Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: fragolottina    18/01/2012    2 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sora 2 mi sono ufficialmente rifiutata di scrivere questo capitolo durante le feste... era Natale, non volevo deprimermi...
ma visto che la Befana s'è portata via tutte le feste, ricominciamo con i kleenex...
dai non fatr quella faccia! questo capitolo era una morte annunciata!

Capitolo 13

Era questione di equilibrio.
    Schiena a schiena, seduti chissà dove e chissà come.
    Senza memoria di nessuno se non del ragazzo alle proprie spalle.
    Sora allungò la mano e strinse quella di Roxas. «Si sta bene qui, vero?» disse con un sorriso.
    E Roxas doveva ricordare, doveva sapere, doveva fare qualcosa, ma la sua mente galleggiava nella serenità perfetta di quel posto e non trovò niente altro da rispondere se non: «Si.»

Riku posò una mano sulla schiena di Kairi, aveva la testa appoggiata sul letto di Sora, gli occhi chiusi; erano al ricovero, fuori Cloud, Leon, Cid, Tifa e Yuffie controllavano che nessuno cercasse di irrompere all’interno, dentro non c’era altro da fare se non aspettare. Pregare. Sperare.
    «Posso fare qualcosa per te?»
    La ragazza si tirò su e si passò una mano sul viso. «Sveglialo.» disse solo, piano, come se avesse effettivamente paura di turbare il suo sonno.
    Riku sospirò. «Hai mangiato?» scrutò i segni scuri sotto gli occhi, segnali di insonnia e qualcos’altro.
    «Quanto tempo?»
    «Kairi, il tempo non conta…» tentò.
    «Quanto tempo?» lo interruppe decisa.
    Riku guardò il suo migliore amico addormentato, non riusciva ad impedirsi di sovrapporre quell’immagine ad un’altra di anni prima, quando Sora non era altro che un organismo incosciente dentro un’ampolla. Quando Kairi si ricordava a malapena di lui. Avrebbe voluto vederlo raccogliere un paio di ciottoli dalla spiaggia dell’Isola dei Bambini e sfidarlo a chi lo lanciasse più lontano; avrebbe voluto sbirciare i suoi occhi mentre rideva con Kairi, del tutto perso dentro la magia incredibile di Kairi; avrebbe voluto guardarli abbracciati, soffocare l’invidia ed ammettere quanto fossero carini. Avrebbe voluto prenderlo in giro ancora un po’. Sarebbe voluto tornare nel regno dell’Oscurità, persi, a chiacchierare tranquilli davanti a quel fiume – o lago, o mare – persi, ma insieme.
    Sospirò ancora. «Tre giorni.»

«Secondo te dove siamo?» domandò curioso Sora, guardandosi in giro.
    Roxas osservò il bordo della piattaforma rotonda dove si erano ritrovati. «Non saprei.» mormorò, doveva esserci un disegno sotto di loro, riusciva a riconoscerne alcune sezioni colorate e quella sembrava proprio una mano che impugnava… aggrottò le sopracciglia incerto, studiando quella che aveva tutta l’aria di essere una chiave gigante.
    «Credi che dovremmo andare da qualche parte?» continuò a chiedere.
    «Si…» disse in un sussurro confuso. Dovevano andare in un posto in cui erano già stati, quindi, dovevano… tornare. Girò poco il viso e si sporse per guardare quello dell’altro che si era fermato a fissare il buio in alto. «chi sono?» gli domandò.
    «Roxas.» rispose senza nemmeno pensarci.
    «E Roxas chi è?» continuò quello.
    «Parte di me…» distolse lo sguardo dall’oscurità in alto per studiarlo e si riscosse sussultando. «io sono qui per far uscire te.» disse in fretta, concitato, come se potesse dimenticarsi di quell’informazione fondamentale.
    «Da dove?» chiese allarmato Roxas, gli sembrava che fossero placidamente in pace da secoli e quell’improvviso scatto di agitazione lo turbava.
    Lo sguardo di Sora si fece vago, sperduto, ma comunque lucido. «Da me.»

