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Autore: Leliwen    23/01/2012    3 recensioni
Gli occhi dei Black erano tutti incredibilmente ipnotizzanti.
Terza classificata al contest: Scegli la coppia e vinci un pacchetto!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Rabastan Lestrange, Regulus Black, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nickname autore (sul forum e su EFP in caso di differenze): Leliwen
Titolo: Strani amici
Pair: Regulus/Severus
Prompt scelto/i: strani amici
Citazione: "Quanto mi secca avere sempre ragione..." (Jurassic Park)
Immagine: http://img10.imageshack.us/img10/816/slash2f.jpg
Stringa di dialogo: “Non ci provare.” “Altrimenti che mi fai?”
Rating: pg15
Genere: Angst, Introspettivo, Drammatico
Avvertimenti: Era dei Malandrini, Slash, Morte di un personaggio principale(non per mia volontà), Sesso non descrittivo
Beta-reading: Zephan e Billaneve
NdA: Le mie Beta mi uccideranno per alcune cose che ho lasciato… ma tant'è ^^" La storia racchiude tutti i prompt che c'erano nel pacchetto, ed aggiungendo altre citazioni random perché non fa mai male XD Mi sono persino auto-citata!

Ok, miei deliri a parte, la storia si svolge su tre piani temporali diversi: Inverno 1978, Autunno 1979, Estate 1978. I primi due si ripetono e gli avvenimenti descritti sono temporalmente successivi ai precedenti. So che non serve l'appunto, ma io lo faccio lo stesso.

Oltre ai due protagonisti, nella ff sono presenti Voldemort, Lucius, Rabastan e Rodolphus, Narcissa e Bellatrix, Sirius.

 

 


 

 

Inverno 1978 – Buon Natale*

 

La pioggia cadeva incessante, appesantendo gli abiti ed offuscando la vista.

O forse era il colore nero a rendere quella veste pesante e la maschera d'argento a far sì che fosse difficoltoso guardare.

Non sapeva dirlo.

Sentiva soltanto il sibilo degli incantesimi sfrecciargli vicino, vaporizzare le grosse gocce di pioggia, esplodere in girandole di fumo acre e denso. La bacchetta, stretta tra le dita, ondeggiava cupa, incanalando la volontà vacillante. Dopo quelle che sembrarono ere, quando il tenue chiarore di un Sole lontano si dissolse nel nero della notte, il caos divenne totale ed ognuno dovette pensare alla propria ritirata. Veloci e silenziosi come fantasmi dopo tutta quella confusione.

Una fattura lo aveva colpito al fianco, slabbrandosi in una profonda ferita.

Uno squarcio nella veste nera.

Una vertigine lo costrinse contro un muro scrostato di intonaco e scivoloso di pioggia. Una morsa al petto gli mozzò il fiato obbligandolo a strapparsi la maschera, abbandonandola sull'acciottolato lucido di suole e di pioggia. Riccioli bruni si ammassarono pesantemente attorno al volto d'alabastro, piegato nella sofferenza. I lunghi occhi da gatto fissi e immobili per contenere il dolore. A pochi passi, un pigro lampione ad olio bruciava sopra una montagna di rifiuti che qualcuno, in mattinata, si sarebbe premurato di far Evanescere. La luce traballante si rifletteva spezzata in ogni singola goccia temporalesca.

La mano diafana raggiunse il fianco, imbrattandosi immediatamente di sangue scuro e vischioso, il freddo era penetrato fin nelle ossa e lo scuoteva forte, facendolo vacillare.

Non riuscì a fare che pochi passi prima che le gambe cedessero e le dita perdessero la presa sul muro viscido. Si ritrovò tra i rifiuti, accartocciato ed ansante. Riuscì a malapena a trovare la forza per rigirarsi, cercando le stelle oltre la coltre di nubi plumbee.

Il sangue scorreva tra le dita, impossibile da arrestare.

La maschera d'argento lo irrideva dal centro della strada.

 

Autunno 1979 – Ultimo Atto*

 

"My Lord, non sono riuscito a trovarlo da nessuna parte," dovette ammettere, inginocchiato a pochi passi dalla veste nera dell'uomo. Teneva gli occhi bassi, tentando di ignorare quelli rossi che lo scrutavano.

