Alloooora,
l’ispirazione
parrebbe essere tornata (ho dovuto prometterle dei cioccolatini, ma
sorvoliamo)
e speriamo abbia fatto un buon lavoro con l’ideuzza che avevo
in mente – non garantisco
nulla però, sa essere davvero ingrata.
Ù_Ù
Questa volta
mi cimento in un ibrido, nel senso che ho inserito nella solita
one-shot parole
dalla colonna sonora di un film d’animazione – e vi
dirò dopo il titolo,
vediamo se lo riconoscete prima. XD
Idealmente
il tutto è ambientato dopo la battaglia con Madara
– ipotetica anche quella,
nel senso che non ho ancora capito dove andrà a parare il
caro Kishi, quindi la
situazione è inventata di sana pianta –, Konoha
è semidistrutta e in via di
ricostruzione, i nostri sono tutti più o meno vivi ma
malconci, Sasuke è al villaggio
in attesa di giusto processo, e si aspetta di vedere come
andrà a finire,
insomma.
Che altro
aggiungere… Spero che vi piaccia e buona lettura!
Novembre
Il
clima novembrino è gelido e impietoso, e
Sakura ne ha la conferma non appena mette il naso fuori di casa.
Certo, è ben coperta e intabarrata quanto
glielo permettono le fasciature e le medicazioni che ha sparse per
tutto il corpo,
ma sente distintamente refoli di aria gelata che si infilano tra le
fessure dei
suoi vestiti, e rabbrividisce appena.
Come ogni volta che è uscita nelle ultime
settimane, cerca di non guardarsi troppo intorno, ma come ogni volta
alla fine
non riesce a camminare con lo sguardo a terra e alza gli occhi al
paesaggio
circostante.
È trascorso circa un mese e mezzo dalla
fine della guerra, ma lei ancora non si capacita di come Konoha possa
essere
ridotta in quel modo; o meglio se ne capacita, ma non ci può
credere.
Le macerie sono ovunque.
Gli edifici ritenuti pericolanti sono
stati debitamente isolati con tanto di cartello, ma la loro presenza
incombente
non può essere cancellata; molte altre costruzioni, invece,
hanno semplicemente
ceduto alla potenza dei colpi spaventosi che sono stati lanciati da
entrambe le
parti, quando la battaglia è infuriata anche dentro il
Villaggio.
Sakura è abituata ad una Konoha
brulicante, viva, ricca di strade che danno sugli usci di tante case e
guardare, adesso, un deserto di macerie le fa male al cuore.
Ma pensa che dopotutto la sua casa è stata
dichiarata ancora abitabile e almeno non deve vivere in uno dei capanni
di
legno che il maestro Yamato ha tirato su in fretta e furia per i molti
senzatetto.
Questo pensiero è confortante, come è
confortante rendersi conto che nonostante qualche ammaccatura lei
è già a buon
punto della convalescenza, mentre molti altri non hanno avuto questa
fortuna e
si trovano all’ospedale provvisorio che Tsunade sama ha
improvvisato dopo la
distruzione di quello vero: Lee, per esempio, che ha combattuto
valorosamente ma
non ha potuto respingere le arti magiche e illusorie degli avversari, e
versa
in uno stato di prostrazione che lo costringe a letto; Kiba, che ha
lottato con
la ferocia che lo ha sempre contraddistinto ma che non ha potuto
opporsi alla
superiorità numerica schiacciante dei nemici che lo hanno
attaccato; e anche
Naruto, che è tenuto in costante osservazione da Tsunade
stessa per via dei
danni che ha patito a causa di Kyuubi, risvegliata dallo Sharingan di
Madara.
Pensare ai suoi amici e soprattutto al
baka ridotti così getta Sakura in uno stato
d’ansia misto a senso di colpa e
lei adesso necessita di lucidità, quindi decide, almeno per
questo pomeriggio, di
non pensarci.
Domani andrà a trovarli tutti e aiuterà la
maestra ad occuparsi di loro, decide.
