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Autore: Emily Alexandre    19/01/2012    14 recensioni
Le voci si erano susseguite rapide, come sempre accade nelle piccole comunità. Due assenze pesanti, qualcuno sussurrava che fossero collegate, qualcuno che si trattasse di semplice casualità, e coloro che conoscevano la verità si erano chiusi in un silenzio ostile e costernato.
Qualsiasi fosse la causa, ciò che rimaneva agli studenti di Hogwarts era un pettegolezzo succoso abbastanza da alimentare teorie e supposizioni sempre più affascinanti.
Due studenti erano spariti.
Che ne era stato di Draco Malfoy ed Hermione Granger?

Fanfiction partecipante dell'OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Leather and Libraries, the story of a love'
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Fanfictionpartecipante all' OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

The Prince’s Diaries 

 
 
Le voci si erano susseguite rapide, come sempre accade nelle piccole comunità. Due assenze pesanti, qualcuno sussurrava che fossero collegate, qualcuno che si trattasse di semplice casualità, e coloro che conoscevano la verità si erano chiusi in un silenzio ostile e costernato.
Qualsiasi fosse la causa, ciò che rimaneva agli studenti di Hogwarts era un pettegolezzo succoso abbastanza da alimentare teorie e supposizioni sempre più affascinanti.
Due studenti erano spariti.
Che ne era stato di Draco Malfoy ed Hermione Granger?
 
Quante notti aveva atteso che Harry e Ron tornassero nella Torre dopo aver scontato le loro punizioni? Li aveva aspettati sveglia, con un libro tra le mani, pronta ad assisterli se ne avessero avuto bisogno o semplicemente ad accoglierli con un sorriso prima di scortarli in camera. Certo, mai la studentessa più brillante di Hogwarts avrebbe pensato di trovarsi lei stessa in punizione. Colpa di Piton, ovviamente, perché Hermione dubitava fortemente che qualsiasi altro professore avrebbe mai trovato un’infrazione da attribuirle; la colpa consisteva nell’aver rovesciato una pozione sulla Parkinson che le aveva fatto diventare i capelli ricci e lilla, con grande disappunto dell’interessata, ilarità repressa delle serpi e risate sguaiate da parte dei Grifondoro. Nessuno aveva creduto che fosse stato un incidente – e in fondo non ne era sicura neppure lei - così, il professore l’aveva trattenuta oltre l’orario delle lezioni per sistemare gli archivi del suo studio. Aveva lavorato con minuziosa precisione e in silenzio, anche dopo che Piton l’aveva lasciata sola; era una punizione e lei l’avrebbe scontata con diligenza e alla perfezione, così, anzichè fermarsi alle scatole visibili, si addentrò fin negli angoli più remoti, trovando fascicoli che probabilmente erano lì dai primi anni di insegnamento del professore. Li sistemò in ordine di anno e poi in ordine alfabetico e aveva quasi finito quando qualcosa scappò dalle pagine che aveva in mano.
Forse, se avesse immaginato quali eventi avrebbe messo in moto quella punizione, Severus Piton si sarebbe guardato bene dall’infliggerla.
 
- La signorina Granger è dovuta tornare dai suoi genitori a causa di un lutto in famiglia; confido che quando sarà nuovamente qui non sarà ossessionata da domande curiose e fuori luogo. Quanto al signor Malfoy, ha lasciato Hogwarts per motivi che non mi è stato dato conoscere.
Alla fine Silente si era visto costretto a fare un annuncio ufficiale per provare a tacitare le voci e nessuno ebbe molto da ridire; la povera Hermione non era la prima ad allontanarsi dalla scuola per un lutto. Quanto a Draco, considerando il volto stanco, spaurito e sempre più pallido ed emaciato che il ragazzo aveva sfoggiato negli ultimi tempi, nessuno si era stupito nel costatare che la situazione che gravava sulle spalle del ragazzo era infine esplosa.
 
Non avrebbe saputo quantificare il tempo che trascorse immobile a contemplare la foto magica. Era una scena natalizia, due bambini seduti davanti a un pupazzo di neve con una casa sullo sfondo: ridevano, si tenevano per mano. Avevano otto, forse nove anni. Lui aveva i capelli scuri e gli occhi neri come la pece e ad Hermione bastarono pochi istanti per capire chi fosse. Fu la bambina, però, a farle battere velocemente il cuore mentre la sua mente cercava di mettere insieme i pezzi di un puzzle che profumava di follia.  
Capelli rossi che sfuggivano al cappellino di lana, sorriso sbarazzino e due enormi occhi verdi: li avrebbe riconosciuti ovunque, quegli occhi, giacchè li incrociava centinaia di volte al giorno da sei anni.
Severus Piton e Lily Evans.
Lasciò cadere la fotomagica quasi bruciasse come fiamma viva, poi la riprese e la rimise al suo posto, dandole infine le spalle. Sapeva, però, che qualsiasi cosa avesse fatto il ricordo di quella foto non l’avrebbe mai abbandonata.
Piton e Lily, felici, sorridenti, intimi e complici in un modo che l’avrebbe commossa per la sua dolcezza se non avesse conosciuto l’identità dei soggetti.
Pensò di correre da Harry e rivelargli ciò che aveva scoperto, ma scartò l’idea prima ancora che fosse totalmente formata nella sua mente: a cosa sarebbe servito, soprattutto in un momento delicato come quello, fargli sapere che l’odiato professore era stato così vicino a sua madre?
Ricordò la scena che il suo amico aveva inconsapevolmente strappato al professore l’anno precedente: i Malandrini, Piton, Lily che corre in suo aiuto e lui che la caccia via... come avevano fatto quei due bambini ad arrivare a quel punto? Forse era stato quello il momento della frattura tra di loro? O era stato prima, quando erano stati smistati in case diverse?
Troppe domande senza risposta che non potevano costituire l’ennesimo fardello sulle spalle di Harry.
Anche andare da Piton era fuori discussione, dubitava che le avrebbe mai rivelato alcunchè. 
Ricordò improvvisamente la domanda che si erano posti quasi ossessivamente da quando Voldemort era tornato: perché Silente si fidava del professore di Pozioni?
Forse, pensò con il cuore in gola, la risposta era proprio lì, racchiusa in quella fotomagica di un Natale di tanto tempo prima.
Uscì in corridoio e s’incamminò verso il gargoyle, sperando che il Preside fosse ancora sveglio e potesse riceverla; lo trovò accanto a Fanny, nello sguardo un luccichio curioso.
- Signorina Granger, cosa la porta qui a quest’ora? Il coprifuoco è già scattato.
Hermione arrossì furiosamente e si schiarì la voce, cercando con cura le parole –Ero in punizione, signor Preside. Ho … trovato una cosa. Vorrei parlargliene.
Silente le fece cenno di accomodarsi e prese posto dall’altro lato della scrivania, poi la guardò sorridente, con le mani incrociate sotto il mento.
- Lei si è sempre fidato del professor Piton, nonostante molti lo guardino ancora con diffidenza. Noi... Harry, Ron ed Io, non abbiamo mai capito perché lo facesse, ma ci fidiamo di lei e del suo giudizio, per cui non ci siamo mai preoccupati. Però... ecco, credo di aver capito le sue motivazioni.
- Davvero?
La voce del Preside era apparentemente calma, ma una sfumatura di curiosità fece battere ancor più velocemente il cuore della ragazza.
- Ho trovato una foto magica... c’erano due bambini. Uno era il professore.
- E l’altro?
Hermione guardò il Preside, incrociando lo sguardo chiaro oltre gli occhiali a mezzaluna: forse non conosceva la fotomagica, ma il mago sapeva perfettamente di chi stava parlando.
- Non ha bisogno che glielo dica io, immagino.
- No, mia cara, in effetti, non ne ho bisogno. Suppongo che l’amicizia tra il professore e la mamma del suo amico l’abbia lasciata perplessa.
- Inizialmente sì, molto, ma è stato soprattutto qualcosa che ho visto nello sguardo del professore a farmi riflettere. - Fece una pausa prima di proseguire, consapevole di come si stava addentrando in un terreno pericoloso - Sa perché adoro le foto magiche?
- Penso di immaginarlo, ma me lo dica.
- Le emozioni traspaiono molto più di come possono fare con le foto babbane. Era solo un bambino ma... - nascose le mani sotto le gambe, tentando di reprimere il tremore – c’è una tale adorazione in quello sguardo, come se tutto ciò che contasse al mondo fosse racchiuso in quella bambina. Non so cosa sia successo, come si siano separati, ma non credo che un’abnegazione del genere possa essere sparita. Lei si fida di Severus Piton a causa del suo amore, non è vero?
Silente sospirò chiudendo gli occhi ed Hermione, per la prima volta, lo vide vecchio e stanco, come se tutte le energie gli fossero state portate via insieme a quella mano che giaceva annerita sulla scrivania; non aveva mai pensato a un mondo privo del Preside di hogwarts ma quella sera si ritrovò a chiedersi quanto a lungo sarebbe stato ancora con loro.
E trattenne il fiato per l’orrore.
- Non credo di avere il diritto di raccontare una storia come quella di Severus e Lily, ma posso dirle che ha ragione. Lei sa che è stato il professor Piton a rivelare la profezia a Voldemort. Quando ha compreso il reale effetto delle sue azioni, il professore l’ha implorato di salvare Lily... inutilmente. E allora è venuto da me, giurando che avrebbe protetto l’unica cosache Lily aveva lasciato dietro di sé: suo figlio.
- Ma non ha alcun senso, lui odia Harry.
- No, mia cara, non lo odia. Ma Harry somiglia così tanto a James e tra lui e il professor Piton non è mai corso buon sangue. Mi creda se le dico che in tutti questi anni l’ha protetto anche più di me. Ecco perché mi fido di lui, l’ho visto spezzato, distrutto, quella notte di Halloween di tanti anni fa. L’amore è più forte di qualsiasi marchio, signorina Granger, non lo dimentichi mai.
 
