Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    21/01/2012    4 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertenze-enze-enze!
Hola! Scrivo qui per prepararvi al capitolo.
Allora, cominciamo:

  1. Spero davvero vi piaccia, ieri mattina ho aperto la pagina di word e mi sono impanicata perché non mi veniva giù niente, poi improvvisamente ho iniziato a scrivere.

  2. Non odiatemi, ma questo capitolo è fondamentale per il prossimo…specialmente la parte finale. Ma non voglio aggiungere altro :)

  3. Se pensate che quello che succederà sia il massimo…beh, mi spiace deludervi. Farò soffrire parecchio Michelle – e mi odio per questo – ma ci sarà sempre il lieto fine! Vi avviso perché non vorrei trovarmi dei messaggi pieni di “Avada Kedavra” :P

Grazie mille, per tutto. Perché mi rendo conto che questa storia continua ad essere seguita e lo apprezzo davvero davvero tanto, perché so che ci piace questa coppia :)

Buona lettura,

Giulls
P.S. Ieri per scrivere questo capitolo non ho studiato, quindi davvero, ora mi ritiro in solitudine a farlo, altrimenti tra 10 giorni - oddio, mi viene male!! - faccio scena muta >.<


Mount Rashmore

< Lavori il prossimo fine settimana? >
< Perché questa domanda? >
Mi sistemai meglio sul letto e abbassai lo schermo del computer per vedere meglio.
< Stavo pensando di stare un po' insieme e lontano da Los Angeles…non importa di fare chissà quale viaggio, solo…vorrei stare un po' con te >
Dall'altro capo del telefono lo sentii sospirare e chiusi gli occhi, immaginandomi cosa stesse facendo. Era da tre settimane che non lo vedevo, se non in televisione perché era in giro per il mondo per interviste/festival e premiazioni.
< Cosa proponi? Perché se fosse per me ti rinchiuderei in camera e saresti la mia schiava d'amore per tutto il tempo > disse e sorrisi.
< Stiamo pensando la stessa cosa >
< Mmm…la cosa mi piace > replicò e scoppiammo a ridere < sei mai andata a vedere il Mount Rashmore? >
< Mai >
< Bene, andremo lì…sempre che tu sia d'accordo >
< Sì, assolutamente > risposi entusiasta.
< Uhm, ho Emma in attesa…posso richiamarti più tardi? >
< Certo. Io ho biologia che mi attende >
< Buono studio, Mitchie >
Lo salutai e posai il telefonino sul comodino, ignorando l'occhiata al cielo che Kelly fece.
< Dove andrete, piccioncini? > domandò buttandosi sul letto accanto a me.
< Mount Rashmore >
Lei mi guardò e inarcò le sopracciglia.
< Per un fine settimana intero? Cosa avete intenzione di fare? >
< Mezz'ora, massimo un'ora, di visita al monumento e per il resto resteremo chiusi in camera a fare del sesso >
< Uhm, fine settimana allettante >
Scossi la testa e posai il computer lontano da noi.
< So che a te lui non piace >
< No, mi sono abituata alla sua presenza. E devo ammettere che forse è un po' simpatico >
< Forse, eh? >
< Beh, quando mi avete invitato per Natale è stato carino…sì, insomma, si è comportato da perfetto padrone di casa…e non mi ha fatto pagare niente… >
< Credevo lo avessi preso come un volerti comprare >
< Beh, sono rimasta colpita, ecco >
Risi e mi stesi sul letto, Kelly mi guardò e mi copiò nel gesto.
< Tra due ore devo partire per New York >
< Perché? >
< Jenny ha bisogno di aiuto col bambino, Walter è al lavoro e lei ha la necessità di dormire almeno un'ora >
< Posso essere in qualche modo d'aiuto? >
< Puoi chiedere a Jeremy o a mio cugino gli appunti di medicina generale per me? >
< Hey! > esclamò dandomi un pugno sull'avambraccio < Perché non li chiedi a me? >
< Perché tu tutte le volte li prendi a me…non sei affidabile. Certo, agli esami sei una bomba, ma per gli appunti sei una mezza calzetta > replicai e lei scoppiò a ridere, non prima di avermi dato un pugno sulla spalla.
< Sei davvero una stronza > disse e ridemmo insieme.
< Dovresti chiedergli di uscire >
< A Robert? >
< No, cretina > risposi dandole questa volta io un pugno sull'avambraccio < a Jeremy >
Jeremy Daniels, il mio migliore amico, era diventato il punto debole di Kelly, anche se non lo voleva dare a vedere. Avevo notato che ultimamente quando lui le rivolgeva la parola, lei arrossiva e cominciava a balbettare, mentre lui…beh, lui era diventato più gentile con lei e le sorrideva sempre. Forse io ero l'unica ad aver capito che sotto sotto ci fosse qualcosa da parte di entrambi, ma ogni volta che provavo a parlarne venivano salvati in corner.
Questa volta, fu il suo telefono a impedirmi di continuare la conversazione.
< Mamma! > esclamò Kelly sollevata e scossi la testa < No, sto bene…sì, scusa, ero in biblioteca a studiare… >
Mi scappò da ridere, ma mi trattenni. Kelly rifilava spesso alla madre la scusa dello studio in biblioteca, ma io non l'avevo mai vista andarci.
< Salve signora Jones! > esclamai mentre mi chiudevo in bagno per farmi una doccia.
Un'ora dopo, con un'ora di anticipo e tre panini al burro di arachidi nello stomaco, stavo sfrecciando in autostrada diretta verso New York per salvare la mia migliore amica da quella peste di suo figlio.

