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Autore: xharrysdimples    19/01/2012    4 recensioni
'Ma mi sentivo ferita, come se ogni parola che uscisse dalla loro bocca, ogni parola urlata, mi trafiggesse il corpo. Chiusi gli occhi e immaginai come dovevo davvero essere se ogni loro litigata comportasse una lacerante ferita sul mio corpo: avrei camminato per la strada sanguinante, nemmeno un centimetro di me sarebbe stato sano e se avrei pianto, avrei pianto sangue.
O forse sarei già morta.'
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il sole si era timidamente nascosto dietro qualche nuvola in quell’umido pomeriggio di Maggio, ma loro avrebbero giocato finche non sarebbe venuto a piovere, finche le loro risate avrebbero riempito l’aria. 
Harry vide una parte della giacchetta rossa di Sophie dietro alla grande quercia del parco, così, sorridendo soddisfatto, corse e urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni “tana per te, Sophie!”
La bambina sbuffò e, stanca, si mise seduta sulla panchina. Guardava a terra mentre riusciva ancora a sentire le parole della madre risuonargli nella testa ‘tesoro, ce ne andiamo in un posto più bello, dove ti divertirai. Avremo una casa più grande e Phil potrà comprarti tutti i giochi che vorrai, sei felice?’ istintivamente, si sentì in dovere di annuire alla madre per non dargli un dispiacere, ma non era felice: lei voleva rimanere lì.
- “hey, perché piangi? Se vuoi la prossima volta ti faccio vincere..”
Sophie alzò la testa e porse ad Harry qualcosa che tirò fuori dalla tasca.
- “mamma mi ha detto che domani partiamo, andiamo in America..e non torniamo più..” si asciugò con la manica le lacrime “perciò ho fatto questi braccialetti: tu prenderai quello con la mia iniziale e io quello con la tua, così staremo sempre insieme.”
Il bambino rimase scioccato: la sua migliore amica se ne sarebbe andata. Si infilò il braccialetto senza guardarla in faccia, cercando di non piangere.
- “ma..è grande.”
- “si, perché così..ti ricorderai di me anche quando saremo grandi..”
Poi la guardò, e vide i suoi occhi azzurri pieni di tristezza.
- “è bellissimo, grazie.”
Rimasero in silenzio per dei minuti interi, minuti che sembrarono anni. Stavano metabolizzando il fatto che non si sarebbero più visti, per sempre.
Non avrebbero più passato nessun altro pomeriggio al parco insieme.
Non avrebbero più giocato a fare torte di fango.
Non avrebbero più riso insieme.
Niente di niente. Tutto finito. Cancellato da una cascata di lacrime.
Harry continuò a fissare quel filo d’erba per molto tempo, poi con la coda dell’occhio vide i capelli biondi di Sophie che si muovevano per il vento. E la vide alzarsi, mettersi in piedi davanti a lui, così alzò la testa e si stupì nel vedere sulla sua faccia ancora un sorriso.
- “facciamo che chi arriva per ultimo allo scivolo è un’idiota?”
Così corsero, fino allo scivolo e poi di nuovo fino alla panchina, avanti e indietro, mentre le loro risate riempivano per l’ultima volta lo spazio che li circondava.
 
#10annidopo.
 
 
Sophie.
 
Per la prima volta nella mia vita sentivo di aver preso la decisione giusta: corsi su in camera e cominciai a fare la valigia. 
Sentivo mamma e Phil gridarsi contro, accusarsi a vicenda. Poi la sentii sbattere la porta di casa e accendere la macchina. 
Dio che cosa patetica, e pensare che ci trasferimmo a New York perché mamma voleva una vita nuova, diceva che Phil era un brav’uomo e che ci avrebbe fatto star bene. Diceva anche che a papà non sarebbe dispiaciuto, che non gli interessava niente di noi due e che, perciò, era meglio andarsene.
Ma che ne può sapere una bambina di sei anni? Gli credetti.
Ma la verità è che Phil è solo un’altro alcolizzato, proprio come lei, a cui non importava niente di me o di come mi sentivo, non gli interessava di nessuno, nemmeno di se stessa. E non ce l’avrei fatta a sopportare i loro litigi ancora, ad andare avanti così. Volevo rivedere mio padre, quasi avevo dimenticato la sua faccia e questo mi faceva sentir male ogni giorno di più. In questi anni mi aveva telefonato, mandato lettere e messaggi: intercettati da mia madre, che mi aveva tenuto nascosto tutto fino a qualche giorno prima.
Stanca di quel posto, misi l’ultima maglietta dentro la valigia e scesi le scale: Phil si era addormentato sul divano con una bottiglia di rum in mano e mamma se n’era andata, senza preoccuparsi di salutarmi o di accompagnarmi all’aeroporto. Ma ormai non ci facevo più caso, e quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei dovuto sopportarli: gli lasciai un post-it sopra la credenza piena di alcolici, lì l’avrebbero di sicuro visto, con scritto ‘addio’. Niente di più.
Arrivai in aeroporto in taxi e quando misi piede nell’aereo mi sentii molto meglio.
Decollammo e, come una bambina, poggiai il palmo della mano sul finestrino, come per voler sfiorare le nuvole, e allora lo vidi: il braccialetto azzurro con la lettera H scritta sopra. Sorrisi inevitabilmente, ma nel frattempo il cuore si strinse e si formò un nodo in gola: non lo avevo scordato, come promesso. Solo in quel momento mi balenò per la testa il fatto che sarei ritornata nella stessa città in cui avevo lasciato il ricordo più bello della mia infanzia, l’unico bel ricordo: Harry.
 
 
  
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