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Autore: _diana87    21/01/2012    5 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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A volte anche i più forti cadono giù

E con questo cap entriamo nella parte drammatica della storia, quindi siete avvisate!!

A proposito, ho deciso di terminare prima questa storia e poi dedicarmi interamente a Castle versione Padrino, per non creare confusione.

In più ho una longfic Jisbon da scrivere.

Ma si, posso farcela.

(le ultime parole famose)

 

 

 

A volte anche i più forti cadono giù.

 

 

 

Wallace Tacker è un'altra di quelle persone che non riesci a capire a fondo finché non lo vedi in azione.

Esposito e Ryan si divertono a chiamarlo "Mastino" quando sbraita e dà ordini dentro e fuori il campo.

Poi arriva una sera, una di quelle tante, in attesa della battaglia dell'indomani, quando ci si ritrovava seduti in circolo, tutti intorno al fuoco, come in qualche vecchio film western. C'era anche Rick con noi.

"Vi ho mai raccontato quando durante la Guerra del Golfo ho ucciso 3 iracheni a mani nude? Li ho presi, uno per uno, strozzandoli e poi, visto che non morivano, ho piantato dei paletti nei loro cuori, così... sbam! Morti come vampiri... e per assicurarmi che fossero davvero morti ho sparato 3 volte... bang, bang, bang!"

Rideva come un pazzo tra una portata e l'altra, mentre i giovani soldati erano quasi intimoriti dalla sua presenza. Rick e gli altri scrittori riportavano tutto ciò che diceva, scrivendo, prendendo appunti. Guardavo Rick e lui alzava il sopracciglio come risposta. Gli affascinava la guerra. Era un modo diverso per parlare di gente morta, secondo lui.

Altre volte, avevo visto Tacker aiutare i suoi soldati, durante un addestramento sul campo. E lo faceva a piccoli gesti: alzando un fucile quando era troppo basso, ricordando ad un altro di legarsi l'elmetto anche nella parte sotto il mento, oppure sistemare la giacca militare ad un altro soldato, quando questo l'aveva abbottonata troppo veloce e aveva sbagliato nel coordinare i bottoni. Erano questi i gesti che mi sorprendevano.

 

Oggi è un altro giorno, un'altra battaglia. Sembra che ciò che ho vissuto a Teheran con quelle donne sia solo un ricordo ormai. Sfocato nella memoria ma non nel mio cuore. Ci prepariamo verso un posto di blocco. Sarà la solita storia: ci chiederanno i documenti e se siamo in regola ci faranno passare, altrimenti ci spareranno. E' una procedura ormai tipica in questa zona e alla quale ci siamo abituati.

"Segui la routine quotidiana e andrà tutto bene." mi aveva detto McNeil, abituato anche lui ai procedimenti di guerra, dato che ha passato la sua intera vita in campo di battaglia, piuttosto che stare con la sua famiglia.

"Non distarti mai." mi aveva avvertito Aisha, lei che con la sua cerchia di donne combattono tutti i giorni contro qualcosa che neanche loro conoscono.

Al posto di blocco è andata; siamo salvi e possiamo passare.

Ogni giorno che passa ci rende più vicini alla centrale nucleare, dove McNeil pensa di fare irruzione.

"Ho pensato a una cosa divertente" dice Ryan, camminando quatto quatto tra me e Esposito e sogghignando tra sé "e se uccidessimo il presidente iraniano buttandolo in una di quelle grosse vasche piene di acido? Sarebbe figo, non trovate?"

Esposito alza un sopracciglio.

"Guardi troppi film, fratello..."

"Perchè? Molti mafiosi italiani lo fanno!" risponde lui tranquillamente.

Javier mi guarda e io capisco che è il momento che riporto Ryan con i piedi per terra.

"Capisco il tuo entusiasmo, Ryan, ma se dici una cosa del genere ai sergenti, ti rispediscono a New York a calci nel culo!" dico in tono severo, ma sotto sotto me la rido con Esposito.

Conosciamo l'eccitazione del nostro amico. Se venisse rispedito in patria sarebbe più che contento, dopo aver ricevuto la bella notizia che diventerà padre: infatti Jenny è incinta!

 

L'idillio è rotto quando veniamo coperti da una serie di esplosioni, con fumo e pietre che sono lanciate verso di noi. E accade tutto in una manciata di secondi.

"Copritevi le spalle! Al riparo!" McNeil, a capo del commando è il primo ad abbassarsi e coprirsi la testa e lo stesso facciamo noi.

"Preparate le armi! Stanno sparando!" urla Douglas invece e con coraggio affronta la pioggia di esplosioni, pur sapendo che ci sono mine antiuomo ovunque.

Ma lui sembra conoscere la zona, e riesce a schivarle correndo da una parte all'altra della strada... una strada cittadina che improvvisamente è diventata un deserto... o peggio ancora, un cimitero.

Io e i miei compagni ci teniamo le mani. Quando finiscono le esplosioni, ci viene ordinato di attaccare la zona e seguire Tacker che ha già puntato uno squadrone di iraniani. Quando passiamo, dietro di noi un ragazzo viene fermato di botto dall'omone nero.

"Soldato! Legati la parte inferiore dell'elmetto se non vuoi che ti salti la testa!"

"Sisignore" risponde quello, leggermente intimidito e poi quando ha finito, corre verso il suo reggimento.