I giorni scorrevano con la solita routine tra le mura della scuola e presto i pettegolezzi si sopirono. Gli studenti smisero di fare congetture riguardanti la Granger o Malfoy, concentrandosi sullo studio, sul Quidditch o sugli intrighi amorosi. Harry Potter visitava frequentemente lo studio del Preside, viaggiando tra i ricordi di Tom Riddle, e poi tornava nel dormitorio e raccontava tutto a Ron, che lo attendeva sveglio come sempre Hermione aveva fatto con loro. Tutto sembrava immutato, quel trio privo di un elemento era l’unica memoria di quanto fosse successo.
Nessuno prestava più attenzione all’assenza di Draco Malfoy.
 
- Albus!
Severus Piton entrò nello studio del Preside di corsa, per poi fermarsi di colpo quando vide che Silente non era solo.
- Severus, che succede?
- Ti devo parlare, è urgente.
Hermione si schiarì la voce e si alzò, pronta a congedarsi, ma Silente la fermò con un gesto della mano – Può attendere qui fuori, signorina Granger?
La ragazza annuì, nonostante fosse perplessa, ma quando incrociò lo sguardo del Preside comprese di non essere la sola.
Non appena la porta si chiuse alle spalle di Hermione, Piton imperturbò la stanza e si voltò verso Silente – Draco ha avuto un incidente. Non so che incantesimo stesse facendo, ma qualsiasi fosse qualcosa dev’essergli sfuggito di mano; fortunatamente sono riuscito ad intervenire in tempo, ma era talmente spaventato che alla fine ha ceduto. È stanco, Albus, ha paura.
Si era chiesto spesso, Severus Piton, quando il ragazzo sarebbe crollato in ginocchio, oppresso da quel compito troppo grande; sapevano tutti, il Signore Oscuro per primo, che difficilmente avrebbe portato a termine il compito e Draco viveva ormai con la costante oppressiva compagnia delle conseguenze ineluttabili che le sue scelte, quali che fossero, avrebbero portato con sé.
Il fallimento avrebbe condannato non solo lui, ma anche i suoi genitori, ad un destino a cui non voleva neppure pensare. D’altro canto, però, portare a termine l’impegno preso avrebbe fatto di lui un assassino.
Draco Malfoy era, tra tutti gli studenti di Hogwarts, colui che aveva avuto il risveglio più brusco. Era stato facile comportarsi spavaldamente con l’austera figura del padre a coprirgli le spalle, ma dalla notte al Ministero, da quando Lucius era caduto in disgrazia, aveva compreso che la guerra non era affatto un gioco.
L’incidente di quella sera era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso già colmo di terrore.
- Finalmente, oserei dire. Sta bene?
- Fisicamente è solo lievemente ferito ad un braccio, ma si riprenderà in poco tempo.
- Bene. Cosa proponi di fare?
- Bisogna allontanarlo.
Severus Piton sapeva quanto fosse rischioso portar via Draco da Voldemort, ma il piano era pronto da tanto in attesa solo del momento adatto. Avrebbe fatto credere al Signore Oscuro che il giovane fosse rimasto gravemente ferito e necessitasse cure; il San Mungo avrebbe attirato troppo l’attenzione e Voldemort non lo voleva. Inoltre, il suo intento non era forse ferire il padre attraverso il figlio? Avrebbe raggiunto il suo scopo. Un piano pericoloso, sì, ma con possibilità di riuscita.
- Abbiamo bisogno di un luogo, perché la casa dei Piton è un luogo che Lui conosce. Forse la sede dell’Ordine...
- No. Troppi occhi, troppe orecchie. Ha bisogno di un posto tranquillo, Severus. Forse più in là potrà essere spostato, ma per ora... Cosa mi dici della casa che ha ereditato dai Prince?
Piton strinse le labbra, ma poi annuì - È disabitata da tanti anni, ma può andare. Ciò che mi preme però è l’idea che lui stia da solo. Sono sicuro che passato lo spavento, una volta abbandonato a se stesso potrebbe tornare sui suoi passi, facendoci scoprire tutti.
- I suoi genitori sono fuori discussione, Severus. Non possono sparire tre Malfoy.
- Lo so.
- Né puoi andare tu.
- Lo so. - La voce di Piton era quasi un ringhio. Non sopportava l’idea che qualcun’altro morisse a causa di Voldemort e se salvare Harry Potter era ciò a cui aveva votato la sua vita in nome di Lily, non poteva lasciare il giovane Malfoy, a cui in fondo si era affezionato, in balia della sua triste sorte, soprattutto non dopo il Voto e la promessa che aveva fatto a Narcissa.
- Ci andrà la signorina Granger.
Il silenzio divenne assordante. La febbrile mente del Preside aveva composto quel puzzle nel momento in cui Piton gli aveva spiegato cosa fosse successo, pezzi imprevisti che aveva unito con una facilità disarmante.
- Non credo di aver capito.
- Hai capito perfettamente. Se Draco vuole passare davvero dalla nostra parte avrà bisogno di qualcuno che lo istruisca, che gli tenga testa e con cui si possa allenare. E, soprattutto, che lo trattenga. Immagino con difficoltà una persona migliore.
- E perché mai la signorina Granger dovrebbe assecondarti?
- Destino, immagino... - Albus sospirò e guardò Fanny appollaiata poco lontano da lui - Grazie alla tua punizione ha trovato una foto tua e di Lily... non le è servito molto tempo per immaginare e ricomporre i pezzi.
Severus Piton stinse i pugni, in preda alla rabbia – Come...
- Non l’ha fatto di proposito, Severus. Stiamo parlando della signorina Granger, una delle persone più leali che abbia mai conosciuto. È per questa ragione che so che è la persona migliore, il destino ci ha servito la soluzione perfetta.
- Si odiano, Albus. Una Grifondoro e un Serpeverde! Insieme!
- Lo eravate anche voi, Severus. Lo eravate anche voi.
 
- Starà bene?
- Lo avremmo saputo se così non fosse stato.
- Mi manca... ho sempre saputo che era insostituibile, ma adesso mi mancano persino le sue scenate.
- Lo so, manca molto anche a me Ron. Non possiamo fare altro che aspettare...
Qualcuno bussò alla porta e Harry andò ad aprire, trovando Lavanda Brown. – Ron è qui?
Il ragazzo sospirò ed annuì; da quando Hermione se n’era andata la presenza di Lavanda era diventata costante, ma non ne era infastidito. Lui e Ron, quando erano soli, tendevano a perdersi in discorsi melanconici e intrisi di ricordi; al contrario, la compagnia costante di Lavanda e Ginny li distraeva dalla morsa dolorosa dell’assenza.
 
Draco Malfoy si ribellò con tutte le forze che gli erano rimaste a quella decisione, ma Albus Silente fu irremovibile. La Granger, da parte sua, rimase immobile, il gelo nelle membra e nel cuore. Allontanarsi dalla scuola, dai suoi amici, per proteggere Draco Malfoy? Dovevano essere impazziti. Dopo quindici inconcludenti minuti il professor Piton, stanco delle frasi ostili del ragazzo, l’aveva trascinato fuori ed Hermione era rimasta da sola con il Preside.
- Professor Silente, perché io? Lui mi odia e io, detto in tutta franchezza, non è che straveda per lui. E poi Harry... gli Horcrux...
- Mia cara, è proprio a causa del signor Potter che penso che lei sia la scelta migliore: in questi anni si è dimostrata un aiuto prezioso, una mentore... Harry è qui, ancora al sicuro, mentre il signor Malfoy... dobbiamo allontanarlo, ma non possiamo lasciarlo solo, la sua decisione non è abbastanza radicata nel suo animo e non possiamo permetterci ripensamenti, rischiando di far saltare la copertura del professor Piton e, di conseguenza, tutti i nostri piani. Tornerete, perché presto scoppierà la guerra e, ahimè, temo dovremo combattere tutti, ma ora ho bisogno di lei con il signor Malfoy. E poi, nessuno immaginerà mai che voi due siate insieme.
- Non mi ascolterà mai, professore.
Uno strano luccichio negli occhi del Preside la innervosì: l’assoluta sicurezza di Silente era confortante di solito, ma c’erano momenti in cui era fastidiosa perché si aveva l’impressione che l’uomo pensasse di conoscere l’interlocutore meglio dell’nterlocutore stesso.
- Non ho scelta immagino.
- Oh, no mia cara. Tutti abbiamo più di una scelta.
- Come giustificherete le nostre assenze?
- Il signor Malfoy non ha bisogno di giustificazioni: in una situazione del genere, con la sua storia familiare, chi farà domande? Quanto a lei, tornerà a casa per un lutto. Non sarebbe la prima persona, dopotutto.
- Harry e Ron non le crederanno.
- No, ne sono consapevole. Parlerò con il signor Potter e il signor Weasley appena ve ne sarete andati, dirò loro la verità.
Hermione sgranò gli occhi – Non potrò salutarli?
- Sarebbe meglio per voi partire subito, finché è notte.
- Incanto Fidelius?
- Sì, ovviamente. Ma né io né il professor Silente possiamo essere il Custode Segreto.
- Perché non lei, Professore?
Immaginava che il professor Piton, nonostante fosse un eccellente occlumante, fosse troppo a contatto con Voldemort per poter essere tranquillo, ma il Preside?
Silente sospirò, fissandosi la mano nera – In tutta onesta, signorina Granger, e confidando che l’informazione possa rimanere confidenziale, non so quanto tempo mi resti. Se dovessi morire mentre voi avete ancora bisogno di quel luogo segreto sarebbe un bel guaio.
- Professore...
La voce di Hermione si spezzò, soffocata dalla sola idea di un mondo privo del Preside; non erano pronti... non ancora.
- Lo sarà lei, signorina Granger. Lei e nessun altro. Inoltre, Dobby verrà con voi; nella casa dove andrete non sarà possibile materializzarsi e smaterializzarsi, così l’elfo sarà la vostra porta sul mondo e anche il tramite per le comunicazioni.
- E qualcuno con cui parlare, se non altro!
- Confido che con il signor Malfoy troverete un compromesso per vivere in maniera civile... compromesso che non contempli torture e omicidi.
- Non sono io che ho il sangue di Bellatrix nelle vene.
Sorrisero entrambi ed Hermione comprese quanto il professore avesse ragione: lei aveva possibilità di scegliere e aveva scelto di andare via con Malfoy. Maledetto onore Grifondoro.
- Mi saluti Harry e Ron. Permetta loro di scrivermi.
- Non spesso, ma lo farò. Vada a prendere le sue cose, ci vediamo qui tra mezz’ora.
Hermione si alzò e si avviò verso la scala d’uscita, ma prima di lasciare lo studio del Preside si voltò – Se non fossi venuta qui stasera... se non avessi trovato la foto... cosa sarebbe successo?
Silente la fissò sorridente – Ho passato anni e anni ad interrogarmi sulle possibilità. Sui se. -Ariana, Grindelwald, Aberforth, i Doni. – Ad un certo punto ho compreso quanto i miei sforzi fossero inutili. Non saprei dirle cosa sarebbe successo se non fosse venuta qui. So che l’ha fatto. So dove siamo.
 
