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Autore: Melanto    19/01/2012    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 12: I Briganti di Ghoia (parte I)

Lingua di Serpe – Regno degli Ozora, confine con le Terre del Nord

La prima cosa che Ryoma Hino vide appena arrivarono al confine Nord, in quella striscia di terra in cui si sarebbe consumata la battaglia per la salvaguardia dei Regni degli Ozora, fu un enorme iktàba(1) che sgranocchiava la carcassa di quello che era stato un cavallo.
Ringraziò di avere uno stomaco di ferro e non vomitò, ma a Ramon, al suo fianco, non andò altrettanto bene. Gli vide girare il capo e coprirsi la bocca con una mano, per non guardare con quanta delizia l’animale stesse consumando il lauto pasto.
“Dov’è il Master Wakabayashi?”
Sentì il Comandante Hongo che chiedeva informazioni all’Elemento di Terra che si trovava sul dorso del mastodontico vermoide.
“E’ in testa alla guarnigione, signore! Tiene sotto controllo le mosse del nemico assieme all’Airone di Cristallo!”
Il mago indicò dopo l'accampamento, dove le prime linee di Elementi erano schierate. Oltre ancora, si estendeva un’enorme superficie di roccia nuda e sterile. La pietra emergeva dalla polvere in spuntoni taglienti e grigi, come il cielo, che da quando erano arrivati non aveva mai mostrato il sole, nascosto dietro nuvole minacciose. Le avevano già avvistate in lontananza, mentre si avvicinavano sempre di più al loro obiettivo. Adesso formavano una coltre compatta che faceva arrivare prima la notte.
Hongo conferì un momento col Re e poi si volse, dando i suoi ordini al Capitano Victorino. “Di’ agli altri capitani di accamparsi qui, noi andiamo a parlare col Master Wakabayashi.”
Il giovane annuì e si allontanò. Allora il Comandante si rivolse a lui: “Ryoma, tu vieni.”
Hino accennò col capo e spronò il cavallo.
Gli Elementi di Terra erano stati i primi ad arrivare, data la loro vicinanza al Nord. Stesso discorso valeva per quelli di Aria, i secondi sulla linea del traguardo.
Mentre si faceva largo tra animali e persone, vide un paio di loro volare a tutta la velocità sopra la sua testa e allontanarsi, per prestare soccorso ad alcuni feriti che erano ritornati dalla spianata.
Assieme ai maghi guerrieri erano giunte al confine anche alcune delle guarnigioni della Guardia Cittadina mandate dai Doge delle città più vicine al fronte.
Con curiosità si guardò attorno: degli Elementi di Fyar e Agadir ancora nessuna traccia. Meglio così, almeno per un po’ non avrebbe avuto la faccia di quel presuntuoso del Master Hyuga sotto al naso.
Quando scorse un golkorhas accucciato e sonnecchiante capì che erano arrivati: quello era l’animaletto domestico del Marmo Nero. Ghignò. Non c’era niente da dire, aveva davvero dei gran bei gusti in fatto di cuccioli.
“Master” salutò il Re solennemente, scendendo dal destriero.
Misugi gli rivolse un educato inchino, mentre Wakabayashi si limitò a un cenno del capo. Aveva il piede puntellato su una roccia sporgente, un braccio appoggiato sul ginocchio e l’altro al fianco. Con loro c’erano i sei Magister che formavano i Consigli Scolastici di Alastra e Tyran.
Erano tutti riuniti attorno a una grande cartina spiegata su un tavolo rimediato alla buona da un ciocco di pietra.
“Allora, ditemi: com’è la situazione?” Il sovrano passò subito al sodo.
“Stabile” spiegò il Marmo Nero. “Al momento ci sono stati alcuni tentativi di incursione, ma siamo riusciti a rispedirli al mittente con svariati feriti ma senza alcuna perdita.” Indicò oltre la distesa desertica e solo allora Ryoma si rese conto che tutti quei puntini scuri, che lui aveva creduto essere parte del panorama, erano invece i soldati dell’esercito di Gamo. Ed erano molti di più di quanto avesse immaginato.
Tra di loro, qualche bagliore saettò per alcuni secondi prima di scomparire.
Quelli dovevano essere gli Stregoni.
“Sembra stiano aspettando prima di dare inizio alle danze vere e proprie.”
“Aspettando?” Ryoma inarcò un sopracciglio, dipingendosi una smorfia.
Master Wakabayashi ammiccò. “Proprio così. Aspettano di vederci al completo.”
“Volete dire che vogliono attendere l’arrivo degli altri Elementi? A che scopo? Se attaccassero adesso sarebbero avvantaggiati.”
Il giovane scosse il capo, sbuffando un sorriso sghembo. “Oh, ma a Gamo non frega un cazzo del vantaggio.”
“E’ così” sospirò il Re. Avanzò di qualche passo, superando il gruppo lì riunito. Con le mani dietro la schiena osservò il nemico in lontananza. “E’ un uomo troppo orgoglioso. Una vittoria ottenuta senza che il nemico sia al massimo delle forze non è in grado di soddisfare il suo ego spropositato.”
Ryoma pensò che fosse una pessima, pessima mossa. Anche lui aveva un ego grosso quanto l’intero Elementia e l’importante era vincere; che l’avversario fosse o meno al meglio poco gli importava.
Master Misugi prese la parola, attirandosi lo sguardo del Re. “Ci sono notizie sulla salute del Principe Tsubasa, Vostra Altezza?”
L’uomo sospirò ancora, scuotendo il capo. Adagio tornò indietro. “Ancora nulla, purtroppo. Ho aspettato fino a che ho potuto, ma non c’erano novità e io dovevo partire. Data la domanda, immagino che nemmeno voi abbiate saputo niente, vero?”
