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Autore: Something Rotten    17/01/2012    3 recensioni
«Quando una retta incontra altre due rette e forma con esse dalla stessa parte angoli interni la cui somma è inferiore a due angoli retti, quelle due rette, prolungate all'infinito, devono incontrarsi dal lato dove si trovano gli angoli la cui somma è inferiore a due retti. »
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Fissava l'opera completa con estremo orgoglio, era bravo a disegnare, bravo a ricordare e bravo a fingere che sarebbe stato in grado di andare avanti così per anni. Così, fingendo di poter catalogare le esperienze nuove sotto a quel vecchio detto tedesco, sperando di sapersi nascondere tra le pagine di un libro scritto quasi dieci anni prima e di fingersi autista della propria vita.
"Siamo rette parallele." aveva pensato, archiviando nuovamente quell'innamoramento fortuito e repentino sotto ad una definizione geometrica di due linee che, viaggiando in parallelo, non si sarebbero mai incrociate neanche all'infinito.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Occasion

Rette parallele.


Erano le sei del mattino di un Ottobre come tanti. Solo il freddo, fuori stagione, era un evento inatteso in quel circolo vizioso della routine. La solita catena di eventi scanditi da un orologio da quattro soldi allacciato al polso destro, la solita catena di convenevoli che lo trascinava stancamente in quelle strade congelate di quella cittadina dimenticata nel bel mezzo dell'America.
Aveva gettato la sigaretta a terra prima di scendere per le scale che conducevano alla metro, la solita metro, le solite cinque fermate e, poi, il solito tratto a piedi per raggiungere l'ateneo. Aveva posato l'abbonamento sul lettore ottico, le porte automatiche si erano aperte e, in quel momento esatto, aveva sentito le porte della metro aprirsi, segno che era appena arrivata. Non voleva aspettare altri cinque minuti, quei cinque minuti avrebbero rovinato la sua routine pressoché perfetta. Aveva sceso le scale di corsa, buttandosi nella metro pochi secondi prima che le porte automatiche si chiudessero dietro alla sua schiena. Si era sentito potente, invincibile. Si era guardato intorno con aria sorniona, sperando che qualcuno avesse visto il suo scatto, la sua prodezza e chissà quant'altro. Ma il suo gesto eroico si era vanificato quando le porte della metro si erano aperte nuovamente, così da far entrare la maggior parte delle persone che si trovavano sulla banchina. Aveva sbuffato trovando, miracolosamente, un posto libero qualche cabina più avanti. Le porte si erano chiuse nuovamente e lui si era voltato verso la banchina osservando distrattamente le persone che erano rimaste fuori. Sembravano tutte uguali, tutte assonnate, tutte prive di alcun colore strette nelle loro giacche a vento rigorosamente grigie e tristi, proprio come le loro espressioni alienate. La metro tardava a ripartire, chissà per quale motivo, e lui si godeva quel calduccio spiando le persone ferme sulla banchina che fremevano per entrare, per arrivare a lavoro e ripetere sempre gli stessi gesti. Aveva tirato fuori dal borsone di pelle che portava a tracolla un libro, uno dei tanti che amava rileggere, uno di quei libri che lo aiutava a staccare la spina, una sorta di "Evergreen" letterario, un libro che per lui non sarebbe mai tramontato, come il "Simon & Garfunkel" della letteratura internazionale. Nonostante non fosse uscito da così tanto tempo. La copertina grigia e banale gli dava sicurezza, quasi quanto l'intera filosofia che si stagliava feroce tra le righe di quel libro scritto fitto. Pregustando le prime parole del libro, aveva dato un'ultima occhiata sfuggevole alla banchina, incontrando una figura diversa dalle altre, una nota di colore fra il grigiore di quelle giacche a vento. Dei capelli rossi fuoco si stagliavano sul volto avorio di un giovane ragazzo, quel verde contrastava contro a quelle iridi verdi, gli ricordava vagamente la bandiera italiana con quei colori, bandiera al quale era legato per vie generazionali, bandiera che gli ricordava il nonno seduto dietro alla batteria in quelle vecchie foto in bianco e nero. Il ragazzo teneva fra le braccia, come si teneva un bambino, il suo stesso libro. Ne riconosceva la copertina, le lettere sfocate. Aveva sorriso, inconsciamente, sperando di veder aprire quelle porte, così da poter assaporare ancora un po quella macchia colorata, da poterne sentire l'odore come facevano i cani, sua enorme passione. Ma la metro era ripartita, scusandosi con i passeggeri per il lieve ritardo dovuto ad un guasto. Si era pentito della corsa, si era pentito di essere entrato su quella metro. Aveva chiuso gli occhi, crogiolandosi ancora un po nel ricordo di quella visione celestiale.
Qualche minuto dopo aveva preso l'ipod dal taschino della giacca, selezionando la riproduzione casuale. Il primo pezzo era  "All apologies" dei Nirvana, una melodia adatta alla lettura del libro. Si era perso tra le parole dell'autore, ricordandosi del detto tedesco che ispirava il libro.
"Einmal ist Keinmal", ciò che si verifica una sola volta, non è mai accaduto. E così credeva di aver archiviato per sempre quell'ammasso di colori che aveva colpito violentemente le sue cornee, abituate a tutto quel grigiore.