 

"Mi hanno raccontato come durante la seconda guerra del Golfo, Tacker avesse questa cosa di dire ai suoi soldati di legarsi bene l'elmetto. Sapete perchè lo fa? Qualche giorno dopo lo scoprii. Mi disse che aveva visto alcuni suoi compagni morire per colpa di un elmetto legato male... soldati a cui era saltata fuori la testa, completamente dall'altra parte del corpo... ed era impressionante come sembrava che il corpo si muovesse ancora, nonostante fosse senza commando della testa... una cosa da film dell'orrore..."

Il soldato Jones ci racconta questo aneddoto, quasi come se ci leggesse nel pensiero. Poi rabbrividisce al ricordo di quel racconto e corre in avanti, col mitra puntato verso il nemico. Immediatamente, io, Espo e Ryan controlliamo che i nostri elmetti siano legati.

 

La guerra è in atto. Iraniani da un lato, americani da un altro. Descrivere il momento è difficile.

Immaginare che sia una partita di ping pong forse rende tutto più semplice.

Il nemico ti attacca, lancia la palla, tu però non devi colpirla come si fa nel gioco, bensì schivarla. Quindi salti da una parte, e rispondi con un altro colpo. Il tuo nemico fa la stessa cosa. La schiva. Capita però che riesce bene il colpo, quindi il nemico cade giù a terra. Morto stecchito. E il gioco continua ad andare avanti. La palla passa da una parte all'altra del campo. Però non sono due giocatori, bensì uno squadrone composto da una ventina di persone. Non è neanche una partita di calcio, dove quando cadi a terra per un fallo subito, poi ti rialzi. Qui se cadi a terra, muori. O se sei fortunato, puoi riportare qualche ferita.

Tacker ha voluto andare in battaglia, nonostante il braccio rotto, lui è uno di quelli forti.

Di nuovo spari. Esplosioni. Esposito sembra piuttosto battagliero e riesce ad abbatterne un paio di quei kamikaze, salvando la vita della povera Laura, che non sapeva più come difendersi. E se in una vita precedente fosse stato un soldato della seconda guerra mondiale?

Gli iraniani sono forti, hanno armi potenti. Se tirano fuori i loro mitra riescono a ricreare una bomba ad alto contenuto nucleare per quanto è potente la forza del suo suono.

Uno di loro è posizionato davanti a me e sta per sparare ma il suo sparo viene schivato. Sono stata brava, mi sono girata dall'altra parte. Mi giro per vedere chi abbia colpito e mi prende un colpo.

Tacker è stato colpito dritto al cuore. Una macchia rosso sangue esce dalla sua bocca e si espande dal suo cuore. Vorrei raggiungerlo per dirgli qualcosa, ma un braccio mi prende e mi porta via. In lontananza, Tacker mi guarda e dal suo labiale percepisco un "Ottimo lavoro, agente" flebile.

Non si può lasciare un uomo così in fin di vita. Che giustizia è mai questa?

 

Wallace Tacker è morto. Il Pentagono è già stato informato qualche ora dopo. Riuniti e accampati da una parte della città, siamo molto stanchi e affaticati. Qualche soldato è ferito e viene curato da alcuni medici che sono intervenuti sul posto.

Raggiungo McNeil che ha appena terminato una conversazione con la Casa Bianca, tramite il suo portatile, seduto nella caffetteria adiacente.

"Dobbiamo recuperare il corpo di Tacker, non possiamo lasciarlo così."

Lui chiude il portatile e si rivolge verso di me.

"Kate, ti prego---"

"E' un uomo, Samuel! Non possiamo non riportare almeno la salma ai suoi parenti per dargli una degna sepoltura!"

Si alza, arrabbiato e si accanisce contro di me.

"Se avessi dedicato una degna sepoltura ad ogni soldato che muore in battaglia, a quest'ora avrei aperto una pompa funebre!"

Sto zitta e attonita, accorgendomi che tutti hanno rivolto gli sguardi verso di noi. Qualche soldato tossisce per calare la tensione. Ma io sono ancora forte e ho ancora del fiato da sprecare.

"Parli così solo perchè tu non hai una famiglia... ma forse potresti cominciare a farlo ora. Tacker merita di essere ricordato, merita di avere una medaglia d'onore, concediglielo... per favore." concludo abbassando la voce e mettendogli una mano sulla spalla.

Mi rendo conto di essere stata abbastanza dura, ma è la verità.

 

Circa tre ore dopo, recuperiamo il corpo di Tacker. Il suo corpo è quasi diviso a metà, spaccato da quel colpo profondo al cuore, che gli ha fatto fuoriuscire qualche organo interno. Poco importa, il viso è ancora riconoscibile.

Non oso immaginare la scena, ma è più forte di me. Immagino che appena la bara marrone approda sul territorio americano, in aeroporto ci siano moglie e figlia ad attendere. La moglie si aggrappa alla bara e piange. La figlia, poco più che ventenne, cerca di consolare sua madre, facendo la forte, ma poi piange anche lei.

Quando ti strappano un genitore in questo modo e sei piccola, non comprendi molto il senso. Ma quando sei grande e muore qualcuno della tua famiglia, sei già consapevole del dolore. E vedi la morte sotto la sua vera prospettiva.

Ad esempio, non capisco perchè uno forte come Tacker, in grado di sopravvivere a qualunque guerra, sia invece morto.

E perchè siamo stati catapultati in questa guerra della quale nessuno conosce il senso?

Guardo il volto dei soldati ancora apparentemente addolorati per la morte di uno dei loro sergenti. Li vedo poi asciugarsi le loro lacrime, impugnare un'arma, e prepararsi per lo scontro dell'indomani. Così, come se niente fosse.

   
 
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