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Autore: Rigel und Betelgeuse    21/01/2012    4 recensioni
È il 31 dicembre 1979 quando James decide di averne abbastanza dei malumori di Lily.
Questa storia si è classificata terza (a pari merito) al contest "Una storia per Capodanno" di TheGhostOfYou
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nickname: Magentha Rigbie
Titolo della storia: Trecento miglia
Città scelta: Bruxelles
Personaggio (ed eventuale pairing): James, James/Lily
Prompt utilizzato: Felicità
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: one-shot




Trecento miglia


Quando James Potter si Smaterializzò era talmente furioso che non si perse in troppe elucubrazioni nel decidere la sua meta. Non s'era nemmeno preoccupato di quanto quel posto fosse lontano - in realtà nemmeno sapeva con certezza dove fosse - ma era stata la prima immagine a riaffiorargli nella mente quando aveva deciso di averne abbastanza di quella discussione con Lily.
La distanza coperta doveva essere effettivamente grande poiché, quando si ritrovò disteso sui sampietrini fradici, ebbe l'impressione che qualcuno avesse usato il suo stomaco come un punchball. Tenne gli occhi serrati per qualche istante, respirando a fondo l'aria pungente e umida, nel tentativo di placare un po' quel senso di nausea. Quando aprì gli occhi, un baluginare di puntini bianchi gli ronzarono nel campo visivo per una manciata di secondi, prima che un viso sconosciuto si affacciasse sul suo, un'espressione allarmata dipinta sopra.
«Eh, le gars! Est que vous avez besoin de l'aide? Je peux appeler un médecin, si vous voulez…»
«Ahm…» James si passò una mano sugli occhi, deglutendo prima di risistemarsi gli occhiali e tirarsi su a sedere, la testa che per un attimo girò «Io non…scusa, non ti capisco»
La ragazzina che pareva volerlo soccorrere lo guardò con occhi grandi, poi sorrise.
«Ah, straniero! Scusa» riprese, un forte accento francofono nella parlata «Hai bisogno di una mano? Chiamo un dottore?»
«Oh…» James sbatté le palpebre, mentre riacquistava compostezza e stabilità «Oh no, ti ringrazio» rispose gioviale, alzandosi in piedi «Devo essere scivolato»
«Niente di più facile, a Bruxelles!» la sua soccorritrice rise, facendo spallucce «Beh, se stai bene io vado. Però dovresti coprirti forse, il termostato della Bourse segna meno sette gradi…»
La ragazzina se ne andò tutta sorrisi e auguri di anno nuovo, lasciando James a rabbrividire di freddo nel suo maglione di lana d'Aran che, per quanto massiccio, non bastava a schermarlo dall'umidità di quell'aria non sua.
Il ragazzo si guardò intorno, cercando di fare mente locale sulla situazione. Riconosceva la piazza come quella vista in una cartolina appuntata sul frigorifero, a casa dei genitori di Lily. Era bella e fiabesca come riportava la fotografia a cui si era ispirato per Smaterializzarsi, ma decisamente più fredda di quanto si era immaginato mentre la osservava sgranocchiando un biscotto al burro preparato dalla signora Evans. Scoprire che si trovava a Bruxelles gli era stato utile per richiamare alla mente anche la dicitura riportata sotto l'immagine, nella cartolina: Grand Place, Bruxelles, Belgique.
Ciò gli permise solamente di supporre che i suoi orribili sintomi post Materializzazione fossero dovuti ad una presunta lunga distanza coperta, poiché in realtà non aveva la minima idea di dove si trovasse il Belgio rispetto alla Gran Bretagna. Ricordò che Lily gli aveva raccontato - in modo distratto mentre si versava un bicchiere di latte - che sua sorella Petunia c'era stata in viaggio scolastico anni prima, e ne aveva raccontato meraviglie una volta tornata a casa.
«Mi piacerebbe andarci, una volta» aveva esordito allegramente Lily, passandogli un braccio attorno alla vita «Mi dai quel biscotto?»
James si corrucciò a quel ricordo, stringendosi nel maglione. Per scappare da Lily era finito per capitare in un posto il cui ricordo era strettamente legato a lei.
«E che cavolo» sbottò tra di sé, prendendo a camminare per far fronte al freddo «Proprio non se ne esce, eh?»
Il perché James Potter fosse arrivato sulla Grand Place di Bruxelles in quel tardo pomeriggio del 31 dicembre 1979 era spinoso e non facile da affrontare per un Malandrino sempre verde come lui.
«Sei un immaturo, James!» Lily glielo aveva gridato in faccia con cipiglio deciso, intransigente, furioso. Era una cosa che gli diceva spesso, per la verità, poiché era indubbio che Potter non avesse perso l'abitudine di comportarsi in modo sconsiderato anche una volta uscito da scuola. Glielo diceva spesso, ma mai prima d'allora glielo aveva detto in quel particolare modo, con quella particolare serietà e stizza.
Era iniziato tutto quando James era rientrato dal suo turno. Era successo che, in un momento di noia, lui e Sirius avessero deciso di movimentare la cosa facendo un salto a Nocturn Alley. Avevano avuto la fortuna di stanare tre Mangiamorte in una bettola di oggetti stregati, e si erano messi a bisticciare - così come dicevano loro - senza che nessuno, al Quartier Generale, ne fosse avvisato. Il risultato era stato sorprendentemente fortunato, se si considerava che Sirius ne aveva rimediato una semplice lussazione alla spalla per essere volato contro un muretto, mentre James riportava un taglio sulla guancia che, per quanto lungo e vistoso, sarebbe guarito in poco tempo. Era rientrato a casa tutto su di giri, baciando la sua bella moglie con allegria immotivata, senza rendersi conto che lei già sapeva e non ne era per niente contenta.
«Non lo capisci che ci sono dei limiti? Non lo capisci che ci sono cose che non puoi permetterti di fare?» la discussione si era accesa in toni caldi sin da subito, i verdi occhi di Lily che fiammeggiavano di rabbia in crescendo tutte le volte che James provava a ribattere e a sdrammatizzare.
«Quando mi hai preso ero già così» aveva poi sbottato lui, colto da un fiotto d'irritazione, a discussione inoltrata «Ti andava bene, fino a qualche tempo fa!»
«Non è questo il punto, James! Perché non vuoi capire quello che ti dico?»
