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Autore: _Pulse_    20/01/2012    1 recensioni
Una volta usciti dall’acqua, ancora placcata da i due Jonas, il terzo si avvicinò e passò due asciugamani ai fratelli.
«Tante grazie!», gridai, fuori di me.
«Non iniziare a lagnarti! Vieni qui con me!», gridò il più piccolo, attirandomi a sé e avvolgendomi nel suo asciugamano con lui. Rimasi piacevolmente sorpresa da quel gesto e mi arresi al fatto che ormai non mi restava altro da fare che seguirli e scoprire che cosa volevano da me.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17

 

Vidi mio fratello corrermi incontro a scatti, sparendo ogni tanto, e quando me lo trovai a pochi centimetri dal viso riuscii a scorgere il riflesso dei miei occhi nei suoi, ora più che mai, grazie a quella luce intensa, dorati. Erano però anche lucidi di lacrime.
Sentii le sue braccia avvolgermi il collo all’improvviso e rimasi per qualche secondo confusa e spaesata. Che ci faceva lui lì?
La sorpresa più grande però fu vedere anche Ale, la mia migliore amica, e dietro di lei i miei genitori.

«Ma cosa… Posso sapere che cavolo ci fate tutti voi qui?», chiesi con gli occhi sgranati, dando qualche pacchetta distratta sulla schiena di mio fratello, che mi stava quasi soffocando.

«Siamo venuti a tirarti fuori dai guai, signorina!», strillò mia madre. Ciononostante, avevo come la sensazione che una volta risolto quell’enorme casino – se mai ci fossimo riusciti – ne avrei avuti ben altri di guai… proprio con lei! Mi aspettava la punizione più spregevole che la sua mente potesse procreare.
Però sorrisi, felice di vederli e di sapere che erano accorsi per me, solo per me. Mi sentii anche maledettamente in colpa per averli fatti preoccupare e spaventare, ma fu solo un attimo passeggero, anche perché dietro di loro scorsi la figura di Fiore.

«Fiore», balbettai, sorpresa di vedere anche lei. Lei non osò alzare lo sguardo ed intuii che forse era dispiaciuta per come si era comportata con me l’ultima volta che ci eravamo viste.
«Fiore io non sono arrabbiata con te, davvero… Sei tu quella che dovrebbe esserlo, perché io ho…».

«Cosa?», domandò Alessandro, spuntando da dietro una piccola folla. Aveva un sorriso solare sul viso e lì per lì credetti di avere le allucinazioni, ma quando si avvicinò a me e mi prese per le braccia per aiutarmi ad alzarmi dalla sabbia sentii la consistenza del suo corpo muscoloso e col fiato mozzato in gola, euforica, gli gettai le braccia al collo gridando.

«Oh mio Dio, allora sei vivo! Non ti sei perso in nessuna altra dimensione! Ma allora… perché non eri con me?», domandai frastornata, guardandolo negli occhi.

Lui ridacchiò. «Credo che sia successo perché…».

«Mi dispiace interrompere il vostro felice raduno, ma credo che dovrete prestarmi un po’ d’attenzione».

I miei occhi lampeggiarono di rabbia vedendo la vecchia megera che a causa della sua bassa statura faticava a tenere sotto controllo Charlotte, che si dimenava furiosamente nonostante la vecchiaccia avesse una mano fra i suoi capelli rossi e il pugnale nascosto nel bastone che usava per aiutarsi a camminare puntato al suo petto.

«Stai ferma, sciacquetta!», gracchiò la vecchia e con uno strattone la fece cadere a carponi sulla sabbia, provocandole un taglio sullo zigomo con il pugnale. «Oh, perdonami cara, non era mia intenzione».

Charlotte digrignò i denti, nonostante le lacrime che le scorrevano sul viso, e un po’ del suo sangue prese a gocciolarle dal mento.

«Lasciala andare», urlai piena di rabbia, avanzando di un passo.

«Come, scusa? Non ci penso minimamente! Vi ha aiutati a fuggire e deve pagarmela, in qualche modo!».

«Se io dovessi fartela pagare per tutto ciò che hai fatto a me, alla mia famiglia e ai miei amici avrei già dovuto mandarti all’oltretomba!», sbraitai rossa di rabbia e non mi accorsi nemmeno di svanire e ricomparire di fronte a tutti, talmente tanto era il potere che mi circolava nelle vene. Feci ben attenzione a non aprire i palmi delle mani, perché dalle mie nuovissime conoscenze sapevo che potevo liberare il mio potere creando buchi neri e non era decisamente il caso, di fronte a tutta quella gente.

