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Autore: lovedinde    17/01/2012    0 recensioni
Il libro dalla copertina rossa giaceva al centro della stanza, e sembrava ridere di lei. Ridere di tutta la sua stupida passione per la magia, perchè era colpa sua se Grace era sparita.
Morta, si diceva in giro. Lo prese con se, decisa a nasconderlo per fare in modo che nessuno commettesse il suo stesso errore. Salutò per l’ultima volta la sua migliore amica, e uscì, mentre un’ombra scendeva su di lei.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Falldown

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Prologo

 
Breakdown, Stato di Washington, 4 ottobre 1982


-Esco!- Grace Williams volò giù dalle scale ed indossò gli stivali da pioggia e l’ombrello.
Corse in cucina come un tornado e prese il pranzo e un toast, tanto per avere qualcosa nello stomaco e resistere fino all’ora pranzo. Schioccò un veloce bacio sulla guancia di suo padre, un uomo sulla quarantina dai folti capelli sale e pepe.
-Buona giornata tesoro!- le disse, prima che la figlia schizzasse fuori dalla porta.

Grace aggrottò la fronte e lanciò un’ occhiataccia al cielo; proprio giorno in cui poteva uscire con Jessica, pioveva. Incredibile come ogni volta che riusciva a ritagliarsi un momento libero, Madre Natura se la prendesse con lei. Infondo, però, non aveva niente di cui lamentarsi: a Breakdown pioveva sempre, o perlomeno la maggior parte del tempo.
Si era trasferita lì per motivi di lavoro di suo padre, o almeno così lui aveva detto in giro. Quel posto non le piaceva, soprattutto perchè sapeva il vero motivo dell’ennesimo trasloco; lei.

Sospirò ed entrò nell’ auto di Jessica, sopraffatta dai ricordi.
Era impossibile capire come riuscissero a venire fuori all’improvviso, trasformando il viso sorridente della ragazza in una maschera di tristezza. Grace era nata a Dallas e lì aveva vissuto fino ai dieci anni, finchè non erano iniziati i problemi e, inevitabilmente, i traslochi. Cambiare casa per lei era sempre stato un incubo, ma con il tempo ci aveva fatto l’abitudine.
Quando iniziò a manifestare dei comportamenti strani, i suoi genitori decisero che era il momento di lasciare tutto (lavoro, scuola, amici, parenti…) e di andare a Seattle. Da lì in poi, era sempre stato un continuo spostarsi da una città all’altra: Grace non aveva il tempo di sistemare le sue cose che già doveva rimettere tutto negli scatoloni.

Di amici ne aveva pochi, avrebbe osato dire nessuno, non solo perchè il tempo che aveva per conoscere qualcuno era troppo poco, ma perchè il padre le aveva detto di non dare troppa confidenza agli altri.
Era iniziato tutto quando, ancora felice a Dallas, aveva detto ad una sua amica di aver sognato un uomo pallido e freddo: innocentemente aveva previsto la morte del padre della piccola, ma venne accusata dai conoscenti di essere una creatura demoniaca… gli amici avevano smesso di parlarle e i parenti non si erano fatti più sentire.
Allora Grace aveva solo dieci anni; non aveva capito perchè quel suo sogno aveva sconvolto così tanto gli abitanti della città. Non trovava di essere così tanto diversa rispetto agli altri bambini… a lei piaceva ballare in mezzo alla stanza, con le matite che le volavano attorno e il pianoforte che suonava da solo. Lo trovava divertente e naturale.

La preside della sua scuola a Detroit aveva costretto i genitori a mandarla in un “istituto speciale”. Alla parola “speciale” Grace aveva storto il naso: aveva quattordici anni e l’unica motivazione per essere stata accusata di pazzia era quella di aver commesso lo stesso errore di quattro anni prima, ovvero aver raccontato ad una compagna uno dei suoi sogni. Quando l’avevano portata alla Denfield, la scuola/manicomio per minori, aveva guardato la madre in cerca di aiuto, ricevendo solo un “non ti preoccupare tesoro“, che l’aveva spinta ad andare ancora di più nel panico.
La Denfield, dove era monitorata giorno e notte.
La Denfield, dove l’avevano costretta ad indossare dei vestiti neri e scoloriti, che rispecchiavano la tristezza del luogo.
La Denfield, la scuola che odiava con tutta se stessa.
Era riuscita ad uscire da quel luogo stando sempre zitta e non dando segni di pazzia, supplicando mamma e papà ogni volta che la andavano a trovare.
Così era ricominciato la solita vita; si era trasferita a Denver e due mesi dopo in California, prima di passare due anni dai nonni a Salt Lake City.
Proprio lì sognò la morte della madre e del fratello dovuta ad un incidente stradale: corse ad avvisare i suoi genitori, ma non venne ascoltata. Era tornata a letto amareggiata e distrutta, versando tutte quelle lacrime che non avrebbe pianto il giorno del funerale.

Il padre rimase coinvolto nell’incidente, ma aveva riportato solo qualche frattura; quel giorno, la vita di Grace ebbe una nuova svolta. L’uomo era diventato iper protettivo nei suoi confronti, e le aveva fatto giurare che non avrebbe mai più usato il suo potere né raccontato le sue previsioni. Grace, seppure sentendosi non accettata, aveva giurato al padre ed a se sessa che non avrebbe mai più fatto uso della magia.
Grace sospirò e scese dalla macchina di Jess: doveva smetterla di farsi del male da sola in questo modo!

