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Autore: StefanoReaper    20/01/2012    5 recensioni
Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica di aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare.
Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'D'Amore, Di Morte e D'Altre Sciocchezze.'
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"Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica di aeronautica, il calabrone non può volare,
a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare.
Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare."


È successo tutto un pomeriggio che andai al parco per passare un po' di tempo in sana tranquillità, lontano dai soliti fastidi della giornata.
Era una bellissima e soleggiata giornata di maggio, nessuna nuvola macchiava il cielo e una leggerissima brezza mi accarezzava la pelle.
Ma queste sono solo cazzate. Se non fosse stata una bella giornata non sarei andato al parco, non sarei proprio uscito. Sarei rimasto chiuso in quel buco che è il mio appartamento, a bere o trastullarmi davanti alla tivù.
Ma era bel tempo e, come già detto, speravo di poter trovare un po' di tranquillità, così decisi di uscire.
Subito mi diressi al parco dietro casa. Ah, che pace che c'era. La città sembrava sparita, e anche l'aria sembrava diversa, pulita, fresca.
Pur godendo di quelle calme sensazioni, dopo poco avvertì una certa noia, così mi accesi una sigaretta, e l'aria pulita andò a farsi fottere. Ma è così, non posso rinunciare alla compagnia della sigaretta, oramai. È diventata una gran compagna: c'è solo quando la voglio, quando mi infastidisce posso buttarla via e, per di più, sta zitta. Quindi, aspirando lunghe boccate dalla sigaretta continuavo la mia camminata.
Arrivai, purtroppo, in un area giochi, uno di quei posti con scivoli, altalene e altra robaccia del genere, tutta colorata, gremito di mocciosi urlanti.
La sola vista mi infastidiva, ma non volevo tornare indietro per finire così in fretta la passeggiata ed essere costretto a rientrare a casa, per cui mi imposi di continuare. Che rabbia che mi facevano, vederli correre e rincorrersi, urlare e ridere, come presi da una inconscia trance psichedelica. Sembravano in estasi, e mi facevano rabbia. Passando accanto a uno di quegli scivoli notai un ragazzino che, con la felpa legata al collo e le braccia a mo' di crocifisso correva in lungo e in largo urlando "Sto volando! Sto volando!".
Allora mi fermai, e accesi un'altra sigaretta. Quella vista mi aveva fatto venire in bocca l'amaro sapore del disgusto.
"Sto volando!" dissi a me stesso, a voce alta. "Che roba. Ma non gliel'hanno messo i genitori un po' di sale in quella zucca vuota? Sto volando! Bah!"
Allora sentì un fremito, come un gelo lungo la schiena, e vidi un vecchio che si era palesemente voltato per fissarmi, senza neanche un po' di compostezza.
Stava lì, con gli occhi sgranati, due occhi tremanti, quasi lucidi. Beh, non avrebbe comunque potuto dimostrare più compostezza, ridotto com'era. Una logora camicia, che un tempo doveva essere bianca, lo copriva come una coperta e dove finivano pantaloni iniziavano un paio di piedi zozzi come non mai incastrati in un paio di sandali consumati dal tempo. Doveva avere qualche rotella fuori posto, quindi feci di non vederlo, e ripresi la camminata, ansioso di allontanarmi al più presto da quel posto infernale.
Quando ormai ero quasi uscito dal perimetro sentì uno strattone da dietro, una mano che con forza mi prendeva la giacca e mi tirava via.
Mi voltai, indignato, vidi il vecchio pazzo, e non riuscì a spiccicare parola.
Parlò lui al posto mio, se quello può essere considerato parlare. Sbiascicando le parole disse, rapidamente, come può fare solo un assassino subito prima della fuga: "Lascialo, è solo un bambino. Lascialo volare. Lascialo in pace. Un giorno cadrà sui rovi. Sui rovi della vita. E non volerà mai più! Mai più. Mai più.."
E sgranando gli occhi, lasciò la presa intorno alla mia giacca e si allontanò barcollando, ripetendo quell'ultima frase.
“Mai più.. Mai più.. Mai più..”

   
 
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