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Autore: M4RT1    22/01/2012    4 recensioni
«Io non ho mai saputo che tutte le strane cose che riuscivo a fare erano magiche fino a che non ho ricevuto la lettera da Hogwarts. Mio padre fa il lattaio e neanche lui voleva crederci» Una citazione, una piccola parte della vita di Colin. Partendo da quel giorno in cui Colin si accorse che qualcosa non andava, fino a quando quel qualcosa si mostrò e poi finì, come finì anche Colin. E di lui restarono solo fotografie.
Terza classificata all' "Untold Stories Contest" indetto da SimplyMe156.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Colin Canon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Più contesti
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Colin Canon era un bambino vivace dai grandi occhi curiosi.
Viveva in una casetta modesta, circondata da altre casette simili, posizionate in un sobborgo di Londra: suo padre era lattaio e non poteva permettersi niente di meglio, ma alla famiglia Canon andava bene così.
Colin aveva otto anni, un fratellino di nome Dennis e una grande passione: la fotografia.
La sua cameretta, condivisa con il fratellino, era piena di foto che aveva scattato lui stesso: sua madre in pigiama, Dennis al suo primo compleanno, e perfino le foto scolastiche, che da qualche anno insisteva per fare da solo.
Ma la sua preferita era quella scattata con l’autoscatto, il giorno del quinto compleanno di Dennis;  in quella foto era riuscito a racchiudere l’intera festa: il viso gioioso del fratellino, la sua espressione fiera di fronte alla macchina fotografica, i suoi genitori sorridenti...
Ne andava così fiero che la guardava tutti i giorni: fu proprio grazie a lei che si accorse di essere speciale…
 
                                                                                                               7 Ottobre 1989
-Papà! Papà! Guarda, papà: la foto si è mossa! 
Bernard Canon era un uomo sulla quarantina dalle grandi braccia robuste.                             
In quel momento era seduto su una delle due poltrone del soggiorno, intento a leggere il giornale.
-Cosa dici, Colin?- mormorò distratto, voltando pagina.
-La foto! La foto che vi ho scattato al compleanno di Dennis, quella con noi quattro felici! Si è mossa: ho visto Dennis grattarsi il naso! 
Il signor Canon era un uomo affettuoso, a cui piaceva giocare con i suoi figli, quindi rispose:
-Davvero?- e poi continuò, con tono giocoso –E la mamma? Non l’ha rimproverato?
-Ti dico che Dennis si è mosso! Davvero! – gridò il ragazzino, ma non ottenne l’effetto sperato.
-Non gridare, Colin: Dennis dorme!E poi non dire sciocchezze… ti sarai impressionato! Tu e i tuoi stupidi trucchi di magia! 
Il bambino fissò il padre con risentimento: era tipico degli adulti non credere mai ai bambini, e certe volte poteva anche capirli, ma… questa volta era sicuro di quello che aveva visto.
E l’avrebbe dimostrato.
Quella sera andò a letto con la sensazione che di li a poco sarebbe accaduto qualcosa di buono.
Non sapeva che avrebbe dovuto aspettare tre anni, ma aveva ragione.
 