-…e poi ho trovato questo enorme libro, con questa stranissima copertina…- continuò Jess.
-Mh?- chiese Grace, accorgendosi per la prima volta di non aver sentito neanche una virgola del lunghissimo discorso dell’amica.
Jess alzò gli occhi al cielo e mostrò il contenuto della sua borsa; un libro molto grosso (e di sicuro molto vecchio), con una copertina rosso scuro, quasi bordeaux. I lati erano leggermente in rilievo e un tempo dovevano essere dorati: in quel momento si vedevano tacce gialle scolorite, e l’antico rosso vivace era totalmente ricoperto di polvere incrostata. A lettere cubitali, anch’esse d’oro, c’era la scritta: 
Subterram. Sottoterra.
-D-d-dove hai preso questo libro?- chiese Grace. I suoi poteri si erano risvegliati subito.

Jessica era l’unica che sapeva il segreto della ragazza, oltre a suo padre. Ed era da quando si erano conosciute che le chiedeva di fare qualche piccolo incantesimo per lei… Grace si sentiva così a proprio agio con lei che la accontentava: così in camera di Jessica le matite tornavano a volare, il violoncello di suo fratello suonava e loro due ballavano, con le giacche come cavalieri. In quel momento, però, Grace sentiva come se fosse tutto sbagliato.
-Non ti preoccupare… stasera potrai fare uno di questi incantesimi! Sarà fantastico!- esclamò l’altra, sorridendo.
Grace era tentata: la paura era accompagnata anche da una strana voglia di fare, per una volta, qualcosa di più potente che far volare penne o astucci per aria.

-Stasera?- chiese, incerta. -Davanti al magazzino alle dieci- confermò Jessica. Il magazzino del cotone era un posto abbandonato e vecchio, che anni prima era usato per tenere il cotone che poi sarebbe servito per produrre vestiti. Le due amiche andavano lì ogni pomeriggio, per chiacchierare del più e del meno in pace.
Grace si trovò davanti ad una scelta: tradire la promessa che aveva fatto al padre, o passare per fifona? Beh, infondo aveva già rotto la promessa quando aveva incontrato Jessica.
-Ci vediamo stasera- disse.

-Sei in ritardo! Ti aspetto da un secolo!- la rimproverò Jess, quando vide l’amica apparire da dietro un albero. -Scusa, ma ci ho messo un po’ per scappare. Mio padre ha il sonno leggero- si giustificò Grace, entrando nel magazzino. Lì Jessica aveva appeso alle pareti teschi di plastica e altre decorazioni decisamente improbabili.
-Halloween è già passato, sai?- disse ironicamente all’amica. 
-Dobbiamo fare un rito, e così è tutto più mistico!- Jessica scrollò le spalle e sorrise, -ho acceso le candele di sopra, così vedremo ciò che c’è scritto-.

-Hai aperto il libro?- chiese sbigottita Grace. E se ci fosse stata qualche maledizione o roba simile?
-Si, e ho trovato questa lettera- rispose l’altra mostrando una lettera, su cui era scritto a caratteri cubitali: “non aprire”.
-Peccato, già aperta- commentò.
-Jess! Dovevi aspettarmi! Forse è meglio se molliamo tutto…- bofonchiò Grace.
-Cosa?! No! E poi è stupido… insomma, se scrivi di non aprire una lettera, è logico che al lettore verrà più voglia di leggere, no?- l’altra fece fermare l’amica e le diede la lettera.
-Io non riesco a leggere. Magari tu conosci questa lingua- spiegò. La lettera era, se possibile, più vecchia del libro.

Grace rabbrividì: non era una lingua umana. Iniziò a leggere, a bassa voce, incerta. Quando finì, lasciò cadere a terra il foglio di carta.
-Allora? Che dice?- chiese Jessica.
-Non lo so. Non conosco neanche quella lingua, non so come ho fatto a capire cosa dire!- si lamentò Grace, ma non riuscì a finire la frase, perchè una fortissima scossa fece tremare l’edificio e le due ragazza al suo interno.

Durante tutta la durata del terremoto le due ragazze si erano tenute al tavolino al cento della stanza, e successivamente Jess disse, più precisamente urlò, che dovevano uscire perchè lì stava crollando tutto. Appena chiuse bocca, però, venne sbalzata dall’altro lato della stanza, mentre le candele si spegnevano. Con un rumore secco, il pavimento della stanza si aprì formando una lunga crepa che andava da una parte del muro all’altra. Grace, che stava cercando di scappare, ne rimase ipnotizzata: era come se quello squarcio la stesse richiamando, dicendole di lasciarsi andare e cadere nel vuoto, dentro la crepa.
Jess, dall’altra parte della stanza, vide Grace fermarsi davanti alla porta, fare dietro front e cadere nello squarcio. Dopo, accadde tutto troppo velocemente; il pavimento si richiuse, il terremoto si fermò e Jessica scappò urlando dallo shock da quella casa maledetta.
Settimane dopo, Jess tornò nel magazzino. Controllò in tutti i piani, con la segreta speranza di ritrovare Grace. Si fermò al secondo piano, quando stava per andarsene: Il libro dalla copertina rossa giaceva al centro della stanza, e sembrava ridere di lei. Ridere di tutta la sua stupida passione per la magia, perchè era colpa sua se Grace era sparita.
Morta, si diceva in giro. Lo prese con se, decisa a nasconderlo per fare in modo che nessuno commettesse il suo stesso errore. Salutò per l’ultima volta la sua migliore amica, e uscì, mentre un’ombra scendeva su di lei.




My Space
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Buongiorno!! Questo era solo il prologo di Falldown,
una storia scritta a quattro mani scritta
da me e dalla mia amica/compagna di banco Valby
che troverete anche su questo sito.
Spero che questo capitoletto vi sia piaciuto!!
Al prossimo
romi

  
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