“Purtroppo no, Vostra Altezza. Non abbiamo notizie dei nostri Elementi da che sono partiti per raggiungere la Capitale.”
Il Re abbassò gli occhi al suolo, fissando un non ben precisato punto. Annuì piano, valutando l’intera situazione. “Sì, capisco. La strada per il Sud è molto lunga, dopotutto.” Cercò di sorridere, mostrando fiducia nell’operato delle Scuole Elementali. “Non resta che aspettare, dunque, e pensare ai problemi imminenti. Mostratemi la disposizione degli uomini.” 
Koudai si avvicinò alla piantina per dare un’occhiata alle strategie imbastite da Master Misugi, quando un Elemento d’Aria arrivò all’improvviso, rimanendo sospeso a mezz’aria.
Ryoma si era sempre chiesto come diavolo facessero, ma in quel momento non gli sembrava il caso di mettersi a lambiccarsi il cervello con simili idiozie.
“Master, porto notizie!”
“Riferisci, Magister Pascal.”
Il giovane indicò un punto verso l’orizzonte. “Uomini in avvicinamento da Ovest, signore. Sono gli Elementi di Fyar a cavallo dei màlayan.”
Il Master annuì. “Va’ loro incontro e guidali. Una volta arrivati, di’ al Master Hyuga di raggiungerci assieme al Consiglio Scolastico di Fyar.”
L’Elemento annuì e volò via a tutta velocità, sembrava una scheggia.
Hino avrebbe preferito di gran lunga restare lì a far congetture sui loro trucchetti magici, ma tutto quello che riuscì a pensare, con un pesante sospiro, era che ora, all’appello, mancava solo il Master Matsuyama e dopo avrebbero davvero potuto dare il via alla guerra.

Via Crociata – Regno degli Ozora, Terre del Sud Centro-occidentali

Mamoru richiuse il diario di viaggio dopo aver spuntato, con un bastoncino di grafite, l’ennesimo nome dalla lista delle città che occupava tutta la prima pagina. La riga lo copriva per intero e vedere quell’elenco di nomi barrati gli fece tirare un lungo e infastidito sospiro.
Herus. Whae. Akaranta. Misham(2).
Questi erano i centri che avevano raggiunto dopo Dhyla, ma in tutti la risposta era stata sempre la stessa: il Principe non era stato rapito in nessuno di loro.
Era come sbattere la testa contro un muro sempre nello stesso punto, sperando di romperlo, in un gioco per vedere chi era il più duro. E loro non sembravano vincere.
Sollevò lo sguardo, continuando a cavalcare lentamente. Davanti a lui si estendeva il Dogato di Tha Cerròs, uno dei più vasti e frammentati dell’intero Sud. Le sue terre comprendevano circa una quarantina di centri minori, che si perdevano tra le numerose foreste. In lontananza, si potevano già intravvedere le vette del sistema montuoso del Nohro. Si stavano ormai addentrando verso le zone più selvagge e impervie del Sud. Prima e oltre la modesta catena montuosa, vi erano le foreste Lulha, le più grandi del Regno degli Ozora, cui facevano parte anche quelle del dogato che stavano attraversando. Poi paludi e acquitrini.
Si poteva dire che il Dogato di Tha Cerròs fosse uno degli ultimi avamposti conosciuti prima di inoltrarsi verso le montagne, oltre le quali tornava la pianura, ma la differenza di tradizioni si faceva più forte e la voce del Re arrivava molto più ovattata, quasi sconosciuta. Anche per questo, si vociferava, era stato combinato il matrimonio del Principe con la figlia del Doge Nakazawa di Nankatsu, sperduto alla fine del Regno, per consolidare la presenza degli Ozora sul territorio.
Magheggi reali.
A lui non importavano poi tanto, a dirla tutta.
La città principale, Tha Cerròs, non era così grande, rispetto alla superficie del dogato. In confronto, Dhyla era ben più vasta. A ogni modo, la loro tappa sarebbe stata Ghoia, uno dei centri minori.
Mamoru volse appena la coda dell’occhio. L’iride pece corse subito a catturare il profilo del volto di Yuzo che cavalcava adagio al suo fianco, mentre Hajime e Teppei proseguivano più avanti lungo la Via Crociata.
Mizukoshi apparteneva al Dogato di Tha Cerròs.
Mizukoshi distava nemmeno un giorno da Ghoia.
Mizukoshi era vicinissima, ma il volante non l’aveva più nominata dopo quella sera a Rhanka; nemmeno ora, che avrebbe potuto chiedere di deviare il percorso per poterla raggiungere.
Gli aveva detto di non considerarla la sua città, ma poteva credergli fino in fondo?
Da quando avevano lasciato Dhyla, ogni parola gli era sembrata si riflettesse su quella lastra invalicabile di vetro che giaceva in fondo ai suoi occhi. La percepiva spessa, indistruttibile. Vecchia quanto lo stesso volante.
Yuzo.
E così era del Sud, come lui. Essendo vissuto per lo più ad Alastra, non aveva l’accento tipico di quelle zone che, invece, a lui a volte sfuggiva.
Solo in quel momento Mamoru si rese conto che erano sempre stati vicini, fin da prima di conoscersi. Come poteva chiamarlo, quello? Destino?
Accidenti! Stava cominciando a parlare come Teppei!
La Fiamma non trattenne una mezza risata e si passò una mano nella lunga chioma corvina, scuotendo il capo.
“E’ tutto a posto?” domandò Yuzo, attirato dai suoi borbottii.