 

< Te ne sarò eternamente grata, lo prometto! > esclamò Jenny guardandomi con le lacrime agli occhi < Davvero, te lo giuro >
< Sì, l'hai detto un miliardo di volte > replicai fingendomi scocciata e presi il mio nipotino tra le braccia < ma ciao, topolino! > esclamai addolcendo la voce < Sono la zia Michelle >
< Mi sento un po' in colpa, lo ammetto >
< Perché? > domandai guardando la mia amica.
< Perché ti ho obbligato a saltare le lezioni per occuparti di lui >
< Smettila > l'ammonii guardandola < mi fa piacere farlo, okay? Non mi pesa la cosa. E tu hai davvero bisogno di riposare, sembri la brutta copia della moglie di Frankenstein >
< Sei sempre carina tu > replicò sarcastica, ma dai suoi occhi non trapelava altro che riconoscenza.
< Fai ciao alla mamma > dissi a John muovendo la sua manina paffutella verso sua madre e finalmente Jenny se ne andò a dormire.
Non appena la madre sparì dalla sua visuale, John si inquietò, ma quando iniziai a gironzolare per il salotto e a raccontargli la storia di come conobbi sua madre, lui si calmò e mi si addormentò tra le braccia.
Non ci avevo mai pensato, ma avere un bambino così piccolo tra le braccia mi infondeva un senso di calore assurdo; mi sentivo come se il mondo si fosse fermato per farmi godere della compagnia del mio nipotino. Era…era una sensazione indescrivibile, liquidarla con un semplice fantastica era un eufemismo.
Era passato un altro quarto d'ora da quando si era addormentato tra le mie braccia e finalmente ebbi la forza di posarlo dentro la sua culla per farlo dormire meglio. Mi sedetti accanto a lui e accesi la televisione, tenendola a volume basso per non svegliare né lui, né Jenny.
Lo show di Oprah era appena iniziato e siccome la mia scelta era tra quello o una maratona di Dora l'esploratrice non ci pensai su due volte a guardarlo.
Era strano da ammettere, ma era davvero un puntata avvincente. Avevano parlato dell'abbandono dei cani e si erano messi in contatto con il canile della zona, nella speranza che qualcuno che seguiva lo show chiamasse per adottarne uno, avevano avuto come ospite George Clooney, che pubblicizzava il suo nuovo film appena uscito al cinema, Nichole Kidman, che raccontava la sua esperienza traumatizzante, ma ovviamente raccontata in chiave ironica, di quando aveva perso la sua verginità e l'ultimo ospite della giornata era lui. Robert.
“Signore e signori, diamo il benvenuto a Robert Pattinson!”
Un urlo e uno scroscio di applausi partì, mentre la mia mascella toccava il tappeto. Ero a dir poco sconvolta.
Oprah lo salutò baciandolo su entrambe le guance e lo fece accomodare sul divanetto bianco di fronte al suo.
Qualcuno urlò “sei bellissimo!” e una seconda ondata di applausi partì.
“Oprah, come sempre è un onore essere qui” le disse Robert e la diretta interessata rise, mentre io fissavo lo schermo impotente, chiedendomi silenziosamente perché lui non mi avesse detto niente dell'intervista. Quindi era anche lui a New York? Lui sapeva che sarei venuta da Jenny, perché non mi aveva detto niente? E perché mi stava salendo l'angoscia?