- Severus...
La voce di Narcissa era appena un sussurro proveniente da una piccola camera in disuso; Piton la raggiunse e si chiuse la porta alle spalle.
- Sta bene?
Non gli aveva mai chiesto dove fosse, accettando come tutti la spiegazione che aveva fornito al Signore Oscuro: si era fatto male, molto male, nel tentativo di assolvere il suo compito, e l’aveva portato in un luogo dove sarebbe stato curato. Voldemort aveva sondato la mente del suo servitore trovando le immagini del giovane Malfoy in preda al dolore e coperto di sangue, così aveva liquidato la cosa con un gesto della mano: dopotutto, era esattamente quello che voleva: uccidere il figlio per punire il padre. Lucius Malfoy pareva essersi spento ancora di più, ma non aveva chiesto di poter vedere il figlio per tentare di salvare ciò che restava della sua famiglia dalle ire del suo Signor. Narcissa però... il suo cuore di Madre l’aveva sempre fatta dubitare.
- Sì, Narcissa. Ti ho promesso che l’avrei protetto, fidati di me.
- Digli che lo amo. Digli che non è solo. Ti prego.
Severus annuì, leggendo in quegli occhi lo stesso strazio, lo stesso amore e la stessa determinazioni di altre madri. Lily, che si era sacrificata per suo figlio. Eileen, che aveva protetto come poteva il suo ragazzo da quel padre violento e privo d’amore. Merope, che era morta per dare alla luce suo figlio.
Il cuore di una madre era più potente di qualsiasi magia e Voldemort, non comprendendolo, si era condannato con le sue mani.
 
Quando tornò nello studio del Preside trovò tutti e tre in sua attesa: Silente con il solito sguardo allegro, Piton con una ruga che gli solcava la fronte, Malfoy con lo sguardo furioso. Come se tutto non stesse succedendo a causa sua!
Partirono avvolti dalle tenebre della notte, lei, Draco e il professore, e una volta oltrepassati i confini di Hogwarts si smaterializzarono nel cimitero di un paese magico al confine tra Scozia e L’Inghilterra. Di là proseguirono a piedi fino ad una casa decadente e abbandonata che pareva fosse sul punto di crollare da un momento all’altro, ma il cui interno era imprevedibilmente confortante e caldo.
- È incantata - spiegò loro il professore – Così che nessuno da fuori si accorga che è nuovamente abitata. Non potete uscire, l’elfo si occuperà di voi. Signorina Granger, venga con me. È quasi l’alba e io devo rientrare.
Senza troppe formalità lasciarono Draco immobile al centro del salotto ed uscirono nel giardino sul retro, dove Hermione divenne il Custode Segreto. Poi Piton sparì.
 
***
           
Diciassette giorni, tredici ore e quindici minuti dopo.
Hermione Jean Granger era famosa per la sua pazienza: gli anni trascorsi con Harry e Ron e i loro continui disastri l’avevano forgiata, le settimane estive di baby-sitting avevano contribuito, ma c’era una persona che riusciva a mandare all’aria qualsiasi dote.
Draco Lucius Malfoy l’aveva portata all’esasperazione.
- Dobby, vieni a tavola e mangia con me, ho sopportato abbastanza. L’ho giustificato all’inizio, comprendendo la difficile situazione e il trauma che aveva subito, ma ora sono stanca. Se il signorino avrà fame si cucinerà da solo, noi non siamo i suoi servi.
Hermione sbattè la porta della cucina e lasciò che Dobby servisse la zuppa a lei e a se stesso, poi, a fine cena, buttò quel poco che rimaneva: forse la fame l’avrebbe smosso.
Aveva creduto, scioccamente, che Malfoy potesse imparare e migliorare, ma da quando avevano messo piede in quella casa si era chiuso in una camera da cui era uscito solo per recarsi in bagno. La strega aveva sopportato quella situazione confortata dalla presenza di Dobby, aveva trascorso le giornate sistemando le stanze e studiando per non rimanere indietro a causa di quell’esilio forzato, ma era ora che anche Malfoy facesse la sua parte. Voleva mangiare? Si sarebbe degnato di scendere in cucina e preparare, perché Dobby non gli avrebbe più lasciato le cibarie davanti alla porta.
Quando uscì dalla cucina si spostò in salone davanti al fuoco del camino, con un libro tra le mani e una cioccolata calda sul tavolino accanto a sé; aveva nostalgia di Hogwarts, dei suoi amici, della routine consolidata negli anni. In più di un’occasione aveva pensato di chiedere a Silente di poter tornare, ma poi il suo orgoglio aveva prevalso: aveva preso l’impegno di vegliare su Draco Malfoy e, per quanto paradossale fosse la situazione, non avrebbe mancato la parola data.
 
 
Ventidue giorni, sei ore e quaranta minuti dopo.
Con Dobby lontano per rifornire la dispensa la casa appariva particolarmente silenziosa; non aveva più visto Malfoy, ma la quantità di cibo che diminuiva durante la notte le aveva fatto comprendere che il principino si era finalmente rassegnato a prepararsi da solo i vari pasti. Dobby le aveva detto di averlo incrociato in un paio di occasioni, ma Hermione aveva la sensazione di vivere da sola.
E la sensazione di non assolvere il suo compito.
Dopo aver chiuso stizzita l’ennesimo libro salì le scale con passo rapido e, prendendo un profondo respiro, bussò alla porta della camera di Malfoy.
Nessuna risposta.
- Apri questa porta. Sono stanca della tua testardagine. Ho promesso al Preside che ti avrei tenuto d’occhio e che ci saremmo allenati in vista della guerra, quindi esci subito.
- Vai via, Sanguesporco.
- Esci di qui, Malfoy. ORA!
La porta si aprì con violenza e due occhi grigi e furiosi si scontrarono con quelli della ragazza.
- Era ora.
- Cosa non ti è chiaro del concetto vai via?
- Prendi la bacchetta e scendi. Ti sfido a duello... o hai paura di perdere contro di me?
Hermione aveva bisogno di smuovere la situazione, di scuotere entrambi dall’apatia in cui erano caduti: meglio sfidarsi e urlarsi contro di quell’assordante silenzio.
Scese le scale sapendo che lui l’avrebbe seguita perché aveva fatto leva sul suo unico punto debole: né l’orgoglio né il coraggio, ma il suo animo purosangue che lo avrebbe costretto a cogliere la sfida lanciata da una Sanguesporco.
- Perché mai dovrei battermi con te, Granger?
- Vedi qualcun’altro?
Malfoy scosse il capo guardando la strega come non comprendesse un concetto elementare –Perché mai dovrei battermi?
- Oh, stammi a sentire! Hai scelto di passare dalla nostra parte, non crederai mica di poter stare nascosto mentre noi rischiamo la vita per salvarti, vero? Perché se è quello che pensi o ti aspetti ti disilludo subito: tu dovrai combattere! Non ti chiedo certo di affrontare la tua famiglia, ma gli altri... gli altri sì, li combatterai! Farai la tua parte!
Lo vide barcollare sotto il peso di quella rivelazione e si chiese quanto sciocco e vigliacco potesse essere. Credeva davvero che gli altri l’avrebbero salvato senza che lui muovesse un dito?
- In guardia.
La voce della ragazza fendette l’aria e i suoi occhi scuri osservarono ogni movimento del Serpeverde, in attesa...
Poi due fasci di luce rossa illuminarono la stanza.
 
Tutto iniziò a vorticare. Volarono i cuscini, i libri, i soprammobili, spettatori e vittime inermi di quel duello.
Volarono gli incantesimi sprigionati dalla rabbia e dalla disperazione, dal desiderio di sopravvivere, dalle unghie che si aggrappavano alla vita e dal cuore che pompava furioso quasi prevedesse il momento in cui non avrebbe più potuto farlo.
Volarono il passato, il presente e il futuro, pericolanti, incerti, dolorosi.
Duellarono perdendo poco a poco percezione della realtà, spinti dalla rabbia bruta, dal desiderio di non crollare per primi.
Dobby li trovò paonazzi e stremati, mentre dalle bacchette ancora volavano incantesimi pronunciati con le ultime forze. E sorrise, l’elfo, comprendendo che qualcosa finalmente era cambiato.
Li osservò crollare a terra nello stesso momento, sollevando nell’aria vortici di polvere e piume, ai lati opposti della stanza ma con lo sguardo fisso in quello dell’altro.
- La cena è pronta.- Nessuno dei due si voltò a guardarlo, ma sapeva che l’avevano sentito.
 
Fu Hermione la prima a parlare, schiarendosi la gola e legando i capelli che le cadevano scomposti sugli occhi – Dovremmo sistemare.
- Può farlo l’elfo.
- No, non può. Dobby è libero, ricordi? È qui per aiutarci, non per farci da schiavo. Noi abbiamo creato questo caos e noi lo sistemeremo, che ti piaccia o meno.
- Devi smettere di darmi ordini.
- Non finché non crescerai.
Si fissarono in un silenzio ostile, in piedi l’uno davanti all’altra, entrambi fermi sulle proprie posizioni finché lo stomaco di Malfoy non brontolò. Senza scomporsi il ragazzo mosse la bacchetta e borbottò a mezza voce che si sbrigasse ad aiutarlo, perché aveva fame.
 