“Sì, se così si può dire.” Mamoru dissimulò i reali pensieri, buttandoli su qualcosa di più serio.
“Pensi ai troppi buchi nell’acqua?”
La Fiamma avrebbe voluto chiedergli come facesse a comprenderlo con tanta semplicità anche quando ciò che stava formulando era il pensiero dell’ultimo secondo, però si limitò a guardarlo dritto negli occhi prima di annuire adagio.
Il volante ispezionò l’intorno cercando di scrutare nel fitto della vegetazione che costeggiava la Via Crociata.
“Gli Stregoni non dovrebbero avere una base da queste parti?”
“A dire il vero, non si sa con precisione.” Anche Mamoru si ritrovò a compiere lo stesso gesto, ma le fronde erano talmente intricate che era già tanto se riusciva a scorgere qualche albero più lontano. “Si ipotizza essere in una zona che comprende anche il sistema del Nohro, ma nessuno lo sa con certezza.” Abbozzò un ghigno. “Altrimenti sarebbero già andati a stanarli come ratti. Il problema delle basi degli Stregoni è dovuto al fatto che le cambiano di continuo. Qui al Sud, poi, ci sono un’infinità di luoghi in cui nascondersi.”
Mh, capisco.” Yuzo tornò a guardarlo. “Però, il fatto che il Principe abbia dovuto attraversare le montagne deve essere stata un’ottima opportunità per loro.” Inarcò un sopracciglio, assumendo un piglio più pensieroso. “E se fossero passati vicino al nascondiglio senza saperlo?”
“Giusta osservazione. Fossi stato uno Stregone, non me li sarei lasciati sfuggire.” Lo sguardo di Mamoru si fece più sottile e cupo. “E se nella scorta reale c’è davvero un talpa, allora possono anche essere stati attirati tutti in una trappola.”
Il volante tirò un sospiro preoccupato che gli fece subito stemperare l’espressione severa per tentare di rassicurarlo in qualche modo. Senza nemmeno pensare. Ormai era così che agiva nei suoi confronti; non pensava più, non stava lì a valutare cosa faceva e cosa diceva, non si ammoniva per essere troppo protettivo, non temeva più che l’altro avrebbe potuto farsi chissà quali strani pensieri sul suo conto. Agiva d’istinto, che equivaleva a dire che si comportava nella maniera più naturale e rilassata possibile.
“Vedrai che lo troveremo. E poi sono sicuro che al Principe non avranno torto nemmeno un capello; è un prigioniero troppo importante e se il Nero è davvero interessato alla Chiave Elementale, sta’ pure tranquillo che preserverà il giovane Ozora sotto una campana di vetro.”
Yuzo sorrise a quelle parole e tornò a guardare la strada che si perdeva in lontananza, tra altre foreste e fronde sconosciute, cariche di un verde scuro e inquietante. Silenzioso.
“Senti” esordì Mamoru a un tratto. Si era detto che avrebbe dovuto almeno tentare e vedere la sua reazione.
Il volante lo osservò con espressione serena sul volto, ma… ma dannazione! La muraglia era ancora lì! Che fosse triste o felice, appagato o ferito, il suo sguardo continuava a essere solo la superficie di uno specchio.
“Se lo desideri possiamo deviare per Mizukoshi, prima di arrivare a Ghoia. Si tratterebbe di allungare il percorso solo di-”
“No. Grazie.”
La Fiamma inarcò un sopracciglio a quella risposta così secca e decisa, ancor prima che lui finisse la frase. E anche se l’uccellino stava sorridendo in maniera cordiale, il tono gli era parso tagliente come vetro. Il vetro della muraglia.
“Sei sicuro? Non vuoi salut-”
“Ho detto di no. Abbiamo già perso un sacco di tempo, non mi sembra il caso di sprecarne ancora dietro futilità.”
Ancora quella fermezza che colpiva in maniera precisa e veloce, come un colpo di frusta.
Il volante era tornato a volgere lo sguardo alla strada, mentre lui assumeva un’espressione indagatrice.
“Io non credo sia così futile.”
“Ti ho già detto che quella non è la mia città. Non c’è alcun motivo per andare a Mizukoshi.”
“Ti hanno trattato male?”
“No, affatto.”
“E allora non capisco perché-”
“Mamoru.” Gli rivolse lo sguardo, ancora, ma stavolta le mura di difesa erano diventate due: l’Autocontrollo di Alastra era magicamente apparso per dar manforte. “Anche mio padre si è dovuto arrendere davanti ai miei ‘no’.” Che equivaleva a dire: ‘se lui non mi ha fatto cambiare idea, non ci riuscirai tu. Desisti.’
La Fiamma decise di mollare la presa, solo per il momento, perché arrendersi, tsk!, non rientrava nel suo vocabolario.
Questa volta, entrambi tornarono a guardare in avanti, verso le schiene di Hajime e Teppei, i quali parlottavano e ridevano, indicando il panorama. Ma Mamoru non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione di Yuzo.
Gli aveva visto usare l’incantesimo di difesa svariate volte, ma non gli era mai parso così freddo e imperscrutabile. Gli era bastato nominare quella città e il volante aveva cambiato atteggiamento; per un attimo aveva faticato a riconoscerlo dietro la risolutezza del tono e dello sguardo. Gli era sembrato di rivedere sé stesso quando si trovavano a Dhyla, solo che lui sfogava il suo rancore con la rabbia, mentre Yuzo-…
Cosa aveva detto?
Si volse di scatto per osservare il profilo del compagno e in quell’istante gli sembrò di capire. Capire quel muro che non riusciva a oltrepassare, che gli impediva di dissolvere le ombre.