                                                                                                               30 Luglio 1992
-Colin!  Colin, c’è una lettera per te! 
Il giorno del suo undicesimo compleanno Colin si era alzato presto, in tempo per fotografare l’alba.
Si era posizionato in bilico sulla scrivania, giusto sulla traiettoria della finestra, e quando il Sole aveva rotto la linea dell’orizzonte, aveva scattato: avrebbe posizionato quella fotografia in bella mostra, anche se nessuno della sua famiglia l’avrebbe notata. Lo sapeva, perché da quando era nato i suoi genitori non avevano mai prestato particolare attenzione a niente che non fosse strettamente necessario.
Ma a lui la fotografia piaceva.
E le sue foto continuavano a muoversi.
Andava così ogni volta: sua madre, quella sulla carta, continuava a lisciarsi i capelli, mentre alle sue spalle suo padre beveva il caffè. E lo beveva davvero.
E poi c’era il discorso del cuscino: il cuscino della nonna, quello blu, che Colin aveva portato da un fotografo della zona.
Aveva deciso di farci stampare una sua foto sopra, e anche lei si muoveva, addirittura dormiva! 
Ma nessuno voleva credergli.
Con un ultimo sguardo al cuscino blu, Colin uscì dalla stanza.
Sua madre era in cucina, indaffarata tra i piatti e i capricci di Dennis, ed ebbe appena il tempo di dirgli ‘C’è posta!’ che il più piccolo dei due fratelli ricominciasse a urlare come sotto tortura.
Colin si avviò verso la porta: sul pavimento c’era una busta gialla, chiusa con un sigillo di ceralacca.
-Mamma! Mamma: è arrivata la lettera del Club dei Templari!- urlò il ragazzino, che aveva fatto richiesta per abbonarsi qualche giorno prima.
Ma poi vide il sigillo e capì che qualcosa non andava.
-Hogwarts…- lesse, sottovoce.
Che poteva essere? Pensò velocemente agli altri fumetti che leggeva abitualmente, e si ricordò di qualche vecchio concorso fotografico senza risposta, ma da nessuna parte spuntava il nome Hogwarts.
La aprì.
Il foglio all’interno era strano, vecchio: non assomigliava per niente ai fogli formato A4 che venivano usati per la stampante, e nemmeno alla lucida carta delle fotografie.
Sembrava qualcosa di antico, qualcosa come…
-Pergamena!
Anche questa parola fu soltanto bisbigliata, come se il ragazzino si trovasse al cospetto di qualcosa di importante, di antico. Qualcosa da rispettare.
-Caro signor Canon, siamo lieti di annunciarle che lei è stato ammesso alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts! 
Il bambino restò lì, paralizzato, per quasi dieci minuti.
Poi qualcuno bussò.
-Colin! Colin! Sei per caso diventato sordo? Apri! 
Con le mani ancora tremanti, il bambino aprì.
-Buongiorno, vedo che hai ricevuto la mia lettera! 
Silenzio.
-Que-questa lettera?
L’uomo che aveva bussato aveva una lunga barba bianca e portava un paio di occhiali a mezzaluna in bilico sul naso.
-Sono il professor Albus Silente. Ho sentito dire che a casa tua, più precisamente nella tua camera, succedono cose strane! 
Sembrava divertito.
-Mamma! Mamma! E’ arrivato BabboNatale!- gridò il piccolo Dennis, arrivato alle spalle del fratello.
Lo sconosciuto mormorò:
-Ah, piccino caro: quanto ti pentirai di questa battuta quando sarò il tuo preside!- poi ridacchiò e corse a stringere la mano alla signora Canon, un po’ scioccata.
-Gradirei un bicchiere di liquore, prima di cominciare. I colloqui con le famiglie Babbane sono sempre piuttosto lunghi, e il viaggio è stato molto scomodo…
Colin continuò a fissarlo, gli occhi spalancati.
-Chi… chi sei tu?- chiese infine, mentre con la coda dell’occhio notava suo padre fermarsi di scatto.
-La domanda giusta è chi sei tu, mio caro. E io ho la risposta: tu sei un mago.
-Lo sapevo!- gridò il più piccolo –Lo sapevo che nessun altro fratello poteva farmi toccare il soffitto! 
-Zitto, Dennis! Doveva essere un segreto! 
Silente sorrise, mentre il piccolo Canon lo guardava ancora con ammirazione.
-Quanti anni hai, signore?
-Non si chiede l’età ad un vecchio… - lo rimproverò, bonario –Comunque ne ho abbastanza da riconoscere un giovane mago. E non un prestigiatore…- continuò, leggendo l’espressione del signor Canon –Un mago. Un mago vero.
 
Negli anni seguenti Colin ricordò solo poche parole di quel colloquio.
Ricordò, però, perfettamente le espressioni di tutte le persone presenti: quelle sconvolte dei suoi genitori, quella stupita del suo fratellino, quella divertita dell’uomo con la barba.
E ricordò la sua gioia nel poter crede a quello che l’uomo diceva.
Colin Canon aveva 16 anni quando mise in salvo il fratellino e si rigettò nella mischia.
Era poco più di un bambino, quando infranse le regole per amicizia, e per amicizia morì.
Di lui restò poco: la sua bacchetta, spezzata, i suoi libri e le sue fotografie.
Quelle si muovevano, davvero, e nessuno poteva dire il contrario.

N.d.A.: non avevo mai scritto di Colin, ho iniziato proprio grazie a questo Contest ^^
Se vi interessa, ecco il giudizio:

Terza classificata 
M4RT1 
con 
Fotografie che si muovevano, davvero


Grammatica e sintassi: 8,95/10 
Stile e lessico: 9,5/10 
Caratterizzazione dei personaggi (IC): 9,9/10 
Originalità: 9,5/10 
Gradimento personale: 4,5/5 
Utilizzo del pacchetto: 2/5 
Totale: 44,35/50 