Nel frattempo, però, procede per una
strada conosciuta ma ormai irriconoscibile alla volta di una meta ben
precisa,
sempre stringendosi nel cappotto per cercare di evitare di prendere
freddo, e
il rumore delle sue scarpe si sente appena sovrastato da quello di chi
lavora,
in ogni parte di Konoha, per ricostruirla com’è
stata.
Passando davanti a delle persone che scavano
una fossa comune per i ninja rimasti sconosciuti proprio nel parchetto
dove lei
giocava da piccola la situazione pare sfuggirle di mano e un singhiozzo
le
scappa dalle labbra serrate, ma lei cerca di non lasciarsi sopraffare e
la sua
mano guantata si posa sulla bocca, cercando di arrestarne il tremito.
Non può lasciarsi andare alla
disperazione, o la sua vita non potrà davvero più
tornare com’era prima di
quella guerra assurda, prima del tradimento di Sasuke.
Con uno sforzo titanico si costringe a pensare
che tutto si risolverà per il meglio.
Molte
notti noi, pregammo senza chiederci
Se
in quel buio
fosse già la nostra verità.
Paura
non avrai, la
fede sa proteggerci
La
speranza può
cambiar la nostra realtà.
Camminando
frettolosamente arriva al negozio di fiori dei genitori di Ino, e anche
lì deve
fare forza su se stessa per non scoppiare a piangere, vista la
desolazione.
L’edificio è
ancora in piedi, e i sopralluoghi non l’hanno dato per
pericolante, ma i muri
sono pesantemente crepati, i balconi delle finestre semidivelti e molti
dei
mattoni a vista sbreccati.
La porta,
che un tempo era di un fine vetro smerigliato, è impolverata
e una lunga
spaccatura passa dividendo la vetrata in due.
Quella pare
ancora mantenersi bene sui cardini, quindi Sakura si arrischia a
spingerla, ed
in effetti si muove, anche se con un cigolio da far paura.
Dentro è anche
peggio di fuori, realizza osservando vasi, terra, concime, semi e
corolle
spezzate sparse dappertutto, ma non fa in tempo a pensarci troppo su
perché si
sente chiamare.
“Fronte
Spaziosa!”
Paradossalmente,
il nomigliolo le fa bene. È uno sprazzo di
normalità in un dopoguerra surreale,
e Sakura si sente sollevata.
“Ciao, Ino
Pig.”
Quando la
scorge, vede che anche Ino, come chiunque abbia combattuto, non
è illesa: sul
suo bel viso dalla pelle pallida sono sparsi molti graffi, il suo
braccio ha
una fasciatura stretta sul polso slogato, gli occhi azzurri sono
cerchiati per
la stanchezza, per lo spavento e per il dolore, e sembra che zoppichi
un po’.
Eppure la
guarda, ricambiata, e a ciascuna pare che l’altra non sia mai
stata tanto se
stessa come in quel momento.
“Ero venuta
a vedere come stessi, e come fosse la situazione qui.”
Ino la
omaggia di un sorriso stanco.
“Beh, potrei
stare molto peggio, in effetti, ma qui non so cosa si potrà
recuperare.” le risponde
cominciando a raccogliere quei vasi che sembrano essere ancora quasi
del tutto
sani.
La mentalità
medica fa breccia sulla mente ancora un po’ offuscata di
Sakura, che vorrebbe
dire alla sua migliore amica che con il braccio slogato non
è il caso di
mettersi a sollevare oggetti ma alla fine si trattiene.
Dopotutto
nemmeno lei dovrebbe essere fuori dal letto e tantomeno fuori casa, ma
non
sopporta l’idea di rimanere ferma e immagina che per Ino sia
lo stesso, così
inizia, un po’
dolorante, ad aiutarla.
“Non
occorre, Fronte Spaziosa, posso fare da sola…”
“No, ti do
una mano, non mi dispiace, davvero.”