La vecchia iniziò a ridere, guardandomi come se fossi la cosa più divertente che avesse mai visto. «Attenta, bambina, o rischierai di perderti tu stessa in chissà quali dimensioni».

«Odio darle ragione, ma è così», disse Fiore comparsa magicamente al mio fianco. Portò le mani sulle mie spalle e mi sussurrò all’orecchio: «Se non ti calmi rischi davvero di autodistruggerti».

Provai a calmarmi e ci misi un bel po’, a causa di quella rabbia cieca che riuscivo a malapena a controllare. Forse era proprio quello l’intento di quella vecchiaccia, farmi arrabbiare così tanto da portarmi all’autodistruzione.

«Lascia fare a me», mi bisbigliò ancora Fiore, prima di avviarsi a passo deciso verso la vecchia.

«Fiore», esclamò la vecchia con uno strano tono di voce, mentre indeboliva lentamente la presa sui capelli di Charlotte. «Come sei cresciuta…».

«Risparmiati, mamma».

Gran parte delle persone intorno a me trattennero il respiro, sorprese dalla notizia, e persino io lo feci, sentendo un brivido di gelo corrermi su per la schiena. Fiore era la figlia di quella vecchia megera? Non potevo crederci, ma solo in quel modo mi accorsi che molti tasselli del puzzle riuscivano a trovare il loro posto. Per esempio, riuscii a rispondere ad una delle domande che mi erano sempre vorticate nella testa: se anche Fiore possedeva il dono di viaggiare tra le dimensioni, perché la vecchia non aveva mai tentato di rubarlo a lei? Perché infondo era pur sempre sua figlia e doveva volerle ancora bene.

Per avere ulteriori delucidazioni su tutta la storia non dovetti aspettare molto, fu la stessa Fiore a raccontare tutto quanto.

«È ora di farla finita con questa storia, mamma. Non posso sopportare che tu faccia del male ad altre persone innocenti, solo perché vorresti tornare giovane e riavere indietro il tuo dono e perché non riesci ad accettare la mia decisione di stare in questa dimensione con la persona che amo».

Mi voltai verso Alessandro, ma lui non ricambiò lo sguardo, fisso sulla sua fidanzata.

«Lo sapevi perfettamente che con l’arrivo della vecchiaia il dono sarebbe lentamente diminuito», riprese Fiore, iniziando a camminare avanti e indietro di fronte a sua madre. «Ma tu hai anticipato le cose, utilizzandolo in maniera così spropositata quando eri giovane e viaggiavi per tutte le dimensioni, cercandone sempre di nuove. Ammiravo la tua voglia di conoscenza, sapevi sempre tutto e ogni volta che potevi andavi a trovare le popolazioni delle altre dimensioni, fino a quando papà è morto».

A quelle parole la vecchia trasalì, portandosi una mano sulla fronte. Sembrava che quell’excursus nel suo passato la stesse facendo rabbonire, ma non mi sarei calmata fino a quando non l’avrei vista indifesa e lontana dalle persone che amavo.

«Quando è successo hai capito quanto poco tempo fossi stata realmente con lui in vent’anni di matrimonio, quanto poco conoscessi lui e me, la tua stessa figlia. Ma a quel tempo io ero già grande, avevo badato a mio padre fino a quando sul letto di morte mi salutò e mi disse di dirti che ti amava nonostante tutto, e da quel momento in poi mi sono allontanata da te, iniziando ad odiare il tuo stile di vita. Tu hai sempre abusato del tuo potere e hai accorciato i tempi della sua scomparsa, provocandoti anche una grave malattia che ti sta portando via…».
Fiore si fermò di fronte alla vecchia e si inginocchiò sulla sabbia per poterla guardare negli occhi. «Io ho ereditato i tuoi stessi enormi poteri e vorresti che facessi la tua stessa vita? Tutto quello che hai passato e che hai dovuto patire… non ti è servito a nulla, allora? Io ho trovato l’amore, qui, e non intendo lasciarlo. Tu avresti dovuto fare lo stesso. Se tu l’avessi fatto… a questo punto non saresti qui, ad un passo dalla…».

La vecchia alzò una mano per schiaffeggiarla, ma Fiore sparì e altrettanto velocemente comparve a qualche metro di distanza, gli occhi ardenti ancora fissi nei suoi.

«Pensi di riavere il dono strappandolo ad un’altra persona? Questa tua ossessione ti ha davvero accecata. Dovresti sapere che questi trucchetti non funzionano, che ogni dono è unico e non lo si può rubare. Devi metterti il cuore in pace, preserva da altri inutili fatiche il tuo corpo stanco…».

