sul letto, guardando Blaine aprire un cassetto e prendere una maglietta.
“In giro.” Mugugnò con aria evasiva.
“Vuoi fare questo gioco? Va bene. Sappiamo entrambi che sei andato al Lima Bean, ignorando completamente i consigli che ti ho dato, non provare a negarlo.  Fammi vedere dov’è il libro che ti avevo chiesto di non dare a quel ragazzino.”
“Non mi ricordo dove l’ho messo.”Blaine tacque, infilandosi la maglietta sulla pelle ancora bagnata.
“Tu che non ti ricordi dove hai messo un libro?” Sebastian si tirò su a sedere. “Cazzo, Blaine. Ma ti si è fuso il cervello? Io davvero non so come dirtelo che ti stai mettendo nei guai. Quel ragazzino si stuferà di vederti, prima o poi. O inizierà a pensare che è strano vedere un insegnante fuori da scuola. O magari proverà a ricattarti in chissà quale astruso modo, solo per girare questa cosa a suo favore. E sai chi ci andrà di mezzo?”
“Io?” rispose Blaine, poco convinto.
“NO! Io. Io che ti raccoglierò con un cucchiaino e dovrò vedermi Shakespeare in love per la milionesima volta. Che passerò i pomeriggi sul divano a massaggiarti le spalle, mentre tu ti ingozzi di gelato al pistacchio direttamente dalla vaschetta, lamentandoti di quanto credevi che lui fosse diverso.”
“Ma...”
“No, Blaine. Niente ma. Lo sappiamo tutti e due che non sai gestire queste cose. E nemmeno io, altrimenti non saremmo messi così. Per fortuna che avevo già intuito che non mi avresti ascoltato.” Ficcò una mano nei pantaloni e ne estrasse una busta, che allungò a Blaine. “Buon Natale, stronzo.”
“Che cos’è?” chiese Blaine, prendendo la busta tra le mani e rigirandola un paio di volte.
“Un maglione!” rispose sarcastico l’altro.
“Davvero molto divertente Sebastian...” s’interruppe quando vide il contenuto della busta.
“E’ un biglietto aereo per l’Oregon. I miei sono lì per Natale e una decina di giorni fa mi hanno chiesto di raggiungerli nel loro chalet per le vacanze. La mia intenzione era di rimanere qui a sbronzarmi in compagnia del mio migliore amico, ma direi che ora la priorità è quella di farti cambiare un po’ aria. Sgomberare la mente, si dice così, no? Cioccolata calda, palle di neve, ragazzi da scopare e salutare... Natale in stile Smithe, insomma.”
Blaine alzò gli occhi dal biglietto e incrociò lo sguardo intenso di Sebastian. Era evidente che, a modo suo, era preoccupato; offrirgli un Natale un famiglia e un po’ di svago era un modo per distrarlo e forse dimostrare che Blaine si era preso una sbandata bella e buona, che un po’ di distanza gli avrebbe fatto dimenticare con facilità.
Gli venne voglia di confessare.
“Sebastian, quei dolci me li ha regalati Kurt per Natale, è per quello che non volevo che li mangiassi.”
“Lo immaginavo, Blaine. Mi è venuto il dubbio quando hai tentato di staccarmi la testa.”
“E... il libro, io gliel’ho dato.”
“Lo so. Stamattina sei sgattaiolato verso la porta d’ingresso con un’aria colpevole che non avrebbe lasciato nel dubbio nemmeno un cieco. Sei la persona più trasparente che conosca.”
“Mi ha abbracciato.”
“E tu ovviamente l’hai respinto, ricordandogli che sei un professore, che nessun contatto fisico è accettabile e che doveva scusarsi immediatamente. Giusto?”
Silenzio. Blaine giocherellò timidamente con il bordo umido dell’asciugamano, che iniziava a bagnare anche la maglietta nei punti in cui il tessuto toccava la spugna.
“Giusto?” ripeté di nuovo Sebastian, ormai senza crederci.
“Mi ha chiamato Blaine. Mentre lo abbracciavo, mi ha chiamato Blaine.” mormorò piano.
Una volta tanto, fu Sebastian a rimanere in silenzio.
“Sebastian?”
“Ti prego, non lo dire.” commentò alzando gli occhi al cielo.
“E’ stato bellissimo.”

   
 
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