Per un po’
non parlano, e ognuna cerca, per come le ferite glielo permettono, di
raccogliere il salvabile e portarlo nel piccolo spiazzo retrostante il
negozio,
dove il padre di Ino passerà più tardi a
controllare.
Sakura è
felice che tutto si svolga in silenzio, perché non ha voglia
di dialogare – sa benissimo
che Ino la capisce anche senza parlare – e la situazione ha
un che di
familiare, così cerca di godersela.
E ci riesce
anche, almeno fino a quando Ino non ha la bella idea di riprendere il
discorso.
“Con Sasuke
che cosa farai?”
Sakura non è
contenta che lei abbia ripreso a parlare, ma d’altronde si
aspettava che Ino,
tutt’altro che stupida, le facesse la domanda che le ha
appena rivolto. E'
perfino ovvio, visto che oltretutto lei si è molto
avvicinata a Shikamaru e
ormai non ha più alcun interesse per Sasuke in quel senso.
“Sakura?”
Silenzio.
Sakura non
sa cosa farà, per il semplice fatto che ancora non ha deciso
come va
considerato, Sasuke.
Pensa di
svicolare prendendo tempo, così magari ci penserà
su.
“E non
credere di appiopparmi una di quelle tue risposte idiote, capito, non
mi
freghi. Non ci vuole un genio per capire che gli muori ancora dietro esattamente come il primo
giorno, quindi
dimmi cosa pensi di fare.”
No, d’accordo.
Magari può scamparla con chiunque, ma con Naruto e Ino
sicuramente no.
Allora
decide per la verità.
“Non so,
Ino. Non so neanche cosa farò se dovesse superare il
processo, tornare in
ospedale per la riabilitazione e io me lo trovassi davanti. Non ne ho
idea
perché sì, è vero, sono ancora
innamorata di lui come il primo giorno, ma non
credo che abbia nemmeno senso avvicinarlo ora.”
“E perché
mai, di grazia?”
“Perché non
mi ascolterebbe nemmeno. Non ha per nulla superato il trauma della
verità su
Itachi, e per di più sta per affrontare un processo. Sai
bene che se i due
consiglieri anziani otterranno la pena che vogliono lui sarà
condannato a
morte.”
“Tsunade
hime non permetterebbe mai un’esecuzione, Sakura.
È la tua maestra, dovresti
saperlo.”
“In ogni caso
potrebbe al massimo ottenere la prigionia a vita. Di sicuro non ci
andranno
leggeri.”
“Non ho
ancora capito cosa c’entra tutto questo con voi, Fronte
Spaziosa.”
“C’entra, Ino
Pig” ribatte Sakura
stancamente. “C’entra perché lui ha
tutte queste cose per la testa e in più mi
ha già detto e dimostrato che non mi vuole intorno. Non
credo sia il momento.”
Ino la
guarda, un po’ derisoria un po’ esasperata.
“Secondo me
in tutto questo tu hai sbagliato la tempistica, Sakura. Tu dei momenti
giusti non
capisci proprio niente. Gli hai detto troppo tardi che
l’amavi, quando lui
aveva già imposto a se stesso di non ricambiarti. E
gliel’hai ripetuto in un
momento in cui non era in sé. E adesso,
quando sarebbe esattamente la condizione perfetta per farlo, vuoi
lasciarlo
andare.”
“Non ho
detto che voglio lasciarlo andare.”
“No, ma sarà
la conseguenza delle tue azioni, se non ti dai una mossa ora. Se non lo
chiudi
adesso, il baratro che vi separa diventerà davvero troppo
profondo per essere
colmato, e allora neanche tutto il tuo amore e la sua cocciutaggine
potranno
riavvicinarvi.”
Sakura
abbassa la testa, confusa.
Sente ancora
la voce di Ino vicino a sé.
“Vai da lui.”
Il sussurro
che Naruto le ha rivolto prima di perdere i sensi le risuona ancora
nella
mente.