 
Cinquanta giorni, nove ore e tredici minuti dopo.
- Sanguesporco, vieni qui.
La ragazza alzò lo sguardo dai libri che stava sistemando e fissò la schiena di Malfoy china su qualcosa. Era sera e loro avevano appena finito di devastare la biblioteca, come facevano da quasi un mese; non che Hermione fosse contenta di duellare proprio in quella stanza, ma era l’unica grande abbastanza da permettere un minimo di movimento, dunque alla fine aveva dovuto cedere. Non vi era mai stato un accordo formale, si era trattato piuttosto di una tacita decisione: la sera dopo il primo duello si erano ritrovati nello stesso posto, entrambi desiderosi di abbandonare l’inattività, e i pensieri non proprio piacevoli che questa portava con sé, per almeno un paio d’ore. E così avevano continuato per i giorni successivi.
Nel frattempo ad Hermione era arrivata una lettera di Ron ed Harry, che l’aveva fatta sprofondare per un po’ nella nostalgia prontamente soffocata in una tazza di cioccolato caldo preparato da Dobby, e Piton era andato a trovarli un paio di volte, per assicurarsi che stessero bene e comunicare loro che nessuno aveva dei sospetti.
- Cosa c’è?
- Puoi venire o ti costa troppa fatica?
Quel tono velenoso la fece voltare furente, ma quando si avvicinò a Malfoy e vide oltre la sua spalla cosa il ragazzo stesse guardando tutta la rabbia e l’ostilità parvero sparire.
- Sono diari. Sette diari.
- Lo vedo, Malfoy.
- E sei foto.
Hermione annuì e si inginocchiò accanto al ragazzo prendendone una tra le mani. Di nuovo i due bambini, solo che in quell’immagine indossavvano le sciarpe di Hogwarts e avevano dodici, tredici anni.
- Sono sempre le stesse persone. Lui credo sia Piton.
La voce di Malfoy le giungeva ovattata e lontana, nonostante le loro spalle si sfiorassero: Severus e Lily sorridevano dalle sei foto davanti a lei, felici e coperti di neve... una per ogni anno d’amicizia? Forse. Cambiavano gli abiti, cambiava l’angolatura, ma soprattutto cambiava lo sguardo di lui: l’affetto del bambino diventava l’amore del ragazzo, così intenso e palpabile da farle chiudere gli occhi per non essere spettatrice di quel pezzo di vita che non le apparteneva.
Si alzò di scatto e uscì dalla biblioteca, incapace di resistere oltre: non avrebbe saputo dire perché quelle foto la sconvolgessero così profondamente, un amore così puro la annichiliva, le conferiva una sensazione di totale inutilità... dov’era finito, tutto quel sentimento? Cos’era successo?
Lily era morta, immolando la sua vita per salvare Harry, ed Hermione era convinta che quella fosse la dimostrazione d’amore più forte che potesse esistere, ma la vita stessa di Piton, la sua quotidiana lotta, il perpetuo dolore del ricordo non erano forse un gesto d’amore ancora più grande? Vivere nonostante il dolore, solo per proteggere quello che rimaneva dell’amata? Il figlio che somigliava così tanto all’odiato padre, ma che aveva gli occhi della madre?
Un amore così grande la faceva sentire terribilmente piccola.
 
- Posso sapere cosa ti è preso?
La voce che la raggiunse alle spalle la strappò dal vortice in cui era piombata, quegli occhi grigi e freddi la riportarono alla realtà.
- Nulla.
- Non sono uno sciocco, Granger. Andava tutto bene, poi hai visto le foto e sei scappata.
- Sono solo stanca.
- Lei chi è?
Eccola, la domanda che aveva temuto.
- Non lo so.
Sperò che il tremore nella voce non fosse troppo evidente.
- Senti, Granger, hai detto che devo fidarmi, giusto? Di Piton, di Silente, persino di te, e per quanto sia folle pensarlo io lo sto facendo, mi sto fidando. Ora puoi per favore fidarti tu di me e dirmi cosa sta succedendo?
- Fidarmi di una serpe?
Malfoy allargò le braccia e lei osservò i lineamenti contriti e stanchi: Hermione gli aveva chiesto molto e lui aveva concesso qualcosa, mentre lei non aveva condiviso nulla, eppure negli ultimi tempi si era instaurato uno strano rapporto tra loro, che non avrebbe saputo definire in alcun modo, ma che sicuramente li aveva fatti avvicinare. Hermione aveva tentato, in quei cinquanta giorni, di soffocare la nostalgia, ma non poteva negare che la situazione più difficile fosse quella di lui: lontano da ogni luogo familiare, privo di qualsiasi contatto con i genitori, accompagnato costantemente dalla paura che tutto il castello di sabbia crollasse e che Narcissa e Lucius pagassero con la vita il suo tradimento. Erano sulla stessa barca, dopotutto, e il suo compito era tenerla a galla, non farla affondare...
Si sedette e prese le foto che lui ancora teneva in mano, disponendole sul ripiano cercando di ordinarle per età: la prima era quella conservata a Hogwarts.
- Chi sono?
- Lui lo sai, è il professor Piton. Lei è Lily Evans.
Malfoy alzò il sopracciglio ed Hermione sospirò: era naturale che quel nome non gli dicesse nulla.
- Lily Potter. La madre di Harry.
 
 
Cinquanta giorni, nove ore e quaranta minuti dopo.
Draco Malfoy ed Hermione Granger osservavano le immagini immersi in un silenzio spezzato solo dal crepitio del fuoco.
- Dunque il professore era innamorato della madre di Potty.
La ragazza aveva raccontato la sua scoperta e il successivo dialogo con Silente, mentre in cuor suo aveva la sensazione che fosse passata una vita da quella notte.
- Credo che il tempo esatto sia il presente. E non chiamarlo Potty.
Il ragazzo liquidò l’ultima affermazione con un gesto annoiato della mano e si concentrò sulla frase precedente -Come si può amare così a lungo una persona?
- I tuoi genitori non si amano?
Draco non rispose subito, mentre nella sua mente si formava immagini dei suoi genitori sorridenti e innamorati: erano purosangue, non manifestavano i propri sentimenti in maniera plateale, ma l’amore traspariva dai piccoli gesti, dagli sguardi, dai sorrisi...
- Sì, ma loro sono vivi.
- La morte non basta per distruggere l’amore, il professore ne è un esempio tangibile.
- Credi che l’Oscuro Signore li abbia separati?
Hermione scosse la testa, indicando con un dito l’ultima fotomagica –Se i calcoli sono giusti qui hanno quindici anni. Troppo presto per Lui... credo piuttosto che le inclinazioni di Piton li abbiano separati.
- Lui era un Serpeverde che simpatizzava per le idee di Tu-Sai-Chi, lei una Sanguesporco Grifondoro... poco in comune.
- Io credo, Malfoy, che le differenze le abbia volute creare lui.- Aveva alzato la voce, ma non se ne curò – Siete voi purosangue che create questioni di status sanguigno, perché per tutti gli altri siamo tutti maghi, tutti uguali.
Se Malfoy si risentì di quel commento non lo diede a vedere – In realtà Piton è un Mezzosangue.
 
Il gelo si espanse su di loro come una coperta infida; ad Hermione parve che il suo cuore smettesse di battere per un istante, per poi riprendere ad un ritmo forsennato. Se non fosse stato per lo sguardo incredibilmente sorpreso di Malfoy, troppo palesemente genuino per essere finzione, avrebbe creduto ad uno scherzo. Eppure...
- Non credo di aver capito.
- Severus Piton è un Mezzosangue. Ha sempre tentato di celare le sue origini, ma...
- Oh certo! Che orrore avere sangue Babbano nelle vene!
Hermione lo interruppe bruscamente, mentre la rabbia prendeva il posto dello sconcerto; Malfoy la guardò per un istante, prima di distogliere lo sguardo.
- Se vuoi che ti dica che no, non è un orrore, puoi dimenticarlo. Non te lo dirò. Il mondo dei Babbani è inferiore al nostro, ma - continuò alzando una mano per impedirle di replicare, – per quanto riguarda Piton il problema credo sia un altro.
- Ossia?
- Ne parlai con mia madre durante il secondo anno; mi piaceva Piton e venni a sapere per caso che non era purosangue. Ne rimasi sconvolto, ovviamente: lui, così vicino ai purosangue, così vicino all’Oscuro Signore, un Mezzosangue? Vero è che, in fondo, anche l’Oscuro Signore lo era, ma... ad ogni modo, scoprii solo in seguito che sopperiva alla mancanza di sangue puro con un’inclinazione alle arti oscure, una maestria nell’usarle che pochi altri avevano. Le loro storie sono simili: madre strega, padre Babbano. Piton senior era uomo orribile, a quanto pare. A detta di mia madre, è a causa sua che odiava in questo modo il mondo Babbano.
- Eppure amava Lily.
Draco alzò le spalle, senza trovare una spiegazione: non comprendeva un amore così intenso. L’amore sì, quello lo comprendeva, dopotutto era lui stesso un figlio amato, ma quel legame totalizzante che portava le persone a rischiare la propria vita per la persona amata... quello non lo comprendeva. Dopotutto, lui non era forse scappato pur sapendo di mettere in pericolo i suoi genitori?
- Cos’hai?
- Nulla.
- Malfoy, io prima ti ho detto niente e tu non mi hai creduto. Permettimi di non crederti.
- Anche fosse, cosa ti fa pensare che voglia sfogarmi con te?
Quel barlume di umanità che Hermione aveva scorto era sparito, spazzato via dal solito carattere altero e sprezzante.
- Come vuoi. Dovremmo rimettere le cose al loro posto... - concluse accennando alle fotomagiche.
Fece per uscire dalla camera, poi si voltò nuovamente verso il ragazzo, colpita da un’illuminazione improvvisa.
- Come hai detto che si chiamava la madre di Piton?
- Non l’ho detto perché non mi ricordo... sembrava un titolo nobiliare se non sbaglio, ma non...
- Prince?
- Sì, Prince. Come fai a... - si interruppe davanti al pallore che aveva assunto il colorito della ragazza. – Che succede ancora?
- Prince. Mezzosangue. Lo sapevo che era un nome proprio e non un titolo! Severus Piton è il Principe Mezzosangue!
- Hai letto i diari?
- Diari? - la domanda la sorprese così tanto che quasi non si accorse del tono rude che il ragazzo aveva usato.
- Quelli che stavo guardando prima...
- No, io... Sono i diari del Principe?
- Sì, ma non immaginavo fosse Piton. Ma tu come...
- Harry. Lumacorno gli ha dato un libro di pozioni usato all’inizio dell’anno e abbiamo scoperto che era di proprietà del Principe Mezzosangue.
- Lord. Principe. Piton somiglia al suo signore più di quanto pensi.
- Non essere sciocco, Malfoy. Piton ama, Voldemort non ha mai creduto nell’amore ed è questo che, credo, farà la differenza.
 