La vecchia parve davvero lasciarsi andare alle lacrime e dar ascolto alla figlia perduta, ma all’ultimo momento la rabbia le attraversò come un lampo le iridi scure e urlò con tutta la voce che aveva, fissandomi dritta negli occhi: «Consegnami il tuo dono, stupida ragazzina! Tu non l’hai mai voluto, l’ho visto nei tuoi occhi la prima volta che ci siamo viste! Non lo meriti!». Strinse ancora con più forza i capelli di Charlotte, che gemette, e le puntò in modo ancora più pericoloso il pugnale del suo bastone al petto. «Consegnati, o vedrai morire la tua amichetta!».

Guardai Charlotte negli occhi e lei mi guardò implorante, ma scosse il capo lentamente, rivolgendomi un mezzo sorriso. Avrebbe preferito morire, piuttosto che vedere quella vecchia megera realizzare il suo piano malvagio, ma io non l’avrei mai abbandonata, non una seconda volta.

Così, contro tutte le persone che provarono ad ostacolarmi durante il mio breve tragitto, camminai verso la vecchia, che mi guardò cercando di leggermi negli occhi la mia prossima mossa per provare ad ingannarla.

«Prometti di lasciarla andare, se mi consegno a te?», le domandai in tono pacato. «Tanto, da quello che ho capito, non riuscirai mai a rubarmi il dono, per quanto tu lo desideri esso rimarrà sempre dentro di me e forse c’è qualcosa che non sai: io ho imparato a volere il mio dono, adesso ne riconosco i lati positivi e non lo rifiuterei per nulla al mondo».

La vecchia mi guardò in cagnesco e berciò: «Certo, ragazzina, libererò la tua amica se ti consegni a me».

«Bene», risposi e sospirai, poi allungai lentamente i polsi verso di lei, sperando che Davide avesse intuito il mio piano quando l’avevo guardato negli occhi prima di andare dalla megera.

La vecchia, sorpresa dal mio comportamento fin troppo arrendevole, ci mise un po’ a fidarsi, ma quando lo fece per mettermi un nuovo paio di manette anti-dono lasciò andare Charlotte, che cadde sulla sabbia, sfinita.

Adesso! pensai con tutte le mie forze e vidi mio fratello comparire al mio fianco per teletrasportare lontano da lì Charlotte. Sorrisi pensando di averla fatta franca, ma quando mi voltai per trovare il viso della vecchia la vidi mentre sollevava il suo bastone col pugnale. Pensai che mio fratello sarebbe stato colpito alla schiena, ma non ebbi i riflessi tanto pronti per fare qualcosa.
All’improvviso vidi Davide cadere di lato e uno schizzo di sangue mi colpì il volto. Chiusi gli occhi e quando li riaprii, colmi di lacrime, vidi Charlotte inginocchiata al mio fianco, con il pugnale della vecchia conficcato in mezzo al petto.

«Stupida», mi disse con un fil di voce, prima di sorridermi e di chiudere gli occhi, cadendo di nuovo sulla sabbia.

«NO!», gridai e senza nemmeno accorgermene aprii entrambi i pugni, facendo fuoriuscire un flusso impressionante di energia, che si accumulò e creò un varco grande il doppio di quello che avevo creato la prima volta.
Questo iniziò a risucchiare più cose possibili, si alzò un gran polverone e molte persone si gettarono a terra per non finire nel buco nero.

«No, Arianna, chiudilo subito!», gridò Fiore, affiancandomi e prendendomi le mani.

Davide, spaventato a morte, allungò una mano verso Charlotte, che continuava a perdere sangue, e in un batter d’occhio sparirono nel nulla. Sperai che avessimo pensato la stessa cosa.

«Non… non ci riesco!», gridai disperata, mentre i primi scagnozzi della vecchia megera venivano risucchiati nel vortice e scomparivano.

Fiore provò a chiudermi i palmi delle mani, ma venne sbalzata indietro da una forza a me sconosciuta e la guardai sentendomi la persona più impotente e stupida del mondo, perché non saper controllare la propria forza è la peggiore impotenza.

La vecchia megera intanto si era aggrappata ad una roccia della scogliera e guardava il buco nero atterrita e allo stesso tempo affascinata da tutta quella potenza dirompente.

Pensai che dovevo fare assolutamente qualcosa, ma cosa?

«Ary!».

