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Autore: Cheche    22/01/2012    4 recensioni
Allevato dalla madre come un cane, Kiba Inuzuka è cresciuto come un animale, appunto. O, meglio, come un lupo selvatico. Come tale ha queste abitudini; non è interessato particolarmente alle persone, e queste difficilmente si interessano a lui, ma lui è in pace con sè stesso. Ora il problema è: come può, un ragazzo selvatico come lui, innamorarsi? Come si può comportare un "uomo lupo" nei confronti del gentil sesso? [Kiba centric]
[Questa storia si è classificata seconda al Colourful Collage Contest indetto da Silvar Tales sul forum di EFP]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kiba Inuzuka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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The Lone Wolf


Kiba sorrise, leccandosi le labbra. Chi avrebbe mai detto che portando a spasso Akamaru avrebbe potuto fare un incontro così fortunato? Ridacchiò, osservando da dietro la figura della bionda Ino Yamanaka, ferma davanti alla vetrina di un negozio di vestiti. Ammirò le gambe e i lunghi capelli lucenti nel sole pomeridiano.
Kiba non era un malintenzionato: voleva solo divertirsi un po’. Provò ad avvicinarsi di soppiatto ma, proprio in quel momento, Akamaru non voleva saperne di muoversi. Tirò il guinzaglio, spazientito, ma il grosso cane bianco non si spostò di un millimetro. Dovette trattenere le imprecazioni, perché altrimenti Ino si sarebbe voltata verso di lui, l’avrebbe visto e avrebbe fatto saltare i suoi divertenti e folli piani. Sbuffò e legò Akamaru ad un palo della luce, sperando per un istante che quello cadesse addosso alla stupida bestia e la seppellisse sotto l’asfalto della stradina del vicoletto. Benché volesse un bene dell’anima al suo sacco di pulci, in quel momento non si pentì di aver meditato sulla sua morte, perché era troppo preso dalla sagoma della Yamanaka, che a sua volta era tanto concentrata su qualche adorabile paio di orecchini o su quella deliziosa sciarpa rigorosamente viola da non essersi mai voltata, neppure una volta.
Il suo piano non era sfumato! Quella era decisamente la sua giornata fortunata. Si schiarì la voce calda, passò una mano sulla sua zazzera castana come per porre rimedio all’impressionante disordine, per poi avvicinarsi di soppiatto alla ragazza. Come le fu vicino, le pose una mano sulla spalla. Parlò, con la voce più sensuale e ruvida che avesse mai usato prima di allora.
“Ciao, dolcezza. Non vorresti venire a prendere un bicchierino insieme a me? Guarda che…”
Le parole gli morirono in gola, perché Ino non era affatto trasalita. Si era voltata, piuttosto, molto lentamente, fino a fulminarlo con i suoi begli occhi color del cielo. Un cielo decisamente tempestoso.
“…offro io.” Le parole che Kiba aveva soffocato uscirono fuori, flebili, come se fossero passate con difficoltà attraverso chissà quali torture, prima di potersi trasformare in suoni udibili.
“Kiba, non è aria. Sparisci.” Sibilò Ino, quasi con disgusto. La sua voce era più sottile del solito, quasi inquietante.
“Ma… Tu hai sempre apprezzato il divertimento, no? Indipendentemente da chi te lo proponeva!” Quasi urlò Kiba, deluso.
“Cos’è questa reazione? Fammi finire.” Disse Ino, incrociando le braccia sotto il seno. “Sono qui con un’altra persona, caro mio.”
Kiba sorrise amaramente. Lei si era trovata il fidanzato, probabilmente, ed ora avrebbe accettato di divertirsi solo se a chiederglielo fosse stato lui. Non avrebbe avuto più tempo per l’Inuzuka, di sicuro, e lei ci teneva a puntualizzarlo nel modo più secco e spietato possibile. No, lui non avrebbe tollerato una cosa del genere.
“Sei con un ragazzo, vero? Ma dai, qual è il problema? Ho sempre fatto a botte volentieri per le pollastre!” Rise lui, gaio. “Dov’è questo tizio? Se dirà qualcosa gli spaccherò il naso!”
Kiba aveva sempre una voglia matta di percuotere uomini per avere le loro femmine. Il perché di questo andava da ricercarsi nella sua natura, in parte selvatica. Spesso aveva comportamenti ‘lupeschi’, e forse per questo non era sempre simpatico a tutti. Anzi, era reputato strano ed evitato dalla maggior parte delle persone. La realtà era che sua madre addestrava i cani e aveva allevato i suoi due figli, Kiba e Hana, impartendo loro ordini come se fossero stati animali.
Stavolta, comunque, il ragazzo si era sbagliato di grosso, ma non se ne sarebbe accorto finché non avesse notato l’errore con i suoi stessi occhi, e non ne avesse percepito l’odore col suo naso sopraffino. Ino stava cercando di farglielo notare, allarmata nel vedere il ragazzo avvicinarsi a lei pericolosamente e toccare la sua spalla nuda con le grandi mani callose e tiepide.
“Fai schifo! Non mi toccare idiota! Ora che sei così vicino mi rendo conto finalmente di quanto tu puzzi di cane bagnato!” Strillava lei, veloce e isterica, agli occhi di Kiba a dir poco schizzata.
“Ehi, vacci piano con le parole, principessina!” Disse lui, contrariato. Ma paradossalmente, dicendo ciò, non faceva che avvicinarsi.
Proprio in quel momento, la porta del bar proprio vicino al negozio si aprì e comparve una ragazza inorridita. Era piccola, minuta, dai lunghi capelli corvini. Si chiamava Hinata Hyuuga.
Lei si portò entrambi le mani alla bocca, alla vista della scena di cui Ino e Kiba erano protagonisti. Era pallida, inorridita, scandalizzata. Emise uno strano verso, che assomigliava tremendamente ad un urlo soffocato. Non sfuggì alle orecchie del ragazzo; non avrebbe potuto essere altrimenti, in un vicolo silenzioso e maleodorante come quello che li ospitava.
L’Inuzuka si voltò con lentezza, fino ad incrociare gli occhi di Hinata, bianchi e, improvvisamente, freddi.
Immediatamente ricordò tutto. Rammentò l’obiettivo raggiunto, la promessa fatta a sé stesso e, infine, di essere un coglione, e di non potersi assolutamente fidare di sé stesso.

