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Autore: Sweet Pink    18/01/2012    2 recensioni
Non vi è nulla di male a sognare un uomo che rispecchi virtù e, perchè no, vizi di un ideale letterario. La signorina Callie Honeycombe la pensava così. O almeno finchè sulla sua strada non incontra proprio il tipo di uomo che, al contrario, non potrebbe mai amare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Su fronti nettamente opposti.'
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Eccomi tornata! :) Pensavo davvero che questo capitolo sarebbe stato l’ultimo ma, ahimè, evidentemente nella mia testa la storia è già bella pronta mentre sulla carta tutte le mie idee sembrano diluirsi in lunghe pagine!

Spero che continuerete comunque a seguirmi in questi due o tre capitoli che ci separano dalla conclusione della vicenda. Ora! Passo a ringraziare le persone che mi seguono e chi continua a recensirmi! Tutto ciò mi dà fiducia! :)

Buona lettura!

Sweet Pink

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Siete una donna bellissima, piccola ragazzina.”

Callie si girò su un fianco e sospirò stancamente: no, non aveva in alcun modo preso sonno, quella notte. E come avrebbe potuto?  Il ricordo delle labbra di Alexander le bruciava nell’anima e nello stomaco da parecchie ore. Da quando lui le aveva dato la buonanotte, in realtà.

L’aveva riaccompagnata presso il salotto, dove tutti gli invitati erano ancora impegnati nei loro intrattenimenti, e l’aveva lasciata andare. Però, prima di questo, Alexander l’aveva bloccata sulla soglia e di nuovo si era impossessato delle sue labbra, come se non potesse farne a meno. Qualcuno avrebbe potuto vederli, ma a lui questo non sembrava importare. E, in tutta sincerità, nemmeno a lei.

Poi, non si erano più scambiati nemmeno una parola.

Callie si portò una mano alle labbra: poteva ancora sentirla, la lingua di Alexander, accarezzarla dolcemente e farla precipitare in un vortice di confusione e lussuria. Sì poiché, era inutile negarlo, lei avrebbe voluto davvero che quell’uomo mandasse in frantumi anche l’ultimo mattone di quel muro ormai in pezzi.

Le sue mani e le sue labbra avrebbero avuto il potere di farlo.

Per la prima volta dopo tanto tempo, era pronta ad ammettere con sé stessa di desiderare un altro uomo. Non solo dal punto di vista sentimentale, ma fisico. Certo, aveva flirtato con qualche giovane negli anni passati, ma non era la stessa cosa.

Da quando Henry Bell l’aveva picchiata, umiliandola e sottomettendola con la forza delle sue mani incollerite, da quando aveva calpestato la sua dignità e il suo cuore con le sue continue bugie…Callie non era riuscita più a fidarsi veramente degli uomini, a pensare, un giorno, di potersi concedere ancora una volta a qualcuno.

Ma ora era diverso. E a cambiarla era stato proprio quell’uomo impossibile che diceva di odiare. Quell’uomo borioso che le aveva salvato la vita, che le lasciava delle cicatrici ogni volta che la toccava.

Lo voleva.

La ragazza si prese la testa castana fra le mani con un gesto secco e improvviso: a che pensava!

Non doveva dimenticare quanto male si fossero inferti a vicenda, non poteva scordare che il più grande ostacolo tra loro probabilmente era ancora in piedi e ben solido.

“Non posso darti quello che stai cercando, Callie.”

Ricordò il tremore leggero della sua figura solida e forte, mentre raccontava l’accaduto di molti anni prima. La sua voce insicura, quasi impaurita; così diversa da quel tono saccente e ironico a cui lei era ormai abituata. Alexander era un uomo ferito.

E amava ancora Laura.

Non amava lei.

Quel pensiero le provocò una fitta dolorosa allo stomaco che sembrava voler risalire, a tradimento, fino al cuore. La consapevolezza di essere, in fondo, solo una sostituta si propagava attraverso ogni corda del suo animo, avvelenandolo.

Perché lui l’aveva baciata.

Callie si alzò a sedere sul letto, i lunghi capelli castani che disordinatamente cadevano sul suo bel volto stanco. Davanti a lei, l’oscurità di quella stanza grande e ordinata era rotta solamente da pallidi raggi di luna che filtravano attraverso le pesanti tende, appena socchiuse. 