Era quello che celava, quindi?
Yuzo provava rancore?
Proprio lui, che non sapeva odiare nemmeno i suoi nemici, che non aveva voluto affrontare il Demone di Terra, che sarebbe stato capace di perdonare anche quel folle di Hans… in realtà serbava un sentimento così forte da averlo addirittura compresso sotto un incantesimo così potente da essere invalicabile?
Rancore.
Ma verso chi e perché?
Verso la gente dell’orfanotrofio? Eppure aveva detto che non lo avevano trattato male.
Espirò lentamente, distogliendo lo sguardo per spostarlo sulla criniera del proprio cavallo.
Più il tempo passava e più Yuzo diveniva un enigma di cui non riusciva a trovare la soluzione. All’inizio, gli era sembrato così trasparente da essere fin troppo prevedibile, ma ora… ora sapeva che non lo era mai stato davvero. Ora che si era reso conto di conoscerlo meglio, ora che era capace di comprendere i suoi meccanismi di difesa appariva ai suoi occhi come un qualcosa di così complesso da essere indecifrabile e i suoi pensieri sfuggevoli, nascosti, inafferrabili. Come un refolo di vento: potevi sentirlo, ma non vederlo né toccarlo.
“La ninnananna che hai cantato a Yoshiko” disse, d’un tratto, in un tentativo di allentare quella tensione che si era creata tra loro in un battito di ciglia. “Te l’hanno insegnata ad Alastra?”
“No, la conoscevo da prima.” Il tono di Yuzo aveva perso la durezza. “Credo me la cantassero all’orfanotrofio. Quando ero molto, molto piccolo. Non lo ricordo con precisione.”
“Com’era vivere lì?” Mamoru lanciò un’occhiata fugace al volante con la coda dell’occhio, lo vide stringersi nelle spalle e, nonostante le labbra fossero più tese, rispose ugualmente.
“Normale. Avevo due istitutrici, la Signorina Heidi e la Signorina Wilhelmina. Erano simpatiche.”
Comprese il suo modo di tagliare corto quel discorso che, palesemente, non gli piaceva. Così, anche lui smise di domandare.
Espirò lungamente, lo sguardo alla via da percorrere.
“Era una bella canzone.”
Al suo fianco, il volante non rispose subito, ma assunse una postura più ritta e sollevò le sopracciglia. Guardò il compagno, si volse altrove e tornò a guardarlo. Perplesso.
“Prima dici che sono bravino, ora che la canzone era bella…” gli venne da ridere. “Ti starai mica convertendo, vero? Tra un po’ dirai che ti siamo simpatici?”
Woh! Woh! Woh! Rallenta, grand’uomo!” Mamoru s’affrettò a freddare tutte le sue congetture, guardandolo come se avesse detto un’eresia e gesticolando animatamente. “Adesso non allargarti, va bene? Prima che io possa dire di trovare simpatici i volanti ne dovrà passare di tempo!”
“Ah, mi pareva!” rise l’uccellino.
Vedendolo di nuovo tranquillo e sapendo che non lo era mai fino in fondo, Mamoru sospirò.
Vicino da poterlo toccare, ma distante migliaia di miglia.
Accennando un mezzo sorriso più mesto, si domandò se, alla fine di quella strana avventura, sarebbe mai riuscito a scoprire com’era fatto il vero Yuzo.

Ghoia, Dogato di Tha Cerròs – Regno degli Ozora, Terre del Sud Centro-occidentali

“Beh, benvenuti a Ghoia…”
Mamoru lo disse con marcata ironia appena entrarono in città e da subito ebbe una strana impressione.
La tensione sembrava essere così densa da divenire tattile e si sorprese che non fosse addirittura visibile. Anche l’aria appariva immobile, quasi stagnasse sulle teste di tutti nemmeno temesse di poter rompere qualcosa.
L’ingresso alla cittadina aveva un piccolo e sparuto mercato. Ai lati della strada c’era una fila di banchi dove i venditori esponevano la merce, ma non c’era molta gente in giro, nonostante fosse passata da poco l’ora di pranzo. Le persone che si aggiravano erano così silenziose da sembrare fantasmi.
L’intera Ghoia li aveva accolti con un mormorio sottile e pacato, quasi non si dovesse fare rumore.
Dopo essere stati travolti dalla vita frenetica di centri come Dhyla, lì sembrava che la vita si fosse spenta.
“Posticino tranquillo, no?” azzardò Teppei, stentando un sorriso per rinfrancare gli spiriti, ma Mamoru preferì non girarci intorno e dire le cose come stavano.
“Tranquillo? Sembra una tomba.”
Che si fossero spinti lontano dalla Capitale era ormai chiaro. Lo si poteva intuire dagli abiti così dissimili dai loro che pensarono fosse per quello che tutti, ma proprio tutti, i presenti li stavano fissando con insistenza e senza un minimo di discrezione. I loro occhi si erano a poco a poco focalizzati sulle loro figure e lì si erano fermati, scortandoli in maniera morbosa a ogni passo.
Eppure, nonostante tutto, Mamoru si rese conto che non erano sguardi ostili. Anzi, ebbe l’impressione che fossero preoccupati, se non addirittura spaventati. Di sicuro sconvolti.
Lo aveva capito da come distoglievano lo sguardo quando ne incrociava qualcuno. Fossero stati minacciosi, non si sarebbero fatti intimorire per così poco.
Ghoia era silenziosa, ordinata, ma tra i suoi abitanti dilagava la paura e la Fiamma non capì perché.
“Vediamo di andarcene presto da qui” masticò adagio, in modo che solo i suoi compagni potessero sentirlo. Quel posto non gli piaceva, era inquietante. Gli altri si trovarono d’accordo, mentre Yuzo si guardava intorno, osservando la merce esposta sui banchi.