Attorno a lui, il cerchio di Mangiamorte mormorò il proprio sconcerto e la voce tesa di Lucius era quella più forte. L'aria soffocata dal fumo delle candele, che tentava di contrastare l'umidità traspirante dalle pareti, si congelò ad un cenno secco dell'uomo in ombra seduto sullo scranno. Il crepitio delle fiamme fu, per un lungo momento, l'unico suono udibile.

"Non è da te portarmi cattive notizie, Severus," sibilò la voce proveniente dal Lord. "Cosa è cambiato questa volta?"

Strinse i denti ed il pugno, memorizzando ogni piccola imperfezione del pavimento di pietra, facendole penetrare un po' più a fondo nelle nocche posate a terra, mentre gli sguardi dei presenti tentavano di superare le sue difese. I lunghi capelli neri impedivano a chiunque di scorgere i suoi lineamenti immobili, così come i muri interiori bloccavano ogni tentativo di intromissione di Rabastan Lestrange nei suoi pensieri.

Lo allontanò violentemente prima di concedersi il lusso di provare a capire cosa fosse cambiato.

Nulla, avrebbe voluto poter rispondere. Solo non si sarebbe mai aspettato di dover cacciare lui.

"Non so cosa sia cambiato," ammise inspirando profondamente. "Nemmeno i suoi familiari sanno nulla. La madre teme per la sua vita," aggiunse e una smorfia veloce gli arricciò i lineamenti del viso.

Il circolo si animò nuovamente, preoccupato da quell'eventualità. Riportarli al silenzio, questa volta, non fu altrettanto semplice: il Lord dovette alzarsi per imporre la propria volontà.

La voce sibilante, quando uscì, era carica di risentimento. "Non l'ho inviato in alcuna missione, da ben prima che scomparisse." Gli occhi rossi sfavillarono pericolosamente nello scandagliare i propri adepti. "Tradirmi non è un'opzione praticabile," ribadì, tornando a sedere con un gonfiarsi sinistro del mantello. "Severus, trovalo e riportalo qui," i denti bianchi vennero scoperti in un sorriso che non aveva nulla di tranquillizzante. "O sincerati della sua morte."

Rabastan, dal suo posto accanto a Lucius, chiuse gli occhi e, coperto dai bassi mormorii degli altri, ghignò: "Quanto mi secca avere sempre ragione..." 2)

L'occhiata gelida del marito della sorella della cognata** gli strappò via il sorriso perfido dalle labbra.

Intanto, al centro del circolo di Mangiamorte, Severus combatteva, in un battito di ciglia, una battaglia che non avrebbe mai voluto affrontare, trovandosi a dover placare con forza i battiti impazziti del proprio cuore prima di poter rispondere, senza alcuna emozione: "Ai vostri ordini."

 

Estate 1978 – Iniziazione*

 

La mano di Regulus era scattata, senza che il ragazzo potesse fermarla, ad afferrare il polso di Severus. La camicia bianca scopriva quel lembo di pelle che, presto, sarebbe stato inciso dal Marchio del Lord. Gli occhi grigi si erano tuffati in quelli neri – che si erano voltati indietro per un istante – e si erano fatti penetranti. Gli occhi dei Black erano tutti incredibilmente ipnotizzanti. Severus si riscosse quasi subito e Regulus lasciò immediatamente il polso che aveva afferrato.

Il Lord non aveva abbandonato i loro movimenti nemmeno per un istante e le sue iridi rosse avevano brillato pericolosamente a quella dimostrazione di reciproca appartenenza. Ma poi Severus si era avvicinato, gli si era inchinato davanti ed aveva baciato l'orlo della sua veste.

Rabastan aveva guardato il volto di Regulus tendersi in contemporanea col dolore del compagno e aveva assottigliato gli occhi, rimanendo ad osservarli, attentamente. Cinque anni prima era stato veramente incuriosito dal rapporto, strano, che legava Severus Snape, il brillante studente Serpeverde, unico erede diretto ancora in vita della famiglia Prince, impossibilitato a reclamare quell'eredità per colpa dell'azzardato e folle matrimonio della madre con un Babbano, e Regulus Black, cugino della cognata, purosangue certificato. I due non erano nemmeno compagni di corso: Regulus era più piccolo di un anno e non gli era chiaro perché si fosse avvicinato, tra tutti, proprio all'altro per chiedergli aiuto. Anche se forse, la spiegazione di quel comportamento risiedeva, come sempre, nell'azione ostinata e contraria1) rispetto a quella fraterna. Com'era dopotutto giusto che fosse, considerato il soggetto.