 
Cinquantaquattro giorni, due ore e trentuno minuti dopo.
- Credevo avessimo deciso di non leggerli.
Il tepore della coperta pesante, il profumo del tè al caramello, Grattastinchi accucciato sulle sue ginocchia: Hermione desiderava solo rimanere da sola con i suoi pensieri, ma l’arrivo del ragazzo non la sorprese né, imprevedibilmente, la infastidì.
Grattastinchi soffiò verso il Serpeverde e la ragazza lo accarezzò, senza mai aprire gli occhi; era stata una sorpresa inaspettata quando Dobby si era presentato da lei con il suo gatto e una lettera dei suoi amici.
“Vogliamo che tu possa avere qualcuno da sgridare e coccolare, all’occorrenza, perché sappiamo quanto ti piace preoccuparti per qualcuno. Ci è proibito venire da te, ma Silente ci ha permesso di inviarti lui.”
Non sapevano, i suoi amici, che lei aveva già qualcuno di cui preoccuparsi; era una consapevolezza con cui anche lei faticava a convivere, ma che faceva parte della sua indole, non solo in quanto Grifondoro, ma in quanto Hermione Granger. Ad ogni modo, l’arrivo di Grattastinchi era stato più che gradito.
- Li sto guardando, non li sto leggendo.
Avevano deciso di riporre i diari al loro posto e non parlarne più, ma entrambi sapevano che sarebbero stati una costante tentazione; Hermione, consapevole di come quella decisione fosse stata più che altro sua, aveva affatturato i diari in modo da poter sapere subito se lui li avesse letti, ma stranamente non gli si era mai avvicinato.
- Forse dovremmo farlo.
- Non vedo per quale ragione dovremmo metterci a curiosare nella vita di altre persone.
- Senti, Granger, io mi annoio - le rispose in quel tono indolente che ormai aveva imparato a riconoscere.
- Smetti di comportati come quei rampolli aristocratici di fine Ottocento, annoiati dalla vita perché la loro esistenza è troppo facile. Decisamente non lo sei.
- No, non è facile la mia vita, Granger. Lo è stata, ma non lo è adesso.
- Dunque?
- Dunque non sei curiosa? Non vuoi sapere cosa successe tra Piton e la Evans? Perché si separarono? Conoscere il loro amore.
No, Hermione non lo era; si era posta quella domanda più e più volte e aveva compreso, alla fine, che conoscere quell’amore avrebbe significato trascorrere la vita a rincorrerne uno d’ egual fatta, probabilmente in maniera inutile.
Piton e Lily l’avevano portata a fare i conti anche con i sentimenti che provava per Ron: credeva fosse amore, ma aveva dovuto ammettere che probabilmente non sarebbe mai stato più che infinito affetto. Lei, Harry e Ron sarebbero sempre stati una squadra, uniti da legami che solo chi ha affrontato la morte assieme può costruire.
Ma l’amore... quella era un’altra storia.
Immersa com’era in quelle riflessioni non si accorse che Draco aveva preso il primo diario finché non lo sentì leggere.
 
“ - È una strega, ne sono sicuro. L’ho osservata tanto a lungo e oggi ne ho la certezza. La mamma non vuole che ne parli, dice che dobbiamo aspettare le lettere e che qualcuno dalla scuola venga a parlare con lei e i genitori, ma io non posso attendere. Lily Evans è una strega e devo essere io a dirglielo.”
 
- Non avresti dovuto, Malfoy!
- Forse. Ma ormai l’ho fatto.
Il tono della voce era intriso di sfrontatezza, ma quando Hermione si voltò a guardarlo non lesse alcuna sfida nei suoi occhi; c’era piuttosto, in quel grigio che nella penombra appariva quasi nero, il tentennamento di chi si trova davanti qualcosa che non sa come affrontare, di chi fa i conti con qualcosa che non credeva possibile. Quell’amore aveva profondamente scosso lei, sin dal momento in cui aveva trovato la prima fotomagica, ma forse quei diari erano ciò che avrebbe potuto sbloccare anche lui, più di quanto potessero fare i duelli... di quanto potesse fare lei.
Non avrebbero dovuto leggere quelle pagine fitte di pensieri ed emozioni altrui, ma forse la storia di quell’amore così puro, distrutto dai pregiudizi prima e da Voldemort poi, avrebbe aiutato Draco, ed era ciò che Piton voleva, dopotutto.
E forse avrebbero aiutato anche lei, ad affrontare ciò che sarebbe successo, quella guerra che incombeva su di loro e che si faceva sempre più vicina. Silente stava per morire e senza di lui si sarebbero trovati su una nave priva di capitano nel bel mezzo di una tempesta... avevano bisogno di un faro e il Preside non aveva forse detto che l’amore era la forza più potente?
Sbuffò, per non dargli l’impressione di essere d’accordo con la sua azione e sapendo che, in quel modo, avrebbe aumentato la sua voglia di leggere.
 
I primi due diari erano brevi, Piton non era che un bambino quando li aveva scritti; in realtà, se non avessero saputo che aveva nove e dieci anni al momento della stesura, entrambi li avrebbero scambiati per pensieri di un ragazzo più grande... la gioia nell’aver trovato Lily, la rivelazione contraria a qualsiasi raccomandazione materna, i pomeriggi trascorsi insieme saturavano quelle pagine trasmettendo un senso di pace totalizzante, di gioia semplice e genuina come solo l’animo incorrotto di un fanciullo poteva trasmettere. A volte, però, quei momenti felici erano interrotti da amare constatazioni sulle dinamiche familiari, sulla violenza del padre e sulle lacrime sempre più frequenti della madre; Malfoy aveva avuto ragione, il comportamento paterno aveva portato il giovane Severus a idealizzare Hogwarts e il mondo magico, a cui non vedeva l’ora di appartenere.
 
Quando la pendola battè tre rintocchi Hermione spostò lo sguardo dal fuoco che aveva continuato a fissare mentre la voce di Malfoy si disperdeva nell’aria, e incrociò gli occhi del ragazzo: erano diventati rossi per lo sforzo di leggere in un luogo illuminato solo dalle fiamme del camino ed erano cerchiati da occhiaie nere. Non che quelle fossero una novità in fondo, ma Hermione era sicura che in quel frangente fossero causate dalla stanchezza tanto fisica quanto mentale che provava anche lei.
Il viaggio nei ricordi del professor Piton si era rivelato più spossante del previsto.
Si ritrovò a pensare a Harry, Silente e al pensatoio: quei ricordi erano fondamentali per poter vincere la guerra... poteva dirsi la stessa cosa di quei diari?
Sembrava che ognuno di loro stesse combattendo i propri demoni personali tramite la vita di un altro, trovandosi ad affrontare sensazioni fin troppo familiari.
 
           
Cinquantasei giorni, sette ore e quattro minuti dopo.
“È stata smistata a Grifondoro, insieme a quegli odiosi ragazzi che abbiamo incontrato in treno. Per fortuna, Lily sembra continuare a preferire la mia compagnia alla loro. Un Serpeverde e una Grifondoro... saremo la coppia più strana che Hogwarts abbia mai visto.”
 