Avrebbe voluto dormire almeno un poco e, in più, sentiva di stare scottando. Si prese le guance fra le mani: erano così calde. Forse aveva la febbre.

Siete una donna bellissima, piccola ragazzina.”

Alexander bruciava…bruciava qualsiasi cosa.

 

La mattina dopo un tiepido sole e una leggera nebbiolina fecero capolino timidamente e avvolsero la tenuta dei Norris di uno stupendo manto dorato. Chiunque avesse osservato la villa, in quelle ore del mattino,  di certo l’avrebbe trovata ancora più signorile e magnificente di quanto non fosse già; ma nessuno dei padroni si era mai preoccupato troppo di questo aspetto: in generale, David Norris si interessava alla caccia, al gioco e agli affari, mentre era Teresa ad occuparsi dell’amministrazione della casa e dei figli. Il marito le lasciava totale potere decisionale sull’intera tenuta ed era stata lei, appena arrivata in Inghilterra, ad ordinare che fossero piantati gli immensi giardini sul retro.

Lei, che era cresciuta in una terra di sole e fiori, non poteva sopportare di vivere in una casa desolata e fredda. In quegli stessi giardini aveva giocato Alexander da bambino,  scorrazzavano scalmanati Jimmy ed Edward; in quell’esatto punto, all’altezza del roseto, Laura aveva accettato di sposare il figlio maggiore dei Norris.

E ora, al suo posto, Callie Honeycombe si sporgeva verso una rosa per poterne cogliere il profumo delicato. I suoi occhi nocciola, solitamente luminosi e vivaci, sembravano distratti e distanti.

Alexander l’ha avvelenata.

Questa era stata la considerazione finale di Teresa Norris, intenta ad osservare l’esile figura di Callie attraverso la finestra della camera da letto. Dall’alto, quella ragazza le sembrava ancora più minuta e gracile, come un ingenuo miraggio pronto a dissolversi da un momento all’altro.

“Quella ragazza…assomiglia a Laura.”

Teresa socchiuse gli occhi e sospirò tristemente. Le parole appena pronunciate da David Norris erano veritiere, lo sapeva. Ma ammetterlo direttamente le avrebbe causato troppo dolore.

Così si voltò, pronta ad affrontare il marito a testa alta: David era in piedi di fronte a lei, ritto come un solenne monumento di marmo e negli occhi brillava una severità che riusciva solamente ad irritarla e preoccuparla al contempo.

“Non hai la minima intenzione di perdonare tuo figlio?”

“No, almeno finché lui non riuscirà a perdonare sé stesso per ciò che ha fatto.” rispose freddamente l’uomo, senza spostare di un millimetro il suo sguardo da Teresa: era in collera con lui, era evidente.

“Ora sembra che sia arrivato il momento.” sostenne con una nota di furore la donna; le mani che minacciavano di strappare in due i guanti bianchi che teneva stretti fra le dita. “La signorina Honeycombe gli sta ridando speranza e vita, l’hai visto anche tu. Ha ripreso a suonare.”

“Questo non sostiene nulla.”

“È passato tanto tempo!”

David ignorò la voce ora apertamente inviperita di sua moglie e ribatté, perfettamente sereno e stoico “ Assomiglia a Laura: Alexander crede di potersi redimere, crede di amarla, ma è solo una sostituta.”

“Ed è questa la vostra umanità, signor Norris?! Questo ciò che pensate di vostro figlio?”

David conosceva bene la moglie e sapeva perfettamente che quando questa si rivolgeva a lui con il voi doveva temere tempeste d’ira imminenti. Questo non lo trattenne comunque dal dire: “ La rovinerà, lo sai anche tu.”

“Io credo in Alexander! Ho fiducia in lui, cosa che voi non avete minimamente, a quanto pare!” lo rimbeccò Teresa con forza. L’avrebbe strangolato, se solo avesse potuto: David, l’amore della sua vita e padre dei suoi figli, trattava uno di loro come un nemico. Non poteva più perdonarlo per questo.

Il signor Norris le voltò le spalle e, con una calma invidiabile, si avviò verso la porta della camera. Era pronto ad uscire perché, per lui, la conversazione era già finita. Soffriva nel vedere Teresa contro di lui e non riusciva a tollerare che potesse arrabbiarsi per un fatto così evidente.