“Ki… Kiba… Non c’è bisogno di esultare così… Ci guardano tutti!”
Disse Hinata, deliziosamente timida, mentre il colore delle rose tingeva le sue guance diafane.
“Lo so, lo so! Ma sono troppo contento! Capisci? Sono troppo felice di poter uscire con te, Hinata!”
Gongolava Kiba, saltellando agilmente da un piede all’altro, attirando l’attenzione degli altri studenti del liceo che si aggiravano per i corridoi.
Hinata sorrise dolcemente, lusingata. Poi guardò intensamente Kiba.
“Allora… Mi raccomando Kiba, ci vediamo sabato, alle quattro del pomeriggio.”
Non disse più nulla. Semplicemente si voltò, facendo ondeggiare sulla schiena quei capelli lisci e scuri che il ragazzo tanto amava. Quindi se ne andò, sparendo nei corridoi. C’era ancora tanta gente in giro, a fine ricreazione, ma Kiba vedeva solo lei, e gli sembrava addirittura di udire unicamente i suoi passi, in mezzo a quel coro di voci indistinte e fragorose.
Come la sua figura sparì alla vista del ragazzo, lei continuò a camminare nella sua mente, esattamente come appariva nella realtà.
Ripensò alle sue ultime parole, in particolare al ‘mi raccomando’. Sapeva benissimo che quell’espressione implicava una promessa da mantenere, un patto da rispettare. E Hinata, per rivolgersi a lui con tale fermezza, doveva essere molto convinta. Kiba rimuginò a lungo, non sentendo neppure il suono della campanella. Lei pretendeva la massima serietà, conoscendo la volubilità del ragazzo. Ma lui non l’avrebbe tradita, perché l’unica cosa che non cambiava mai di lui era il suo amore per Hinata, covato da anni e, forse, ora definitivamente ricambiato.
Pensò a quanto avesse taciuto quel sentimento, sapendo dell’amore della ragazza per il loro compagno di classe, Naruto. Lei si era dichiarata, stupendo tutti per la spontaneità, di cui nessuno l’avrebbe mai ritenuta capace. Questa sua risolutezza aveva ferito Kiba, ma aveva anche accresciuto in lui il desiderio per quella ragazza così ammirevole. Non appena aveva sentito dire che Naruto l’aveva rifiutata, si era fatto avanti per consolarla e aveva atteso il momento perfetto per dichiararsi a sua volta. Hinata aveva detto che ci doveva pensare. Era successo circa una settimana prima del ‘sì’ definitivo.
Per Kiba, Hinata era speciale. Lei era l’unica ragazza per la quale non aveva mai picchiato nessuno. Non voleva ferire un persona a lei cara, non voleva farla star male. A Kiba piacevano le ragazze in generale, ma Hinata era diversa, aveva un’aria così fragile da scatenare in lui gli istinti di protezione, anche e soprattutto a livello psicologico. Tutte le donne che aveva conosciuto erano forti, socievoli e scatenate. Avevano sempre voglia di divertirsi e fare baldoria, bevevano come spugne e fumavano per darsi un tono da adulte. Cambiavano anche un fidanzato alla settimana, e accettavano sempre la corte anche da parte di quelli come Kiba. Volevano godersi la loro giovinezza, insomma.
Invece Hinata era pura. Non aveva mai avuto un fidanzato, mai un uomo l’aveva sfiorata con un dito, mai aveva bevuto o fumato una sigaretta. La sua innocenza intrigava Kiba, lo eccitava, faceva ribollire il sangue nelle sue vene. Il suo profumo era il più dolce del mondo, la sua voce gli ricordava sempre i guaiti dei cani appena nati. E lui accostava sempre l’immagine di lei a quella dei cagnolini, per i quali nutriva tanta tenerezza.
L’idea che sarebbe stato il primo a sfiorare la sua pelle immacolata, a mordere famelico le labbra morbide di lei, a strapparle sospiri quando l’avrebbe privata della sua verginità, trasformandola così in una donna, lo esaltava. Non doveva rovinare tutto, come aveva spesso fatto con le altre ragazze. Ed era sicuro che non l’avrebbe fatto.