Axel guardò il viso immobile di Roxas. Non era come lo aveva immaginato, grigio e spento, sembrava soltanto addormentato. Ma se l’avesse scrollato, anche con tutta la foga di cui era capace, non si sarebbe svegliato.
    Lanciò un’occhiata speculativa a Kairi, seduta in angolo della stanza, le ginocchia strette contro il petto, spettro di sé stessa. Era più piccola ogni giorno che passava. Accanto a lei c’era una coperta, poco più là un piatto di cibo smosso, non era affatto sicuro che avesse davvero mangiato qualcosa.
    «Quanto tempo?» chiese in un sussurro appena udibile.
    Axel tornò con gli occhi su Roxas e gli sfiorò con timore la punta delle dita, consistenti, vere, sue. ‘Svegliati.’ Supplicò dentro di sé.
    «Sei giorni.» sospirando fece alcuni passi verso di lei e le si accucciò davanti, Kairi non sembrò nemmeno accorgersene. «Non puoi stare ferma qui a lasciarti morire.» le disse piano, poi le afferrò un polso tirandola; la ragazza tentò debolmente di protestare, ma era come se ogni sua energia fosse scivolata via insieme a tutte le lacrime notturne. «Ora ti porto a mangiare da Aeris e tu mangerai, perché Aeris è una cuoca provetta e non si può sprecare quello che cucina.»
    Lei guardò lui, poi di nuovo Sora, combattuta.
    «Non vanno da nessuna parte e fuori c’è un esercito pronto a far fuori chiunque somigli vagamente ad una minaccia.»

Roxas si guardò la punta delle dita curioso, si sfiorò i polpastrelli con il pollice.
    «Fa male?» domandò Sora inutilmente preoccupato, niente poteva ferirli, lo sentiva, non lì.
    «No, è…» si interruppe e la sua mente venne invasa da miliardi di brividi. Le sue terminazioni nervose impazzirono, mandandogli ombre di ricordi della stessa identica sensazione, ma su tutto il corpo. Fissò gli occhi enormi e celesti in quelli di Sora. «caldo
    Per alcuni secondi entrambi rimasero in silenzio. «Forse sta toccando il tuo corpo.» ipotizzò Sora infine con un sorriso.
    «Il mio corpo?» si morse il labbro, sentiva le parole fiorirgli sulla lingua senza avere la più pallida idea di dove si formassero. «Io non ho un corpo.» mormorò realizzando con un momento di ritardo l’orrore di quella verità.
    «Caldo!» gridò Sora improvvisamente facendolo sobbalzare, si prese la testa tra le mani con un’espressione affranta sul viso. «Caldo è amore.» gemette e Roxas gli posò una mano sulla schiena in apprensione. «Un corpo ti serve, ti serve perché sei caldo.»
    «Ma io…» provò a ribattere.
    Sora lo interruppe prendendolo per le spalle. «Non puoi averlo dimenticato.» lo scosse leggermente. «Lo hai amato così tanto dalla mia mente da costringere anche me ad amarlo, siamo qui per lui.»
    «Lui chi?» chiese, sconvolto dalla memoria a pezzi di Sora, sembrava che i suoi ricordi riuscissero a palesarsi soltanto in risposta a delle parole chiavi, era inquietante.
    Sora si alzò in piedi sulla scia di quelle emozioni contrastanti e confuse e si guardò intorno. Sulla superficie sotto di loro erano disegnati un Roxas ed un Sora schiena a schiena, entrambi con in mano un keyblade.
    «Axel.»