Sbraitavano ormai da un quarto d'ora quando lui non ce l'aveva più fatta, e s'era Smaterializzato. Non era che James fosse uno che si dava alla macchia al primo screzio, anzi. Di norma era lei quella che dava in escandescenze, abbandonando le liti al loro apice poiché troppo furiosa per portarle avanti. A lui, di solito, toccava andarla a recuperare nel suo angolo di letto - dove stava tutta rannicchiata e immusonita, cocciuta come un ciuchino - avvicinandosi cauto, schivando le gomitate irose che lei gli sferrava per tenerselo lontano; piano piano, con calma e pazienza infinita, James finiva per raggiungerla, riusciva ad abbracciarla, la ricopriva di baci fin quando lei non cedeva e, voltandosi, gli sferrava un pugnetto sulla spalla, borbottando qualcosa tipo «Sei proprio una testa dura»
Ma negli ultimi tempi i litigi s'erano fatti decisamente più frequenti, più aspri, e Lily era apprensiva ed irritabile come mai lo era stata prima. Quando, quel 31 dicembre 1979, avevano preso a discutere per la quinta volta in una settimana, James non ce l'aveva più fatta. Era una cosa orrenda litigare l'ultimo giorno dell'anno, e per giunta piantare la propria novella sposa nel bel mezzo di una sfuriata - il ragazzo ne era convinto così come era convinto di essere nella ragione - ma il suo sistema nervoso era evidentemente corso ai ripari prima che la situazione potesse degenerare.
«Immaturo» ora, passeggiando intirizzito per il centro di Bruxelles, Potter ripensava a tutto questo con stizza «Però le piace quando la faccio ridere…»
Svoltò in una stradina sulla sinistra ritrovandosi a breve in uno slargo che la targa blu a scritte bianche inchiodata sull'edificio ad angolo battezzava come Place du Marché aux Herbes - Grasmarkt.
Bofonchiando, si diresse a passo un po' più svelto verso quella che gli pareva una galleria coperta, in cerca di un qualche tipo di tepore. La Galerie de la Reine - Koninginnegalerij non risultò essere molto meno fredda della piazza, poiché l'aria invernale belga aveva la possibilità di entrare da più di un'apertura e, incanalandosi per la galleria, dava l'impressione di scorrervi dentro come una specie di fiume di montagna sublimato, con lo stesso impatto ghiacciato sul viso che l'acqua di un fiume di montagna può avere. Ma quello che era incastonato tra le vetrine della galleria era talmente abbacinante che James per un attimo si scordò del freddo, restando imbambolato in preda alle luci e ai colori.
Ovunque, intorno a lui, c'erano cose strabilianti. Quella visione gli ricordò la prima volta che sua madre l'aveva portato a Diagon Alley a fare spese, nella primavera del 1965. Il ricordo della sua prima meraviglia infantile gli toccò una zona della memoria così assopita da farlo strabiliare il doppio - poiché, negli anni, le sue visite al rione delle botteghe si erano fatte abitudinarie, di modo che tutto lo stupore era venuto meno. Per un attimo, dimentico dei fatti di quel tardo pomeriggio, pensò che Lily sarebbe impazzita in un posto così. C'era, innanzi tutto, una quantità di cioccolato - impacchettato, spacchettato, liquido, scolpito, chiaro, scuro, scurissimo - da fare invidia a Mielandia. James si affacciò ad una di quelle vetrine prestigiose, osservando con occhi pieni d'acquolina un'enorme renna di cioccolato al latte, con tanto di naso di zucchero rosso rubino. Si rese conto di essere entrato nel negozio solo quando si scoprì a tenere in mano una stecca di cioccolato alla violetta dall'aria preziosissima. «Est que je peux vous aider?» una commessa sulla cinquantina gli si avvicinò con un sorriso che le spaccava in due il viso aristocratico «Ça fait cinquante francs pour celle-ci…»
«Io non credo di aver capito…» James sorrise nel rispondere alla signora, che lo guardò un attimo spiazzata, poi tornò alla carica più cordiale che mai.
«Oh, pardon…Dicevo che sono cinquanta franchi, per quella. È alla viola, ha un sapore molto delicato. Con un paio può prepararci un'ottima fondue aromatizzata, che è un'idea carina per una cena di Capodanno»
Eh già, la cena di Capodanno. James scoccò un'occhiata all'enorme orologio della bottega, constatando che fossero ormai le sette e mezza. Sospirò, passandosi una mano tra le chiome arruffate. Di lì a mezz'ora avrebbe dovuto trovarsi a casa di Marlene assieme a Sirius, Remus, Peter, qualche altro membro dell'Ordine e, naturalmente, a Lily. Ma, per quanto ne sapeva lui, Lily poteva già essere tornata dai suoi dichiarando che il suo matrimonio di appena sei mesi era finito.
Per quanto assurda fosse quell'idea - in fin dei conti si trattava pur sempre di Lily che, per quanto cocciuta come un ciuchino, restava pur sempre una delle persone più razionali che James conoscesse - il ragazzo sentì un nugolo d'irrequietezza muoversi nello stomaco.
«Forse dovrei tornare a casa» mormorò a sé stesso, osservando pensieroso il cioccolato.
«Come dice?» la commessa lo guardò perplessa.
«Ahm, nulla. Quanto…quanto ha detto che costa questa?»
«Cinquanta franchi»
James sfoderò uno dei suoi meglio collaudati sguardi sperduti.
«Scusi, non sono molto pratico. Potrei…»
«Oh, ma certo» con l'ennesimo sorriso, la commessa s'affrettò a raggiungere la cassa e, armeggiataci un po' dietro, tirò fuori una monetina piccola, sottile e argentata che mostrò al ragazzo «Questi sono dieci franchi. Per quella tavoletta bastano cinque di queste monete»
James si prese un tempo imprudentemente lungo per osservare il soldino e stamparsi bene in testa come fosse fatto. Poi, con un ghigno spropositato, la restituì alla commessa.
«Scusi un secondo»
Ripose la sua tavoletta di cioccolato e schizzò fuori dall'uscio. Con passo svelto imboccò la prima traversa che portava fuori dalla galleria e proseguì fino a trovare un angolino deserto, in un vicoletto poco più in là. Cacciò una mano nella tasca dei pantaloni e vi trovò un pezzetto di pergamena - su cui era scritto Indirizzo Marlene: Garland street 16, Melway, Dorset - che, fatto un rapido calcolo, provvide a dividere in venticinque pezzi. Poi estrasse la bacchetta dalla cintola, si chinò a poggiare in terra i frammenti dell'indirizzo di Marlene, e li trasfigurò in duecentocinquanta franchi, suddivisi in venticinque monete da dieci.
«Ne vorrei cinque» disse giulivo alla commessa attonita una volta rientrato nel negozio, riversando sul bancone i suoi soldi incantati.