Mentre Hinata fuggiva via dal vicolo, inseguita da Ino, Kiba si domandò da dove mai provenisse quella sicurezza, quel giorno in cui Hinata aveva accettato di uscire con lui. Perché era sicuro che non l’avrebbe mai tradita? Forse perché era convinto di amarla più delle altre donne?
Curiosamente, quel pensiero non lo coinvolse più di tanto. Mentre un attimo prima, ricordando quelle cose, aveva imprecato tra i denti, ora la cosa non lo sfiorava più. Si rese conto che per lui che amava tutte le donne, Hinata era esattamente come le altre. Era sì diversa, questo lo pensava ancora e ne rimaneva convinto, ma non era la diversità di una donna a farlo innamorare di lei. La verità era che il suo amore era rivolto esclusivamente al piacevole pensiero di provare quei sentimenti per Hinata: una ragazza che, come lui, era unica nel suo genere. Gli sembrava fosse la sua anima gemella ma, evidentemente, si era sbagliato. Anzi, ragionandoci su, erano troppo diversi per andare d’accordo.
Hinata era una ragazza all’antica, legata ai suoi ideali di fedeltà reciproca tra uomo e donna, mentre Kiba era un lupo solitario, uno spirito libero. Era ovvio che un rapporto del genere collassasse ancor prima di iniziare. Era impossibile, semplicemente.
Kiba stirò la schiena e tese i muscoli, annusando l’aria maleodorante di quel vicolo deserto, rivolgendo il viso abbronzato verso il sole infiacchito di ottobre. Sorrise. Si avvicinò ad Akamaru, lo liberò dal palo al quale era ancora legato, dopo avergli accarezzato il grosso capo, e dunque si avviò verso una strada principale, col cane al guinzaglio, deciso a godersi la vita come aveva sempre fatto, come se nulla fosse successo.
Già, non preoccuparsi eccessivamente di niente era sempre stato da lui. Era nella sua natura.






Note Finali:
Di seguito riporto la griglia che ho messo nell'e-mail, quando ho invitato la storia.
Autore Cheche (Aki_Cheche sul forum)
Titolo della storia The Lone Wolf
Personaggio o prompt scelto Kiba Inuzuka (preso dal pacchetto 99)
Rating Verde
Genere Generale, Introspettivo.
Tipologia One Shot
Avvertimenti AU, One Shot
Introduzione Allevato dalla madre come un cane, Kiba Inuzuka è cresciuto come un animale, appunto. O meglio, come un lupo selvatico. Come tale ha queste abitudini; non è interessato particolarmente alle persone, e queste difficilmente si interessano a lui, ma lui è in pace con sè stesso. Ora il problema è: come può, un ragazzo selvatico come lui, innamorarsi? Come si può comportare un "uomo lupo" nei confronti del gentil sesso? [Kiba centric]
Note dell'autore E' una Kiba centric, sì, ma ci sono un paio di altri personaggi. Pur non essendo trattato in prima persona, la sua introspezione è l'unica curata, e tutti i caratteri degli altri personaggi presenti sono unicamente visti dal suo punto di vista, e quindi, ovviamente, non sono così approfonditi come lui. In realtà spiega solo il rapporto di un Kiba, catapultato in una società come la nostra, ma con le sue intatte caratteristiche selvatiche che presenta anche nell'opera di Kishimoto, col tema di amore.

Che dire? Mi sono classificata seconda. Un ottimo risultato, direi. Non ne ero per niente sicura! Possiamo dire che, in un certo senso, questa è stato il mio primo contest. Sì, ho ricevuto altri risultati prima di questo, eppure... E' stata la prima storia che ho scritto per una competizione. E devo dire, sono soddisfatta del risultato. Ora miro al primo posto. Mi sono iscritta ad un sacco di contest e di molti mi sono dimenticata. Sono una novellina, dunque mi risulta doppiamente difficile gestire troppi macelli. Chiedo perdono per la scarsa serietà dimostrata in più occasioni! *si inchina*
Quanto a voi lettori, spero che abbiate gradito la storia! <3 Allora recensite, che aspettate? ; D



EDIT 23 gennaio 2012: Mi sono resa conto soltanto adesso di aver dimenticato di editare il testo. Così non si capisce nulla! Chiedo perdono! Chissà quanti lettori avranno storto il naso. Mi dispiace tantissimo, probabilmente non torneranno qui a rileggerla alla luce delle modifiche apportate. Spero che chi la legge dopo possa infine rallegrarsi della nuova struttura del testo, che poi sarebbe quella originale. Mi scuso per la distrazione, ero parecchio di fretta...
  
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