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Autore: shadowdust    17/01/2012    7 recensioni
Sentiva che lui chiudeva la porta e la guardava, in silenzio.
... Le accarezzò i capelli, le spalle, le braccia, poi iniziò a baciarle il collo.
In quel momento lei cercò di sfilargli la giacca, ma lui non glielo permise.
... Allontanò le sue labbra dalle sue, e le sorrise in modo dolce, e lei pensò che nulla avrebbe mai potuto rovinare quel momento.
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Padre e figlio

 

Nel corridoio dell'hotel riecheggiavano i loro passi veloci, impazienti, e la risata sciocca di lei.

Cercò il numero della stanza della ragazza e, una volta trovatala, lasciò che lei la aprisse.

La ragazza, gli pareva che si chiamasse Eleonora, gli sorrise loquace, prima di rivolgere lo sguardo al contenuto della pochette che teneva in una mano fino a un momento prima.

Nel frattempo che cercava le chiavi (come se in una borsa così piccola potesse starci molta roba) lui la osservò, una spalla appoggiata alla parete.

Una ragazzina troppo cresciuta, niente più, probabilmente con non più di diciassette anni.

Il fsico era magro, ma non sodo, prbabilmente era una delle tante ragazzine della sua età che non mangiava, pensando di risultare più attraente. E beh, lei ci riusciva bene, nonostante tutto.

Era stretta in un abitino nero di velluto che le arrivava fino alle ginocchia, un vestito che sembrava nuovo, oltretutto.

I capelli lunghi e voluminosi erano tinti di rosso scuro, ma dalla toalità che avevano, prima dovevano essere stati castano scuro.

Gli occhi, nonostante ora li stesse rivolgendo da un'altra parte, erano di un bel color mogano, mentre il viso era un ovale dai contorni dolci e perfetti.

Smise di contemplarla quando lei fece scattare la serratura della porta.

"Ecco fatto" disse voltandosi di nuovo nella sua direzione, dopodiché entrò, precedendolo.

E lui la seguì.

 

"Fai come se fossi a casa tua" gli disse Eleonora, appoggiando la pochette su un comò con movimenti lenti e misurati.

Sentiva che lui chiudeva la porta e la guardava, in silenzio.

Poi le si avvicinò, esattamente come lei immaginava, e la spinse verso il muro, baciandola dolcemente.

Le accarezzò i capelli, le spalle, le braccia, poi iniziò a baciarle il collo.

In quel momento lei cercò di sfilargli la giacca, ma lui non glielo permise.

"Che ti prende?" gli chiese con una punta di rimorso nella voce, pensando di aver sbagliato qualcosa.

D'altronde, era la prima volta che andava con un ragazzo di vent'anni, e non con uno della sua età, a cui importava solo di arrivare al sodo il prima possibile.
"Non ti preoccupare, a quella penseremo più tardi" la rassicurò lui, e nonostante non fosse del tutto convinta, si lasciò andare davanti al suo sguardo sicuro.

Lui la baciò ancora, in modo dolce, passandole le mani sulla pelle del viso, del collo, delle braccia, assaporando il contatto su ogni centimetro della sua pelle.

E lei rispondeva, gli infilava le dita fra i capelli, lo stringeva dietro al collo, come per impedirgli di scappare, gli passava le mani sul torace, forte e muscoloso sotto la maglietta.

Non si rese nemmeno conto che per una decina di secondi una delle sue mani sparì alla sua vista, nascondendosi dietro la schiena.

Dopodiché lui la prese con foga e la spostò verso il centro della camera, verso il letto, o almeno questo era quello che credeva lei.

Allontanò le sue labbra dalle sue, e le sorrise in modo dolce, e lei pensò che nulla avrebbe mai potuto rovinare quel momento.

Ma tutto cambiò nell'istante successivo, quando sentì qualcosa di ghiacciato nello stomaco ed un dolore lancinante la assalì.

Nello stesso istante in cui realizzò tutto e la paura le attanagliò la mente, vide il sorriso dolce di lui tramutarsi in un ghigno spaventoso, mutando il suo viso d'angelo che l'aveva conquistata poche ore prime in quello di un demone assetato di morte. La sua.

Crollò al suolo, sulla schiena, e tutto si fece buio prima ancora di sentire la seconda coltellata, e la terza, e così via.

 

Si chiuse la porta alle spalle e andò in direzione della ragazza, la prese ed iniziò a baciarla, in modo dolce e lento.

La sua pelle era fresca e morbida, accarezzarla era un'esplosione di piacere per le sue dita e le sue labbra delicate erano vellutate quanto la stoffa che la copriva. Saggiò con i polpastrelli ogni centimetro del suo viso, del suo collo, delle braccia, poi la tentazione prese il sopravvento ed iniziò ad accarezzarla con le labbra, baciandole dolcemente il collo.

Ma proprio in quel momento lei cercò di sfilargli la giacca, interrompendo la magia di quel contatto.

Lui glielo impedì, nascondendo il fastidio dietro uno dei suoi tanti sorrisi.

Non ci volle molto perché lei tornò docile come un agnellino.