Mi voltai all’udire la voce di Nick, anche lui aggrappato ad una roccia insieme ai suoi fratelli, ma nel suo sguardo non vidi nemmeno un briciolo di paura, né nessun altro sentimento che potesse dimostrare il disprezzo che pensavo provasse nei miei confronti vedendo tutto quello che stavo facendo. Vidi solo amore e ripensai ai momenti belli passati insieme a lui, finché una strana calma non iniziò a sedare la mia rabbia e il mio dolore per ciò che la vecchia aveva fatto a Charlotte.
L’amore, come avevo già avuto modo di appurare, era la miglior cura esistente nell’universo e non avrei mai smesso di scoprirlo.

Infatti il buco nero si chiuse lentamente e col fiato spezzato caddi a terra, esausta. Sentii parecchie voci intorno a me, non vidi più il sole alto nel cielo accecarmi mentre roteavo gli occhi in una ricerca frenetica e sentivo il cuore battermi sempre più lentamente nel petto. 
Era una mia sensazione, o quel potere che avevo fatto scivolare fuori dalle mie mani creando quel buco nero si era portato via parte della mia vita? Fu quello il mio ultimo inquietante pensiero, prima che il buio avvolgesse tutto quanto.

 

***

 

Quando riaprii gli occhi, non sapevo che giorno fosse. Avevo le palpebre così pesanti e mi sentivo ancora così debole che pensai che avrei potuto dormire ancora per un anno intero.

Voltai lentamente il capo per guardarmi intorno e mi accorsi che in quella che aveva tutto l’aspetto di una camera d’ospedale non ero sola. Seduto accanto alla finestra, con lo sguardo perso oltre il vetro, c’era Nick. Il sole gli accarezzava dolcemente il viso e le palpebre socchiuse e la luce ambrata che lo rendeva se possibile ancora più bello mi fece intuire che era l’alba. Nonostante non fosse un tipo mattiniero, lui era lì, per me, a combattere contro il sonno.

«Amore», mormorai, non riconoscendo subito la mia voce graffiata.

Lui si voltò di scatto, sorpreso di sentire la mia voce, ma nei suoi occhi vidi una luce di gioia pura.
Gli sorrisi dolcemente, mentre lui faceva lo stesso e trasportava la sedia su cui era stato seduto fino ad allora accanto al mio letto.

«Ehi», sussurrò, prendendomi una mano fra le sue e portandosela alle labbra per accarezzarla con un bacio. «Hai gli occhi spenti, forse è meglio se ti riposi ancora un po’».

«No, sto bene», mentii e fui felice di farlo, perché vederlo era l’unica cosa in grado di farmi sentire meglio veramente. «Anzi, credo di aver dormito fin troppo».

«Solo quattro giorni».

«Solo? Wow», arricciai le labbra in una risata. «E tu? Sembra che non dormi da settimane, hai un aspetto orribile».

«Oh, grazie mille», rispose chinando il capo in un mezzo inchino. Anche lui, alla fine, non avrebbe voluto che tornassi a dormire: glielo leggevo in faccia.

«Gli altri stanno tutti bene?», domandai, cercando di ricordare tutti i dettagli della “battaglia finale”, da quando avevo deciso di intrufolarmi nella casa-labirinto della vecchia megera fino a quando il buio più totale mi aveva avvolta.

«Sì, erano solo tutti molto preoccupati per te».

«E… e Charlotte?». Ricordai la sensazione terrificante che avevo provato quando avevo sentito il suo sangue schizzarmi in faccia, come se quella pugnalata al petto l’avessi presa io, e d’istinto mi portai una mano sul viso, trovandolo pulito.

Nick mi prese quella stessa mano ed indugiò per qualche secondo, evitando il mio sguardo. Alla fine, mormorò: «Si riprenderà». Io però capii subito che la sua era una bugia, una bugia che probabilmente si ripeteva da giorni per non accettare il fatto che, no, non si sarebbe ripresa.

Con le lacrime agli occhi, sussurrai: «Voglio andare da lei».

 

***

 

Entrai nella sua camera d’ospedale e guardai il macchinario al suo fianco che mostrava il suo elettrocardiogramma. I battiti del suo cuore erano lenti, tanto lenti da farmi stare col fiato sospeso ogni volta, fino a quando non giungeva quello successivo.
Aveva anche una mascherina posata sul viso, che l’aiutava ad incamerare l’ossigeno nei polmoni.