La fattura era così diversa da quella che aveva visto finora. Il suo sguardo cadde su delle bellissime ampolle. Il vetro era lavorato in maniera talmente sottile che sembrava assumere la stessa consistenza delle bolle di sapone. Cangiava sotto i raggi del sole prendendo tutte le sfumature dell’iride. E poi le forme erano particolari, con delicate volute. Chi le aveva create doveva essere un artigiano veramente molto abile. Rallentò il passo, rimanendone affascinato. Poi, l’occhio catturò dei piccoli campanellini lavorati allo stesso modo e appesi a dei cordoncini di stoffa. Stavolta si fermò del tutto e si avvicinò un po’ di più, per soddisfare la sua curiosità.
Visti da vicino gli diedero ancora di più l’impressione che fossero fatti proprio di bolle di sapone. Sorrise, sollevando lo sguardo sul mercante. L’uomo lo fissò con gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta. Lo strano cappello, dalla sommità piatta che scendeva a punta sulla fronte e che la maggior parte dei mercanti di sesso maschile indossava, aveva gli stessi colori e ricami della cintura di stoffa che fermava la veste sui fianchi. Questa era una camicia che arrivava fino ai polpacci. Una serie di piccoli bottoncini scendevano a metà petto, accompagnata da disegni che risalivano fino al colletto alto e rigido. Le maniche erano state arrotolate ai gomiti, in quella calda giornata di Yùkiza.
“Sono molto belli” esordì il volante, mostrando un sorriso per cercare di mettere a proprio agio il venditore. Gli era parso che fosse spaventato da qualcosa e quindi aveva deciso di mostrarsi il più cordiale possibile. “Sono opera vostra?”
L’altro sembrò sconvolgersi ancora di più già solo per il semplice fatto che gli avesse rivolto la parola. Yuzo lo vide boccheggiare per un momento e poi farsi coraggio.
“S-sì, mio signore” confessò in un bisbiglio e chinando il capo in un gesto di rispetto e sottomissione.
Lui seguitò a sorridere. “Siete bravissimo.”
“Grazie, mio signore.”
Yuzo osservò meglio i ninnoli. “Campanelli scaccia-guai…” c’era scritto sul piccolo cartoncino esplicativo.
Volante, datti una mossa.” Il tono di Mamoru era quello di chi stava già iniziando a perdere la pazienza e lui non aveva voglia di sentirlo borbottare. Così, sospirò, alzando un rassegnato sguardo al cielo.
“Sì, arrivo subito” rispose con condiscendenza. Rivolse un breve inchino al mercante e fece per allontanarsi, quando l’altro lo afferrò per il polso.
“A-aspettate!” Con foga e anche leggermente tremante prese uno dei campanelli e glielo mise tra le mani. “Ecco, prendete!”
Yuzo lo fissò con tanto d’occhi e la bocca semiaperta, senza però sapere cosa dire. “Ma… veramente…”
“Ve lo regalo!” insistette l’uomo. “Vi prego, accettatelo.”
“Oh, no… non posso…”
“Vi prego!”
Nelle sue iridi chiare, il volante lesse un misto di supplica e speranza che accettasse quel dono, come se per lui fosse quasi di vitale importanza. Ne rimase colpito, ma non seppe che rispondere.
Si volse a cercare Mamoru, per capire come doversi comportare, e vide che aveva assottigliato gli occhi sull’espressione che sembrava dire: ‘e ti pareva’. Il piede picchiettava il suolo con nervosismo e le braccia restavano incrociate.
Lui si strinse nelle spalle, perplesso e in difficoltà, così la Fiamma tirò un fintissimo sorriso a labbra strette e gli fece cenno di prenderlo e sbrigarsi.
Yuzo tornò a guardare il mercante. Gli sorrise. “Grazie.”
“Sono io che vi ringrazio, mio signore.” L’uomo si profuse in un inchino così profondo che lo imbarazzò. Lui rispose con un cenno del capo e si allontanò, raggiungendo i compagni.
Appena il volante fu abbastanza vicino, Mamoru inspirò a fondo, con piglio stizzito.
“Non guardarmi in quel modo, non ho fatto niente!” si difese Yuzo. “Mi ero solo fermato a osservare quelle lavorazioni così particolari.”
“Sì, sì. Certo. Tu non fai mai niente, vero uccellino?”
“Ma lo hai visto anche tu! Io avevo solo detto che erano molto belle…”
La Fiamma gli agitò minacciosamente l’indice sotto al naso. “Che questo ti insegni a non perder tempo quando non te lo dico io.”
Yuzo gli rivolse una smorfia e Mamoru ridacchiò. Provava un piacere sottile nel pungolarlo, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti al volante. Poi allungò il collo per osservare l’oggetto che il mercante gli aveva regalato.
“Cos’è?”
“Un campanellino scaccia-guai.” L’Elemento d’Aria aprì il palmo e il piccolo ninnolo in vetro fece capolino. Aveva la forma del calice di un fiore dove il bianco latteo dei petali sfumava nelle punte di un verde trasparente. All’interno, il pistillo dondolava producendo un leggerissimo tintinnio.
“Scaccia-guai, eh?” fece eco la Fiamma, disinteressandosi all’oggetto e tornando a osservare la strada. “Speriamo funzioni. Male non ci farebbe, visti gli ultimi tempi.”
Yuzo, invece, lo guardò ancora un po’ mentre camminava e il sorriso si addolcì perché gli piaceva davvero. Si girò un’ultima volta; alle proprie spalle scorse la figura del mercante ancora puntata su di loro che, a mano a mano, divenivano sempre più piccoli.