{.....}

Le ore di lezione scorrevano veloci, ma il mondo intorno a lui sembrava andare al rallentatore. Era così preso da quel disegno da non avere occhi per quello che gli succedeva intorno, le linee scure della matita sporcavano il bianco del foglio, donandogli colore. Aveva visto quel volto una sola volta e per pochi secondi, ma gli era rimasta così impressa da saperla persino riprodurre su un foglio di carta, di immaginare le sue millemila espressioni e le sue sfumature. Fissava l'opera completa con estremo orgoglio, era bravo a disegnare, bravo a ricordare e bravo a fingere che sarebbe stato in grado di andare avanti così per anni. Così, fingendo di poter catalogare le esperienze nuove sotto a quel vecchio detto tedesco, sperando di sapersi nascondere tra le pagine di un libro scritto quasi dieci anni prima e di fingersi autista della propria vita.
"Siamo rette parallele." aveva pensato, archiviando nuovamente quell'innamoramento fortuito e repentino sotto ad una definizione geometrica di due linee che, viaggiando in parallelo, non si sarebbero mai incrociate neanche all'infinito.
Anche l'ultima ora era passata, era ora di tornare nel vecchio alloggio studentesco, preparare la cena e giocare a "Re sotto" con quei strani ceffi dei suoi coinquilini. Avrebbe perso, sicuramente, avrebbe finito la sua serata abbracciato al bagno, ma gli andava bene così. Gli andava bene la routine.

{....}

I giorni scorrevano velocemente, le lancette del fedele orologio al polso correvano come impazzite, come sotto all'effetto di chissà quale acido. La solita routine con un pizzico di pepe in più, l'ebrezza di notare, nuovamente, quel viso tondo e bianco contornato da quei sottili fili rosso fuoco. Purtroppo però, era routine anche il non vederlo comparire stretto nel suo giaccone verde militare e cullare quel libro dalla copertina grigia.
Ogni volta, ogni mattina, si sedeva al suo banco e tirava fuori il suo quaderno da disegno. Fissava i vari ritratti che aveva fatto, sospirando, cercando un teorema che confutasse quello delle rette parallele, ma la sua conoscenza di geometria si fermava al quadrato, o forse anche prima.