 

But you don't know what you got 'til it's gone
And you don't know what it's like to feel so low

 

Mi avvicinai al suo letto, avvolta nel mio accappatoio verde pallido, e mi sedetti sulla sedia al suo capezzale.
La guardai e mi chiesi se stesse dormendo. Aveva un’espressione neutra sul viso e i capelli rossi le ricadevano sulle spalle e sul cuscino candido.
Mi dissi che, nonostante il mio fratellino avesse avuto la mia stessa idea trasportandola il prima possibile all’ospedale, non era bastato a salvarla.
I medici dicevano che il suo fisico non avrebbe retto ancora per molto, che la ferita che le era stata inflitta era troppo profonda e fin troppo vicina al cuore, e che, come se non bastasse, quel pugnale era impregnato di magia nera che, come un veleno – lo stesso che aveva corroso l’anima della vecchia megera nel corso degli anni a causa della sua ossessione per il dono, – aveva iniziato a circolarle nelle vene portandola lentamente alla morte.

Le lacrime mi punsero gli occhi e il naso incominciò a pizzicarmi, così alzai il viso verso l’alto per non farle sfuggire alle ciglia.

«Arianna…».
La sua voce flebile mi giunse incredibilmente alle orecchie ed abbassai il capo di scatto, guardandola negli occhi. Stava sorridendo lievemente, come se non avesse neppure la forza per farlo ma ci volesse provare comunque. Ed ero certa che quel mezzo sorriso non l’avrei mai dimenticato, perché era il più bello che avessi mai visto, perché era vero, perché era quello di una persona che combatteva contro il dolore e tuttavia era serena.


And every time you smile or laugh you glow
You don't even know, no, no
You don't even know

 

«Charlotte», mormorai e non riuscii più a trattenere le lacrime, che silenziose mi solcarono le guance.

Sollevando una mano, con estrema fatica, si tolse la mascherina dal viso, anche a costo di rantolare mentre parlava. 
«Mi fa piacere vederti».
Nelle sue parole percepii un significato nascosto: sembrava che avesse lottato contro quel veleno solo per vedere me.

«Anche io sono felice di vederti», accennai un sorriso e le strinsi una mano nelle mie. «Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me. Mi hai aiutata nella casa-labirinto, hai salvato mio fratello… Ma soprattutto, grazie per tutto quello che hai fatto per Nick».

Charlotte guardò il soffitto. «Non ho fatto nulla di così speciale». Venne travolta da un attacco di tosse e il suo corpo tremò, tanto che la pregai di non affaticarsi e di rimettersi la mascherina, ma lei scosse lievemente il capo e si riprese. «Per amore si fa di tutto, sai?».

«Sì, lo so».

«Allora ricordati quello che ti ho detto: proteggi Nick da tutto e da tutti, amalo più che puoi… o ti aspetterò all’inferno».

Scossi il capo con tenacia e mi alzai dalla sedia per avvicinarmi ancora un po’ di più al suo viso, che accarezzai con la punta delle dita tremanti. «Tu non andrai all’inferno, Charlotte. E tu… tu ti riprenderai, sì…».

Lei mi sorrise e nel suo sguardo lessi una punta di gratitudine. Mi stava ringraziando per averle detto quella bugia.

 

So I'll wait 'til kingdom come
All the highs and lows are gone
A little bit longer and I'll be fine
I’ll be fine…

 

Charlotte chiuse lentamente gli occhi, non ascoltando le mie suppliche, e quando mi arresi sentii il macchinario accanto a lei suonare ininterrottamente una nota acuta che mi perforò i timpani e mi fece sanguinare il cuore.
Mi spostai lentamente dal suo viso, presi un lembo del lenzuolo che l’avvolgeva e glielo coprii. Ma prima rimasi ad osservare ancora una volta quel sorriso che le incurvava leggermente le labbra all’insù.

Uscii dalla sua stanza e trovai subito lo sguardo di Nick, lo ricambiai per un momento e poi andai dalla cheerleader bionda e da quella mora, che sedute su delle sedie proprio lì di fronte si abbracciavano e piangevano.
Mi unii al loro abbraccio, sentendomi unita a loro più che mai, e ripetei più volte un «Mi dispiace» che non avrebbe di certo cambiato le cose. Charlotte era andata e nessuno avrebbe potuto farla tornare indietro.

 

***

 

Mentre camminavo accanto a Nick, stretta al suo braccio, per tornare nella mia stanza, scorsi le figure di Fiore e di Alessandro infondo al corridoio. Lo pregai di accompagnarmi da loro e la ragazza, appena mi vide, mi strinse in un forte abbraccio.

