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Autore: horansupras    21/01/2012    3 recensioni
«Non è possibile!» urlai, facendo voltare qualche studente che passeggiava tranquillamente per i corridoi. «Questa me la paga!» continuai a inveire contro il mio armadietto e contro Louis, «se lo prendo giuro che lo ammazzo!» dissi abbassando il tono della voce per evitare altri sguardi. Sapevo dove trovare il colpevole, così decisi di andare da Liam.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non è possibile!» urlai, facendo voltare qualche studente che passeggiava tranquillamente per i corridoi.                                                                                                                    
«Questa me la paga!» continuai a inveire contro il mio armadietto e contro Louis, «se lo prendo giuro che lo ammazzo!» dissi abbassando il tono della voce per evitare altri sguardi. Sapevo dove trovare il colpevole, così decisi di andare da Liam.   
Liam James Payne era davvero un bel ragazzo, diciotto anni appena compiuti, fisico invidiato dal 95% degli studenti della nostra scuola e una faccia tenera che era in grado di far innamorare qualsiasi ragazza, anche me. Era il mio migliore amico dai cosiddetti “tempi dei tempi” o meglio dalle medie; ricordo ancora quando un ragazzino di sedici anni con la faccia ricoperta di brufoli voleva picchiarmi solo perché la MIA bicicletta non era di suo gradimento. «Cos’è questa schifezza?» aveva sussurrato rosso di rabbia dopo aver scaraventato la mia bici per terra numerose volte. Avevo iniziato a piangere già dopo i primi trenta secondi dell’incubo che stavo vivendo, vedevo la mia bici blu tutta storta e con la gomma anteriore bucata in più punti. Il ragazzino, Ash, mi aveva afferrato per il colletto del giubbotto, e fregandosene bellamente del fatto che fossi una ragazza, o meglio una bambina di dodici anni mi aveva sbattuto contro il muro di cinta della scuola.                                                                                                        
«Lasciala stare!» una voce era arrivata forte e chiara alle sue spalle, ma stranamente non vedevo nessuno. “Fa che arrivi qualcuno” avevo pregato Dio, e forse quel qualcuno era arrivato. Perché non si faceva vedere allora? Era per caso brutto? O magari aveva più paura di me? Il ragazzo, che presupponevo avesse la mia stessa età, si fece avanti. Indossava un paio di scarpe da ginnastica bianche,  senza neanche l’ombra di una macchiolina, dei jeans sbiaditi e una camicia a quadretti rossi e gialli e cavolo se era bello! I riccioli castano chiaro gli incorniciavano il viso perfetto, le ciglia lunghe e gli occhi castani erano grandi ed espressivi. Gli tremavano le labbra, probabilmente se la stava facendo sotto più di me. Ash sputò per terra alla mia sinistra, si pulì la bocca con la manica della giacca e con un ghigno lasciò la presa sul mio collo, si voltò e avanzò lentamente verso il mio salvatore.                                                                                                                          
«Hai detto qualcosa moscerino?» rise.   
«Si ti ho detto di lasciarla stare!» la sua voce tremava, ma il suo sguardo era alto, non aveva paura a guardarlo negli occhi e cercava disperatamente di risultare più coraggioso di quanto in realtà fosse.          
«Hai voglia di scherzare moscerino?» lo schernì il mio aggressore.
L’altro ragazzo fece finta di pensarci su, grattandosi il mento con l’indice destro.   
«Ti sembra che io stia scherzando? Non sono mai stato più serio di così» disse lasciando spiazzato Ash, era ovvio che nessuno gli aveva mai tenuto testa in quel modo.Erano vicinissimi e il ragazzo riccioluto si rivolse a me. «Ehi piccolina come ti chiami?» disse sfoggiando un sorriso perfetto.
«Ju-Juliet» balbettai imbarazzata mentre il mio cuore accelerava, se pur fosse possibile una cosa del genere. Ormai lo sentivo pulsare nella gola e cercai di schiarirmela silenziosamente senza però ottenere dei risultati soddisfacenti.
«Hai davvero un bel nome sai? Io mi chiamo Liam» il biondino mi sorrise di nuovo e mi lasciai accecare dalla sua bellezza. Poco importava se Ash avesse pestato entrambi, ero sicura che non avrei mai visto un ragazzo più bello del mio salvatore.