James rovinò al suolo con un tonfo che aveva un che di spiacevole, mentre di nuovo quell'orrenda sensazione di essere stato infilato in un'asciugatrice per circa due giorni gli prese testa e bocca dello stomaco. Boccheggiò un attimo, così stordito che non si accorse nemmeno del sussulto spaventato che veniva dalla camera da letto, ne dei passi che precedettero l'entrata di Lily nel piccolo tinello - bacchetta sguainata e occhi gonfi e rossi.
«James!» del suo grido stridulo, però, Potter se ne accorse, anche se non rispose, troppo preso com'era a reprimere un conato. Aprì gli occhi giusto in tempo per vedere sua moglie balzargli addosso come una fiera, un cipiglio inquietante, una mano che gli si strinse attorno al collo del maglione.
«Lily!» ancora un po' stordito dalla Materializzazione a lunga distanza, James aveva la parlantina decisamente più ritardata del solito «Non sai dove sono…»
Lo schiaffo arrivò talmente forte e bene assestata che il ragazzo ebbe l'impressione di perdere un orecchio. Quando si riprese dal colpo - che, nonostante tutto, era servito a strapparlo dal torpore del viaggio - James di voltò a guardarla con occhi enormi. Lily non disse nulla, limitandosi a fissarlo con quello sguardo che tradiva il lungo pianto, e che tornò a riempirsi di lacrime in brevissimo tempo. A vederla così, James si sentì morire. E improvvisamente si rese conto di quanto prendersi dell'immaturo fosse meglio che trovare sua moglie in quelle condizioni. Così, spinto da tutto quell'amore che sempre e da sempre provava per lei, con un movimento rapido se la tirò tra le braccia, trascinandosela dietro nel cadere disteso sul pavimento.
Per un attimo tutto restò immobile, e James poteva sentire solo il cuore di Lily martellare contro il suo sterno. Poi tutta la sua bella moglie fu scossa da singhiozzi irrefrenabili e violentissimi, che lui tentò di placare stringendosela di più addosso.
«Io t-t-ti detesto, Potter» biascicò tra le lacrime Lily, mentre si aggrappava alla spessa lana del maglione di lui «D-dovevamo a-anche anda-re da Marl-ene…»
«Lo so, Lils» mormorò lui, accarezzandole il capo «Diremo a Marlene che arriviamo tardi»
«Le ho g-già detto che…che non sare-mo anda-ti. No-n sape-vo ne-nemmeno se torna-vi…»
James la guardò accigliato.
«Avanti, come potevi pensare che non sarei tornato!» esclamò interdetto, prima di sospirare «Scusami. È che sono così, un po' cretino a volte…»
«T-t…» Lily fece un respiro profondo per riuscire a calmare i singulti «trop-po "a volte"»
James ridacchiò tenero, dandole un bacetto sulla fronte. «Però anche tu, Evans» sussurrò giocoso, rispolverando il cognome da ragazza di lei, come tutte le volte che la prendeva dolcemente in giro «Sei un po' troppo irascibile, di questi tempi»
«E l-l-o credo b-be-ne» Lily si decise a scollare il capo dal petto di lui, rivolgendogli finalmente un'espressione verde, arrossata e imbronciata «S-sono incinta»
Il fatto di stare già distesi sul pavimento fu di grande aiuto a James Potter che, invece di cadere sotto il proprio peso per una cedevolezza momentanea delle ginocchia, si limitò a farsi mancare l'aria.
«Co…» aprì e chiuse la bocca un paio di volte, prima di ritrovare la voce «Come, scusa?»
«Diventi padre, stupido creti-no. E biasimami ora se n-non voglio restare vedo-va»
James non avrebbe saputo dire per quanto tempo restò muto. Sapeva solo che, dopo il nulla totale che aveva immediatamente seguito quella notizia, la sua mente fu invasa da un turbine di pensieri talmente gonfio e violento da impedirgli di distinguerne lucidamente anche uno solo.
Si ritrovò a ricoprire di baci Lily come faceva sempre quando doveva sistemare le cose dopo una lite, ma questa volta era tutto più incredulo, più entusiasta, più strepitosamente felice.
«Ja-mes mi…» Lily lo spintonò un po' via per evitare di perire sotto tutti quei baci «mi soffochi!»
«Ma quando diavolo aspettavi a dirmelo, per Godric!» esclamò lui, all'apice della felicità «Festeggiamo Lily! Facciamo un figlio! Oh, ma che dico, a quello ci abbiamo già pensato»
Suo malgrado, Lily rise mentre suo marito riprendeva con le sue manifestazioni di gioia ai suoi danni.
«Ma allora che facciamo» chiese, il respiro che le era tornato quasi regolare «Non ci andiamo da Marlene?»
«Ma chi se ne importa di Marlene!» James sembrava impazzito da quanto era euforico, e tutti i dettagli del suo viso sorridevano, e le sue labbra la baciavano, e le sue mani l'accarezzavano «Stiamocene qua. Il 1979 non potrebbe finire meglio di così! Abbiamo anche la cioccolata» «Quale cioccolata?»
«Sono stato in Belgio prima e…»
«Che cosa?» di nuovo Lily lo allontanò un po' per poterlo guardare in faccia «In Belgio? James, ma sono più di trecento miglia! Come hai…»
«Bruxelles ti piacerebbe un sacco, Lily» James tornò a stringerla a sé, talmente su di giri che sembrava averci rimesso un po' di lucidità in tutta quella felicità «Potremmo andare là per il prossimo Capodanno - io, te e James Junior!»
Per la terza volta Lily si creò tra loro lo spazio necessario a lanciargli un'occhiata, che questa volta fu truce e tassativa.
«Scordati categoricamente di chiamare nostro figlio così» sentenziò categorica e assassina, prima che James mettesse il punto a quell'ennesima diatriba con argomenti molto più convincenti.