“Allora, sappiamo che questa sera partirai per andare a girare alle Maldive Wide Sargasso Sea. Parlaci di questa storia”
Robert iniziò a parlare, ma tutto ciò di cui mi rendevo conto erano le sue labbra muoversi. Dentro la mia testa martellavano le parole di Oprah: Robert sarebbe partito questa sera per le Maldive.
Lui sapeva, ma non mi aveva detto niente. Mi aveva mentito.
Quel bastardo mi aveva mentito.
“…Vanessa è davvero brava, abbiamo provato una scena qualche giorno fa e ce la siamo cavati alla grande. Non vedo l'ora di partire”
A sentire quelle ultime parole sgranai gli occhi, più sconvolta che mai.
E non riuscivo a capacitarmi del perché mi avesse mentito.
“Come vi abbiamo promesso, apriamo la nostra linea telefonica e voi potete chiamare per fare qualunque domanda a Robert. Il nostro numero è 555-87523”
Come un'automa sfilai il telefonino dalla tasca, composi il numero in sovra impressione e attesi di poter parlare. Gliene avrei dette quattro.
C'erano tre persone prima di me, così attesi pazientemente il mio turno, mentre le ragazze prima di me gli domandavano cosa l'avesse spinto a scegliere quel ruolo, cosa ne pensava del suo personaggio, descritto in quel libro come un mostro, e l'ultima, se avesse idea di quanto si sarebbe fermato lì e se ne avesse approfittato per abbronzarsi.
Robert rise. Tutti risero. Le rispose che si sarebbe fermato per tre mesi, dopotutto era un film abbastanza complesso. Le disse anche che sperava di riuscire a prendere un po' di colore, perché si stava rendendo conto di essere troppo bianco.
Poi finalmente arrivò il mio turno.
“Ora, invece, abbiamo in diretta Michelle, da New York. Tesoro, ti ascoltiamo” aveva detto Oprah sorridendo e la telecamera inquadrò Robert e il suo sorriso. I suoi occhi, che erano emozionati come tutte le volte che partecipava ad un talk-show, che trapelavano la paura di raccontare qualche cazzata che potesse rovinare la vita di qualcuno, generalmente la mia, come mi aveva confessato alcune volte; temeva di raccontare qualcosa che potesse danneggiare me e la mia provacy.
E le parole mi morirono in gola.
“Pronto? Tesoro, ci sei ancora?” domandò Oprah una seconda volta.
< S-sì, ci sono > risposi e feci un respiro profondo “io non ho propriamente una domanda per Robert” continuai e quando sentì la mia voce lo vidi irrigidirsi < semplicemente vorrei fargli un in bocca al lupo per il film. Io non ho mai letto il libro, ma…un po' di tempo fa quello che ora è ora diventato il mio ex ragazzo mi aveva detto che è un gran bel libro >
Un singhiozzo mi partì all'improvviso e si sentì anche in studio.
“Oh, tesoro…” commentò Oprah guardando addolorata verso la telecamera, mentre Robert era impassibile.
< E questo è quanto. Tanti auguri per il tuo film >
Spinsi il tasto rosso del telefono e lo sistemai dentro la tasca dei pantaloni, esattamente dove era prima, mentre mi sentivo un peso nel cuore dentro. Non potevo crederci, davvero avevo rotto con lui in diretta televisiva? Era stato più forte di me, le parole mi erano venute fuori all'improvviso.