Alexander non amava Callie.

“Molto bene. Voglio proprio vedere cosa combinerà nostro figlio.” asserì acidamente, per poi aggiungere “ Ti aspetto di sotto, fra dieci minuti. I nostri ospiti saranno già tutti in piedi.”

Teresa aspettò che David chiudesse la porta prima di lanciare i guanti bianchi contro di essa: odiava la sua fredda razionalità. L’aveva sempre odiata!

 

 Callie era perduta nel giardino segreto.

Quel nome gli era stato da Jimmy ed Edward due anni prima; quando Alexander, tornato da Londra per una visita alla famiglia, li aveva sfidati ad un estenuante nascondino. Anche se era ormai un uomo adulto e “rispettabile” non si negava mai un ora di gioco con i fratellini più piccoli.

Comunque, al primo che avesse scoperto il suo nascondiglio nel parco, sarebbero andate dieci sterline. E, per i bambini, era una ghiotta tentazione!

Lo cercarono per tutto il pomeriggio senza mai trovarlo. Così, il suo nascondiglio fu ribattezzato il giardino segreto anche se, a dirla tutta, non era che la porzione di giardino più lontana dalla villa.

Quel giorno, i due fratellini non erano stati né troppo furbi né troppo fortunati e Alexander, come al solito, aveva vinto.

Callie Honeycombe non sapeva tutto questo e, con l’aria di un’esploratrice sperduta nella giungla africana, si aggirava fra gli alti alberi e i cespugli sempreverdi osservando ogni angolo di quel giardino. Era semplicemente stupendo.

Come la madre, la ragazza aveva sempre adorato i fiori e le piante anche se non ne era particolarmente portata per la cura: non che il giardinaggio fosse compito di una signorina, s’intende, ma ogni tanto invidiava la delicatezza con cui il giardiniere di casa Honeycombe curava il loro piccolo giardino.

è bellissimo! Siete stato fortunato a nascere qui!”

“Ma il mio non è nulla paragonato a questo.” pensò Callie alzando lo sguardo verso il cielo azzurro. Era stata una magnifica mattinata di sole, spazzata solamente da un vento pungente e freddo che faceva irrigidire le ossa sotto la pelle e i vestiti. Nell’aria, la ragazza sentiva una strana corrente elettrica che la portava ad avere un senso d’aspettativa tutto particolare: non aveva ancora incontrato il signor Alexander.

Non sapeva bene se voleva vederlo, in effetti, perché quell’uomo bruciava qualsiasi cosa. E lei non faceva eccezione. Una notte insonne non era bastata a comprendere come mai a tanta felicità doveva equivalere ora un senso di così disarmante malinconia.

Il mio giardino, non è nulla se paragonato a questo.

“…Aspettava un bambino, eravamo felici, facevamo progetti…”

Non poteva nemmeno essere paragonata ad una donna del genere.

“Non riuscite a fare altro se non perdervi, signorina?”

La voce ironica e calda ebbe l’effetto di risvegliarla dei suoi cupi ragionamenti. Quella era la voce inconfondibile della sua rovina che, ancora una volta, l’aveva trovata senza alcun bisogno di sapere dov’era. Callie si voltò di scatto: Alexander James Norris era in piedi di fronte a lei e, malgrado i suoi occhi neri brillassero divertiti, le sembrò stanco. Quasi come lo era lei.

La ragazza arrossì un poco, ma cercò di non scomporsi troppo: “ Siete sempre così gentile, signor Alexander...e voi? Mi stavate pedinando?”

L’uomo sfoderò uno dei suoi tipici sorrisi eleganti e rispose, in tono del tutto casuale: “No, affatto. Mi sono appena alzato, a dire il vero, e ho pensato bene di venire qui a passeggiare. Sapete, fino a prova contraria, questa è casa mia.”

Callie era troppo impegnata a far tacere il suo cuore impazzito per potergli rispondere in tutta calma e serenità. Ora che lui era lì, fisicamente di fronte a lei, sentiva quasi di non poter sopportare la sua presenza perché i suoi occhi neri sembravano ardere. E anche lei con loro.

Siete una donna bellissima, piccola ragazzina.”

