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Autore: DK in a Madow    20/01/2012    5 recensioni
L'ha sentita piangere forte e adesso è in giro a raccogliere le idee.
Ma non è solo.
C'è sempre quel qualcuno che sa dove trovarlo anche quando lui si perde.
Song-fic su "When I come around", fresca fresca. Spero non vi deluda!
RECENSITE, THANKS!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questo è tutto.
- Ti capisco!
- No che non puoi. Nessuno può! Ciao Billie.
Un singhiozzo e riattaccò. Una serie di suoni che nel mio cervello si ripetevano come una eco. Le ultime parole rimbalzavano nella testa, ormai annebbiata da fumo e rabbia.
8th Street.
Seduto su un marciapiede qualunque della cittadina di Berkeley, davo l’ultimo tiro a quella che doveva essere la decima sigaretta della serata. La spensi con mano tremante sulla superficie sudicia su cui ero seduto e la buttai via con un gesto veloce, facendole raggiungere le altre ormai spente da un pezzo.
Era successo, l’avevo sentita piangere forte, potevo immaginare i riccioli dei suoi capelli incollati al viso sporco di mascara, la voce rotta dal pianto. Tra una lacrima e l’altra avevo capito che “lui” l’aveva lasciata.
Billy, figlio di puttana. Lasciata, così, senza un motivo, un po’ come quando si abbandona un cane, un po’ come quando si rompono le promesse fatte. Scalciai via uno dei sassi che ricoprivano quella strada di merda, quella città di merda, questa vita di merda. Secondo lei non potevo capire, certo!
Chiusi le mani nello stesso pugno, portandole alle labbra per scaldarle.
- FANCULO!!!
Urlai al silenzio, divorato dalla frustrazione, mentre calde lacrime iniziavano a rigarmi le guance, le mani ormai strette intorno alla testa. Improvvisamente sentii dei passi alle mie spalle, lenti e leggeri. Un lieve profumo di caffè invase le mie narici, mentre una mano callosa dalle dita lunghe e sottili me ne porgeva una tazza.
- Vuoi morire di freddo, testa di cazzo?
- Ciao coglione! – risposi, afferrando la tazza di caffè, mentre Mike si sedeva accanto a me, il volto sepolto in una sciarpa nera e il capo coperto dal cappuccio della felpa verde acido che indossava.
- Bel modo di trattare gli amici.
- Non ti ci mettere pure tu, cazzo!
- Che succede?
- Sensi di colpa.
Mi guardò interrogativo. Lui non sapeva cosa fosse successo tra me e Adrienne per telefono. Ero scappato dall’appartamento prima che lui arrivasse.
- È per Adie?
- Mmmh.
Mi fissò perplesso e poi mi chiese: - Si sposa?
- Sei un genio, Mike! Lei si sposa e io dovrei avere i sensi di colpa! No, cazzo!
-  E allora cosa?
- Billy. L’ha mollata. Le ha detto che è cambiata e adesso è disperata. In più, mi ha detto che non posso capirla. Perfetto, no?
Rimase in silenzio, probabilmente in cerca delle parole giuste. Peccato, però, che il suo silenzio durò per una decina di minuti, così mi alzai, lasciai il caffè sul marciapiede e mi diressi verso casa.
- Dove vai?
- In giro!
- Billie non fare stronzate!
- Senti, voglio stare da solo! Se mi vuoi, sai dove trovarmi. Faccio un giro e torno a casa.
Svoltai l’angolo dell’ottava e superai il Gilman, ormai deserto da ore, mentre un’alba perlacea colorava il cielo di bianco e rosa. Quel cielo stonava col mio umore. Tutto intorno a me era simbolo della tranquillità, mentre in me la tempesta dei dubbi devastava lo stomaco e il sistema nervoso.
Non so per quale motivo, mi sentivo io il responsabile della fine della storia tra Adie e Billy. Lei passava ore su ore al telefono con me, eppure mi raccontava d’esser felice con lui. Forse mi sbagliavo, o forse si sbagliava lei, magari quella felicità era solo una stupenda illusione. Infondo l’amore non è altro che questo. Una fottuta illusione. Lei che credeva d’essere amata, io che credevo che mi amasse. Entrambi siam rimasti a mani vuote, ognuno con i propri sensi di colpa.
Senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai sulla strada di casa e dopo cinque minuti arrivai sulla porta chiusa a chiave. L’aprì sbadigliando, gli occhi ancora appiccicosi per via del pianto, ma non avevo sonno. Passai di fronte alla cucina – sala prove, aprì una birra e ne bevvi un sorso generoso. Poi iniziai a fissare le migliaia di fogli sparsi sul tavolo, mentre le parole iniziavano a girare velocemente nella testa. Così mi sedetti al tavolo, afferrai il primo foglio che trovai e una penna e ci gettai su qualche parola a caso.

Rilessi quello che avevo scritto senza esserne soddisfatto, ma non avevo voglia di sforzare il cervello, anche perchè mi era impossibile col sonno che avanzava. Così mi alzai barcollante dal tavolo e mi diressi verso la camera da letto, completamente buia. Feci per accendere l’interruttore, ma la stanza si accese da sola. Mike era seduto sul letto, completamente vestito, che mi fissava, la mano posata sulla abat-jour.
- Hey.- dissi.
- Hey un cazzo!
- Senti, mi dispiace per come ti ho trattato prima, ma avevo bisogno di stare da solo! So che volevi aiutarmi, ma nessuno può aiutarmi. Nemmeno me stesso.
- Tu hai il cervello fottuto, lo sai vero?
Lo guardai e un sorriso mi piegò le labbra.
- Senti chi parla!
- Idiota- e così dicendo si diresse verso di me abbracciandomi forte: - Non farmi preoccupare più! Le cose si aggiusteranno, ok?
- Lo spero! – dissi con un sospiro.
Mike si staccò da me sorridente, mentre la mia mente ricominciava a elaborare velocemente.
- Mi è venuta un’idea!
- Alle quattro del mattino! Ma vieni a dormire, no?
- Aspetta, faccio una cosa e arrivo subito, ok?
- Eh va bene!
Veloce mi fiondai verso il telefono. Non dovevo parlare con Adie, ma composi ugualmente il suo numero. Attaccò la segreteria e subito dopo il segnale acustico iniziai a cantare: - I heard you crying loud, all the way across town. You've been searching for that someone, and it's me out on the prowl as you sit around feeling sorry for yourself!
Don't get lonely now, dry your whining eyes, I'm just roaming for the moment, sleazin' my back yard so don't get so uptight. You been thinking about ditching me!
No time to search the world around, ‘cause you know where I'll be found when I come around.

Mi arrestai di colpo, mentre Mike mi fissava ridendo e scuotendo la testa. Gli feci cenno di andare via e riavvicinai la cornetta alla bocca.
- Ehm… beh, non mi aspetto che tu capisca, così come io non capisco te. Sappi solo che mi manchi spesso, mi manchi addosso, mi manchi adesso. Ciao.
Riattaccai, mi voltai nuovamente verso Mike che ostinatamente era rimasto lì, con una faccia da schiaffi mentre con le braccia suonava un violino invisibile.
- Stronzo! – dissi.
- Smielato!
- La pagherai cara!
- Non vedo l’ora! – disse beffardo, mentre lo spingevo in camera chiudendomi la porta alle spalle e appoggiando le mie labbra sulle sue.
Goodnight.

   
 
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