E non riusciva a capire.
Non riusciva a comprendere quell’insistenza, quella necessità o anche solo il perché di un simile regalo. Quella città era strana.
Yuzo sospirò, eclissando il campanello in una tasca e occupandosi di ben altre stranezze.
“Sentite, ma è impressione mia… o ci stanno guardando tutti?” Teppei infossò la testa nel collo, sentendosi a disagio nell’avere tutti quegli occhi puntati addosso. Anche Hajime, al suo fianco, si guardava in giro con circospezione e un sopracciglio inarcato sull’espressione tesa.
“No, non ti sbagli.” Mamoru tirava dritto e a testa alta, ignorando il resto. Essere al centro dell’attenzione non era mai stato un problema, ci era abituato. Così come era abituato a ignorare chi lo fissava per poi parlare alle sue spalle.
“Forse… non sono avvezzi a vedere stranieri” propose il tyrano. “Avremmo dovuto indossare degli abiti più consoni a questi luoghi. Avremmo attirato meno l’attenzione.”
“Cos’è, adesso vuoi fare il tipo discreto?!” Dopo tutte le volte che li aveva rimproverati di non fare danni, e puntualmente non l’avevano mai ascoltato, a Mamoru venne da ridere per l’improvvisa voglia di passare inosservati. “Ignorateli e andiamo avanti. Ci fermeremo alla prima locanda e seguiremo i nostri programmi abituali.” Avrebbe però fatto in modo di concluderli il più in fretta possibile perché, per quanto avere gli occhi puntati addosso non lo infastidisse più di tanto, l’aria che sembrava aleggiare su quella città continuava a non piacergli.
“Sempre simpatico, vero?” borbottò Teppei, dando una gomitata al Tritone per cercare un complice nella battuta, ma Hajime sembrava non aver nemmeno sentito lo scambio che c’era stato tra loro. Con attenzione seguitava a scrutare l’intorno, tentando di capire l’origine che poteva esserci dietro tale curiosità nei loro confronti.
I presenti li seguivano con gli occhi e solo raramente scambiavano un commento tra loro, quasi che avessero paura a farsi sfuggire una parola di troppo. Si tenevano a distanza, intimoriti. I bambini si nascondevano dietro le gonne delle madri che mantenevano le sopracciglia aggrottate, sofferenti, quasi sul punto di piangere. Gli uomini, invece, ostentavano una forza maggiore ma comunque mostravano cordoglio. Sì. Cordoglio. E in quel suo osservare, seguire i loro sguardi, analizzarli gli parve di cogliere qualcosa che gli fece sbattere velocemente le palpebre. Il sopracciglio sempre più inarcato.
“…perché?”
Teppei colse il mormorio e tornò a pungolarlo, questa volta riuscendo a ottenere la sua attenzione. “Tutto bene?”
Hajime sussultò. “Eh? Sì, sì. A posto.”
“Che succede? Hai una faccia…”
Non essendo sicuro di ciò che credeva d’aver intuito, preferì tenere ancora per sé le proprie congetture. “No, non è nulla” sorrise, tirando indietro il ciuffo ribelle di capelli che tornò a ricadere sull’occhio. “Mi ero un po’ distratto.”
“Sono inquietanti, vero?” Teppei accennò col capo agli abitanti di Ghoia.
“Sì, un pochino. Forse hai ragione tu, non sono abituati a ricevere visite da stranieri che vengono da tanto lontano.”
“Beh, si abituassero in fretta” affermò Mamoru in tono deciso. “Non abbiamo tempo da perdere dietro il loro stupore.” Si fermò al centro di una piazzetta di foggia asimmetrica e fece vagare lo sguardo per avere una panoramica completa dell’ambiente. L’occhio gli cadde sull’insegna di una locanda. Annuì, riprendendo a camminare. “Quella andrà bene. E speriamo di essere ancora in tempo per il pranzo, sto morendo di fame.”
“Ah, allora non sono solo io quello che pensa solo al cibo!” Teppei ridacchiò, puntandogli l’indice contro.
“Sai com’è, ho anche io uno stomaco.”
Arrivato davanti alla locanda, il gruppo si fermò.
L’insegna in legno campeggiava, sopra le porte d’ingresso, dipinta con grafia chiara in vernice nera.
Daaku(3)” lesse Mamoru. “Sarà qualche lingua locale.”
“Veramente no.”
La Fiamma si volse in direzione di Yuzo, scoccandogli un’occhiataccia. Detestava quando faceva il saputello.
Il volante, però, restituì un’espressione perplessa.
“E’ dell’Est.”
“Sai sempre tutto, vero?”
Yuzo sollevò leggermente in mento, guardandolo con un piglio di superiorità. Le labbra strette per non scoppiare a ridere.
“Beh, Alastra è la scuola più a Est del Regno degli Ozora. E’ una lingua che studiamo.” Il noi rafforzativo venne solo sottinteso.
La Fiamma grugnì. Detestava quando gli si dava implicitamente dell’ignorante e se non fosse stato innamorato di quella gran faccia da schiaffi, lo avrebbe incenerito sul posto. Così, si limitò a gonfiare il petto, lanciandogli l’ennesima occhiataccia, per poi girare il volto, stizzito.
“Non ti sopporto” fu la sentenza.
Yuzo sbottò a ridere di gusto, appoggiandosi contro la sua spalla.
“Tanto lo so che non è vero, ma farò finta di crederci.”