«Sono felice che tu stia bene», mi sussurrò con le labbra premute sul mio orecchio. Poi si scostò per guardarmi in viso e con un’espressione che non riuscii bene a decifrare mi accarezzò un ciuffo di capelli, tirandomelo di fronte al viso per farmelo vedere: era bianco, completamente bianco.

«Che… che cos’è?», balbettai spaventata, toccandomi i ricci che mi cadevano sulle spalle e trovandoli ancora tutti del biondo scuro che riconoscevo.

«Il potere che abbiamo è definito un dono per le grandi possibilità che ci offre, ma bisogna stare attenti a come lo si usa, o potrebbe ritorcersi contro di noi». Fiore mi fece l’occhiolino.

Le sue parole mi fecero tornare alla mente la sensazione terrificante che avevo provato quando avevo esagerato col mio potere, creando quell’enorme buco nero sulla spiaggia, e non ero riuscita più a controllarmi: avevo pensato che parte della mia vita fosse fuoriuscita dal mio corpo e ora, guardando quel ciuffo di capelli bianchi, me ne convinsi del tutto.

«Hai ancora molto da imparare», mi disse ancora, accarezzandomi il mento con fare materno. Poi si voltò verso il suo fidanzato e si lasciò abbracciare, guardando oltre il vetro che mostrava l’interno di un'altra camera d’ospedale.

Ebbi paura a scoprire chi vi fosse all’interno, paura che vi fosse finito per colpa mia, ma quando vidi l’anziana donna stesa sotto un manto di coperte candide provai un tuffo al cuore. Aveva perso le sembianze con cui l’avevo sempre vista, ma la riconobbi subito: la vecchia megera. Osservandola, giunsi alla conclusione che ora era semplicemente l’anziana madre di Fiore, che aveva perso ogni voglia di combattere e che alla fine aveva accettato il suo destino, donando un po’ di pace al suo cuore e alla sua anima.
Aveva i capelli bianchi proprio come il mio ciuffo, il viso stanco e di un colore smorto, cosparso di rughe, e le sue mani erano nodose e prive di forza.

«Il veleno della sua ossessione si è radicato troppo profondamente nel suo cuore per permetterle di guarire, ma sono felice di vedere che è tornata quella di sempre e che abbia trovato un po’ di pace», disse Fiore, lo sguardo vacuo puntato su di lei. «In questa donna anziana, brutta e senza più forze rivedo la donna giovane, bella e piena di energie che era mia madre».
La ragazza si voltò improvvisamente verso di me e mi prese le mani nelle sue: «E devo ringraziare solo te per questo. Se tu… tu non avessi tentato il tutto e per tutto con lei, rischiando così tanto, non avrebbe mai capito quanto la vita sia breve e quanto poco permetta alle persone malvagie di sentirsi bene con se stesse. Sei stata molto coraggiosa, Arianna».

«Io non ho fatto niente», biascicai, rifiutando i suoi ringraziamenti. «Ma sono felice di essere stata d’aiuto, in qualche modo». 
Guardai Nick al mio fianco e gli sorrisi lievemente. «Sono stanca».

Lui mi posò un delicato bacio sulla testa. «Andiamo».

Salutai Fiore e Alessandro con un gesto della mano e mi lasciai condurre da Nick fino alla mia stanza, al cui interno trovai i miei genitori, mio fratello e la mia migliore amica, che mi sorrisero e mi accolsero con baci e abbracci.
Mi stesi sul letto, davvero stremata, e gli sorrisi ascoltandoli parlare, contagiata dalla loro allegria, fino a quando non mi ricordai che avevo dormito per quattro giorni e chissà che cos’era successo nell’altra dimensione.

«Ale, ma i tuoi genitori non saranno preoccupati per te?», domandai stropicciandomi gli occhi con una mano.

La mia migliore amica ridacchiò e disse: «Mia madre crede che io sia a casa tua per aiutarti a studiare», poi guardò mio fratello, che mi sorrise.

«Non ti preoccupare, siamo già tornati nell’altra dimensione prima che tu ti svegliassi».

«Davvero? E come avete fatto?».

«Grazie ai fratelli di Nick», rispose Davide.

Guardai Nick ad occhi sgranati e mi accorsi che in effetti non avevo ancora visto Joe e Kevin.

«Loro sono andati a casa da mamma e papà», mi rispose Nick, come se mi avesse letto nel pensiero. «Ma da quello che so volevano subito tornare qui per aspettare che ti svegliassi».

«E tu… tu non sei andato con loro?», chiesi.