{...}

Tutto successe in un giorno primaverile. Forse marzo, forse aprile, non ricordava, sapeva soltanto che la natura pareva risvegliarsi e con essa anche i colori delle persone. Alcuni azzardavano un celestino, altri un verde chiaro. Tutto intorno a lui aveva il sapore del risveglio, persino la metro aveva un profumo diverso, il profumo dei fiori primaverili che alcune ragazze portavano al collo, sbattendogli sul naso la loro ricchezza con il nome ridondante degli stilisti che avevano creato quella fragranza. Portava, insieme alla sua immancabile borsa di pelle, il suo libro preferito. Lo aveva tirato fuori solo perché la bottiglietta d'acqua si era rovesciata e, in mezzo a tutti gli appunti ed i libri, aveva voluto salvare solo quello, perché il più importante. Si era seduto sulle panchine della banchina, osservando distratto il lento passare di quei tre minuti d'attesa. La metro era arrivata, aveva aperto le sue porte, mostrando tutta la luce accecante di quel ragazzo dai capelli argento che se ne stava seduto accanto ad un altro dai capelli cenere. I suoi occhi si erano illuminati, come di fronte ad un lampo notturno o al flash di una macchinetta. Il sorriso aveva dipinto sulle sue gote un rossore pallido, e, per via dello stupore, si era persino dimenticato di tenersi saldamente allo corrimano della metro per non cadere a terra.
- Vuoi sederti? - aveva chiesto il ragazzo argentato, il vecchio ragazzo rosso fuoco.
Lui aveva scrollato la testa, ringraziando e sorridendo.
Anche il ragazzo gli aveva sorriso, continuando a parlare animatamente con il ragazzo cenere. Mancavano due fermate e lui sarebbe sceso. Pur consapevole di star perdendo un'occasione che non sarebbe mai più capitata, non gli aveva detto nulla, fingendo di leggere il libro, ma osservandolo di sottecchi. Ancora una fermata.
La metro si era fermata di colpo, i freni avevano prodotto uno stridio sgradevole ed il libro era scivolato dalle sue mani, cadendo a pochi passi dal ragazzo dai capelli cenere che lo aveva raccolto.
- Tieni... questo è...- i suoi occhi castani si erano soffermati sul suo volto prima di aprirsi ancora di più ed illuminarsi - Frank!-
Lui aveva assottigliato gli occhi, cercando di mettere a fuoco il viso del ragazzo, gli ricordava qualcuno, ma non riusciva a collegare quei lineamenti spigolosi ad un nome, oppure ad un evento.
- Non sei Frank Iero?-
- Mikey, lascialo in pace! Magari hai sbagliato persona, anche perché Frank aveva un percing al labbro.- aveva esclamato un ragazzo dai capelli ricci che non aveva notato. Quello si che gli ricordava qualcuno, così aveva annuito.
- Mikey... Way! E Ray Toro! Corso di chitarra? Non ti ricordi?-
Non ricordava ancora quel ragazzino dalle spesse lenti e quell'altro dai folti capelli ricci, ma aveva finto stupore solo per conoscere l'altro. Saltati i convenevoli, le domande di rito e vecchi ricordi che non riusciva a riportare alla mente, finalmente l'aveva conosciuto. Le loro mani si erano toccate per stringersi ed i loro nomi si erano legati in uno scambio di "piacere" e di altri convenevoli. L'altoparlante aveva annunciato la sua fermata e lui si era congedato.
- Hey, Frank!- lo aveva richiamato Mikey
- Si? -
- Stasera suoniamo allo Spot, vuoi venire?-
Frank aveva accettato, non sapeva neanche che musica potevano suonare quei tre, ma l'idea di incontrarlo nuovamente, di incontrare quel Gerard dai capelli argento\rossi e gli occhi verdi era troppo allettante per rinunciare.
- Allora ci vediamo lì. - aveva esclamato Gerard - E complimenti per il libro, hai buon gusto.-
Era arrossito come una quindicenne in piena crisi ormonale, aveva ringraziato e finalmente era sceso dalla metro, svolazzando fino all'ateneo.
Quel giorno, durante una lezione di economia, un professore per spiegare una delle tante teorie soporifere, aveva citato Euclide, anche se la connessione fra le due cose non era ben chiara neanche a lui. Il V postulato diceva :
«
Quando una retta incontra altre due rette e forma con esse dalla stessa parte angoli interni la cui somma è inferiore a due angoli retti, quelle due rette, prolungate all'infinito, devono incontrarsi dal lato dove si trovano gli angoli la cui somma è inferiore a due retti. »
Che riformulato con le sue parole suonava come :
Se due rette, la Retta G e la Retta F, parallele incrociano una retta M ed una retta T, allora quelle due rette in un punto impreciso dello spazio e del tempo si incontreranno per forza, perché è destino che si incontrino. Nessuno può prevedere quello che succederà, nessuno potrà dire a priori se quelle due rette torneranno ad essere parallele dopo qualche metro, oppure si fonderanno in un unico segmento, ma può scommetterci il libro che lui farà di tutto pur di fondere, ancora, i loro percorsi in uno unico.



Voi vi chiederete, che diamine centrano le Rette parallele, Euclide e Dente in un sito di fanfiction?
Ve lo dico subito :
Per prima cosa Rette parallele è un singolo di Dente, che io vi consiglio di ascoltare perché merita, con tutto che io non sono una vera e propria fan della musica italiana, anzi.
Euclide in parte centra, perché per mia enorme sfortuna ho un mucchio di cugini che vanno alle scuole medie\superiori ed ogni tanto si intrufolano nel mio appartamento per chiedermi aiuto.
Non sono mai stata una fan della matematica\geometria, questo lo sanno bene, ma visto che io oltre a dargli una mano, gli offro anche cioccolata, thé, biscottini e gli faccio fare un po quello che vogliono, vengono anche per fare queste materie. E mentre uno dei mie tanti cugini ripeteva ad alta voce... mi è venuta l'ispirazione xD
Mi scuso per aver usato sicuramente erroneamente un postulato di Euclide, ma io l'ho interpretato a modo mio, da studentessa di psicologia che non si ricorda un tubo di quelle cose lì! xD
So che non ve ne fregherà nulla, ma era per farvi capire da cosa è nato tutto questo.


   
 
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