“Vi siete appena alzato? Mi congratulo con voi, signore: è mezzogiorno!”

“ Vi ringrazio di cuore del gentile complimento, perché io non mi desto mai prima delle due del pomeriggio.” rispose ancora Alexander, accompagnando con un gesto di noncuranza le sue parole.

Si avvicinò di qualche passo a lei e Callie, accorgendosene, si fece istintivamente indietro: sentiva che lui le stava parlando con quel tono studiato che lei detestava perché voleva infastidirla. Decise, per una volta, di non dargli alcuna soddisfazione.

“E, di conseguenza, non andate mai a coricarvi prima delle quattro di mattina.” ribatté la ragazza con un finto sorriso di serenità. Si accorse di star tormentando un lembo di vestito con le mani e così abbassò lo sguardo, distogliendolo dagli occhi di lui. Magari senza vederli sarebbe riuscita a non impazzire.

Alexander sembrava non accorgersi dell’agitazione di Callie e continuava a parlare con il solito tono di divertimento misto a noncuranza. Si faceva sempre più vicino senza che lei potesse o volesse impedirlo. La ragazza, con lo sguardo ancora ostinatamente basso, si chiese se l’uomo non avesse proprio nulla da dire su quello che era accaduto la sera prima.

Sentì una fitta sgradevole allo stomaco.

“…Non si è minimamente accorta che il signor Alexander si sta divertendo a giocare con lei…”

Amava ancora Laura.

Alzò lo sguardo nocciola sull’uomo davanti a lei: le era talmente vicino da poter udire ogni sfumatura del tono superficiale e beffardo con cui le si rivolgeva, riusciva ad intravedere il fuoco in quelle iridi nascoste da ciocche ribelli e corvine.

Non amava lei.

“Voi non state ascoltando neanche una parola di quello che vi sto dicendo, non è vero?”

Callie si riscosse con un sussultò violento alle parole dell’uomo e, trovandolo piegato su di lei con il volto a pochi centimetri dal suo, fece per allontanarsi arrossendo furiosamente.

“No…no! ecco...io…”

Ed era stato forse un movimento un po’troppo veloce perché si trovò a perdere l’equilibrio, il suo corpo che si sbilanciava pesantemente all’indietro.

Se non fosse stato per la presa fulminea di Alexander, di certo sarebbe caduta rovinosamente a terra. Fu così che, in pochi secondi, Callie si ritrovò attirata fra le braccia dell’uomo tanto detestato e ora amato: senza quasi rendersene conto, le mani piccole andarono a stringere il suo soprabito nero con forza e affondò il viso nel petto ampio di lui, aspirando il suo profumo pungente.

Alexander le accarezzò i capelli castani con un gesto incerto, ma molto dolce. Sentiva di essere completo così, con Callie stretta a lui: il ricordo delle sue labbra umide non aveva fatto altro che tormentarlo per tutta la notte. Non era riuscito a dormire.

La sera prima, lei non l’aveva disprezzato. Non l’aveva respinto: la signorina Honeycombe non lo detestava come aveva creduto.

Ma a lei importava…lei, quella sera, voleva capire. Voleva ascoltarti…

“ Io non vi odio affatto.”

No. Era da mesi che stava bruciando per lei.

“Scusatemi, sono terribilmente imbranata.”

La voce rotta dall’imbarazzo proveniva da sotto di lui. Alexander non riuscì a non sorridere: Callie era semplicemente adorabile. Era davvero piena di luce, una luce che lui temeva di spegnere...se solo una forza inarrestabile non spezzasse qualsiasi sua convinzione, portandolo sempre a desiderarla con tutte le sue forze. Attratto come una falena dalla fiamma.

Callie era quella fiamma.

“…so che vi farei del male, proprio come è successo con…con lei.”

“Davvero.” assentì lui e, ignorando il lamento irritato della ragazza, continuò: “Non vi siete mai chiesta come mai riesco sempre a trovarvi, senza sapere dove siete?”

Due occhi luminosi e perplessi si alzarono su di lui: ora Callie si stava chiedendo anche come l’uomo riuscisse sempre ad indovinare con esattezza i suoi pensieri. Ma Alexander non le diede né il tempo né la forza di rispondere perché aveva chiuso le sue labbra sottili su quelle di lei e, quando sentì la sua lingua premere dolcemente per entrarle nella bocca, Callie si arrese totalmente a lui.