Doveroso angolo dell'autrice: Beh, ecco fatto. Sono stata particolarmente contenta perché la città che ho scelto (a cui ho un attaccamento particolare) nascondeva un personaggio che non mi ha fatto penare per tirarne fuori una storia. In effetti il tema principale (il Capodanno) forse non viene valorizzato come avrebbe dovuto, ma questa è stata la prima lampadina che mi si è accesa (la prima e unica, devo dire) e quindi ho pensato che cambiarla non sarebbe stato altrettanto divertente. Per quel che riguarda l'ambientazione, non ho idea se nella Galleria della Regina, a Bruxelles, ci fossero già nel 1979 tutte quelle cioccolaterie che ci sono oggi, ma io ce le ho messe, perché me la ricordo così. La Place du Marché aux Herbes non ha veramente quel nome - in realtà non ha un nome: c'è effettivamente una piazza lì, ma è innominata e ci si riferisce ad essa dome "piazza che sta in fondo a Rue du Marché aux Herbes. Licenza poetica e gergale che mi sono permessa perché c'è molta gente che la chiama Place du Marché aux Herbes. Per onor di cronaca, i nomi sulle targhe che James legge sono in francese e in olandese delle Fiandre (impropriamente detto fiammingo), essendo Bruxelles una città ufficialmente bilingue.