Adesso non perdere d’occhio il teme
finché
mi riprendo, e cerca di non fartelo scappare di nuovo.
Ino
evidentemente coglie la sua indecisione, perché ritorna alla
carica: “Avanti,
Sakura, non puoi andare avanti
così.
Anche se dovesse sbatterti la porta in faccia senza nemmeno guardarti,
almeno
sarà qualcosa.”
“Non credo
che-”
“E credici, invece,
ritrova un po’ di
fiducia in te stessa. Hai una fronte così grande che un
po’ di fiducia deve pur
esserci rimasta da qualche parte, in quella testa.”
Sakura
guarda la sua migliore amica, e lungi dall’essere offesa
sente un fiotto di
gratitudine.
Sarebbe
persa senza Ino.
Questo
è il tempo in cui sperare non è
facile
E
la gioia che c'è
in noi nel vento vola via
Ed
ora sono qui, il
cuore è così fragile
Cerco
in me la
forza che io non ho avuto mai.
Esce
dalla porta sgangherata del negozio,
Sakura, e si stringe di nuovo nel giaccone, arrancando tra i frammenti
di
qualunque cosa che ingombrano la strada.
Adesso il freddo di novembre non lo sente
nemmeno più, pervasa com’è da uno
strano misto di eccitazione, euforia,
aspettativa, timore.
Sa che non sarà facile e ha già messo in
conto che l’esito dell’impresa è
tutt’altro che scontato e non pende per nulla a
suo favore, ma le parole di Ino e il ricordo di quelle di Naruto
l’hanno
rinfrancata.
Dopo circa dieci minuti si ritrova davanti
all’entrata del quartiere degli Uchiha, e per la prima volta
da quando ha
lasciato il negozio di Ino di ferma, per osservare quali sono state
lì le
conseguenze del conflitto.
La sua posizione periferica, tanto odiata
dai suoi membri, è stata la salvezza del quartiere degli
Uchiha.
Lì Madara non è arrivato – o
più
realisticamente non ha voluto mettere piede – così
solo le abitazioni più esterne
sono state toccate dalla battaglia, e neppure con danni così
gravi.
Certo, ci sono un paio di tetti sfondati e
di pareti tirate giù, ma rispetto al resto non è
niente di che e comunque a
Sasuke non deve interessare molto, visto che, nota Sakura, la sua casa è assolutamente
intatta.
La ragazza entra nel quartiere, e arriva
davanti all’abitazione di Sasuke.
Naturalmente, trattandosi di un pericoloso
criminale, traditore, recidivo e per di più non pentito, la
villetta è
presidiata da una squadra speciale al gran completo che sorveglia
l’esterno, e
mantiene oltretutto attiva una barriera che avvolge tutto
l’edificio impedendo
la fuga da qualunque parte – tunnel sotterranei scavati nel
pavimento compresi.
Sakura sospetta che tutto ciò sia un
tantino esagerato, visto che non vede come Sasuke possa scappare,
ferito e
praticamente cieco com’è, ma d’altronde
è naturale che la hime e i consiglieri
non vogliano rischiare.
Mostra un documento di riconoscimento a
quello che le pare il capitano della squadra, che apre per lei un varco
nella
barriera e le permette di entrare, così lei ci passa
attraverso, aspetta che
glielo richiudano alle spalle, arriva davanti all’uscio, e
lì si ferma.
Per un attimo si sente indecisa, poi
stabilisce che non ha senso rimanere lì impalata, e allora
si fa coraggio e
bussa con forza, annunciando “Sasuke, sono Sakura”
con una voce che le pare un
po’ stridula.
Lui ci mette un po’ ad aprirle la porta,
come se avesse fatto con estrema calma, e quando ha aperto
completamente la
guarda.
Sakura a quel punto non può farci niente:
ammutolisce, semplicemente, rimanendo ferma a contemplarlo.
I suoi occhi sembrano più freddi della
temperatura esterna, che pure è gelata, la sua espressione
è rigida, o forse
sarebbe il caso di dire che non ha un’espressione.