Ma se quelle erano state le basi, era evidente come le cose, nel tempo, fossero cambiate. Lucius non era stato inizialmente d'accordo su quell'amicizia: dopotutto Snape non era che un Mezzosangue, ma Regulus era stato irremovibile e, per la prima volta, si era perfino opposto al volere paterno. Dopotutto, si ostinava a dire, Severus era pur sempre un Principe Mezzosangue. E, a quell'affermazione, nessuno era in grado di replicare.

Per questo si era trovato a spiare, a lungo, il nuovo membro della famiglia, cercandone punti deboli e slabbrature, tentando di capire come fare per piegarlo. Per nessun'altra ragione se non quella che gli piaceva avere il controllo, essere sempre pronto a sfruttare le falle nelle difese altrui per piegarli al proprio volere.

Rabastan si rese conto come, oltre Sirius – presenza distratta e lontana, quasi relegata a sbuffo dell'animo – non sembrava che Regulus avesse reali punti deboli. Aveva pensato fosse Severus; perlomeno fino all'iniziazione avuta insieme, a quello scambio di sguardi. No, non era Severus il punto debole di Regulus quanto, piuttosto, il contrario. Regulus l'aveva condotto lì e Regulus l'aveva poi portato via, come se fosse normale.

Ecco perché, una volta raggiunto Lucius al Manor, la conversazione leggera intavolata da Narcissa non sarebbe potuta durare molto, piegata dalla questione più importante, più immediata.

Quasi non aveva fatto in tempo a sedersi che suo fratello era, prevedibilmente, scoppiato. "Regulus è troppo debole!" Aveva sbottato in modo non propriamente elegante, trangugiando vino elfico. "Si è appoggiato a quel mezzo-Prince come se ne andasse della sua vita. È stato disgustoso!"

Lucius storse il naso ma non disse nulla, osservando incuriosito i riflessi nel suo bicchiere di Whiskey Incendiario.

"Il Lord non ha gradito," fece notare Rabastan, scoccando un'occhiata a Rodolphus ed allargandola, poi, al resto dei familiari lì riuniti. "E non la presunta debolezza di Regulus, quanto l'appartenenza di Severus."

Lucius alzò lo sguardo ed un sopracciglio: il nome proprio. Rabastan si rese conto solo allora di aver elevato il Mezzosangue a loro pari.

"Credi che Regulus sia il punto debole del Mezzosangue?" intuì il padrone di casa, anticipando di un attimo l'altro uomo.

"Credo che Severus appartenga a Regulus molto più di quanto non appartenga al Lord. E questo non potrà portarci nulla di buono."

"Che vorresti dire?" Abbaiò Rodolphus. "Pensi davvero che quella mammoletta di Regulus possa esser un problema? Farà esattamente quello che gli ordineranno di fare!" previde sprezzante.

Narcissa e Bellatrix iniziarono in quell'istante a ridacchiare, scoccandosi poi un'occhiata d'intesa.

"Mi vorreste forse dire che sbaglio?" ringhiò contro le due donne che sorrisero indulgenti.

Fu Narcissa a rispondere, delicata ed eterea come un giglio "Non sempre chi accondiscende è debole, 3) " gli ricordò. "E, mi dispiace contraddirti, ma Regulus è tutto tranne che debole."

"Il Lord si prenderà la propria rivincita," assicurò Rabastan, osservando pigramente il fuoco. "Regulus non è abbastanza sottomesso e lui non può permettersi di avere una spina nel fianco."

Gli occhi caldi di Narcissa si fissarono in quelli penetranti della sorella, in una muta promessa di stragi se qualcuno avesse fatto del male al loro piccolino.

 

Inverno 1978 – Rinato*

 

Le braccia che l'avevano sollevato erano magre, nervose e forti. Non erano quelle robuste del fratello, ma quelle più conosciute e care di Severus. Lo capì immediatamente, non appena si ritrovò contro il suo petto, inalando il suo odore. Aprì gli occhi febbricitanti, il grigio completamente assorbito dal nero, e cercò il volto spigoloso dell'altro.

