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Autore: AlexysBlack    18/01/2012    1 recensioni
Inizia tutto con una preda, e ancora non so come finirà.
Collocata in un tempo alternativo rispetto al telefilm, tempo in cui anche le vittime sono importanti, questa è la storia di una di queste.
Una preda tutta particolare che ancora non si sa a cosa porterà.
Per quanto il sangue di una preda potesse essere analgesico ed anestetizzante non faceva dimenticare davvero.
Non lo aveva fatto per centoquarantacinque anni, e continuava a non farlo.
Soprattutto da quando quella voce contuava a ricordargli quanto dimenticare fosse impossibile, soprattutto attraverso il sangue di persone innocenti. Eppure, nonostante la coscienza gli urlasse di interrompersi, il cacciatore voleva ancora sentire la sinfonia di una vita spezzata, per l'ennesima ultima volta e adesso, con i canini affondati nel collo purpureo di una ragazzina di diciassette anni, con il sangue dolce, puro, e delizioso, lui non faceva che ricordare.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Wave of Anguish Lettrici, ve lo dico subito, questo capitolo è un misto di passato, presente e futuro, quindi...state attente.
E non solo al filo delle storia. Questo capitolo è cattivo, e mi dispiace. Lei (Arwen) si è costruita così, io sono solo un tramite.

Wave of Anguish

Sola nella propria stanza da letto giaceva inerme una bambina dai folti ricci rossi, cercando di scacciare l'ondata di angoscia che le si riversava addosso mano a mano che i passi lungo il corridoio si avvicinavano a lei. E per un attimo sperava che i vicini fossero pressati contro il muro che divideva le loro case, lo stesso muro contro il quale si schiacciava per non essere trovata, cosa che puntualmente non accadeva: il fantasma riusciva sempre a trovarla.
Per un attimo sperava che lui si riavesse, che lui capisse chi lei fosse, e che la smettesse di starle addosso, di toccarla e...di non riconoscerla.
Ma lo spettro dell'uomo che sarebbe dovuto essere suo padre continuava a non guardarla negli occhi, stringendola per i capelli, e violandola, chiamando per nome la donna che li aveva abbandonati.

Arwen si svegliò di soprassalto, la testa colma di assenze che non si sapeva spiegare e che fecero aumentare esponenzialmente il suo battito cardiaco; un suono tipicamente ospedaliero richiamò la sua attenzione, e  la stanza verde acqua -colore che ricordava morte e predestinazione- assunse lentamente forma intorno a lei. Riprendendo conoscenza, ricordò un volto familiare che la sua mente classificò mentalmente come "amica" e "gentile", in un riflesso condizionato che non era affatto da lei, considerata la sua poca fiducia negli esseri umani. Forse, si disse, quella Gwendolyn doveva essere una creatura magica se era riuscita a guadagnarsi tutto questo affetto incondizionato da parte sua.
La donna dal volto rilassato e sollevato -da una colpa, forse? Si chiese una parte del suo cervello che le diceva di stare all'erta- le comparve accato accarezzandole la mano e guardandola con gli occhi di chi conosce i segreti di un ricordo rimosso ma mai dimenticato.
"Come ti senti, cara?"

Il suono gentile e carezzevole di un carillion si espanse nel piccolo salotto coperto di polvere, dove un albero di Natale basso e morente si ergeva davanti alla bambina dalle ciglia rosse ed inumidite da un'altra notte di urla mai espresse; non gli avrebbe mai permesso di vederla piangere, nemmeno quando aveva sette anni e le mani sporche di pennarello rosso.
Era la mattina di Natale e suo padre, se così poteva definirlo, non c'era.
Lui non la guardava mai, al mattino. E nemmeno per il resto della giornata, a dirla tutta.
In quella casa c'erano solo lei e il diario di sua madre, quando il sole splendeva fuori dalle finestre.
E quando calava il buio, lo spettro rientrava e prendeva tutto ciò che gli mancava.
Prendeva da Arwen ciò che non poteva ottenere da nessun'altra.
"Come ti senti, cara?" Aveva chiesto sua nonna dall'altro capo del telefono, dall'altro capo del mondo, in un'Europa che sembrava una terra magica di elfi e fate buone, dove il male e la notte non calavano mai.

