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Autore: Mellis_    17/01/2012    0 recensioni
In quell'arco di tempo durato un millesimo di secondo, Dakota si rese conto di aver salvato qualcuno che non meritava la morte.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una scia di sangue oltre l'orizzonte.

Dakota viveva con suo marito. Sin da quando si erano sposati avevano desiderato un figlio, ma quando la legge dei Satirius venne approvata per loro non c'erano più speranze. Avevano dominato la Terra con così tanta facilità che la giovane coppia si vide sottomessa come un branco di pecore senza più un briciolo di dignità; oramai avevano preso il controllo di tutto.

5 Ottobre 2099. Navicella dei Satirius.
«Scendi da quella cazzo di piattaforma, Josh»
Il Capitano urlava dalla sua comoda sedia retta da una bolla blu al plasma; Josh Newton. Conosciuto come il primogenito del Capitano; il solito burlone rompiscatole innamorato di Leslie, una nuova Satirius appena entrata a far parte del team. Era una Junior, ancora inesperta, ma sembrava essere la più sveglia lì dentro; non per niente era prossima alla promozione di Scratch.
Dakota era impegnata con le pulizie degli scomparti Junior, e non erano di certo pochi, mentre gli altri 'fottuti bastardi' (così li chiamava) continuavano a deriderla sputandole addosso. Ogni anno veniva sacrificata una vittima, la maggior parte delle volte era un animale, ma quel giorno era 5 Ottobre, quel giorno doveva essere scelto qualcun altro. Proprio così, qualcun altro: un umano.
Dakota li malediceva in silenzio, Dakota pregava che non fosse lei, due anni prima era toccato a Steve ma provava a non pensarci. La cerimonia di iniziazione cominciava verso le 17:00 e terminava alle 19:00; ogni anno sembrava essere sempre più crudele, ogni anno una scia di sangue che attraversava la navicella veniva interrotta da un corpo senza vita. Dakota era ormai abituata a quelle crudeltà, le definiva 'la solita routine', ma mai aveva maledetto qualcuno come quel fatidico 5 Ottobre 2098, mai i suoi occhi avevano versato così tante lacrime.

«Cazzo Josh, scendi e non fare storie!»
«Certo padre – Josh aveva un'aria stanca, ma non per aver dormito poco, lui era stanco di tutte quelle cerimonie, di tutte quelle vittime, lui era stanco di essere figlio dei Capitano dei Satirius; sbuffò nascondendo la faccia dietro i folti capelli ricci – certo padre, certo» ripeteva ogni volta che gli dicesse qualcosa, roteando gli occhi e spostando la bocca in una smorfia.
L'orologio stellare segnava le 16:58. Restavano soli due minuti per poter preparare il banchetto, adornare la sala di ricevimento con tappeti neri e imbandire le tavole con le migliori ricette di Chef. Covenant. Gli operai correvano avanti e indietro mentre Dakota si posizionava per la cinquantaduesima volta in fila con gli altri 'umani' indossando la tuta a righe nere e rosse.
Il nero stava a simboleggiare la morte. Il rosso il sangue della vittima da sacrificare.
C'era una bambina tra loro; Camilla. Guardava quello 'spettacolo' impaurita con tutto il corpo che le tremava. Si aggrappava al grembiule della madre che aveva perso il marito, proprio come Dakota. Quei grandi occhi verdi scrutavano terrorizzati la scena che le si poneva davanti con così tanta crudeltà, ma anche con così tanta facilità. Erano abituati a tal punto da finire tutto entro quei due minuti, erano anni che andava avanti quella cosa, vedere morire qualcuno non faceva poi così tanta compassione.
«Schieramento!» ecco il solito avviso di Bruce, il 'vecchietto' (che vecchietto non era grazie a quello speciale elisir che si fabbricò trentadue anni prima, in totale incognito) annunciava l'inizio.
Tutti si schierarono come ordinato. Non potevano tenersi, per mano, ridere, piangere, pregare. L'unica cosa permessa era restare immobili.
Il Capitano dei Satirius scese dalla sua sedia (dalla quale non si muoveva mai se non per rompere le scatole a qualche povero operaio) e si diresse verso gli umani. Col suo scettro avrebbe dovuto scegliere la vittima della giornata. L'orologio ora segnava le 17:02. Il Capitano camminava lentamente scrutandoli uno ad uno, ogni tanto si fermava a fissarli per qualche minuto per poi proseguire.
Alzò di scatto lo scettro fatto con i pezzi del Mons Olympus di Marte e con le polveri degli anelli di Saturno e lo puntò verso Marion, anche lui nuovo arrivato.
Osava prendersi gioco dei presenti per puro divertimento, amava deriderli, vederli soffrire e avere paura. Lui non aveva mai provato la paura, non sapeva cosa significasse mangiarsi le mani e pisciarsi sotto continuamente, non sapeva cosa si provava a stare lì in attesa del proprio destino.
Si portò la mano alla bocca, iniziò a ragionarci un po' su mentre camminava avanti e indietro scompigliando l'ordine che si era venuto a creare.
«Silenzio!» e calò di nuovo la tranquillità, una di quelle che ti incute terrore.
Si voltò con quel suo fare bastardo verso Dakota sorridendole come un maniaco, e senza dare troppo peso alla situazione puntò il suo scettro verso Camilla. La guardava per bene. I presenti iniziarono a confabulare tra di loro mentre la madre della bambina urlava pietà, implorava di lasciarla andare e prendere lei.
Dakota sapeva benissimo quello che si provava; un vuoto le riempì lo stomaco portandole alla mente quei netti ricordi di quando Steve, incatenato a quella maledetta ruota, venne decapitato lentamente. Una morte che durò circa dieci minuti. Non voleva che succedesse lo stesso a Camilla, la vedeva dimenarsi nelle braccia degli operai, scalciava e urlava insistente, pregava Dio per quanto piccola fosse (aveva otto anni). Una scena indimenticabile, ma da scordare all'istante.
Una cosa che per Dakota sembrava essere positiva (almeno in quel momento) fu una delle leggi applicate all'inizio, quando questa tortura non era diventata ancora così crudele.

Legge 37. Secondo atto.
Non poteva essere sacrificata più di una vittima all'anno. Deciso il giorno un umano/animale sarebbe stato ucciso con una delle diverse tecniche riportate nel libro dello Space Fighter.

Raccolse coraggio, respirò profondamente e prima che qualcun altro lì dentro potesse morire agganciò l'ascia spinata appoggiata al tavolo e si trapassò il cuore. In quell'arco di tempo durato un millesimo di secondo, Dakota si rese conto di aver salvato qualcuno che non meritava la morte. E mentre si accasciava sul freddo pavimento d'acciaio riuscì a sentire la voce di Camilla che tra le lacrime le diceva 'Grazie'.
   
 
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