"Verrai da me," affermò questi, secco. "Non voglio più vederti combattere male come questa notte," lo rimproverò togliendolo da quella luce dorata affogata in una pioggia troppo fitta. Regulus si sentì sospeso sull'orlo di un abisso, in attesa di esservi gettato oltre. Ma se erano le braccia di Severus a compiere quel gesto, non poteva certo lamentarsene. Non ci fu però nessun salto, solo la voce ferma del suo compagno "E se ti feriscono ti Smaterializzi da me, non in un vicolo puzzolente in mezzo alla spazzatura," lo sentì ringhiare, impugnando la bacchetta più fermamente per Smaterializzarsi nel suo appartamento.

Il sangue continuava a fluire dalla ferita, impregnando le vesti nere, estinguendo la forza residua. Il mondo si rovesciò in una vertigine di oscurità. Gli occhi di ossidiana si fusero al nero di una notte senza stelle, le parole preoccupate si persero nel rombo di un tuono lontano, mischiando la realtà e l'incubo, inghiottendo la coscienza e ottenebrando i pensieri. E la morte, sbuffo di passaggio tra un incantesimo e una lacrima confusa con la pioggia, non era più qualcosa da inseguire, da cercare, da volere. Perché quegli occhi avevano inglobato la notte e quella voce sopraffatto il tuono.

Quando si risvegliò l'intonaco rovinato del soffitto gli indicò immediatamente dove fosse. Ma non c'era nessuno attorno a lui. Fece forza sulle braccia e sentì una fasciatura stringergli il petto. Chiuse le palpebre ed inspirò a fondo: l'odore di Pozioni curative e di garze sterili gli invase le narici. L'alcol distillato legava gli odori, facendolo sentire quasi in Infermeria, dove Madam Pomfrey lo avrebbe curato dall'ennesima caduta da una scopa. Avrebbe anche potuto illudersi, se non fosse stato per quel soffitto dall'intonaco rovinato.

"Sono passate diciotto ore e trentasette minuti da quando hai perso i sensi." La voce clinica ed analitica di Severus lo riportò alla realtà, senza alcuna gentilezza. Ma dopotutto lui non aveva voglia di gentilezze. "Ti ho ripreso per i capelli, e non ho alcuna intenzione di ripetere la cosa, quindi d'ora in poi farai come ti dico io." Ordinò.

Il sopracciglio di Regulus si alzò incredulo: era la prima volta che il suo amico provava ad imporsi. Finora l'aveva unicamente assecondato, l'aveva protetto, l'aveva fatto ridere, avevano riso. Erano stati l'uno il conforto momentaneo dell'altro. Due gatti arruffati, incapaci di prendersi davvero cura l'uno dell'altro; senza la reale voglia di prendersi cura di qualcuno.

Eppure Regulus l'aveva già percepito, fin da quella prima volta quando il suo compagno di Casa gli aveva posato addosso quegli occhi di ossidiana, vedendoci il malsano riflesso di Sirius addolcito da quei tratti più femminei ma inasprito dalla piega cinica della bocca. Di chi non ha più nulla da perdere, già ad undici anni.***

E quando l'aveva avvicinato, quel reciproco interesse si era radicato, evolvendo in qualcosa di strano che ora rischiava di soffocarlo.

Regulus scosse la testa e provò ad abbandonare il letto.

Il monito arrivò tanto subitaneo quanto prima fosse impensabile. “Non ci provare.”

“Altrimenti che mi fai?” parole sconosciute. Completamente estranee al loro rapporto: spiazzavano e sconvolgevano, ingarbugliavano le carte e gli animi.

Severus lo inchiodò al materasso e la sua bocca scese immediatamente a reclamare quella dell'altro, immobile a cercar di capire cosa fosse successo, cosa si fosse inceppato.

Non c'era dolcezza in quelle labbra, in quei gesti, eppure Regulus si sentì avvolgere, proteggere, come un micio affamato recuperato da un angolo di una strada. Ed essere nudo sotto quel corpo nervoso non procurava imbarazzo, sentirsi riempire dalla sua presenza non faceva male, ma era solo giusto.

 

Autunno 1979 – Primo confronto

 

"Perché mi hai chiamato, Black?" primo vomito di fiele.

Le successive parole che aveva usato quando l'altro l'aveva chiamato erano servite a coprire il suo dolore, trasudando ostilità al posto della disperazione, disprezzo invece che oppressione. Perché dopotutto, la lettera che l'altro gli aveva mandato era stata chiarissima e le implicazioni altrettanto evidenti. Destabilizzanti. Distruttive.