Mi appoggiai allo schienale del divano e piansi.
Cinque minuti dopo, Robert iniziò a chiamarmi e lo fece altre venticinque volte.
Quaranta minuti dopo, Jenny si svegliò, chiamata da quell'imbecille, e venne in sala. Mi vide in lacrime mentre tentavo di calmare John, che si era svegliato urlando e mi prese il bambino dalle mani, lo fece addormentare di nuovo, lo portò in camera da letto, socchiuse la porta e tornò da me, trovandomi davanti alla culla in piedi, esattamente come ero prima.
Venne ad abbracciarmi e piansi su di lei, mentre la mia migliore amica tentava mi accarezzava la schiena.
Non sapevo se Robert le avesse detto qualcosa, ma apprezzai il fatto che non mi chiedesse niente, che mi lasciasse sfogare e basta.
Altri quaranta minuti dopo, qualcuno bussò alla porta di casa sua. Jenny mi lasciò sola per andare ad aprire e quando tornò si portò indietro Robert.
Non appena lo vidi mi disperai ancora di più e lui tentò di avvicinarsi, ma non appena si inginocchiò lo spinsi, facendolo cadere per terra.
< Mitchie… > mi chiamò, ma io scossi la testa < Mitchie, lascia che ti spieghi, ti prego >
< Spiegarmi cosa? Che mi hai preso in giro? Perché non me l'hai detto? >
< Non sapevo come dirtelo, perché tu ci tenevi così tanto… >
< E quando pensavi di dirmelo, eh? Cinque minuti prima che partissimo? Tesoro scusa, ma mi sono dimenticato di avvisarti che io sono alle Maldive per girare un dannato film? >
Robert non disse niente, ma provò ad abbracciarmi ancora e questa volta glielo lasciai fare.
< Sono un cretino, un idiota, un coglione. Mi dispiace, davvero tanto. Ti amo… >
< Hai davvero un bel modo di dimostrarlo >
< Vuoi davvero chiudere? > domandò posando le sue mani sulle mie guance e mi obbligò a guardarlo < È questo che vuoi? > chiese ancora e quando lo vidi mi accorsi delle lacrime che stavano lottando per cadere dalle sue guance < Dannazione, rispondi! > esclamò piangendo come me.
Scossi la testa e tirai su col naso, mentre lui tirò un sospiro di sollievo.
< Ma non voglio nemmeno vederti. Ora vattene. Prepara la tua fottuta valigia e lascia questa nazione >
< Mitchie… >
< Robert, sono seria. Sparisci da qui >
Mi guardò per qualche attimo senza fiatare, poi mi prese per le mani e mi irrigidii.
< Robert… > lo chiamò Jenny senza sapere cosa dire, ma come me voleva che se ne andasse da casa sua.
< Al mio ritorno sarai qui? > domandò ignorando la sua voce, mentre io tornai a guardarmi le ginocchia < Rispondi! Al mio ritorno sarai qui? >
La sua voce rotta era come una lama nel mio petto che girava e rigirava contorcendomi tutta, facendomi soffrire, torturandomi pian piano.
< Ora basta > intervenne Jenny < Robert, vattene >
Mi baciò la fronte, sussurrò di amarmi e si alzò.
< Il mio volo questa sera partirà da qui alle otto e mezza. Alle sette e mezza ho il check-in, sarò il primo a passare. Sai dove trovarmi >
Detto quello se ne andò, e con lui un pezzo di me.

