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Autore: OrdinaryGirl94    22/01/2012    2 recensioni
L’idea di andare a vivere a Londra non mi aveva mai entusiasmata molto, certo vedere una delle città più belle d’Europa e del mondo mi incuriosiva, ma, a differenza della maggior parte delle ragazze della mia età, non smaniavo dalla voglia di andarmene di casa, lontano dai genitori e dalla mia città natale: Los Angeles.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
Yes, let’s leave!
 

L’idea di andare a vivere a Londra non mi aveva mai entusiasmata molto, certo vedere una delle città più belle d’Europa e del mondo mi incuriosiva, ma, a differenza della maggior parte delle ragazze della mia età, non smaniavo dalla voglia di andarmene di casa, lontano dai genitori e dalla mia città natale: Los Angeles.
Sam, le valigie sono pronte?
Sam…. Sam…. Beh Sam ero io, una ventenne esuberante ma timida, sicura ma insicura, normale ma fuori da ogni schema logico…. Insomma la contraddizione personificata.
Si mamma, manca soltanto il beauty con le cose del bagno!” urlai dalla camera da letto piena zeppa di valigie, buste, borsoni e borsette sparse su tutto il pavimento.
Stavo per trasferirmi a Londra: due settimane prima mia cugina Valentina mi aveva chiamata proprio dalla capitale inglese dicendomi “Ho bisogno di un manager giovane ma efficiente per una boy-band emergente. Sono giovani e hanno bisogno di qualcuno della loro età che li introduca nel mondo dello spettacolo… sei l’unica persona che conosco in grado di aiutarli!”  E così mi ero ritrovata ad accettare quella assurda proposta.
In realtà non era la prima volta che lavoravo con artisti emergenti; essendo mio padre il proprietario di una famosa casa discografica americana, ero da subito entrata in contatto con il mondo della musica e oltre a saper suonare molto bene il piano e a saper cantare discretamente, avevo sempre avuto una certa propensione per il management….
Per fortuna però non sarei stata da sola né nella nuova città, né nel nuovo lavoro: la mia fedele compagna, nonché migliore amica Charlie, mi avrebbe accompagnata in qualità di fotografa personale della nuova boy-band…. Pff boy-band… ma i ragazzi non avevano nulla di meglio da fare che andarsi a cacciare nella trappola mortale che era diventato il mondo della TV?
Sam sei in camera?”  una chioma riccia rosso fuoco fece capolino dalla porta socchiusa.
Si Charlie entra pure…”  la mia amica piccola, lentigginosa e con due occhi verdi spaventosi, si fece largo nel caos della mia camera e mi venne ad abbracciare.
Sei pronta per la partenza?” domandò ridendo quando si rese conto che in realtà avevo preparato poco niente.
Le tua battutine poco divertenti sul mio senso quasi assente dell’organizzazione della mia vita personale sono assolutamente fuori luogo in questo momento… piuttosto mi servirebbero le tue mani per finire di fare le valigie, di grazia!” la delicatezza non era mai stato il mio forte, ero una piuttosto sfrontata, anche se non potevo certo essere considerata un “maschiaccio”, anzi…
Cosa devo fare?” chiese rassegnatasi già all’idea di dover passare le 3 ora seguenti a fare le mie valigie.
Piega le magliette e i pantaloni che stanno sul letto e mettile in valigia… io intanto prendo le cose del bagno e le scarpe”. Mi diressi spedita nel bagno e cominciai a buttare nel beauty trucchi, creme, sciampi e balsami vari, e tutto ciò che poteva servirmi.
Hai intenzione di portare tutta questa roba? Cavolo la casa non è immensa Sam e tu non hai una cabina armadio!” esclamò dalla camera Charlie.
No in effetti non avrei avuto la cabina armadio ma questo non avrebbe impedito di portare tutto l’armadio… avevo bisogno delle mie cose. Presi le scarpe (tutte le scarpe) e raggiunsi Charlie che stava litigando con la valigia per farla chiudere. 
Se la tratti male non si chiuderà mai…” affermai avvicinandomi e accovacciandomi vicino a lei.
Sei a rischio cinquina te lo dico…
Oh, lascia fare a me.” La spostai poco delicatamente dalla valigia e mi ci si sedetti sopra facendola chiudere.
Questa è discriminazione!” protestò alzandosi in piedi
Contro i nani? Si lo è… ahah!” era proprio piccolina la mia amica, assomigliava molto agli elfi delle favole in realtà; era una ragazza particolare, anche lei un po’ strana e diversa, proprio come me… Forse era per quello che avevano legato subito a scuola: eravamo entrambe considerate le più belle dell’istituto, ma sia io che lei ce ne eravamo sempre fregate alla grande.
Aveva un carattere uguale al mio, umile al punto giusto, mai presuntuosa o vanitosa, sfrontata, consapevole delle proprie potenzialità, determinata e testarda… era una seconda me in versione mignon!
Non puoi sfottermi ogni volta perché sono bassa… come mai ci fai più caso tu che i ragazzi con cui sono stata?
Perché i 3.000 ragazzi con cui sei stata pensano a qualcos’altro… io non sono una di quei 3.000, quindi non penso ad altre cose e posso sfotterti solo sull’altezza!” conclusi chiudendo la valigia delle scarpe: decolté, stivali, converse… le avevo prese davvero tutte!
E’ inutile parlare con te, mi fai venire solo i nervi! Ora torno a casa… stasera allora passa tuo padre a prendermi per andare all’aeroporto?” saremmo partite quella stessa sera e ci saremmo sparate 12 ora di volo!