- Strana davvero. Non si è mai vista un’amicizia tra le due case.
- Non direi mai, Malfoy. Loro erano amici...
E noi tutto sommato stiamo convivendo piuttosto bene,avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece: il loro equilibrio sembrava un vaso di cristallo sull’orlo di un precipizio. Una piccola scossa e tutto sarebbe crollato.
Malfoy alzò le spalle, come se quel dettaglio, che tanto dettaglio non era, non avrebbe potuto scalfire le sue convinzioni; si era adattato alla compagnia di Hermione, ma non mancavano mai le frecciatine, le occhiate astiose e i Sanguesporco inseriti in una frase più spesso di quanto la ragazza fosse disposta a sopportare.
- Chi sono secondo te gli odiosi ragazzi?
- I Malandrini. James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus.
- Minus?
Malfoy sembrava sinceramente stupito ed Hermione annuì affranta.
- Erano molto amici, ma questo non ha impedito a Minus di tradire, reso cieco dalla paura.
- Sapevo che si conoscevano, ma non che fossero così amici. E così - uno scintillio sprezzante illuminò lo sguardo del ragazzo – non tutti i Grifondoro sono così eroici e leali.
Hermione si alzò di scatto dall’angolo di pavimento su cui si era raggomitolata e lo guardò dall’alto in basso.
- Dovresti smetterla, sai, di stereotipare tutto. Il mondo non è bianco o nero, né le persone sono racchiuse nelle definizioni delle Case. Il cappello ci smista secondo le inclinazioni, certo, ma abbiamo undici anni quando avviene lo smistamento. Tu sei lo stesso che eri allora?
La strega incrociò le braccia e attese: sapeva quale fosse la risposta reale, ma immaginava che non sarebbe stata quella che lui gli avrebbe dato.
Malfoy fu tentato di affermare che sì, lui era esattamente il ragazzino di undici anni, ma sapeva che sarebbe stata una bugia e sapeva anche che lei l’avrebbe colta: era cresciuto e aveva fatto i conti con la realtà nel peggior modo possibile.
- Forse.
- Non dire sciocchezze. Continui a ripetere che Grifondoro e Serpeverde non dovrebbero essere amici, eppure abbiamo le prove che qualcuno appartenente alle due Case lo è stato; non mi riferisco solo a Lily e Piton, ma anche ad altri studenti. Non è usuale, forse, ma più per gli sciocchi pregiudizi che si hanno che per reale astio. Dovremmo guardare oltre, Silente l’ha detto: le Case devono essere unite se vogliamo vincere questa guerra.
Aveva pensato che le avrebbe urlato contro, ma imprevedibilmente Malfoy si alzò e la prese per un braccio per condurla ad una finestra: non c’era dolcezza in quel gesto, ma neppure odio.
Fuori la neva aveva iniziato a sciogliersi, la primavera era alle porte ormai.
- Cosa credi che succederà? Prima o poi dovremo andar via da qui.
Non erano mai stati così vicini. I loro corpi si sfioravano appena ma Hermione riusciva a percepire chiaramente il profumo della sua pelle, un odore forte ma non fastidioso, con un retrogusto al caramello di cui sembrava non essere mai sazio.
- Dovrai fare una scelta.
- Credevo di averla già fatta.
- Davvero?
Lo guardò attraverso il riflesso nel vetro e nonostante l’immagine sfocata il tormento nel suo sguardo era evidente: non era un eroe, Draco Malfoy, e probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma si era lasciato alle spalle la fase della sua vita in cui tutto era semplice e sicuro. Aveva dovuto fare i conti con la nuova realtà e le parole del professore l’avevano smosso più di quanto avrebbero mai potuto fare mille discorsi di Hermione.
- Severus Piton è un Serpeverde, dovrebbe essere egoista e vigliacco, ma è l’uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto. Sta proteggendo con tutto se stesso il figlio della donna che ama, facendo il doppio gioco con il mago più potente di tutti i tempi... e ora sta rischiando tutto anche per me.
- È senso dell’onore quello che colgo? - Gli chiese smorzando con una risata il magone che quelle parole gli avevano provocato.
- Non essere sciocca, Sanguesporco.
- C’è dell’altro, comunque...
Gli posò una mano sul braccio istintivamente e quando si rese conto di cosa aveva fatto fece per ritrarla, ma lui la fermò.
Calore umano. Forse lui ne aveva bisogno quanto lei.
- Cosa?
- Sorvolando il fatto che il mago più potente di tutti i tempi è Silente, c’è una cosa che devi sapere e una che dobbiamo considerare.
- Ti ascolto.
- Hai presente la profezia? Quella che tuo padre...
- Ho capito. - La interruppe bruscamente ed Hermione lasciò morire la frase: ricordare quella notte non faceva bene a nessuno. – Vai avanti.
- Fu pronunciata dalla Cooman in presenza di Silente, ma qualcun altro nascosto nell’ombra la udì e la andò a riferire a Voldemort, condannando così i Potter.
Malfoy si voltò perplesso verso la ragazza, ma bastò leggerle lo sgomento nello sguardo per comprendere...
- Piton?
Fu solo un sussurro gelido che parve incrinare qualsiasi barriera esistita fino a quel momento.
-Piton l’ha condannata a morte.
- Non se l’è mai perdonato... non credo voglia fare l’eroe o cercare la redenzione. Penso che proteggere Harry sia il suo modo per chiedere scusa a Lily. È sempre stata una questione tra loro due.
Draco si allontanò dalla finestra e prese con rabbia le foto che giacevano per terra.
- Lui l’amava! L’ha sempre amata! E l’ha condannata.
- Non di proposito, non sapeva si parlasse dei Potter, Malfoy.
- Lui l’ha condannata.
Non c’era accusa in quelle parole, ma solo un dolore che non riusciva ad essere arginato.
L’enormità della situazione crollò loro addosso senza lasciar via di scampo.
E se anche la loro fuga stesse condannando qualcuno?
 
           
Sessantadue giorni, dodici ore e ventiquattro minuti dopo.
Il tempo sembrava essere tornato indietro.
Malfoy si era chiuso in un ostinato silenzio ed Hermione non riusciva a scavalcare il muro che aveva costuito nuovamente attorno a sé. Alla fine, dopo una settimana in cui a stento si erano incontrati un paio di volte, decise di prendere in mano la situazione: bussò alla porta di Malfoy e continuò a battere colpi finché il ragazzo non la aprì esasperato.
- Esci di qui e parliamone, Malfoy. Siamo tornati indietro di settimane.
- Forse a me sta bene così.
- Beh a me no! E prima che tu possa dire che non ti importa sappi che sono pronta a sfidarti a duello o a sguinzagliarti contro Grattastinchi. Vieni giù!
Il gesto stizzito con cui Malfoy prese la bacchetta le fece comprendere d’aver vinto; come già aveva fatto un’altra volta prima di allora scese le scale sapendo di essere seguita.
- Mi hai detto che c’era qualcosa che avrei dovuto sapere e una che avremmo dovuto considerare; - le disse non appena entrarono in biblioteca – manca la seconda.
Hermione si sedette a terra vicino al camino, a gambe incrociate e con Grattastinchi accanto... Aveva ripensato a quella frase fino allo sfinimento, in quei giorni.
- Non potremo rimanere qui per sempre. Cosa succederà a quel punto? Io so dove andrò, ma tu... se dimostrassi di essere palesemente dalla nostra parte metteresti in pericolo non solo i tuoi genitori, ma anche Piton e la sua copertura, che per noi è fondamentale.
- Lo so, ci avevo già pensato.
- E dunque cosa proponi di fare?
- Ho un’idea, Granger, ma abbiamo bisogno che Piton ci faccia sapere quando i Mangiamorte attaccheranno.- si interruppe e distolse lo sguardo da quello sgranato della ragazza –Attaccheranno, Sanguesporco. E noi dovremo agire.
Hermione sospirò – Immagino di si. Quale compito ti ha affidato, Malfoy?
Quante volte si era posta quella domanda? Fino a quel momento, però, non aveva mai avuto il coraggio di porla. Quando Malfoy scosse la testa comprese che non avrebbe ricevuto risposta.
- Non ha più importanza. I diari, Granger... credo che dovremmo andare avanti.
 
“Sta iniziando a fare freddo e presto non potremo più incontrarci all’esterno durante le pause, ma troveremo il modo per farlo comunque. Rimanere anche solo una giornata senza incrociare i suoi occhi verdi è qualcosa di impensabile...”
 
Era come essere tornati ad Hogwarts seguendo Lily e Piton lungo i corridoi della scuola, durante le lezioni o in Sala Grande; gesti così semplici e quotidiani che attraverso gli occhi del professore assumevano una valenza nuova.
 
“Anno dopo anno diventa sempre più bella, spigliata, brillante: i ragazzi la ammirano, le ragazze cercano la sua amicizia. Ho sempre saputo che avrebbe lasciato il segno. Mi accorgo di come mi guardano le sue amiche, non comprendono perché lei continui a trascorrere parte del suo tempo con me, insulso e asociale Serpeverde, ma Lily alza le spalle e le ignora. La nostra amicizia è salda e forte. Forse prima o poi capirà che per me non è solo un’amica...”
 
- Ha solo tredici anni, ma è già innamorato.
- Anche Potter, a quanto pare - commentò Malfoy indicando un passo del diario in cui Piton raccontava sprezzante i tentativi di James di convincere Lily ad uscire con lui. Tentativi che non avevano avuto successo.
- James voleva l’unica ragazza che non lo adorava. L’amore arriverà più in là, ma in quel momento...
Hermione scosse la testa, ricordando i discorsi di Harry con il professor Lupin. Nessuno si era premurato di far sapere al ragazzo che sua madre e il professore che tanto odiava un tempo erano stati amici...
 
 
Sessantanove giorni, undici ore e due minuti dopo.
- Racconterai tutto questo al tuo amico?
Erano in biblioteca, come sempre; Hermione sedeva a terra, la schiena poggiata ad una poltrona, mentre Malfoy si era accomodato sul divano. Con il trascorrere del tempo, senza che se ne rendessero conto, la distanza che ponevano tra di loro era diminuita e spesso rimanevano intere giornate insieme: la maggior parte del tempo leggevano i diari, ma quando decidevano di interrompere non scappavano l’uno dall’altra come accadeva all’inizio. Rimanevano insieme, ormai usi alla reciproca presenza e, in un certo qual modo, dipendenti da essa: in quel periodo in cui predire il futuro era impossibile, lontani da casa e da qualsiasi persona familiare, Hermione e Draco erano, l’uno per l’altra, l’unica certezza.
Anche il piano che avrebbero adotatto quando l’inevitabile fosse infine accaduto era pronto: veniva ripetuto ogni giorno, limato, sistemato, anche quando fu chiaro nella sua perfezione. Era il loro appiglio con la realtà, una necessità imprescindibile.
- Non credo. Non spetta a me.
- Che anima leale.
Hermione sorrise del tono sarcastico del ragazzo e gli lanciò un cuscino, che fu protamente schivato.
- Avremo cose ben più importanti a cui pensare...
Sapeva che la stava guardando insistentemente, ma non avrebbe mai saziato la sua curiosità. Il segreto di Piton era importante, sì, ma con il tempo aveva compreso che lo era più per loro che per Harry: gli horcrux sarebbero stati la loro priorità una volta lasciato quell’esilio, ma questo Malfoy non poteva saperlo.
 