Smisi di pensare a quella scena strappalacrime nel momento esatto in cui, arrivata davanti al cancello, vidi quegli idioti.                                                                                                        
Erano tutti lì a ridere per chissà quale battuta.   
Il primo a vedermi fu Harry, quello stinco di santo di mio cugino.
«Hey cuginetta! Come mai tanta fretta?» gli altri risero per quella sua stupida rima e il mio cuore mi fermò per un attimo quando sentii una risata cristallina esplodere più forte delle altre.                                            
La sua risata.   
Non mi fermai, ma avanzai ancor più velocemente, piazzandomi davanti al ragazzo che avrei voluto uccidere                                                                                                                                  «July sei sorda?» mi chiese Harry.  
«Harry sei gay?» chiesi sprezzante, scatenando la risata di Liam e altri due ragazzi.   
Harry Styles era considerato uno dei ragazzi più belli della scuola, i capelli ricci e gli occhi verdi facevano svenire qualsiasi essere di sesso femminile nel giro di tre miglia, ma lui aveva sempre avuto una cotta per la ragazza più stupida che avessi mai avuto il dispiacere di conoscere; non ricordavo neanche il suo nome, benché si fosse presentata davanti a tutta la classe il primo giorno di scuola elementare. 
Liam era.. beh, lui era il mio tutto. Il mio migliore amico, il mio confidente, il fratello mai avuto.                                                                                                                                                              
Poi c’era Zayn Malik, la sua bellezza non era paragonabile a niente di materiale. Era stupendo, la pelle ambrata e gli occhi color castano chiaro gli davano un aspetto misterioso, alto, muscoloso e davvero intelligente e perspicace. Era il mio secondo migliore amico, lo conoscevo dalla terza elementare, cioè da quando si era trasferito con la famiglia. Amavo la sua compagnia perché era divertente e sapeva farti sorridere in qualsiasi situazione, ma era anche in grado di stare zitto, abbracciarti e lasciarti sfogare per ora. Lui, Liam ed Harry erano i miei migliori consiglieri.            
L’altro biondo della compagnia era il ragazzo più straordinario che avessi mai incontrato. Niall Horan era Irlandese, il suo accento era ancora inconfondibile. Lo conoscevo da tre anni ed era bastato un giorno di pioggia per farmi ricredere. Avevo deciso che dopo di Liam non mi sarei più innamorata, avrei aspettato, seduta sul divano a ingozzarmi di pop corn, che il ragazzo – o uomo – della mia vita, bussasse alla porta e mi facesse una bellissima dichiarazione d’amore. I suoi occhi celesti, molto più belli del mare mi avevo fatto innamorare di lui. Neanche il mio migliore amico, durante il periodo in cui stravedevo per lui, era riuscito a smuovermi così tanto. Non ero una che si invaghiva facilmente, ma quando mi interessavo a qualcuno, nonostante fosse successo solo tre volte in quasi diciotto anni, il mio cuore si dava totalmente alla persona da cui ero attratta. Era basso per la sua età, o almeno era quello che si ostinava a pensare da sempre. Non bastavano tutti i complimenti che riceveva dalle ragazze, ma sapevo che la sua autostima era andata a farsi fottere più o meno dieci anni fa. Il suo sorriso era l’unica cosa che riusciva a illuminare le mie stupide e monotone giornate, mi bastava vederlo, salutarlo e scambiare quattro chiacchiere con lui, passeggiare per i corridoi e passarci qualche bigliettino stupido durante le lezioni noiose e il mio umore schizzava alle stelle.   
Ebbene sì, ero follemente e perdutamente innamorata di Niall Horan.     
L’ultima persona, il ragazzo più immaturo che avessi mai conosciuto, si chiama Louis Tomlinson. Era scemo, lo sapeva e se ne vantava. Amava stare al centro dell’attenzione, fare scherzi idioti (tra i quali quello che mi aveva spinto ad andare da loro quella mattina) e battute a dir poco orribili.
Era anche lui un bel ragazzo, ma avevo seri dubbi sulla sua sanità mentale.   
Come poteva avere 18 anni e comportarsi come un bambino di 3?   
I suoi occhi azzurri erano sempre vispi e il suo sorriso innocente lo salvava. Ogni volta che ero sul punto di urlare come un’isterica lui si avvicina a me, sorrideva e mi abbracciava, e dopo un’eternità in cui venivo cullata dalle sue braccia, si staccava da me alzando in aria il mignolo e chiedendomi di far pace. In otto anni non ero mai riuscita a dirgli di no.                                                                                                                                                  
Quella mattina però era diverso, il caro Louis l’aveva fatta davvero grossa.