 

Erano le cinque e mezza quando chiamai Jeremy e mi sfogai anche con lui, mentre Jenny mi restava accanto per consolarmi.
Il mio amico, diplomatico come sempre, si incazzò e minacciò di partire per spezzargli tutte le ossa. Dovetti ricominciare a piangere per convincerlo a non farlo, dopotutto stava parlando della persona che amavo con tutta me stessa, anima e corpo.
Anche quando terminai la conversazione Jenny era lì a consolarmi e non voleva tornarsene a letto.
< Tu sei più importante di qualunque dormita > mi aveva detto mentre mi sistemava una ciocca dietro l'orecchio e mi baciò la guancia.
< Non so cosa fare > confessai dopo una mezz'ora di silenzio.
< Vuoi davvero chiudere con lui? > domandò e scossi la testa.
< Lo amo > risposi sentendo le lacrime pungermi ancora gli occhi.
< Non se lo merita, ma fossi in te prenderei un taxi e correrei a trascorrere con lui in aeroporto l'ultima ora e mezza insieme. Michelle, lui sta per partire e tornerà tra tre mesi >
< Non se lo merita > replicai scuotendo la testa.
Eppure lo volevo tanto anche io.
< Ti va di guardarci un film? > domandò e le sorrisi.
< Oddio, sì, ti prego >
Jenny accese la televisione, si sintonizzò sui canali che trasmettevano i film e si alzò per andare a riempire una ciotola di popcorn, mentre il primo canale del cinema stava trasmettendo Remember Me.
Non appena Jenny prese in mano il telecomando io glielo strappai e mi concentrai sugli ultimi cinque minuti di vita di Tyler. Quando morì piansi anche io, ma non saprei affermare se le lacrime erano dovute alla sua morte o a quello che era successo.
Andai in bagno a sciacquarmi il viso e quando tornai in sala guardai la mia amica. Jenny ricambiò il mio sguardo, sorridendomi incoraggiante.
Presi la mia borsa, il telefonino e uscii di casa. Composi il numero di Emma e pregai che mi rispondesse.
< Pronto? >
< Emma! > esclamai sollevata < Sono Michelle >
< Grazie al cielo! > esclamò anche lei e pochi attimi dopo sentii una porta chiudersi < Si può sapere cosa diavolo ti è venuto in mente di fare?!? Chiamarlo in diretta e piantarlo? >
< Non l'ho piantato >
< Questo non è quello che crede lui >
< E in ogni caso è stato lui a mentirmi. Questa mattina avevamo organizzato un viaggio insieme e qualche ora dopo se ne esce fuori con sta storia delle Maldive. Hai la minima idea di come mi sia sentita? >
< Lui cosa? Puoi ripetere? >
< Questa mattina avevamo programmato di andare al Mount Rashmore, solo noi due per un fine settimana >
< Che razza di idiota! Se ne era dimenticato! >
< Di cosa? >
< Delle Maldive. Sono due settimane che gli ricordo del film…ecco perché quando questa mattina gliel'ho detto è impallidito >
< Emma…Robert è lì con te? >
< Sì, ha appena finito di distruggere una statuetta egizia. Era talmente disperato che mi ha distrutto non sai quanta roba >
< Mi dispiace >
< Figurati, tanto mi ripagherà tutto, a costo di andare lui stesso a El Cairo a riprendermela. E non scherzo >
< Puoi passarmelo? >
< Un attimo > risponde e sento la porta nuovamente aprirsi < Robert, è per te >
< Non voglio parlare con nessuno! > sentii esclamare.
< Digli di non fare l'imbecille >
< Non fare l'imbecille…parole testuali >
Attesi pochi secondi prima di sentire la sua voce.
< Mitchie >
< Imbecille > sbottai adirata < cos'è questa storia che ci siamo mollati? >
< Mi hai mandato fuori >
< E puoi biasimarmi per questo? >
< Io…me ne ero dimenticato del film e quando mi hai chiesto di stare insieme questo fine settimana ero felice. Poi Emma mi ha detto della partenza di stasera e mi ha preso il panico. Temevo che tu ti saresti arrabbiata >
< E infatti scoprirlo da Oprah mi ha reso felice e spensierata >
< Mi dispiace >
Fermai con una mano un taxi e vi entrai dentro, dissi al tassista di raggiungere l'aeroporto e tornai a prestare attenzione a Robert.
< Se avessi un dollaro per tutte quelle volte che l'hai detto… >
< Mi aspetterai a casa? > domandò e il suo tono speranzoso mi riscaldò il cuore.
< No > replicai tirando fuori il portafoglio: ormai ero arrivata a destinazione, tanto valeva tirare fuori i soldi.
< Ma…io credevo… >
< Ti aspetto in aeroporto. Vedi di non farmi aspettare troppo, o è la volta buona che ti stacco le palle >
Sentirlo ridere fu un'esperienza disarmante.