«Ci ho provato a convincerlo, ma non si è voluto schiodare da questa stanza per tutti i quattro giorni del tuo sonno profondo», disse Davide, ridacchiando. «Comunque, grazie a Joe e Kevin che sapevano di Ale, di mamma e di papà qui, sono riuscito a portar avanti e indietro anche loro, per non creare sospetti, soprattutto nel caso della famiglia di Ale».

La mia migliore amica mi sorrise. «È stato brutto tornare a casa senza di te, ma ora che ti sei svegliata possiamo…».

«No», la interruppi e mi guardò sbalordita. «Voglio prima parlare con le persone che vivono qui e spiegare ciò che ho intenzione di fare per aiutarli a tornare nell’altra dimensione, se vogliono».

I miei genitori, abbracciati, si scambiarono uno sguardo dolce ed intriso di orgoglio e mi sorrisero.

 

***

 

Fui dimessa dall’ospedale il giorno seguente, a pomeriggio inoltrato. Per il momento non avevo intenzione di tornare nell’altra dimensione, ma avevo spinto tutti quanti a tornarci con mio fratello, perché avevo bisogno di stare un po’ da sola per riflettere e prepararmi per ciò che sarebbe avvenuto nei giorni successivi: il funerale di Charlotte e la conferenza che era stata indetta per me, esclusivamente per me, nella quale avrei spiegato la mia idea per aiutare tutte le persone che desideravano tornare nella loro dimensione.

Dopo vari tentativi e persino un piccolo screzio con mia madre, riuscii a convincere i miei genitori a tornare nell’altra dimensione e con Ale non fu particolarmente difficile, anche perché doveva per forza per non farsi dar per dispersa dalla sua famiglia, ma mi aveva costretta ad un compromesso: sarebbe venuta a trovarmi tutti i giorni che avrei passato lì.

L’unico che non riuscii proprio a convincere ad andarsene fu Nick, che aveva deciso che sarebbe rimasto al mio fianco, in quella dimensione, fino a quando non mi sarei sentita pronta a tornare. Avevo provato a dissuaderlo con ogni mezzo, avevo persino provato ad inscenare una litigata, ma lui mi aveva bellamente ignorata ed aveva passato tutta la sera a sistemare la loro villa che quando era stata invasa dalla popolazione del paese, istigata dalla vecchia megera, aveva messo a soqquadro tutto quanto.

Nel frattempo io mi ero chiusa in quella che era stata da sempre la mia camera a sbollire la rabbia che non provavo, ma vi ero stata poco tempo perché senza nemmeno farlo apposta mi ero teletrasportata in spiaggia, quella stessa spiaggia che aveva fatto da sfondo a molte delle avventure vissute in quella dimensione.
Mi ero seduta sulla sabbia, stretta nel mio stesso abbraccio a causa del vento freddo che spirava dal mare ed alludeva all’avvicinarsi dell’inverno, e guardando la luna mi ero chiesta perché fosse così ostinato a voler stare con me invece di tornare dalla sua famiglia, la cosa che desiderava da sempre. La risposta più plausibile che riuscii a trovare fu che era pazzo, pazzo d’amore, e che probabilmente anche io mi sarei comportata allo stesso modo.

Sorridevo ancora, quando sentii i passi di qualcuno sugli scogli alle mie spalle, che circondavano quella piccola spiaggia come se fosse una bellezza di dominio privato. Non mi girai, sapevo chi era quel qualcuno.
Poco dopo, infatti, sentii le sue braccia cingermi dolcemente da dietro, facendomi appoggiare la schiena al suo petto. Sollevai il viso ed incontrai il suo, bello come sempre.

«Ti sei spaventato, quando non mi hai visto in camera?», gli domandai a bassa voce, come se potessi davvero rompere il magico equilibrio che da millenni spingeva il mare ad infrangere le sue onde sulla riva.

Nick sorrise divertito e negò con un cenno del capo. «Ormai mi sono abituato e so che non andresti da nessuna parte, senza di me».

«Ah sì? E come fai ad esserne così sicuro?».

Scrollò leggermente le spalle. «Mi ami».

L’aveva detto con una semplicità spiazzante, tanto che anche io ne rimasi vagamente sorpresa, ma poi sorrisi e mi girai fra le sue braccia, per guardarlo dritto negli occhi.
«Devo proprio proclamarti vincitore, questa volta», mormorai prendendogli il mento fra le dita ed avvicinandomi alle sue labbra.