Giudizio alla storia:
Titolo: 4,5/5


Grammatica e Sintassi: 9.5/10 


Originalità: 10/10


Utilizzo personaggio ed eventuale pairing: 5/5


Utilizzo luogo: 5/5


Uso del prompt: 4/5


Caratterizzazione dei Personaggi: 9,5/10


Gradimento personale: 5/5 


Totale: 52,5/55



 

Commento: Premetto che James non è il mio personaggio preferito e che spesso ho ignorato molte storie proprio perché c’era lui come protagonista. Ebbene, con questa one shot hai ribaltato completamente la considerazione che ho di lui. Ho amato ogni singola riga di questa fic, l’ambientazione (non sono mai stata a Bruxelles eppure mi è sembrato di essere proprio laggiù!) così dettagliata e coinvolgente, il negozio di cioccolato in cui entra James, le cavolate fatte con Sirius… e la fine, con la notizia dell’arrivo di Harry e la felicità che si percepisce in ogni riga. Davvero molto bella, complimenti!


Commento al commento: Sono stata davvero stupita dal fatto che mi sia stato dato un 10/10 per l'originalità, e questa è una delle cose che mi ha fatto più piacere (per non parlare del 5/5 del gradimento personale!). Oltre a questo, che TheGhostOfYou abbia trovato la descrizione di Bruxelles evocativa mi ha riempito di contentezza, poiché è una città che amo molto e ci tenevo a renderla un po' come si deve. Inoltre la storia mi è valsa il premio speciale per Miglior coppia (anche se ho il sospetto che sia tutta colpa del piccolo fagiolo che Lily scopre di avere in pancia, ma la gravidanza è sempre una carta vincente da giocare!). Insomma, chiudo qua dicendo che per il mio primo contest non potevo aspettarmi nulla di meglio di questo risultato!
Per onor di cronaca Sei solo è arrivata terza a pari merito con la mia storia, spulciatevela!

  
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