< Faccio il prima che posso. Te lo prometto. Non staccarmi le palle, ti prego >
< Corri >
Pagai il tassista, uscii dal taxi ed entrai dentro l'aeroporto. Camminai fino all'area ristoro e mi sedetti in un tavolino, ordinai un caffè e attesi che Robert si facesse vivo.
Non ero più arrabbiata con lui, volevo semplicemente trascorrerci insieme l'ultima ora e mezza, prima che se ne andasse da me per tre mesi. Non ero nemmeno più ferita, nonostante avessi tutto il diritto di esserlo. Semplicemente l'avevo perdonato perché l'amavo e lo amavo così tanto che gli avrei perdonato di tutto, lo farei anche se mi tradisse. Perché lui era diventata una parte fissa nella mia vita e non riuscivo a immaginarmi senza di lui.
Finalmente riuscivo a capire quelle ragazze che amavano i loro uomini talmente tanto da risultare ridicole. E probabilmente mi ero trasformata in una di loro.
La sedia di fronte alla mia si muove e quando alzo lo guardo vedo Robert sorridermi.
< Ho fatto il più in fretta possibile >
Sorrisi con lui e mi alzai, misi un paio di dollari sul tavolo, mi sedetti sulle sue gambe e lo baciai. Non mi importava di quante persone avessimo intorno, davvero.
< Se ti chiedo di venire con me, mi segui senza fare troppe domande? > mi chiese.
< Anche fino in capo al mondo > risposi, ero in totale balia di lui.
Mi fece alzare dalle sue gambe, cosa che feci a malincuore, mi lasciai prendere per mano e corremmo verso destra. Non riuscivo a rendermi conto se la corsa fosse dovuta a paparazzi, fan o altro, sapevo solo che il cuore mi batteva all'impazzata.
Mi fece entrare dentro il bagno degli uomini, chiuse a chiave e iniziò a baciarmi con foga. Mi aggrappai al suo collo e allacciai le gambe attorno al suo bacino quando le sue mani raggiunsero il mio sedere. Ci staccammo quel tanto che bastava per respirare e iniziò a baciarmi il collo, mentre io faticavo a trattenere i gemiti. Il mio tentativo fallì miseramente quando mi diede un morso leggero.
< Guarda che ci facciamo beccare > sussurrò con voce roca.
< E allora smettila > risposi spostando le mani sui suoi capelli e glieli tirai leggermente prima di tornare a baciarlo.
Senza farmi scendere mi fece sedere sul lavandino, mi slacciò i pantaloni, io feci lo stesso coi suoi e facemmo l'amore in quel bagno puzzolente dell'aeroporto di New York.
Eppure quel posto in quel momento mi sembrava perfetto.
Erano le sette quando Emma chiamò Robert ordinandogli di raggiungerla per l'imbarco.
Dopo aver fatto l'amore Robert mi aveva imprigionata tra il muro e il suo corpo e per tutto il tempo non avevamo fatto altro che baciarci.
< Dobbiamo andare >
< Di già? > brontolai tornando a baciarlo e questa volta fu lui a gemere sulle mie labbra.
< Sai bene che se me lo chiedessi… >
< Non lo farò > replicai scuotendo la testa.
Sorrise grato e mi baciò le labbra.
Prima di lasciare il bagno la sveglia nel telefonino suonò, segno che era arrivata l'ora di prendere l'antibiotico.
< Stai male? > domandò guardandomi preoccupato.
< Ho solo un po' di mal di gola e il dottore mi ha prescritto dell'antibiotico. Tutto qui > risposi sorridendogli per rassicurarlo e lui mi baciò sulla gola.
< Non farmi brutti scherzi >
Mi prese per mano e ci incamminammo da Emma, la quale prima strigliò Robert, poi lo guardò contenta. I suoi occhi brillavano, esattamente come i miei.
Alle sette e mezza fu il momento di salutarsi.
< Comportati bene > gli dissi con le lacrime agli occhi.
< Anche tu. E informa quel tizio che quando torno se vengo a sapere che ti ronza intorno gli rompo tutte le ossa >
Risi e lo baciai.
< Mi mancherai >
< Anche tu. Salutami tutti, e…per qualunque cosa, non esitare a chiamarmi >
< Okay > risposi sorridendogli < buon viaggio >
< Ci vediamo quando torno >
Annuii, salutai Emma e tenni la mano del mio ragazzo finché non fu il momento per lui di imbarcarsi.
< Ciao > sussurrò a due centimetri dal mio viso.
< Ciao > sussurrai anche io sorridendogli < ti amo >
< Ti amo anche io, Mitchie >
E con quelle ultime parole che mi rimbombavano nelle orecchie lo lasciai salire su quell'aereo.
Dopotutto, si trattava solo di aspettare tre mesi.
Tre mesi.
Novanta giorni.
Ma ce l'avremmo fatta.

   
 
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