 
Settantaquattro giorni, cinque ore e ventisette minuti dopo.
Sapeva che la sarebbe andata a cercare, ma in quel momento Hermione non aveva la forza di affrontare nessuno, men che meno lui.
In quei due mesi aveva affrontato le situazioni che le si presentavano senza problema e senza coinvolgere nessuno, ma quella volta il suo corpo aveva deciso di ridurla allo stremo delle forze e nessun incantesimo l’avrebbe aiutata.
- Granger, vieni giù. Dobbiamo leggere.
- Prosegui senza di me - mugugnò contro il cuscino sperando che il ragazzo la lasciasse in pace a compatirsi da sola.
- Non se ne parla. Apri subito o sfondo la porta.
L’unico movimento che Hermione fece fu spostare il cuscino da sotto a sopra la sua testa e non si stupì quando un movimento d’aria le fece comprendere che la porta era stata aperta.
- Granger... Sanguesporco?
Sangue era, effettivamente, l’ultima parola che Hermione volesse sentire in quel momento.
- Vai al diavolo, Malfoy.
Cadde il silenzio ma la strega non si illuse di essere rimasta sola; spostò a fatica il cuscino e incrociò lo sguardo perplesso del ragazzo. La bacchetta era accanto a lei, vicino ad una tazza vuota: la riempì di acqua bollente per farne una camomilla, poi si voltò stancamente verso Malfoy.
- Senti, non sto bene, oggi non ce la faccio. Non pretendo certo che tu capisca, considerando che sei un uomo, ma...
L’espressione schifata che sfigurò il volto del Serpeverde la fece interrompere bruscamente.
- Oh, certo, il mio sangue sporco ti nausea immagino. Sparisci, Malfoy, prima che ti schianti.
Mantenne fermo lo sguardò finché non fu nuovamente sola, poi si lasciò cadere sul materasso; bruciava, perché negarlo? Credeva avessero fatto passi avanti, la parola Sanguesporco sembrava aver perso da tempo la valenza dispreggiativa, ma evidentemente si era solo illusa: era bastato un accenno al suo sangue per farlo scappare via schifato.
Non si era resa conto di essersi addormentata, ma quando si svegliò impiegò qualche istante per mettere a fuoco la scena: Malfoy era seduto poco lontano da lei e la stava fissando nervosamente, con i diari poggiati in grembo.
C’era qualcosa, però, in quell’immagine, che stonava particolarmente: il fatto che lui si trovasse lì dopo essere stato cacciato era di per sé strano, ma Hermione sapeva che non si trattava solo di quello.
La comprensione arrivò come un fulmine a ciel sereno e la fece sobbalzare, mentre il cuore le iniziava a battere ancor più velocemente nel petto.
- Non era il tuo sangue sporco il problema, Granger. Semplicemente, non sono abituato a parlare di certe cose da donna. - Lo vide storcere il naso, percepiva la sua voce, ma i suo occhi continuavano a fissare l’avambraccio scoperto. – Tu puoi affrontare questo, Granger? Forse è arrivato il momento di fare i conti con ciò che siamo, da purosangue a Sanguesporco.
- Harry aveva ragione.
Malfoy sbuffò, guardandola impaziente.
- È tutto ciò che sai dire? Harry aveva ragione. Quasi avrei preferito che ti mettessi a urlare.
- Non avrai questa soddisfazione.- La frase l’aveva punta nel vivo, facendola riscuotere. Si alzò lentamente, realizzando che il dolore si era attenuato o, forse, era semplicemente passato in secondo piano.
Harry aveva avuto ragione, anche se né lei né Ron lo avevano voluto ascoltare; l’idea che Malfoy avesse ricevuto il marchio a sedici anni era così assurda...
Eppure eccolo davanti a lei, nero su bianco, privo di qualsiasi fraintendimenti: Malfoy era stato marchiato.
- Perché?
Pose la domanda a voce talmente bassa che dubitò che lui l’avesse sentita, ma il silenzio era totale nella camera e Malfoy la colse perfettamente, con tutte le sue implicazioni.
- Per punire mio padre, immagino. Marchiarmi, affidarmi un compito impossibile da realizzare. Sono un Mangiamorte, Granger, e lo sarò fino alla mia morte, sia che avvenga domani, sia che io viva altri ottant’anni. Il Marchio non può essere cancellato.
- Siamo tutti marchiati, Malfoy, e lo saremo ancora di più quando la guerra scoppierà. Il tuo è visibile, sì, ma non cambia nulla.
- No? Io credo di sì. Sono marchiato, Granger, sono suo.
- Anche Piton è marchiato, ma non è suo.
Lo vide abbassare lo sguardo in grembo, sull’ultimo diario. Ed Hermione comprese cosa l’avesse spinto a quel gesto... lei sapeva come finiva la storia.
- Hai finito, vero?
Malfoy annuì e si abbassò la manica della camicia, per celare nuovamente la prova tangibile del suo destino.
- Leggi per me.
Tornò sul letto e Malfoy aprì il diario.
Quinto anno.
Il giorno dei G.U.F.O.
 
“Come posso continuare, giorno dopo giorno, ad alzarmi dal letto e vivere la mia vita senza di lei? Senza la sua risata, senza i suoi occhi? Lily l’aveva predetto, sapeva che presto o tardi avremmo dovuto affrontare la realtà, ma neppure lei sapeva fino a che punto. Sono stato uno stolto a pensare di poter essere un Suoseguace e, al contempo, continuare ad essere suo amico. È come se tutto fosse finito, per me. Gli incontri segreti con gli altri Serpeverde, il futuro promessoci dal Signore Oscuro... Tutto mi è odioso oggi. So che non mi perdonerà. Abbiamo avuto altre liti prima di oggi, ma ciò che ho fatto è imperdonabile. L’ho persa. L’ho persa per sempre. L’ho persa per colpa di una parola maledetta: Sanguesporco.”
 
Rimasero entrambi in silenzio, mentre l’eco delle ultime parole del Principe si diradava nell’aria. Una parola maledetta.
La causa della loro separazione.
L’orologio scandiva i secondi, al ritmo costante dei loro cuori. I diari del Principe iniziavano e finivano con Lily, come se davvero la vita di Piton fosse dipesa unicamente dalla presenza della ragazza.
- Posso accettarlo, Malfoy. Posso affrontarlo ed accettarlo.
Il mago si voltò a guardarla: aveva il volto pallido e lucido di sudore, i capelli sembravano ancor più sconvolti del solito e gli occhi erano lucidi, forse per le lacrime, forse per il dolore.
Una Sanguesporco, sì, ma non si era mai sentito tanto vicino a qualcuno come a lei. Quando l’aveva cacciato dalla camera era sceso infuriato in biblioteca e aveva ripreso la lettura, quasi fosse una ripicca, ma quando era arrivato alla fine, a quella parola maledetta, ne aveva compreso la reale devastante portata. Quante vite aveva distrutto quell’appellativo pronunciato con così tanta leggerezza?
Proprio da Piton.
Proprio a Lily.
Non sapeva cosa sarebbe successo quando la guerra fosse scoppiata: se il piano non avesse funzionato lui sarebbe diventato un traditore... quante altre vite sarebbero state distrutte, allora?
La storia narrata nei diari non era solo il racconto di un’amore.
Era, piuttosto, qualcosa che andava oltre quelle due vite intrecciate nel passato, per offrire al lettore – a loro - qualcosa di molto più importante: una possiblità.
Nonostante le differenze, reali o presunte che fossero, Grifondoro e Serpeverde, Purosangue e Sanguesporco potevano coesistere in pace?
Draco Malfoy non aveva certezze, se non quel marchio sul braccio che lo etichettava come un uomo di Voldemort e quella Sanguesporco che gli aveva costantemente ricordato, rudemente, testardamente, che poteva essere altro, se solo l’avesse voluto.
Ed era bella, la Granger, persino in quel momento.
Era bella per ciò che rappresentava, nel bene e nel male.
La bellezza della possibilità.
Fece per alzarsi, senza sapere neppure lui cosa volesse davvero fare, ma la voce di Dobby lo fermò a metà gesto: l’elfo aveva un biglietto tra le dita e Draco guardò Hermione alzarsi per prenderlo.
Il corpo della ragazza era scosso da tremiti, ma nessuno dei due fu in grado di capire cosa li causasse.
Paura per ciò che il messaggio recava?
Desiderio di sapere cosa sarebbe successo se non fossero stati interrotti?
In fondo non aveva importanza.
Stanno arrivando.
Due semplici, lapidarie parole.
Intuile soffermarsi a chiedere chi stesse arrivando e dove. I Mangiamorte avevano trovato il modo di entrare ad Hogwarts, la fine era vicina.
O forse, come entrambi pensavano mentre si affannavano a rientrare a scuola, tutto stava iniziando.
 
Era giunto il momento di mettere in atto il piano, di affrontare la realtà.
Si smaterializzarono nella Stamberga Strillante e proseguirono di corsa lungo il tunnel e oltre il Platano Picchiatore; si concessero un solo istante per contemplare il castello apparentemente tranquillo e addormentato, il Marchio Nero che troneggiava sulle loro teste come un oscuro presagio di sangue e morte, poi corsero verso il punto su cui il simbolo di Voldemort scintillava.
Verso la Torre di Astronomia.
 
Quattro Mangiamorte davano loro le spalle; Silente, davanti a loro, sembrava apparentemente tranquillo. La strega abbracciò con una rapida occhiata l’intero perimetro e scorse due scope abbandonate in un angolo: non impiegò che pochi secondi per capire cosa fosse successo. In una lettera l’amico le aveva scritto che sarebbe uscito in missione con il Preside ed evidentemente era quella la notte prescelta. Ma dov’era Harry? Era sceso prima che arrivassero i Mangiamorte o, più probabilmente, Silente l’aveva pietrificato e nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità per proteggerlo?
La mano di Malfoy le sfiorò il braccio e lei si voltò a guardarlo: era spaventato, ma pronto a prender parte a quella messinscena. E lei? Sarebbe stata pronta lei?
Le voci divennero sempre pù concitate, il tempo stava scivolando via dalle sue dita come la sabbia di una clessidra, il momento era arrivato.
Fissò Draco negli occhi e quel che vide le scaldò il cuore e le diede coraggio... Draco Malfoy si fidava di lei e la possibilità di arrivare in fondo a quella notte, comunque la si guardasse, era solo una questione di fiducia.
Mosse la bacchetta e sussurrò l’incantesimo con un sussurro impercettibile.
Poi uscirono allo scoperto.
 