Ma lui non si lasciò completamente andare, una parte rimase vigile e fece scivolare la mano destra dietro la schiena, verso la tasca della giacca.

Il contatto con l'impugnatura del pugnale gli diede un brivido che lo percorse da capo a piedi, ma la ragazza nemmeno se ne accorse, così come non si era accorta che non la stava più accarezzando con una mano.

Strinse le dita sull'elsa e spostò la ragazza al centro della stanza, quasi con impazienza.

Ormai era vicino, non poteva più aspettare.

Quando quella sensazione lo prendeva, non rusciva più a fermarsi, e perdeva il controllo. Quasi.

Staccò le labbra da quelle di lei, la guardò negli occhi, e fu allora che si mosse.

La lama penetrò la sua carne in un unico colpo, con estrema faciltà (come aveva pensato, non era un fisico allenato).

Osservò lo stupore comparire sul volto di lei, per poi essere sostituito dalla paura, dal terrore, mentre guardava impotente il suo sorriso tramutarsi in un ghigno selvaggio e demoniaco.

La ragazza volò a terra, cadendo sulla schiena, ed il pugnale si sfilò dalle sue carni, gocciolando sangue. Il suo sangue.

Quel pensiero gli diede un brivido di piacere, al cui confronto il precedente contatto con la pelle di lei era un nulla.

Si abbassò su di lei e la colpì di nuovo, schizzando sangue sul pavimento ed impregnando il vestito nuovo della ragazza di altro sangue.

La sensazione della lama che scivolava nella carne, che la tagliava e la feriva, lo eccitò, e la colpì una terza volta, e una quarta, e una quinta, e continuò.

Ogni pugnalata era un'esplosione di piacere per lui, un brivido che partiva dalla lama del pugnale, come se fosse stato una parte integrante del suo corpo, e si prolungava lungo tutto il corpo, fino alla punta dei capelli e alle dita dei piedi.

La sensazione, però, iniziò a scemare, a diventare meno intensa. Era così ogni volta.

Continuò a colpire il corpo oramai privo di vita della ragazza ripetutamente, finché la sensazione non sparì del tutto, lasciandolo senza forze.

Rimase lì, ansimante, sopra quel corpo oramai smembrato.

L'addome della ragazza era un ammasso di carne, sangue e lembi neri di stoffa.

Non sapeva nemmeno il numero di pugnalate che le aveva inferto.

La pozza di sangue sotto di lei continuava ad allargarsi, anche se sempre più lentamente, ricoprendo il parquet lucido della camera, impregnandolo per sempre di quel suo odore pungente e di quel suo colore indelebile.

Spostò lo sguardo verso le sue mani strette sull'elsa del pugnale, ancora dentro la carne della ragazza.

Lo estrasse, dopodiché lo lasciò scivolare sul pavimento e si osservò le mani instrise di sangue.

In quel momento, tornò ad essere lucido.

Prima gli bastava una coltellata sola, un colpo mortale e via, per mesi non sentiva più nessun bisogno.

Questa volta, invece, era stato diverso.

L'ultima volta era stato solo tre settimane prima, e questa non si era limitato ad uccidere.

Si era accanito sul corpo di quella ragazza, lo aveva martoriato, e ciò gli aveva provocato piacere.

Un piaceve maggiore del solito, un piacere che andava al di là della comprensione umana.

Il piacere del sangue.

Si portò una mano al volto e se la passò sul viso, dall'occhio fino al mento, percorrendo il profilo del viso, lungo la guancia.

Rimase in ginocchio qualche minuto, senza pensare a nulla, ascoltando solo il suono in lontanaza del treno ed il rombo lontano di qualche aereo che passava lì sopra.

Poi, alla fine, si alzò.

Raccolse da terra il pugnale, se lo strofinò sul jens dai due lati per pulirlo e lo rimise nella tasca della giacca.

Diede un ultimo sguardo al cadavere ai suoi piedi, poi si diresse in silenzio, proprio come era entrato, verso la porta.

Ma, un attimo prima di uscire, il suo sguardo cadde su uno specchio nell'ingresso.

Questo gli restituì l'immagine di un ventenne dalla pelle candida ed i capelli neri come la pece.

Sul suo viso, un ovale perfetto, due labbra sottili e morbide e, al centro del volto, gli occhi di un nero inqiuetante.

Lungo il lato destro del volto, una striscia di sangue che partiva da sopra l'occhio ed arrivava al mento, quella che si era lasciato passandosi la mano sporca sul volto.

Guardò l'immagine riflessa, poi recitò una preghiera.. al contrario.

Lo specchio sembrò scurirsi un istante e quello dopo l'immagine che rifletteva era la stessa di un attimo prima, solo che i capelli del ragazzo avevano dei riflessi rossi che prima non c'erano e gli occhi erano rossi come il sangue che gli solcava il viso e brillavano di una luce terribile e malvagia.. e folle.

Il ragazzo riflesso sollevò le labbra perfette in un sorriso, ed il ragazzo reale, dopo qualche istante, lo ricambiò.

 
 
   
 
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