La bocca è stirata in una linea orizzontale
severa, dura, impietosa.
Tutto in lui pare urlare ostilità, ma
Sakura non riesce a pensarlo diverso dal Sasuke che ha sempre amato.
Dicono che dopo tutto quello che ha
passato è un altro, ma a lei pare sempre lui, sempre Sasuke.
Rimangono fermi in quella situazione quasi
comica per un paio di minuti, poi lui, in uno sprazzo sorprendente
dell’antica
boria – sembra quasi impossibile riconoscere in quel giovane
uomo indifferente
e scostante qualcosa del ragazzino frustrato e solitario che lei ha
conosciuto –
sbuffa appena appena, impercettibilmente, con vago sprezzo e
irritazione
distante, e le pianta negli occhi due iridi nere che sono il vuoto
assoluto.
Che la annichiliscono, e le bloccano le
parole in gola.
“Se devi venire per stare zitta e farmi
perdere tempo, la prossima volta stai a casa, stupida.”
Sakura vorrebbe ribattere qualcosa,
fermarlo, spiegargli che non è lì per stare
zitta, che non è lì per niente. Ma
non ci riesce.
E lui, lento, inesorabile, come se lo
stesse facendo apposta, comincia a richiudere la porta, fino a che,
completamente indifferente, non gliel’ha letteralmente
sbattuta in faccia.
Allora la giovane fa un passo indietro,
poi due, oltrepassa la barriera e saluta i ninja, arranca fino
all’uscita del
quartiere, e con calma cammina verso i vecchi campi da allenamento.
Non senza fatica – le rovine ci sono anche
lì – raggiunge il campetto dove si sono riuniti
per la ormai leggendaria prova
dei campanelli, appena promossi genin.
Si lascia andare contro uno dei tre
tronchi, si siede a terra e improvvisamente, come una diga in piena,
scoppia a
piangere.
Mentre singhiozza i pensieri si susseguono
veloci e lei si dà della stupida.
Della stupida per aver osato sperare
nonostante sapesse che non doveva metterci il cuore sopra, per aver
creduto di
valere più di quanto in realtà non valga per lui,
cioè zero.
Non sa quanto rimane lì a piangere, magari
cinque minuti, magari un’ora intera, persa nella
rielaborazione del suo
ennesimo fallimento, ma
ad un tratto
sente che qualcuno si avvicina.
Non si volta subito, perché non le
interessa chi è, ma quando una voce la chiama per nome non
può fare a meno di
girarsi, e allora vede il maestro Kakashi.
“Che cosa ci fai qui?” chiede stupita,
guardandolo ad occhi sgranati.
“Passavo…” commenta lui vago, e lei
sospira con un che di rassegnato. Se anche è lì
apposta per consolarla, lei non
ne avrà mai la conferma.
“Perché piangi?” le chiede poi, appena
un
po’ più presente.
Sakura allora si rende conto che ha
bisogno di sfogarsi con qualcuno e che lui è la persona
giusta, perché Naruto è
ancora incosciente e perché Ino le urlerebbe addosso.
E anche con la sensazione di parlare all’aria
– il maestro non è molto più partecipe
– racconta l’accaduto, parla di Sasuke,
del suo gelo, della sua frase.
Quando ha terminato si ferma, con un
sospiro tremulo.
“Sono stata una stupida” conclude. “E che
figura. Probabilmente tutti quelli che sono arrivati fin da lui hanno
parlato,
o fatto qualcosa, e io-”
“Di questo non sarei tanto sicuro, Sakura.”
la interrompe il sensei con la massima noncuranza. “Non si
è mai degnato di
aprire la porta a nessun altro, prima di oggi, quindi non credo che
abbia avuto
a che fare con molta altra gente.”
Lei alza lo sguardo, stupita.
“Non… Non ha aperto…?”