Si fatti trovare pronta per le 8!” mi avvicinai e la abbracciai prima che uscisse dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.
Mi guardai intorno sconsolata e ripresi controvoglia a fare le valigie, pensando a come sarebbe stato lavorare per un gruppo di ragazzi… io non ero mai stata una santa, ci mancava solo che questi 5 babbuini fossero anche solo decenti e il mio autocontrollo (e quello di Charlie) sarebbe andato a farsi benedire.
Eppure avrei dovuto darmi una controllata, andavo a Londra a lavorare non a fare conquiste, non potevo permettermi distrazioni; mio padre si era già raccomandato una cosa tipo un centinaio di volte Stai attenta, non distrarti e non distrarre i ragazzi, loro devono pensare al loro primo album che è fondamentale per una band emergente e tu devi saper consigliare loro sia sui testi che sull’organizzazione delle canzoni e devi sapere distribuire interviste, servizi fotografici senza affaticarli troppo. E se ti dovessi innamorare cerca di comportarti in modo discreto e contenuto.
Non era stato un discorso incoraggiante e rassicurante, ma dopotutto era mio padre a parlare, sapevo che mi avrebbe sbattuto davanti al muso la cruda realtà senza farmi sconti o raccontarmi favole sui pony e sugli unicorni… non era da lui e non era da me credere alle favole.
Le mie esperienza passate mi avevano insegnato a vivere e nonostante fossi soltanto una ventenne di cose nella mia vita ne avevo fatte talmente tante che se ci avessi scritto un libro probabilmente avrei fatto un baffo ad Harry Potter e alla sua felice e spericolata compagnia.
Finii di fare le valigie qualche ora dopo e alle 6.30 cominciai a prepararmi per il volo; mi feci una doccia calda e rilassante, lasciai asciugare la grande chioma riccia scura che mi ricadeva morbida e umida sulle spalle, e mi vestii davanti allo specchio: jeans a sigaretta che fasciavano le lunghe e sottili gambe, maglia larga bianca che lasciava scoperta la pelle olivastra e liscia di una spalla, converse bianche ai piedi e leggero trucco scuro intorno agli occhi grigi.
Mi guardai allo specchio soddisfatta: ero sempre stata una molto corteggiata, corpo magro e slanciato, atletico, carattere sfrontato e provocante, ma non mi ero mai considerata più bella delle mie coetanee, certo mi piaceva valorizzarmi, vestirmi bene, cercavo sempre di farmi bella anche solo per andare a fare una passeggiata, ma non lo facevo per fare colpo o per vanità, semplicemente mi piaceva curarmi e l’essere vestita bene mi faceva sentire a posto con me stessa.
I miei occhi grigi, vispi e svegli, ereditati dalla nonna paterna, forse erano l’unica particolarità… non erano nulla di eccezionale, ma non si trovavano in tutte le ragazze.
Sam sei pronta? Stiamo per andare!” la voce del mio vecchio raggiunse le mie orecchie facendomi risvegliare dal momentaneo stato di trance.
Buttai un altro sguardo fugace allo specchio e, presi gli ultimi borsoni, scesi al piano di sotto.
Eccomi vecchio… direi che sono le 7.45 e che possiamo andare.” Confutai guardando l’orologio del salotto.
Vidi mia madre Kate, una donna giovane, non troppo alta e molto bella, abbassare lo sguardo e cominciare a torturarsi le mani. Mi avvicinai piano e mi portai davanti a lei sovrastandola e, senza dire nulla, l’abbracciai.
Mi mancherai… Chiama spesso, mi raccomando, fatti sentire piccola mia! Ti voglio bene…”.
Anche tu mi mancherai mamma! Ti voglio bene!” la tenni stretta ancora un po’ fino a che mio padre, appoggiandomi una mano sulla spalla, mi fece capire che era davvero ora di andare.
Entrammo in macchina dopo averla caricato e, mentre ci allontanavamo lungo il viale, mi sporsi dal finestrino salutando lei ancora ferma sulla soglia di casa.
Mi sarebbe mancata, mi sarebbero mancate le nostre conversazioni sui ragazzi, le nostre pessime performance culinarie, le passeggiate per le vie affollate di Santa Monica, Hollywood e tutte le nostre cretinate… mi sarebbe mancata la mia mamma, forse più di quanto avrei mai potuto immaginare!
Trovammo Charlie già pronta fuori dalla porta e in poco tempo raggiungemmo l’aeroporto.
L’aereo diretto Los Angeles-Londra sta per partire… preghiamo i gentili passeggeri di dirigersi all’imbarco, grazie.” Era arrivata l’ora di andare… nel giro di 10 ora sarebbe cominciata la mia nuova vita, in una nuova città e con un nuovo lavoro; sarei stata lontana dalla mia famiglia, dai miei amici e dalla mia casa…
Beh ragazze è ora di andare… mi raccomando, rendetemi fiero e orgoglioso… so che siete in grado di fare un lavoro fantastico, è la vostra occasione. E mi raccomando non distraete i ragazzi!” sorrisi guardandolo… non ci furono abbracci né baci, una semplice stretta di mano e un sorriso più sincero e vero di un milione di abbracci.
Stammi bene vecchio!” lo salutai prima di dirigermi all’imbarco e poi nell’aereo.
 
L’aereo sta per decollare, preghiamo i signori passeggeri di allacciare le cinture.
 
“Si parte sorella…!” guardai fuori dal finestrino per imprimermi nella mente quell’ultima immagine della calda Los Angeles: Londra poteva essere pure bellissima, ma a me già veniva freddo al solo pensiero della grigia e uggiosa capitale inglese.
“Si… si parte!”.
 
   
 
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