Aveva parlato con lui, sotto una Luna dalla luce selvaggia, quasi accecante, sul tetto macchiato dalle intemperie di un edificio Babbano, il più lontano possibile da ogni luogo magico, dopo averlo raggiunto nella casa paterna dove, ancora, tornava a stare quando aveva voglia di farsi del male.4)

Ora, tornato nel suo appartamento che sarebbe per sempre rimasto vuoto, si sentì morire a sua volta. Non c'era speranza, non c'era alcuna speranza. Osservò le cose dell'altro sparse quasi casualmente, quel suo essere lì senza invaderlo, il posarsi sul suo mondo senza contaminarlo, quel trovarsi lì, semplicemente. Così come era da sempre stata la loro relazione: niente di definito, solo un cammino percorso insieme, che diveniva più comodo se aveva i suoi occhi come metro delle proprie azioni.

Non c'era nessuno con cui dividere quel dolore, nessuno con cui potersi sfogare o, al limite, piangere. Solo una missione da portare a termine. Ingoiò a vuoto, indossò la maschera imperturbabile del proprio viso e poi quella argentea, asfissiante e dolorosa. La veste nera pesò sulle spalle, rendendole più curve di quanto non ricordasse, tirandogli i tendini cervicali come se volesse spezzarli. Il cuore batteva forte, drenando tutto il sangue in circolo, ghiacciandogli le mani pallide, quasi insensibili, mentre afferrava la propria bacchetta. I denti stridettero nell'incanalare il proprio potere nell'incantesimo, nel sentirlo stringere, comprimere, stirare il proprio corpo rattrappito nel dolore, nel tentativo di correre più veloce.

I passi risuonarono contro le asperità di quel rifugio, il trono vuoto incombeva ancora più minaccioso, segno di un potere che osserva anche quando non c'è.

"Che notizie?" sibilò la voce alle sue spalle.

Il ginocchio si piegò di propria iniziativa e nello stesso pugno si conficcarono nuove asperità del terreno.

"La magia familiare l'ha dichiarato defunto." Riportò, la mente saldamente bloccata.

I passi tuonarono nello spazio vuoto. "Il corpo?"

"Nessuna traccia."

La stoffa frusciò rumorosamente mentre il Lord si sedeva sul proprio scranno. "Ultime volontà? Qualche indizio?" formulò di seguito, tornando ad assottigliare gli occhi rossi.

"Nessuno."

La tensione che aveva permeato l'ambiente lasciò velocemente la stanza e l'aria divenne d'un tratto quasi più calda. Lo sguardo di Severus, fermo sul pavimento, non diede alcun cenno di aver avvertito il cambiamento, come precedentemente non aveva dato segno di aver avvertito la tensione. Sembrava quasi un corpo morto.

Il Lord ghignò alla testa china, soddisfatto del proprio operato "Hai lavorato bene e sarai premiato. Buon riposo, Severus."

 


 

1) Direzioni ostinate e contrarie sono presenti in una delle canzoni di Fabrizio de André.

2) "Quanto mi secca avere sempre ragione..." (Jurassic Park)

3) Citazione di Alcuin da "Il Dardo e la rosa"

4) Citando me medesima... dato che in questa ff la Luna era personificata, ho deciso di rendere non solo lei, ma anche il Sole non più un mero oggetto ma quasi una parte attiva della storia. Ecco perché il maiuscolo :)

* poiché mi sono accorta che definire unicamente la stagione e l'anno può creare disguidi (poiché l'inverno di un anno sono sia i mesi iniziali che l'ultimo mese dello stesso) ho aggiunto una sorta di… descrizione ^^

** Rabastan ha il POV di questo brano, siamo nella sua testa dunque, nella mia concezione probabilmente malata e sbagliata del personaggio, nella testa di uno che ragione per compartimenti stagni: la famiglia, l'onore, l'affiliazione, ecc. Definire Lucius "marito della sorella della cognata" lo rende parte della famiglia ma non così strettamente legato ad essa ovvero una sorta di elemento sacrificabile. Non credo di essere in grado di spiegarmi meglio di così… e le mia due Beta mi uccideranno per averlo lasciato così XD

*** Frase che potrebbe creare qualche problema di POV. Sì, è sempre Regulus che parla e che pensa quelle cose di sé. Io lo immagino come una persona pienamente consapevole di come appare agli occhi degli altri, specialmente se questi "altri" sono connessi in qualche modo con suo fratello, proprio per il legame complesso che immagino intercorrere tra i due fratelli. Ma dubito che si capisca.

  
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