- Preside!
Cinque volti si voltarono verso di lei ed Hermione percepì chiaramente il suo cuore battere furiosamente nel petto... Se Silente non avesse compreso immediatamente la situazione sarebbero stati perduti.
- Cosa succede?
- Perché il giovane Malfoy è con la Sanguesporco?
Voci che si sovrapponevano, voci senza volto per Hermione che continuava a fissare il Preside: aveva bisogno che lui comprendesse, che permettesse al loro piano di avere successo...
- Signorina Granger, sono lieto di constatare che ha portato a compimento l’incarico che le è stato assegnato.
Se non fosse stata totalmente concentrata sull’incantesimo Hermione si sarebbe messa a esultare per la gioia.
- Sì, Preside.
- Incarico? Di cosa sta parlando?
Un brivido impercettibile scosse la ragazza quando mise a fuoco chi avesse parlato: un Mangiamorte tarchiato dal volto quasi animalesco, che emanava un odore di sudore e sangue.
- Fenrir. - Lo sguardo di Silente si fece improvvisamente cupo – Sei l’ultimo Mangiamorte che avrei desiderato vedere qui, nella mia scuola...
- Carne fresca, Silente. Come potevo resistere?
- Smettetela! - L’urlo acuto di una donna bassa e tozza fece sussultare Hermione. – Quale incarico?
- Vedi, Alecto, quando ho saputo che il giovane Malfoy si era ferito durante i suoi tentativi di uccidermi ed era stato nascosto da qualche parte, ho deciso di approfittare della situazione. La signorina Granger era lontana da Hogwarts per motivi personali e le ho proposto una breve deviazione prima di tornare qui. Ha lottato, signorina Granger?
- Ha opposto resistenza, sì, ma era così provato che la sua mente ha ceduto subito all’Imperius.
- Imperius?
- Come ha fatto a trovarlo?
Silente le sorrise, prima di tornare a guardare i Mangiamorte.
- Trovarlo non è stato facile, ma nulla è troppo complicato per me. Ora, vogliamo continuare a parlare oppure...
Improvvisamente, cadde il gelo su di loro ed Hermione alzò lo sguardo al cielo alla ricerca dei Dissennatori. Sapeva però, in cuor suo, che non ne avrebbe trovati.
- Piton, abbiamo un problema.
Piton guardò appena gli altri Mangiamorte prima di fissare imperturbabile la graziosa scena che gli si presentò davanti: Silente improvvisamente serio, Draco Malfoy con lo sguardo vitreo e la signorina Granger con la bacchetta puntata sul ragazzo.
Un piano perfetto, non poteva negarlo. In quel modo Voldemort non lo avrebbe potuto accusare di tradimento finché non fosse arrivato il momento del confronto diretto...
Qualsiasi cosa avesse portato all’avvicinamento dei due ragazzi non aveva importanza: ciò che Piton vedeva – un Purosangue e una Sanguesporco, una Grifondoro e un Serpeverde - aveva il sapore della speranza.
- Noto.
La sua voce era glaciale, ma la mano che stringeva la bacchetta bruciava: sapeva di dover portare a termine il suo compito per il bene di tutti, ma l’idea dell’omicidio lo torturava in modi che Silente non poteva neppure immaginare. Prima Lily e poi Albus. Due persone si erano fidate di lui, e Piton avrebbe ucciso entrambe.
Forse il Preside lesse il tentennamento nel suo sguardo, forse stava soltando continuando la recita, Severus non avrebbe potuto dirlo. Né l’avrebbe saputo mai.
 
- Severus... Ti prego...
- Avada Kedavra!
 
Il tempo parve cristallizzarsi, la caduta del corpo del Preside oltre la Torre sembrò durare un’eternità.
Fu l’urlo di Hermione a far ripartire il tempo, rapido come mai era stato.
 
- Prendiamo il ragazzo.
- Ormai è perduto. Andiamo!
Nessuno ebbe il coraggio di contrastare gli ordini dell’uomo che aveva ucciso Albus Silente, adempiendo agli ordini del loro Signore, così si riversarono rapidi lungo le scale.
Prima di seguire gli altri Mangiamorte, Severus Piton si voltò verso Hermione ed incrociò i suoi occhi gonfi di lacrime: la mano le tremava, notò, ma Malfoy era ancora sotto l’incantesimo.
Il vaso di Pandora era stato scoperchiato con quell’omicidio e stava riversando i suoi orrori oltre le mura di quella Torre.
Sul fondo, seppur fragile e tremula, rimaneva la speranza.
 
Poi Harry Potter finalmente si mostrò e Severus voltò le spalle a tutto, vagamente consapevole di essere seguito dalla rabbia del figlio di Lily, conscio soltanto del proprio dolore, ma guidato dalla certezza che se alla fine fosse riuscito a portare a termine il suo compito ogni stilla di sangue versato avrebbe assunto un altro valore.
 
Silente era morto.
In quei settantaquattro giorni l’inevitabile morte del Preside era stata l’unico punto fermo. Tutto il resto era soggetto a variabili, ma quello... eppure, nonostante avesse pensato di aver accettato l’inevitabile, il dolore nel petto sembrava averla spezzata in mille frammenti che non si sarebbero mai ricomposti.
Silente era morto ed Hermione lanciò lontano la bacchetta, incurante di Harry che la superava per correre dietro a Piton. Non gli avrebbe rivelato la verità, non spettava a lei farlo... non era la sua storia, quella, benchè le parole dei diari le fossero entrate dentro al punto che sembravano scorrerle nel sangue. Harry non avrebbe saputo da lei che l’uomo che in quel momento probabilmente odiava più di Voldemort stesso aveva amato sua madre in modi che andavano al di là di ogni comprensione umana.
Silente era morto e le ginocchia della strega cedettero, ma prima che potesse crollare a terra due braccia l’afferrarono e attutirono la caduta.
Nascose il volto nell’incavo del collo di Malfoy e permise finalmente alle lacrime di scorrere. Non avrebbe creduto possibile, in quel marasma di cupe sensazioni, sentire qualcosa che non fosse il dolore, eppure percepiva chiaramente le braccia del ragazzo attorno al suo corpo, il profumo di caramello che sembrava attutire la puzza di morte.
-Mi dispiace. La Maledizione. Piton. Mi dispiace.
Parole sconnesse intervallate da singulti, lacrime che continuavano a scorrere senza sosta, il crollo che finalmente era giunto.
- Va tutto bene.
- No, non va tutto bene.
La voltò con brutalità ed Hermione si ritrovò ad affrontare gli occhi grigi del ragazzo, ludici e rossi come i suoi, ma illuminati dal barlume di razionalità che lei non possedeva più.
- Andrà tutto bene.
Scandì le parole lentamente mentre continuava a tenerla stretta contro il proprio corpo, cercando di non farla sprofondare nel baratro del dolore accecante.
Cercando di non sprofondare lui stesso.
- Mi dispiace, io...
- Granger, ascoltami. Sei stata una roccia per settantaquattro giorni, hai tenuto insieme i pezzi quando io facevo di tutto per impedirtelo. Puoi piangere stasera, poi tornerai a tenere insieme tutti i pezzi. L’Imperius era necessario e io mi sono messo nelle tue mani, Sanguesporco.
- Non chiamarmi così.- le urla isteriche si erano trasformate in un sussurro appena percettibile contro il petto del ragazzo -È la parola che li ha divisi.
- Non essere sciocca, Granger.
Il tono irritato, così tipico di Malfoy e così fuori luogo, le fece alzare la testa di scatto.
- Cosa...
- Hai letto i diari con me, giusto? Sì, quella parola li ha fatti separare, ma Piton non ha mai smesso di amarla e io sono scuro che in cuor suo la Evans non abbia mai smesso di volergli bene. Probabilmente sarebbe successo comunque, con o senza quella parola. Considerando i tempi, era inevitabile.
- Lei avrebbe potuto salvarlo.
- Piton non voleva essere salvato, credeva in quello che il Signore Oscuro stava costruendo. E tu sei una Sanguesporco, Granger, così come io sono un Purosangue. È un dato di fatto.
Hermione annuì, scorgendo dietro quella frase pronunciata in toni duri l’implicito significato... Piton non voleva essere salvato, ma Draco Malfoy?
- Dobbiamo andare di sotto, Silente è morto.
- Granger...
- Sì?
- Era quello il mio compito. Uccidere Silente. Credo siano entrati grazie all’Armadio Svanitore che io stavo provando ad aggiustare quando...
In cuor suo l’aveva sempre saputo, nonostante nessuno l’avesse mai ammesso apertamente. Cambiava qualcosa quella rivelazione?
- Avrebbero trovato un modo anche senza di te e Silente sarebbe morto comunque, in un modo o in un altro. L’ha fatto per proteggere noi tutti. La guerra è iniziata davvero, Malfoy.
- Cosa faremo?
Hermione si alzò in piedi e si sporse oltre la balaustra: il corpo del Preside giaceva scomposto ai piedi della Torre e Harry gli era accanto insieme a Ginny.
Sarebbe andata da lui, più tardi, e l’avrebbe abbracciato ritrovando quel calore familiare che le era mancato così tanto. E avrebbe abbracciato anche Ron perché, amore o meno che fosse, lui sarebbe stato sempre una parte fondamentale della sua vita.
Era una notte di lacrime, quella, ma anche di speranze e nuovi inizi, forse l’ultima che si sarebbero potuti concedere prima che la guerra li assorbisse completamente.
Qualche piano più sotto Fleur curava il suo promesso sposo sotto gli occhi commossi di Molly e Lupin stava cedendo alle pressioni di Ninfadora.
Silente era morto per permettere a loro di vivere.
Hermione cercò la mano di Malfoy e la strinse.
Una Grifondoro e un Serpeverde.
Una Sanguesporco e un purosangue.
Il cerchio si era chiuso.
- Combatteremo, Malfoy. Ecco cosa faremo. Per Silente, per Piton, per Lily... - chiuse gli occhi, poi li riaprì e si voltò verso il ragazzo, incrociando il suo sguardo. – Per noi. Combatteremo.


 

 
 
Note: Non era questa la storia che avevo in mente di scrivere all'inizio, ma è la storia che è nata una sera all'improvviso... In fondo devo ancora scrivere qualcosa che sia esattamente come l'idea iniziale che avevo in testa.
Il richiamo a Lily e Severus non vuole rendere la storia tra Hermione e Draco come la loro: non c'è amore, qui... C'è una reciproca scoperta, indotta dal dover vivere forzatamente assieme. C'è lo scompiglio che leggere quelle parole porta loro. C'è, appunto, una possibilità e in un momento come quello, con la guerra alle porte, la possibilità è qualcosa a cui aggrapparsi con tutte le forze.
La scena finale, l'avrete riconosciuto da voi, richiama alcuni dialoghi della scena sulla Torre ne "Il Pricipe Mezzosangue".
Questa storia partecipa al contest “OTP Tournament”, indetto da CoS, che ringrazio per avermi scelta tra tante brave autrici.
E ringrazio, con un affetto che non voglio nè posso esprimere in questa sede ma di cui loro conoscono la portata, Elle ed Erica, che mi sono state accanto tutto il tempo e senza cui forse questa storia avrebbe difficilmente visto la luce.

Se volete mi trovate su facebook nel gruppo e nella pagina.

Emily Alexandre  Alexandre
  


 
 
 
 

   
 
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