Nick socchiuse gli occhi e mi accarezzò le spalle, le braccia, fino a giungere ai miei fianchi. «Uhm? Solo questa volta?».
La sua bocca era ad un soffio dalla mia e sentii i brividi – e non erano brividi di freddo – quando parlò e le sue labbra sfiorarono inavvertitamente le mie.

«Lo sai che hai vinto tutto ciò che potevi di me. Cos’altro vuoi, oltre al mio cuore?».

«Voglio che mi sposi».

L’aveva sussurrato così piano che era quasi impossibile distinguere le parole le une dalle altre, ma io le sentii forte e chiaro, come se le avesse gridate, e il mio cuore ne risentì scalpitando all’interno del mio petto.

«Vuoi davvero unirti in matrimonio, una cosa così importante, con una ragazza dai poteri sovrannaturali?». Lui annuì solennemente col capo. 
Sollevai un sopracciglio e sparai la cavolata più stupida che mi venne in mente, giusto per sdrammatizzare: «Non hai paura di finire risucchiato in un buco nero? Nemmeno un po’?».

Nick ridacchiò e quella volta negò scrollando la testa. «Starò attento a non farti mai arrabbiare».

Risi anche io ed abbassai gli occhi, tracciando con le dita disegni invisibili sul suo maglioncino. 
«E va bene», sospirai e sentii un grosso peso sfumare dal mio petto, svanito.

«È un sì?», domandò con gli occhi improvvisamente più brillanti.

Mi fece così tanta tenerezza che gli accarezzai i riccioli sulla testa, ridendo ancora. «Sì, è un sì!».

Nick non mi diede nemmeno il tempo di capire quello che voleva fare e mi si gettò addosso, baciandomi sulle labbra come non aveva mai fatto prima. La sua gioia era incontenibile e mi sentii felice in un modo alquanto smisurato: era bastato quel semplice sì a farlo così contento! Se lo avessi saputo prima, non avrei aspettato tanto a dirglielo.

Presi com’eravamo, ci sbilanciammo e cademmo entrambi sulla sabbia, io sotto di lui. Mentre i granelli che con la loro polvere si erano sollevati all’impatto ricadevano su di noi, ci guardammo in viso e ridemmo a crepapelle delle nostre smorfie. 
Quando ci calmammo, gli posai le mani sul petto e dissi con finto tono di rimprovero: «Però mi aspettavo una proposta degna del tuo nome, Nicholas Jerry Jonas! Non ti sei nemmeno inginocchiato, né mi hai dato un anello! Davvero, non me lo sarei mai aspettata da te».

Nick mi pizzicò il naso fra i denti, facendomi aprire la bocca sbalordita, e sorrise sbarazzino dicendo: «Non sapevo che te l’avrei chiesto stasera, in questo modo, né immaginavo che tu avresti mai accettato! Sono… sono così felice…».

«Lo vedo», risposi ridendo, avvolgendogli le braccia intorno al collo e attirandolo di nuovo a me.

«E tu? Tu non sei felice?», mi chiese, sfuggendo alle mie labbra.

«Ma certo che sono felice, che domande! E ora baciami, o rischi di finire risucchiato in un buco nero ancor prima delle nozze!».

Nick sorrise e non se lo fece ripetere due volte.

 

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Ciao a tutti! Questa volta ho fatto davvero in fretta frettissima (15 giorni esatti u.u), avete visto come sono brava?! :D
Credo che sia uno dei miei capitoli preferiti, perchè le cose capitate qui sono tantissime e c'è l'imbarazzo della scelta per quanto riguarda le emozioni! Prima la tensione per la "battaglia finale", poi la tenerezza dell'incontro tra Nick e Ary dopo il risveglio di quest'ultima, poi ancora la tristezza per la morte di Charlotte e la malinconia per la storia e la fine che farà la madre di Fiore, per poi concludere con la proposta ufficiosa di matrimonio!
Beh, non devo neanche dirlo che non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate voi! Sperando ovviamente di veder ricomparire le persone che seguivano con passione questa storia :) A proposito, ringrazio anche ___Unbroken, una nuova lettrice che ha commentato lo scorso capitolo *-*
La canzone che ho usato in questo capitolo è A little bit longer, dei Jonas :)
E detto questo, credo di aver detto tutto ;) 
Ciao, alla prossima!
Vostra, _Pulse_

P.S. (Qualcosa dovevo pur dimenticare xD) Se volete avere qualche chicca in più su questa FF o anche sulle altre, potete andare a guardare la mia pagina su Facebook, che si trova a questo link: http://www.facebook.com/pages/_Pulse_-EFP/155262114566704 :)

   
 
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