Mi piazzai davanti al ragazzo e misi le mani sui fianchi, la campanella sarebbe suonata entro cinque minuti e se Lou non avesse rimediato al casino che aveva combinato, mi sarei cacciata in un guaio enorme.             
«Ti rendi conto di quello che hai fatto Louis? Ora sono nella merda per colpa tua» lo inchiodai con lo sguardo e stramente smise di sorridere. 
«Si è incollato davvero?» chiese preoccupato.   
«Si cazzo!» urlai, ormai ero fuori di me. Avrei voluto picchiarlo, ma i miei genitori da piccola mi avevano insegnato che le situazioni vanno affrontate in maniera diplomatica, e che la violenza non portava davvero a nulla.       
«Tesoro» disse Liam; mi voltai e vidi il suo sguardo incuriosito, «cos’è successo questa volta?»                                                                                                                                                                     «Oh mio Dio, non dirmi che i tuoi cari amichetti non sanno nulla!» esclamai esasperata «Quel genio incompreso di Louis mi ha incollato l’armadietto e non riesco ad aprirlo porca puttana!»                                                                                                                                                                        
«Sei sicura di non aver sbagliato barra o dimenticato la combinazione?» ok, Zayn voleva essere ucciso! Questo era poco ma sicuro.                                                                                          
«Sei sicuro di aver comprato le sigarette giuste sabato pomeriggio? Non è che ti hanno fatto rincoglionire di più? Ops, scusa, più di così non si può» sbuffai, non volevo essere così acida. «Scusa Zayn, è solo che ora non so come fare!» Zayn guardò fisso me e poi Louis, non sapendo che dire. 
«Mi dispiace» Louis che si scusava? Si, sarebbe stata una giornata di sole a Londra. «Non volevo esagerare, non credevo si sarebbe asciugata la colla.»                                                      
«Ok Louis, tutte le scuse che vuoi, ma io come faccio ora? Ho matematica alla prima ora e se non porto i libri si incazza come una matta. Lo sai benissimo com’è fatta quella sclerotica.»      
«July» Niall mi stava chiamando, le mie guance erano già arrossite? La risposta era sì, sapevo che bastava così poco per farmi andare in iperventilazione e farmi dimenticare persino come si respira o cammina.  
Mi voltai verso di lui e una folata di vento ci scompigliò i capelli. Quel biondino mi avrebbe fatto impazzire prima o poi, sul serio. «Io avrei una soluzione» disse, accennando un sorriso.  
«Parla, biondo!» lo esortai ridendo.  
«Che materie abbiamo in comune?» aveva voglia di farmi perdere tempo?
«Facile, quasi tutte» risi, ma ringraziai mentalmente la mia buona sorte che mi permetteva di passare un sacco di ore con lui a scuola. Avevamo tutte le materie scientifiche insieme, tranne fisica e poi anche italiano, inglese, arte ed educazione fisica. Ci separavamo soltanto in quelle rare occasioni in cui lui aveva due ore di una qualche materia e io solo una.               
«Ecco appunto, alla prima ora che materia abbiamo?» disse, enfatizzando l’ultima parola e fu allora che intuii quel che mi stava comunicando. «Te lo presto io il libro, semplice» concluse e ammiccò verso di me. Mi vuoi uccidere? Bene, perché, sai com’è, sei stupendo e ogni volta che sorridi mi mandi in tilt. Era così difficile dirglielo?                                                  
Si, lo era.      
«Niall ti ringrazio ma..» mi puntò un dito contro e disse «Ma cosa? Green non ti permettere a dirmi di no.» “Non ti direi mai di no amore”, quella sarebbe stata davvero un’ottima risposta, ma mi limitai a ridere, alzare le mani e dire «Non mi permetterei mai Horan.»
«Bene, allora il problema è risolto» stava scherzando vero? Louis aveva proprio voglia di scherzare stamattina.                                                                                                                           «Come scusa? Ho sentito bene Tomlinson?» mi voltai verso di lui e se fossimo stati in un cartone animato di sicuro mi sarebbe uscito il fumo dalle orecchie. 