Mamoru masticò un paio di insulti in fyarish e gli fece il verso prima di girarsi e inquadrare la sua testa con la coda dell’occhio. Rideva, era tranquillo. Pensò che se fosse stato sempre così, felice ma senza ombre, sarebbe stato perfetto. La smorfia virò in un mezzo sorriso. Poi sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “La smetti? Non sei divertente.” Ma sotto sotto anche a lui veniva un po’ da ridere.
“Ad ogni modo, significa ‘Brigante’.” Yuzo indicò l’insegna.
“Brigante?”
“Sì. Brigante, bandito.”
Mamoru assunse un divertito piglio di sfida. “Ma bene, allora alloggeremo nel covo dei cattivi.”
“Più che altro, è strano che conoscano le lingue dell’Est. Sono dialetti molto particolari mentre qui siamo nel profondo Sud.”
“Perché ti ostini a voler trovare una spiegazione anche in una cosa così ovvia, volante?” La Fiamma incrociò le braccia al petto. “Si vede che gli piacciono le cose esotiche.”
In quel momento, un garzone uscì dalla stalla sul retro dell’edificio per accogliere i possibili avventori, ma quando li vide sussultò in maniera evidente.
Hajime non perse nessuna delle sue reazioni e queste sembrarono avvalorare ancora di più la sua tesi.
“P-posso prendere i v-vostri cavalli, s-signori?” balbettò il giovinetto che doveva avere al massimo quindici anni.
“A te.” Mamoru decise per tutti e allungò le briglie, ma non gli sfuggì il modo guardingo e spaventato con cui si avvicinava a ciascuno di loro. Prendeva le redini con mani tremanti, sollevava appena gli occhi e poi li riabbassava per passare oltre.
“Grazie” annuì Yuzo e il giovane lo fissò con occhi sgranati, poi si profuse in una serie infinita di inchini.
“Grazie, mio signore.”
La Fiamma inarcò un sopracciglio mentre osservava il giovane scomparire velocemente dietro la locanda.
“Sempre più strani…” borbottò, stringendosi nelle spalle. “Va bene, vediamo di entrare e sperare che abbiano ancora qualcosa di pronto nelle cucine.”
Mamoru fu il primo a varcare la soglia e si trovò davanti un ambiente molto semplice in legno chiaro. Alcune panche, con tavoli rettangolari, erano disposte nel percorso che portava al bancone, in fondo alla sala. Un’altra sala si trovava invece sulla sinistra ed era separata dall’ingresso da un disimpegno senza porta. Le panche avevano dei bei cuscini dai tessuti colorati di arancione e bronzo e qualche lustrino. Nel complesso, la locanda non era molto grande però dava l’idea di essere accogliente.
“Ci pensi tu alle formalità, uccellino?” delegò, avviandosi nell’altra sala assieme ad Hajime e Teppei. “E chiedi anche se è ancora possibile mettere qualcosa sotto i denti.” Ma a giudicare dai clienti impegnati a pranzare aveva ormai la certezza di poter finalmente dar pace allo stomaco. Ovviamente, come già accaduto quando si trovavano all’esterno, anche le persone all’interno della locanda si fermarono a fissarli.
“Sì, me ne occupo io” sorrise Yuzo, sollevando gli occhi al cielo. Mamoru continuava a essere refrattario verso tutto ciò che riguardava carte e chiacchiere di circostanza e quindi approfittava del suo ruolo di ‘diplomatico’ per affibbiarle a lui. Non che la cosa gli creasse problemi, dopotutto era il suo compito.
Al banco non c’era nessuno. Il volante si sporse un po’ per dare un’occhiata in direzione della porta che conduceva alle cucine da cui proveniva un continuo tintinnio di posate e stoviglie. Per non parlare del profumo.
Con un sorriso bussò sul piccolo campanello.
“Sì, sono subito da voi!”
Finalmente qualcuno che rispondeva con una nota carica di vitalità ed energia. Il volante se ne sentì quasi rassicurato. Era da quando erano entrati a Ghoia che la gente sembrava terrorizzata dalla loro presenza. Li fissavano con timore e quasi non spiccicavano parola, ma quel tono gioviale gli fece ben sperare d’aver finalmente trovato qualcuno ‘normale’.
L’ostessa comparve con un larghissimo sorriso e gli occhi rivolti ai piatti che stava portando nel vassoio. Di certo le ordinazioni per qualcuno degli avventori.
“Eccomi, in cosa posso-”
Levò lo sguardo, incrociò il suo. Trasalì all’improvviso, tanto che perse la presa sul vassoio, ma Yuzo era dotato di ottimi riflessi: fece un rapido gesto e un piccolo flusso d’aria impedì che ogni cosa si schiantasse al suolo.
Allarmato per aver usato i propri poteri contravvenendo alle regole della copertura, il volante guardò il vassoio, guardò la donna e poi rivolse un’occhiata fugace alla sala, per essere sicuro che Mamoru non si fosse accorto di nulla. Per fortuna, il tavolo in cui si erano seduti non offriva alcuna visuale su quello che succedeva al bancone. Infine tornò a osservare l’ostessa, immobile, con gli occhi spalancati e increduli che guardava ora il vassoio, ora lui.
Sorrise e si portò il dito alle labbra in una richiesta implicita di non farne parola con nessuno. Con il potere dell’aria sollevò il tutto, mettendolo nuovamente tra le mani della donna. La brocca con dentro il vino si era rovesciata nel piatto, rendendo la minestra immangiabile, ma per fortuna nulla era andato in frantumi.
“Non volevo spaventarvi…” Il giovane accennò un gesto di scuse col capo.
Lei negò piano. Le pupille seguitarono a restargli incollate addosso, sul viso, dritto nei suoi occhi. Negò ancora e si sforzò di trovare le parole. Gli sorrise.