Aeris fu ben lieta di averli come ospiti a pranzo, visto che non era una combattente e che di certo non sarebbe stata d’aiuto a sorvegliare il ricovero si occupava di rifocillare le truppe. La cucina, che, fino a pochi giorni prima, Kairi ricordava ordinata e pulita, era diventata un accumulo di cartocci e pentole.
    «Sarete costretti a mangiare senza tavolo.» si scusò con un sorriso. «Ed a fare finta che io ci sia…» continuò sollevando un paio di buste. «devo andare a consegnare il pranzo agli altri.»
    Kairi fece un sorriso debole e sconfortato, mentre lei usciva, poi affondò la forchetta in quello che sembrava sformato di… qualcosa, senza però dare l’impressione di voler davvero portare un boccone alla bocca.
    A differenza di Axel.
    «Devi mangiare per davvero.» le intimò, dopo aver deglutito.
    La ragazza sollevò il viso e lo guardò. «Come fai ad essere così tranquillo?» gli chiese.
    Axel posò piano la forchetta sul piatto, attento a non farla cadere. «Non posso fare niente.» confessò. «Cerco di ragionare, dovresti farlo anche tu.» le lanciò un’occhiata. «Se ti lasci morire pensi di riuscire a rivederlo?» le domandò a bruciapelo.
    Kairi scosse piano la testa, provando a seguire i suoi pensieri.
    «Allora, devi restare viva, perché, per quanto minime, ci sono più probabilità che tu riesca a rivederlo se sei viva.» Axel sorrise. «Era lo stesso ragionamento che facevo da Nobody in attesa di un cuore, sai? Attaccati alla vita più che vuoi, resta in vita il più tempo possibile.»
    Per alcuni secondi la ragazza rimase in silenzio, poi fece un sorriso e raccolse una forchettata di stufato. «Accidenti!» esclamò, coprendosi educatamente la bocca con la mano. «Aeris è brava davvero.»
    «Te l’ho detto.»
    Infondo, a lui il tempo aveva dato ragione.

Axel era caldo.
    Roxas trattenne il fiato fissando Sora, immobile nonostante il lavorio frenetico della sua mente ed il bussare insistente del suo cuore.
    Axel aveva i capelli di un colore impossibile, pettinati in modo da renderli ancora più improbabili.
    Axel aveva mani lunghissime, tutti le sue ossa erano lunghissime; era figlio di un gigante e del fuoco, perché non era soltanto caldo, era ustionante. Ti marchiava con gli occhi, troppo verdi, dal taglio troppo affilato. Ogni suo particolare era troppo ‘qualcosa’ eppure si armonizzava in modo perfetto al resto.
    Axel era una macchia di colore in mondo nato dal nero.
    Axel che lo cercava attraverso Sora, che toccava Sora per arrivare a lui.
    Gli serviva un corpo per poterlo toccare, baciare, guardare con i proprio occhi.
    Aveva una corpo e dovunque fosse doveva raggiungerlo, perché non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
    Roxas si alzò in piedi di scatto e guardò Sora che non aveva smesso di fissarlo dal basso. «Devo tornare da lui.» ed era come se fosse la sua volontà a dare ordini in quel mondo, si osservò le mani e strinse i pugni, erano vere, erano da qualche parte. «Anche tu devi tornare, Sora!» esclamò.
    Il ragazzo lo guardò. «Non lo so.» mormorò, lasciando che il suo sguardo vagasse per quel piccolo mondo circolare. «Forse starei meglio qui.» continuò con immenso orrore di Roxas. «Non ne sono sicuro, ma non credo di essermi mai sentito tanto in pace.»
    «Ma Riku e Kairi…» il resto gli morì sulle labbra davanti all’espressione curiosa di Sora.
    Piegò la testa di lato e fece una smorfia. «Chi?»