Qualcosa di Gwendolyn la infastidiva, ma le aveva salvato la vita, quella vecchietta, ed erano ormai diventate amiche per quanto si potesse avere un rapporto con una donna come lei, sempre attenta a rimanere sul vago, a non fare mai la domanda sbagliata.
A volte Arwen pensava che Gwendolyn sapesse tutto di lei, del suo passato come del suo futuro, e a volte negli occhi castani ed affusolati della donna vedeva una scintilla di malignità, di pericolo, che non riusciva a spiegarsi. E ripensava al verde acqua, e a un proiettile.
Ripensava ad un sogno fatto di amanti e pistole.
Ripensava a fantasmi di amori che non aveva mai conosciuto, e tremava, Arwen svegliandosi in luoghi sconosciuti.
Ma poi c'era sempre Gwendolyn a spuntare dal nulla, con una nuova scusa pronta e dei vestiti puliti da darle, e lei si sentiva a casa.
In una casa maledetta e malvagia, forse, ma pur sempre in una casa.

Non aveva mai detto niente a nessuno, la piccola Arwen di nemmeno sette anni. E nemmeno ad otto, o a dieci, o a dodici.
Non aveva mai detto niente a nessuna delle sue amiche che a quattordici anni avevano il fidanzatino e lei non era mai riuscita a farsi toccare da un ragazzo perché loro sentivano che in lei qualcosa non andava. Non era una brutta ragazza, Arwen, ed era stata una bambina bellissima: la pelle bianca come il latte e i capelli rossi come il sangue. La ragazza ideale, se non fosse stato per un po' di carne di troppo qui, e qualche chiletto preso di là, che la rendevano agli occhi degli uomini...inafferrabile.
Fertile, ma con un segreto nascosto nelle profondità di quella fertilità che allontanava e spaventava.
E quando la mattina del suo quindicesimo compleanno aveva preso il carillion, i cento dollari del lavoretto in biblioteca, e i diari di sua madre si era sentita libera.
Varcata la soglia di quell'incubo, la sua vita era ricominciata.
Ma dopotutto Arwen sapeva che si sarebbe per sempre portata dietro una traccia di ciò che era stata.
E l'angoscia a volte tornava, di notte, in una stanza che profumava di lavanda e rose, mentre con l'alba tutto ciò che restava del viaggio notturno erano cocci di un sogno terribile e schizzi di sangue.
Un corvo e una bambina, solo questo le rimaneva dopo la tempesta.

Angolo "Autrice": Buonsalve, gente!
Eccomi con un nuovo aggiornamento, un po' dispiaciuta che non ci siano state tantissime visite\commenti. Scrivo in modo contorto, dovete perdonarmi, credo (:
Beh, questo capitolo è ambiguo e in parte crudele, perché viene fuori un passato piuttosto tormentato e terribile di Arwen. Il suo futuro è ancora tutto in costruzione, ma sappiate che andando avanti forse capirete meglio alcune parole\dettagli ora incomprensibili xD
Cosa sta per accadere ad Arwen? Non lo so bene nemmeno io, guys.
Questo è un capitolo di transizione, all'interno del quale scopriamo qualcosa in più del nuovo personaggio. Il titolo è tratto da una canzone dei Lacuna Coil, una mia nuova passione, così come i Nightwish**
Simply, pare che scriva solo pour toi, mon amour xD
Chiedo scusa per la lunghezza, non tutti i capitoli saranno prolissi come il primo (per fortuna!) Alla prossima, gente!
Vi preeeeego, commentate *_* (Faccina che implora commenti xD)
Grazie ad AriaSolis e Bonnie98 per aver messo la mia cosuccia fra le seguite, Gloria7 e Simply (che ormai domina negli Angoli Autrice xD) per aver messo fra le preferite! Vi adoro, lettrici (:  
Baci,
-Alexys-

*Se ne va portandosi dietro anche un corvo e una bambina. C'è posto, Simply, sul tappeto?*



  
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