Zayn, che si trovava alla mia sinistra, prese il suo pacchetto di sigarette dalla tasca, lo aprì e dopo aver contato velocemente quante sigarette aveva portato, lo richiuse e lo rimise al suo posto. Era abituato, sapeva che fumare faceva male, ma lo faceva quando era nervoso o sotto stress. C’era qualcosa di più stressante della scuola? No, forse nel mio caso c’era Louis Tomlinson, ma entrambi ci volevamo un bene infinito. 
«Farai meglio ad aggiustare il casino che hai fatto se non vuoi che ti dia un calcio nelle palle e ti faccia diventare una bellissima ragazza dagli occhi blu!» minacciai Louis che si mise una mano sul cavallo dei pantaloni facendo scoppiare dalle risate Harry e Liam.                            
«Non ci sarebbe un’altra punizione? Sai com’è.. mi servono..» disse sorridente, a quel punto non ressi più e risi di gusto.                                                                                                                    
«Si, si, ok, come vuoi, aggiustami l’armadietto! Trova un modo, per l’una lo voglio come prima, non scherzo!» le mie parole furono immediatamente seguite dalla campanella.  
Louis schioccò un saluto militare e disse «Ai suoi ordini capo»  per poi mettersi la cartella in spalla e camminare a passo di marcia verso l’aula tre.  
«Ecco, sono nella merda» mi passai una mano sul viso e vidi Harry ridere, così aggiunsi «smettila idiota, o castro anche te!»                                                                                           «Ragazzi ma è tardissimo! Cavolo quella di italiano mi ammazza se arrivo tardi per l’ennesima volta! Ci vediamo a pranzo» la voce di Harry si faceva più alta, mentre lui si faceva largo tra la folle di ritardatari per sfuggire alle mie urla.
Folla di ritardatari.   
Cazzo, anche noi eravamo nella “folla di ritardatari”. Realizzai in quell’istante che dovevamo darci una mossa, quindi guardai Niall e Zayn e, fregandomene del secondo, presi il polso del biondino e dissi «Muoviamoci, o quella si incazza ancora di più.»
Entrammo in classe e metà degli studenti già seduti si girarono verso di noi, mi resi conto di stare ancora stringendo il suo polso, quindi, a malincuore, lo lasciai andare e prendemmo posto nei banchi infondo all’aula.  
«Grazie per averci onorati della vostra presenza signori Green e Horan» disse acida la professoressa, merda, la giornata iniziava proprio bene.                                                                      
Ci scusammo entrambi e, una volta seduti, Niall tirò fuori il libro e lo mise al centro dei due banchi. Gli sorrisi e sfruttai quell’occasione per avvicinarmi a lui, appoggiando il braccio sul banco e voltandomi verso di lui di tanto in tanto.    
Lo sorprendevo a guardarmi, di sottecchi o anche spudoratamente e il mio cuore non faceva altro che restare immobile per qualche istante e poi prendere a battere freneticamente.  
Perché mi fai questo effetto Horan?
«Horan vuole venire a risolvere lei questo esercizio?» quella racchia aveva distrutto un momento perfetto, mi voltai verso la cattedra e sottovoce bestemmiai. Niall al mio fianco deglutì e fece per alzarsi, gli tremavano le mani ed era diventato tutto rosso.                                                                                                                                          
«Come mai avete un solo libro?» chiese poi, dato che aveva adocchiato la nostra postazione. Eravamo entrambi nel panico, ma mi schiarii la voce mentre formulavo in mente una scusa credibile, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.                                                    
«Professoressa..» iniziai, ma Niall fu più veloce e prese la parola, facendo sparire ogni traccia di esitazione e insicurezza «Ho dimenticato a casa il libro prof., mi dispiace» il suo tono era asciutto e non sembrava neanche il suo. Non era mai stato bravo a dire le bugie e quindi mi sorpresi ancora di più, voltai lo sguardo sul suo viso e mi fece l’occhiolino, accennando un sorriso per non essere visto dall’insegnante.  
«Bene signor Horan, venga alla lavagna, vediamo se ha dimenticato anche di studiare» il ghigno che si era formato sulle labbra coperte di rossetto di quella donna mi fecero venir voglia di alzarmi e picchiarla. Con quale diritto lo stava trattando così male? Guardai l’orologio, ma quando vidi che segnava la sette e venti, ricordai che quella mattina non avevo avuto il tempo di sostituirlo con un orologio funzionante.  Mandai a benedire anche il fatto che ogni mattina non riuscissi a sentire la sveglia e che quindi ero costretta a fare i salti mortali per non arrivare tardi a scuola. 