Roxas spalancò gli occhi di colpo e sobbalzò, facendo gridare Kairi per la sorpresa.
    «Axel.» fu la prima parola che disse, prima di tirarsi su a sedere e guardarsi intorno. Tutto gli sembrò troppo vivido, come se improvvisamente gli avessero tolto da davanti agli occhi un filtro che rendeva il mondo opaco. Gli avevano tolto Sora.
    Lo guardò immobile, ancora addormentato nel letto accanto a lui.
    «Roxas.» sussurrò Kairi.
    La guardò senza essere capace di dire niente, che avrebbe potuto dirle? Che il suo ragazzo, tra le milioni di cose che avrebbe potuto lasciare a Naminé, aveva scelto proprio lei ed il suo migliore amico? Che senza di loro non aveva niente di così forte a cui aggrapparsi per tornare? Che qualsiasi fosse stato il motivo per cui lo aveva fatto era stato l’errore più grave di tutta la sua giovane e travagliata vita?
    «Kairi.» disse solo, ma nei suoi occhi doveva esserci più coraggio che nelle sue parole, perché la ragazza scoppiò a piangere.
    Lo spostarono in un’altra stanza, Aeris lo abbracciò forte e Roxas pensò che non la conosceva praticamente, ma la strinse lo stesso anche se con la mente assente.
    Sora non si sarebbe mai svegliato.
    Lei e Leon lo visitarono, controllarono i suoi riflessi, che ogni sua giuntura si piegasse a dovere, che la sua mente fosse lucida. Controllarono che Kairi avesse fatto un buon lavoro nel costruire il suo corpo, anche se non serviva, Roxas sentiva che era perfetto… e lui le aveva portata via la cosa più importante della sua vita.
    Non gli lasciarono vedere Axel, continuavano a dirgli tutti che sarebbe potuto essere troppo scioccante, che era presto, che volevano essere sicuri della sua stabilità. Ma Sora aveva dato i suoi due ricordi più forti ed importanti per lui, era stabile come non era mai stato; e comunque, era per Axel che aveva voluto quel corpo, se non avesse retto lo shock tanto valeva tornare indietro. Osservò con attenzione la finestrella della sua stanza e sorrise.