Grammatica e sintassi: non sono potuta partire da 10 perché nel corso dell'intera storia usi come trattino per introdurre i dialoghi il segno “meno”, mentre ne andrebbe utilizzato uno più lungo. 
“Ma la sua preferita era quella scattata con l’autoscatto, il giorno del quinto compleanno di Dennis; in quella foto era riuscito a racchiudere l’intera festa” – qui c'è un doppio spazio dopo il punto e virgola, che tra l'altro (ma è soggettivo) a me non sembra il segno di punteggiatura più appropriato. Io, che pure sono una paladina dei punti e virgola e dove ci vogliono li metto con gran piacere, avrei usato il punto. 
“Quella sera andò a letto con la sensazione che di li a poco sarebbe accaduto qualcosa di buono.” – la grafia corretta è “lì”, con l'accento. 
“E’ arrivato BabboNatale!” – la grafia corretta è “È”: usare l'apostrofo è comodo ma tecnicamente sbagliato. Ti sei anche persa lo spazio tra “Babbo” e “Natale”. 
“Ah, piccino caro: quanto ti pentirai di questa battuta quando sarò il tuo preside!” – io avrei usato una virgola al posto di quei due punti, ma anche qui ci si può discutere all'infinito, anche perché ci sono altre frasi dalla struttura molto simile in cui li usi e stanno bene. 
“E ricordò la sua gioia nel poter crede a quello che l’uomo diceva.” – ti è rimasto nella tastiera un pezzo di parola: immagino s'intenda “credere”. 
Stile e lessico: scorrevolissimo e ho adorato il finale, ma c'è qualcosina qui e là che è doveroso segnalarti. 
“Viveva in una casetta modesta, circondata da altre casette simili” – dà proprio l'idea di un rispettabile quartiere con le case tutte uguali, ma pesa meno se sottintendi il secondo “casette” o lo sostituisci con un sinonimo. 
“Ma la sua preferita era quella scattata con l’autoscatto” – anche se “fare una foto” è più elementare e forse inappropriato di “scattare una foto”, concediti di usarlo almeno in questa frase, dato che ho trovato l'espressione “scattata con l'autoscatto” piuttosto ridondante. 
“Il bambino fissò il padre con risentimento: era tipico degli adulti non credere mai ai bambini” – credo che dovresti sostituire una delle due ricorrenze della parola “bambino” con un sinonimo. 
“Si era posizionato in bilico sulla scrivania, giusto sulla traiettoria della finestra, e quando il Sole aveva rotto la linea dell’orizzonte, aveva scattato: avrebbe posizionato quella fotografia in bella mostra, anche se nessuno della sua famiglia l’avrebbe notata.” – si capisce il senso della parola “traiettoria”, ma forse non è la più adatta. Io al posto tuo riformulerei la frase, facendola diventare qualcosa del tipo: “con l'obiettivo puntato verso la finestra”. In più, sempre in questo passo, scorrerebbe meglio se sostituissi uno dei due verbi “posizionare” con un suo equivalente. 
Caratterizzazione: l'unico, singolo momento che mi ha lasciata perplessa è questo: “poi ridacchiò e corse a stringere la mano alla signora Canon”. Forse sono io che non capisco che atteggiamento sottintende quel “corse”, ma non ce lo vedo proprio, fisicamente, a correre. Un “si affrettò” avrebbe espresso un significato simile senza crearmi l'immagine mentale sbagliata, ma è una tale inezia che più di 0,1 non posso sottrarti. I Canon, in un modo o nell'altro, mi hanno fatto tutti una gran tenerezza: Colin che è praticamente nato con la macchina in mano, il papà che fa il classico adulto che sta al gioco, e vogliamo parlare di Dennis che scambia Silente per Babbo Natale? Lì mi sono sciolta! 
Originalità: non riesco a darti il punteggio pieno perché, anche se ti è toccato un episodio di cui davvero non importa praticamente a nessuno, non ho visto nella tua storia quel barlume di unicità che dà diritto al 10. Può trattarsi di una struttura particolare, un punto di vista inusuale, anche solo una frase che colpisce al cuore, ma qui non c'è stato nulla che mi abbia fatto davvero innamorare. A parte forse il livello di guardia di dolcezza del piccolo Dennis, ma quale bambino non fa sorridere? Sei comunque nella fascia alta per il semplice motivo che hai bellamente saltato a piè pari la fase della vita di Colin in cui il poveretto sembra ridursi a poco più di un fan adorante di Harry, concentrandoti invece prima su un passato che non conosciamo per niente e poi sul suo ultimo momento di gloria. Approvo al mille per mille questa decisione. 
Gradimento personale: purtroppo il 5 non arriva, ma quasi. Hai trattato bene l'argomento che ti è toccato, ma in parte hai anche avuto una gran fortuna: gli episodi di magia accidentale sono molto in alto nella mia classifica di cose che adoro, i bambini anche, la forma di one-shot ancora di più. Un mix esplosivo! 
Utilizzo del pacchetto: dispiace più a me che a te attribuirti un punteggio nella fascia bassa, ma tu stessa nell'email con cui mi hai inviato la storia hai espresso preoccupazione al riguardo. Io ho lasciato libertà totale, ma con l'avvertimento che questa libertà andava usata con discernimento. Tu purtroppo hai coinvolto il famigerato cuscino nelle magie accidentali di Colin, ma solo per poche righe e senza farne certo il motore della storia. Con questo non dico che dovevi dare al cuscino un ruolo critico, solo che se l'avessi fatto avresti racimolato qualche punticino in più. Se non hai voluto o potuto, bene. È una scelta.

  
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