“No, è tutto a posto! E’ stata colpa mia, non preoccupatevi! Caroline!”
Dalla porta, una delle cameriere arrivò di corsa e lei le lasciò il vassoio ordinandole di preparare un nuovo piatto di zuppa da portare al cliente. La ragazza tornò a eclissarsi nel retro senza avere il tempo di guardare chi fosse arrivato.
Yuzo attese e quando l'ostessa ritornò sorrideva largamente e forse sembrava troppo entusiasta, ma almeno era gentile e non lo guardava come fosse stato un appestato.
“Cosa posso fare per voi?”
“Sono in viaggio con altri tre compagni, avremmo bisogno di due camere doppie per un paio di giorni.”
L’altra annuì con vigore e subito prese dei mazzi di chiavi da sotto al mobile.
“Ecco. Sono le nostre stanze migliori, spero vi troverete bene qui.” Lo disse con un tono così speranzoso che sembrò ricordargli lo stesso usato dal mercante che gli aveva regalato il campanellino; aveva anche lo stesso modo di guardarlo: con intensità e attesa. Anzi, forse addirittura più degli altri. L’ostessa doveva essere al massimo sulla quarantina, con dei capelli castani dal taglio corto. Aveva gli occhi nocciola.
“Vi ringrazio. È ancora possibile pranzare? Abbiamo viaggiato tutto il giorno e i miei compagni sono affamati.”
“Ma certo! Prendete pure posto nella sala grande, sarò subito da voi.” Poi si affrettò ad aprire il registro, porgendo anche l’inchiostro e la piuma. “Prego, se volete firmare.”
Yuzo scrisse il proprio nome e fece un inchino, allontanandosi per raggiungere il resto del gruppo.
Non appena gli volse le spalle, l’ostessa eclissò il sorriso sostituendolo con un’espressione colma di ansia e agitazione. Girò con foga il pesante volume e scorse velocemente i nomi fino a fermarsi sull’ultimo. Le tremavano le dita.
Yuzo Shiroyama.
“Oddee…” si coprì la bocca con la mano. Le lacrime salirono agli occhi in un attimo, ma riuscì a trattenerle lì.
Le dita scivolarono su quel nome sbavando leggermente l’inchiostro non ancora asciutto.
Era la conferma a una già chiara certezza, era l’avverarsi di un monito scritto su di un foglio stropicciato e scambiato di nascosto.
‘Il passato sta tornando’.





Curiosità:
Il campanellino che il mercante regala a Yuzo ha la forma di un fiore, come avete letto. Questo fiore si chiama comunemente proprio Campanellino :3. Il norme tecnico è Leucojum e presenta varie specie: Leucojum vernum, Leucojum autumnale, Leucojum aestivum.
In particolare, quello del campanello di Yuzo è un Leucojum aestivum *clicca qui*. E' una pianta bulbosa, con stelo che porta dai due ai cinque fiori. La corolla presenta tre petali esterni e tre interni, di colore bianco con macchie verdi (o anche gialle) sull'apice.
I Leucojum vernum, invece, presentano fiori più grandi, massimo uno per ogni stelo.
I Leucojum autumnale, infine, hanno fiori di colore totalmente bianco e più allungato.
Sono tutte specie protette (quindi è vietato coglierli, se li si trovano in natura) e sono diffusi per tutto il Nord Italia, più un paio di regioni del Centro.
Ho scelto i Leucojum aestivum perché crescono nei boschetti e Ghoia vive accerchiata da boschi e foreste :3 E poi è un puccino *-* *si rende conto di aver sbagliato tutto nella vita e doveva andare a fare Botanica*


[1]IKTABA: sono vermi giganti. Vivono prevalentemente sottoterra dove creano enormi tunnel oppure nei deserti dell’Ovest. Sono animali da combattimento utilizzati dall’avanguardia degli Elementi di Terra. Hanno prevalentemente un colore bruno, con zampe corte, ma dotate di artigli scavatori. ‘Vedono’ attraverso le variazioni termiche.

[2]MISHAM: era il primo nome che avevo scelto per la città in cui si trovava l’orfanotrofio di Yuzo, poi successivamente cambiato con Mizukoshi. Poiché mi ci ero affezionata… ho deciso di inserirlo lo stesso. XD

[3]DAAKU: è hindi. :3 Potevo non piazzarcelo l’hindi? XD


…Il Giardino Elementale…



A lalalala long, a lalalala long long li long long long, hey! *Mela canta Bob Marley*
Ci dovevamo pur arrivare, un giorno, e quindi eccoci qui.
XD penso che avrete già capito di che si parlerà in questo capitolo, e quindi potrete altresì comprendere perché mi abbia fatto penare tanto.
Come vi accorgerete andando avanti, Yuzo non è come Mamoru. Mamoru da gestire è una passeggiata XD, Yuzo ti stronca \O/.
Perché?
Perché Mamoru fa tutto il tipo, ma alla fine è un personaggio chiaro in tutte le sue contraddizioni, scatti d'ira e istintività.
Yuzo, invece, è così cerebrale che per venirne fuori c'ho impiegato più di un mese, credo. \O/
E vi pare che quando si parla di Yu-chan io non ci piazzi l'angst con la pala?! XD
Vi preannuncio subito che un paio di parti saranno ben più lunghe del solito :( perdonatemi, ma spezzarle non avrebbe avuto senso. Vi ringrazio fin da ora per la pazienza! :3

Grazie infinite a tutti coloro che continuano a seguirmi con affetto e costanza. *-* Grazie di cuore! ♥



Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki
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