L’aveva sconfitta: poteva sentire il dolce sapore della resa nel battito del suo cuore folle, nelle labbra di lui, nella sua anima ormai interamente sua, nelle sue mani che le premevano sulle guance in una carezza piena di passione.

Erano tutte cicatrici.

Ora lei gli apparteneva. Cuore e anima.

Alexander si allontanò di malavoglia dalle labbra di Callie e mormorò, sorridendo divertito: “Non lo sai, Callie?”

E la ragazza sapeva che, probabilmente, poteva esserci solo una risposta possibile. Ma non poteva rispondere…non voleva rispondere. Sì, si fidava di lui, ma non di sé stessa.

Non amava lei.

“Non posso darti quello che stai cercando, Callie.”

Abbassò lo sguardo. “Non lo so…” rispose, incerta. E sapeva di stare mentendo.

Ebbe la sorpresa di vederlo sorridere. Alexander lasciò la presa su di lei con un movimento leggero e si allontanò di qualche passo. “Oggi pomeriggio…vorrei che veniste con me in un posto.” le disse con una serietà non sua.

“Perché?” chiese Callie con una curiosità neanche troppo velata. Si rese conto di pendere ormai quasi totalmente dalle sue labbra: sarebbe andata con lui fino in capo al mondo.

E questo non so se sia un bene…

L’uomo si scompigliò i capelli neri con un gesto vago: “Signorina Honeycombe, temo che dovrete fidarvi della mia parola.”

 

La carrozza si allontanò dalla proprietà dei Norris un’ora dopo pranzo. Nessuno, tra proprietari e ospiti, si era meravigliato nel sapere che Alexander aveva invitato la signorina Honeycombe – e solo ed esclusivamente lei – a venire con lui per un’uscita. Dove la volesse condurre lo sapeva probabilmente solo Alexander stesso.

Gli animi di chi osservò la carrozza allontanarsi, però, erano molto diversi: mentre Linda e Cecil erano i più sereni al riguardo, David Norris e consorte non lo erano altrettanto. Il padre di Callie, da parte sua, non avrebbe mai ammesso di esser geloso di quel damerino che le stava portando via la sua amata figlia maggiore. Sperava solo che tutto si concludesse felicemente e al più presto.

Callie, che non era del tutto consapevole di quell’agitazione che si animava alle spalle sue e di Alexander, fece tutto il viaggio affacciata al finestrino fremente di curiosità e eccitazione. Non riusciva ancora credere come l’atmosfera fra lei e quell’uomo si fosse rasserenata di colpo, a come riuscisse a parlargli senza rischiare l’infarto così, all’improvviso.

No, meglio non pensare. Ancora una volta, come la sera prima, si sentiva follemente felice.

“Guardate! Quella casetta lassù, è isolata, ma magnifica! A dire il vero, tutto il paesaggio è stupendo!”

Alexander non staccava gli occhi neri da lei nemmeno per un secondo. Sorrideva leggermente alle parole e ai gesti di Callie che, in ginocchio sul sedile imbottito, sembrava proprio una bambina. Allungava le mani sul finestrino e avvicinava il viso al vetro, come se non volesse dimenticare neanche un frammento di ciò che stava osservando. Gli occhi nocciola spalancati e curiosi.

L’uomo si portò una mano alle labbra sottili e trattenne una risata divertita: solo averla vicina gli ridava vita. Luce.

Anche se quegli occhi avrebbe voluto vederli su di lui, come le sue mani piccole e curate che immaginò schiuse in una carezza dolce e sensuale sulla pelle: l’immagine di Callie sdraiata sotto di lui e nuda, con un viso adorabilmente arrossato, lo colpì con una forza tale da farlo quasi sussultare sul sedile.

Sapeva che Callie era sua ma…non lo era ancora abbastanza.

Fu così che, quando arrivarono a destinazione, Alexander fu sollevato dal dover scendere dal mezzo e non avere più la ragazza così vicina. Non sapeva se sarebbe riuscito a non toccarla ancora tanto a lungo.