Axel fissò Roxas, con la schiena premuta contro la porta come un animale braccato, e lo spazzolino da denti gli cadde dalla bocca.
    «Sono io.» gli disse con gli occhi sgranati e celesti, come quelli di Sora non erano mai stati.
    «Lo so.» rispose Axel.
    Sorrise e per anni l’uomo aveva creduto di essere in grado di gestire milioni di crisi, nemici, situazioni impossibile, ma si rese conto di non riuscire a gestire il proprio ragazzo nella sua casa. Realizzò che non si era mai concesso la possibilità di sperare davvero nella riuscita di quel piano. Rimase immobile ad osservarlo, come uno spettro, una visione, un sogno; era vestito da ragazzo normale, anche se sembravano abiti troppo grandi per lui e… era vero.
    «Non mi hanno avvertito che… sarei venuto.» si giustificò Axel pulendosi la bocca con il dorso della mano ed ingoiando il dentifricio.
    «Non volevano che ci vedessimo, hanno paura che… non sia pronto.» disse Roxas avvicinandosi a lui, senza esitazione, senza paura, come se fosse passato soltanto un giorno dall’ultima volta che aveva avuto un corpo.
    «Credi di non essere pronto?» gli domando Axel immediatamente, ma passandogli una mano tra i capelli biondissimi e tirandoli leggermente; era più alto, era cresciuto anche attraverso Sora.
    «Credo di esserlo sempre stato.» disse mettendo fine a quel discorso e premendo il proprio corpo contro quello di lui. Incastrò il viso nella curva del suo collo, la guancia, sulla sua pelle rovente, percepiva il bussare lento e regolare del cuore che pompava sangue nelle vene; lasciò andare un sospiro ed Axel chinò il viso verso di lui, mentre le sue mani percorrevano le sue braccia, sfioravano le sue spalle, le sue dita premevano sulle scapole. Percepiva i suoi pugni stretti alla sua maglietta, sentiva ogni minimo movimento del suo corpo, amplificato mille volte dalla mancanza, da tutto quel tempo, da tutte le notti nel letto ad occhi chiusi a ripercorrere ogni istante, ogni momento passato insieme a The World That Never Was.
    Quando lo baciò, umido, intenso, profondo, talmente e concretamente reale da togliergli il fiato, Axel sentì scivolargli in gola, come una sostanza densa e viscosa, l’essenza vera di Roxas, quella che Sora non aveva mai avuto. Quel Roxas che giorni, mesi, anni prima, gli aveva sussurrato nella propria stanza, con voce incredibilmente salda tra le lacrime ‘Mi sei mancato molto più di un bacio’. Quel Roxas che pretendeva che lui lo prendesse. Quel Roxas che sorrideva dolcemente a Xion, poi, fingendo noncuranza, leccava tutto un ghiacciolo al sale marino per leggere la reazione di Axel. Quel Roxas che gli era mancato così tanto… da fargli dimenticare tutto il resto.
    Però non riuscì a trattenersi.
    Schivò la sua bocca e lo guardò negli occhi. «E Sora?» aveva fatto una promessa, doveva sapere se era necessario che la mantenesse.
    «Ha fatto uscire me…» mormorò ad occhi bassi, mentre l’eccitazione scemava per lasciare il posto alla tristezza; gli dispiaceva, ma, infondo, Roxas era anche quello. «ora non ha niente che lo riporti qui.»
    ‘È tutta colpa mia.’
    Non lo disse, ma Axel lo sentì lo stesso. Lo abbracciò teneramente e lui appoggiò la fronte contro il suo petto. «Tornerà.»
    «Posso restare?» gli chiese improvvisamente fragile.
    Axel scoppiò a ridere della sua follia, insomma dieci secondi prima avevano imboccato una strada che inevitabilmente avrebbe comportato la permanenza a casa sua e non è che gli avesse chiesto il permesso.
    «Che c’è?» gli domandò indispettito.
    «Niente.» disse scuotendo la testa. «Muoviti, a dormire.»
    Roxas si lasciò cadere a peso morto sul letto di Axel, poi gattonò fino a raggiungere il bordo delle coperte e ci si infilò dentro. L’uomo lo raggiunse stendendosi alle sue spalle, molto meno vicino di quanto avrebbe voluto, tanto per scoprire cosa volesse lui.
    «Mi manca.» sussurrò con la voce soffice di chi sta per addormentarsi.
    Axel allungò una mano e gliela posò al centro della schiena. «Lo so.»

La mattina dopo si svegliò prima di Roxas, per alcuni secondi continuò ad osservarlo, arrotolato nelle sue coperte ancora vestito. In realtà Axel non aveva dormito molto, non era riuscito, soprattutto perché il suo compagno di letto aveva continuato a mormorare il nome di Sora nel sonno.
    Gli lasciò un biglietto attaccato al frigorifero, tanto per non farlo preoccupare della sua assenza: doveva mantenere una promessa.
    Kairi era sempre nella stanza di Sora, ma stava mille volte peggio. Era come se il risveglio di Roxas avesse messo un punto definitivo alle sue speranze. Vide come guardava il ragazzo addormentato, come Axel si era immaginato guardare una bara scoperchiata.
    Lo fissò, la furia nascosta dietro una maschera di dolore. «Contento?»
    L’uomo scosse la testa e trascinò una sedia fino a sistemarla accanto a lei. Per un attimo provò uno strano timore, una specie di riverenziale rispetto, poi se ne dimenticò; le passò un braccio intorno alle spalle, l’altro sotto le ginocchia e se la portò in braccio. Lei si rannicchiò contro di lui, una bambina terrorizzata da un incubo, una donna consapevole di non potersi svegliare perché non si trovava in un incubo, ma era la realtà.
    La tenne stretta fissando il corpo vuoto come un guscio di Sora, pregando che si svegliasse, finché Riku non si offrì di dargli il cambio.

eravate state avverite...
sigh...Soooooraaaa....sigh!
baci
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: fragolottina