“A nessuno” conferma Kakashi, placido. “Nemmeno a me, che sono passato ieri
pomeriggio.” conclude, un po’
dolente. Non mostra la sua preoccupazione per l’allievo,
né l’ansia che lo
attanaglia per la sua sorte. Ma Sakura sa che anche lui è
agitato per Sasuke.
“A…
Ah.” Riesce solo ad articolare, un po’
inebetita.
Vedrai
miracoli se
crederai
La
fede non si può
fermar
Quanti
miracoli
sono tra noi
E
condividerli tu
potrai,
Potrai
se crederai
Il
maestro le ha detto di ripassare magari
domani, ma lei – assolutamente contro ogni logica e coerenza,
lo deve ammettere
– non può aspettare.
Non adesso che ha saputo che è stata l’unica
a poterlo vedere dopo l’esilio forzato nella sua casa,
l’unica a cui lui abbia
concesso il beneficio di guardarlo direttamente in viso.
E cerca disperatamente di non illudersi
ancora, ma adesso anche quella sua frase – Se
devi venire per stare zitta... – pare acquisire
tutt’altro significato.
Ignora deliberatamente, quando arriva al
quartiere degli Uchiha, lo sguardo esasperato che la guardia le lancia,
dato
che deve aprire la barriera ancora a causa sua, e stavolta senza nessun
indugio
si lancia sulla porta, e bussa ancora ripetendo chi è.
Per tutto il tempo che lui impiega per
aprirle di nuovo lei rimane con la preoccupazione di aver bruciato
l’unica
possibilità concessa, ma poi sente dei passi smorzati da
dietro la porta e la
vede aprirsi.
Ed è ancora lui.
Ma stavolta non gli permette di
soggiogarla, e si costringe a rimanere ferma nella sua decisione
nonostante lo
sguardo infastidito di Sasuke che parrebbe volerla sbattere fuori dal
quartiere
seduta stante, ora.
“Io ti amo ancora.”
Le parole le sfuggono dalle labbra prima
che lei possa anteporre qualcosa di sensato, ma le lascia andare senza
aggiungere niente, perché alla fine è quello che
voleva dirgli.
Lui la guarda, e non le risponde niente.
Rimane semplicemente in silenzio,
limitandosi ad osservarla come se la vedesse per la prima volta,
incurante del
freddo invernale che sicuramente lo investe dalla porta aperta
– e lui non ha
un cappotto.
Poi alla fine le risponde.
“E perché mi dici questo, ora? Pensi che
possa avere importanza?”
La voce pare ancora tagliente.
Sakura decide che adesso non le importa
più.
“Perché tante cose sono cambiate,
Sas’ke.
Konoha è rasa al suolo, noi siamo diventati delle altre
persone, il nostro team
non esiste più, e tu tra un paio di giorni affronterai un
processo che potrebbe
sconvolgerti l’esistenza di nuovo. Ho creduto che ti avrebbe
aiutato sapere che
ci sono cose che non mutano con tanta facilità.”
Sasuke tace, ma lei non crede ci sia altro
da dire; semplicemente lo guarda, accontentandosi di notare che i suoi
occhi
non paiono più così vuoti com’erano
prima.
“Bene.”
Dopo averle sussurrato quella sola parola lui
le chiude di nuovo la porta in faccia, come prima, ma lo sanno tutti e
due che
non è la stessa cosa.
E Sakura stavolta sorride, impalata
davanti ad un uscio chiuso, felice anche di quel minimo passo avanti.
Sa che le cose hanno bisogno di tempo per
poter cambiare il loro corso in meglio, e che prima di farlo devono
peggiorare.
Non le importa, aspetterà.
Serena, si incammina di nuovo verso casa.
Perfino il gelo di novembre, ora, pare
solo il preludio di una primavera mite.
**********
Tremendo
questo novembre! Mi ha fatto
sudare sette camicie! T.T
Ah, comunque la canzone è ‘Se crederai’
e
il film è ‘Il principe
d’Egitto’. :)
Spero che abbiate gradito! ^^
A presto!
Panda