Callie osservò con stupore l’enorme casa che si innalzava di fronte a lei: era di poco più piccola di quella dei Norris, ma vi somigliava parecchio; l’unica differenza era il verde. Qui il parco sembrava esser avanzato fino a lambire le finestre della villa, come se gli alberi avessero voluto fondersi con essa: non era un atto di trascuratezza, ma voluto.

Sembrava un castello delle fiabe, in un certo senso, e la ragazza l’amò dal primo momento.

“…volevamo venire a vivere tutti e tre in Inghilterra, vicino ai miei genitori.”

Questa è casa sua.

Callie socchiuse gli occhi e chinò la testa di fronte a quella enorme costruzione: non era del tutto sicura di volerne varcare la soglia. Le pareva di entrare in un territorio sacro e invalicabile, poiché tutto quello che vi avrebbe trovato era portatore di dolorosi ricordi.

Amava ancora Laura.

                                                                                                                                                                Soffrirai.

No. Lui l’aveva cambiata.       

                                                                                                                       Ti tradirà. Non fidarti. Ti rovinerà.

No! Lei l’aveva cambiato. Con lei era diverso!                                                                                                                           

                                                                                                                                                     Tu non sei lei.      

Fortunatamente arrivò tempestivamente Gordon, il maggiordomo, ad accogliere lei ed il padrone sulla soglia e Callie fu distratta da quei pensieri così confusi.

“Bentornato padrone.”  salutò, inchinandosi davanti ad Alexander. Poi si rivolse alla ragazza : “ Signorina Honeycombe, è un piacere rivederla.”

Callie rispose al saluto, mentre notava uno strano sorrisetto addolcire le rughe sul volto dell’anziano. Immaginò che fu davvero contento rivederla in compagnia del suo signore e si accorse troppo tardi di stare arrossendo.

“Più volte ho pensato che volesse far di voi la padrona di questa casa…”                                                                                              
“Gordon, và ad avvertire Lucy del nostro arrivo e dille di preparare il tea. Voglio che sia servito il prima possibile, d’accordo?”

Gordon annuì ed esclamò, tutto sorridente: “Subito, signorino! E dove desiderate che sia servito?”

Alexander si accigliò all’agitazione gioiosa del suo vecchio servitore e, guardandolo con finta indignazione, rispose “In quel posto. Ora và, prima che la signorina Honeycombe ti trovi troppo impudente!”

Callie, che se la stava ridendo per il signorino utilizzato da Gordon, si riscosse e asserì: “ Non siate scortese, signore! Gordon sarà pure un domestico, ma è di una premura mai vista. Quando mi sono recata da voi, qualche mese fa, lui mi ha accolto anche se eravate già partito e mi ha trattato così gentilmente!”

Alexander sgranò gli occhi neri e la guardò, stupito: non era a conoscenza di questo fatto. “Ma…cosa?! Gordon!”

Il vecchio maggiordomo era già lontano, si voltò solo per congedarsi con un frettoloso quanto agitato inchino. Poi sparì all’interno della casa, battendo in ritirata.

Callie aveva assistito a quella bella scenetta con il sorriso sulle labbra e ora cominciava ad essere curiosa di sapere cosa esattamente fosse quel posto. Siccome l’avrebbe comunque saputo presto, si rivolse ad Alexander e commentò: “Non dovete maltrattarlo.”

Il volto dell’uomo era ancora voltato verso il punto in cui il suo domestico era sparito. “è con me da quando ero solo un bambino, quindi parecchi anni fa…Credo che sia l’unico dei miei servi che possa rivolgersi a me con quei toni da genitore premuroso.” rispose lui senza guardarla.

Callie studiava la sua espressione e il suo tono di voce, sorpresa: Alexander James Norris le si stava rivelando sempre più sotto un nuovo aspetto e una nuova luce. Non le sembrava nemmeno più la persona che aveva imparato a conoscere fin dall’inizio!

Qual è il tuo vero io?

È forse questo, non è vero?

Ma tutto fu cancellato dalla sua voce che la invitava ad entrare in casa insieme a lui. Così Callie fece il passo e oltrepassò quel confine, specchio del passato dell’uomo impossibile che diceva di amare.

 

La ragazza guardava Alexander aprire la grande porta che li divideva da quel posto. Era una porta imponente e in legno chiaro, intarsiata da motivi floreali che si susseguivano l’uno dentro l’altro: si chiese se, oltre la soglia, vi fosse un altro mondo. E, soprattutto, perché fosse stata ben chiusa a chiave.