L’andatura di Niall era lenta, come se si fosse trovato davanti a un patibolo, e la sua schiena piegata lasciava facilmente intuire che espressione avesse in viso.                                                 
Potei facilmente immaginare gli angoli della bocca piegati all’ingiù in un’espressione afflitta e gli occhi celesti spenti e tristi. Pregai come non mai che la campanella suonasse, quanto tempo era passato da quando eravamo entrati? Cavolo, era possibile che io non avessi ascoltato neppure una parola di quello che la Edwards aveva detto? Si, se avevo una “distrazione” così bella al mio fianco. Mi venne in mente di chiedere a qualcuno l’orario, ma proprio mentre mi girai a destra, notando James smanettare sotto il banco con il cellulare, la campanella salvò me e Niall in extremis. 
Tutti si alzarono, facendo un rumore pazzesco con le sedie. Wow, hai davvero tante persone che pagherebbero per restare ad ascoltarti anche dopo la fine della lezione, pensai con un sorriso. Notai che molti erano già fuggiti, alcuni senza neanche chiudere gli zaini e scossi la testa cercando Niall con lo sguardo.                                                                                                       
Cazzo, la strega gli stava parlando vicino alla cattedra! Misi a posto il libro di Niall nella sua cartella rossa, infilai infine il diario e l’astuccio. Feci lo stesso con la mia borsa a tracolla, salutai con la mano qualche nostro amico di corso e raggiunsi il biondino.                      
Mi schiarii la voce e notai che la professoressa gli stava facendo una strigliata con i fiocchi. Dovevo salvarlo!                                                                                                                    
«Professoressa, non vorrei interrompere il suo discorso da premio Oscar, ma io e il signor Horan avremmo un’altra lezione» dichiarai guardandola in quei suoi occhietti minuscoli e privi di qualsiasi emozione. La sua voce era monocorde, per questo le sue spiegazioni erano sempre noiose e dopo dieci minuti, per quanto tu ti sforzassi di stare lì buona ad ascoltare e prendere appunti, ti ritrovavi a fissare il soffitto o la nuca della persona che era davanti a te. In sintesi, tutto diventava più interessante della lezione.                                                                
«Come scusi? Stavo parlando con il suo amico, non vede?» rispose la Edwards.                           
Cazzo ma ci sei o ci fai?, pensai, poi calmai la rabbia che stava per esplodere e sussurrai «Mi perdoni professoressa Edwards, non volevo mancarle di rispetto e sì, ci vedo benissimo, ma purtroppo abbiamo un’altra lezione da seguire all’edificio tre, che è dalla parte opposta a questa. Con il tutto il rispetto, non ho proprio voglia di arrivare in ritardo e fra qualche secondo arriveranno altre persone che fremono di ascoltare le sue parole e apprendere da lei. Quindi arrivederci.»                                                                                                                                Misi una mano sulla spalla di Niall e prima che la donna potesse ribattere ci fiondammo fuori dall’aula. «Grazie mille Juls, senza il tuo intervento non ne sarei uscito vivo.» Niall sorrise, passandosi il dorso della mano sinistra sulla fronte, facendo finta di asciugarsi il sudore, poi prese lo zaino che reggevo in mano e il suo sorriso si allargò.  
«Ciao ragazzi, ce l’avete fatta alla fine» una voce alla nostre spalle ci fece voltare e sorrisi alla vista di Adele. «Pensavo di dover mandare una squadra cinofila a cercarvi, tutta la scuola vi dava per dispersi, c’era anche chi ipotizzava in un rapimento alieno o in una fuga amorosa» ecco, la mia migliore amica stava passando i limiti.                                                              
La risata nervosa di Niall, che era stata preceduta da un potente colpo di tosse, ne era la prova.                                                                                                                                                  
«Ok, beh.. ecco.. noi siamo qui. E’ questo l’importante no?» balbettai avvicinandomi a lei. «Andiamo?» proposi, svegliando il biondino dalla trance in cui era caduto una manciata di secondi prima.                                                                                                                                   
«Si» risposero all’unisono e insieme cominciammo a correre verso l’edificio tre.
  
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