La porta, aprendosi, non emise nemmeno un cigolio e Alexander si fece da parte per farla passare. Dipinta in volto un’espressione indecifrabile, un sorriso leggero che poteva esprimere qualunque cosa.

Callie si accorse di non aver sbagliato di molto: poteva benissimo trovarsi in un altro mondo. Perché quella stanza differiva totalmente dal resto della casa che aveva avuto modo di intravedere. Quel luogo emetteva luce: era immenso e alto, era candido, innocente, immutato. Era una libreria illuminata dalle ampie vetrate che davano sul giardino di fuori, quasi un luogo lontano dalla fredda Inghilterra.

Quel luogo era Laura.

Callie con il cuore in gola e l’espressione sbalordita, si portò velocemente al centro dell’immensa sala: ovunque attorno a lei si innalzavano libri su libri. Erano centinaia!

Non riuscì a reprimere un’esclamazione di meraviglia: “O mio dio! È così bello…tutto questo…non sembra neanche reale!” e continuò a guardarsi intorno freneticamente, camminando da una parte all’altra, tra gli alti scaffali. Come avrebbe voluto una libreria del genere in casa sua!

Ritornò verso l’ingresso, ritrovando Alexander esattamente dove l’aveva lasciato, appoggiato alla porta chiusa con le braccia incrociate. Callie si accorse che i suoi occhi neri non si staccavano da lei e, improvvisamente, si sentì nuovamente ardere.

Non riuscendo a sostenere quello sguardo, gli voltò le spalle e chiese: “Questo luogo…era per lei, non è vero?”

Alexander non fece in tempo a rispondere perché un battito leggero sulla porta annunciò l’arrivo di Gordon con il tea. Il maggiordomo non aveva la sua età per niente e capì subito che aria tirava in quella stanza: non pronunciò nemmeno una parola mentre appoggiava il vassoio sul primo tavolo disponibile e non fiatò nemmeno quando, con un inchino, si ritirò. Lo sguardo serio e impassibile di Alexander e l’ostinazione con cui Callie gli stava voltando le spalle bastarono a mettere in allarme il servitore.

Intanto la ragazza aspettava ancora una risposta con un senso di ansia tale da farle venire perfino la nausea. Le girava la testa.

“Sì, ho costruito questa stanza per lei.”

Il tono controllato di lui la infastidì forse più di qualsiasi sua affermazione pungente o ironica fatta fino ad allora. Cercò di non apparire troppo nervosa o, ancora peggio, gelosa: “Amava leggere?”

“Sì. Passava delle ore intere con lo sguardo perso nella lettura, proprio come voi.”

Proprio come voi.

Perchè fa tutto questo per me?

Tu non sei lei.

“Perché mi avete portato qui?” sbottò Callie, senza più riuscire a nascondere il suo risentimento. Non avrebbe mai dovuto seguirlo, mettere piede in quella casa. In più, lo stomaco era attanagliato dal senso di colpa: essere gelosa di una persona ormai morta, non la faceva sentire bene.

Udì Alexander portarsi lentamente dietro di lei.

“Voglio che tutto questo sia tuo.”

Callie, con il cuore che le martellava ferocemente dentro, si voltò di scatto: l’uomo era a meno di un metro da lei e lo sguardo sicuro e calmo che le rivolgeva, per un attimo, le fece paura. Ancora una volta, non stava affatto scherzando.

“Invece di guardarmi con quella graziosa bocca aperta, perchè non dite qualcosa?”

La ragazza arrossì furiosamente, ma si riscosse in tempo per potergli rispondere:” Vi ringrazio di cuore ma…ancora non capisco perché vi ostiniate a fare tutto questo. D’altronde sei stato tu a dirmi che da te, io, non potevo avere nulla, no?”

“Non posso darti quello che stai cercando, Callie.”

La ragazza sentì uno sgradevole sussulto nelle viscere quando vide gli occhi neri di Alexander aprirsi in un’espressione di amara sorpresa. Abbassò lo sguardo per non vederli più.

Ma fu un errore, perché ebbe l’effetto di far perdere totalmente il controllo all’uomo che le stava davanti.

Callie si trovò dolorosamente imprigionata fra lui e uno scaffale in un attimo, mentre le mani grandi di Alexander le premevano sui polsi con decisione. Era accaduto tutto così in fretta che non riuscì quasi a imporsi di reagire.

Così alzò lo sguardo su di lui, sorpresa.

“Ancora non capisci?!” le gridò lui, con dipinta in volto un’espressione rabbiosa a cui la ragazza non era abituata. “Dimmi esattamente, signorina Honeycombe, cosa devo fare per farti…comprendere cosa nutro per te?! Non è abbastanza?!”

Gli occhi bui di Alexander le bruciavano addosso, a pochi centimetri da lei. E i suoi capelli corvini le solleticavano il volto mentre il loro padrone, senza aggiungere nient’altro, decideva di prendersi le labbra di Callie con decisione.

 

Era accaduto talmente all’improvviso che Callie credette di stare vivendo solo un sogno.

“Io non sono come quell’uomo.”

Il pavimento era gelido a contatto con la sua schiena nuda ma, stranamente, la sua mente era completamente persa nell’atto di osservare. Guardare e ammirare le sue piccole mani farsi strada sulla pelle olivastra di Alexander che, ora, nascondeva il viso fra i suoi capelli castani, ormai tutti in disordine.

“Io non vi farei mai del male.”

Ogni cosa. Tutto, in quei momenti, era andato perduto, dimenticato. Callie non sapeva più chi era Alexander, non le importava. Non era più la persona che aveva fatto emergere il suo passato, che si era presa gioco di lei, che l’aveva ferita, annientata. Non era più il damerino tanto alla moda e dal carattere altrettanto impossibile visto ogni settimana con una signorina diversa.

E non era più l’uomo ferito con la moglie morta di cui lei era la sostituta.

Solamente, era l’uomo che amava, sopra di lei e dentro di lei. Alexander che la stava prendendo completamente e, così facendo, le lasciava una cicatrice che Callie non avrebbe mai più potuto dimenticare.

“Io…non ho fatto che pensare a voi in questi due mesi.”

 Tempo prima, a Callie sembravano ore, l’uomo le aveva sfilato il vestito e, senza fretta, aveva lasciato che lei potesse fare lo stesso con lui. La ragazza non aveva avuto alcun imbarazzo nel spogliarlo perché, paradossalmente, il corpo di Alexander le sembrava di conoscerlo da sempre. In fondo, stava bruciando da talmente tanto tempo che ormai non poteva più esser salvata.

E quando Alexander era andato ad accarezzarla dolcemente tra le gambe, ogni inibizione era stata abbandonata.

“Non vi siete mai chiesta come mai riesco sempre a trovarvi, senza sapere dove siete?”

Callie si aggrappò con forza alle sue spalle ampie, chiudendo gli occhi, inseguendo ogni movimento che lui imprimeva dentro di lei. Un fuoco divampava e bruciava all’interno del suo corpo e in quello di Alexander: entrambi non avrebbero potuto dimenticarlo, perché quello che stava accadendo poteva significare felicità o rovina.

No. Non avrebbero più dimenticato.

“Non lo sai, Callie?”

Lo sentì gemere e quella voce, quel gemito, le scaldò il cuore: Alexander si abbandonava a lei, fra le sue braccia, sul suo seno, fra le sue gambe. Ovunque. Capì forse per la prima volta la reale portata dei suoi sentimenti, di quanto l’aveva sempre amato, proprio fin dall’inizio.

Gli prese la testa corvina fra le mani e lo baciò a lungo, mentre quel movimento era sempre più veloce, deciso dentro di lei. Serrò le gambe attorno al suo bacino sudato mentre sentiva imminente il momento di massimo piacere. Non si stupiva più ormai di sentirsi ansimare al suo orecchio, perché tutto ciò che voleva era che Alexander non si fermasse.

Non desiderava vederne la fine.

“Voglio che tutto questo sia tuo.”

Fino all’ultimo momento della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota!

Per quanto riguarda la scena finale di questo capitolo non ho ritenuto necessario alzare il rating della storia stessa che ,quindi, rimane giallo.

Ok, lo so, potevo fare anche a meno di specificarlo, vero? :)

  
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