Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: RicksIlsa    23/01/2012    4 recensioni
Era quasi al confine della città quando lo sentì. Il cartello ‘Benvenuti a Storybrooke’ era appena comparso alla vista, quando l’intenso vagito di un neonato ruppe d’improvviso il silenzio della notte. Il cuore prese a battergli un po’ più forte e il passo accelerò. All’altezza del cartello dovette fermarsi di colpo e chiudere gli occhi.
Tornerò” promise a se stesso.
Il bambino lanciò un altro lamento, stavolta molto più debole, e lui spalancò di nuovo gli occhi. I suoi movimenti divennero frenetici mentre setacciava il canale a lato della strada. Passò un altro minuto intero prima che infine la individuasse.
La coperta bianca nella quale era stata avvolta non era abbastanza calda contro la gelida notte del Maine. L’euforia alla vista del nome mirabilmente ricamato nella stoffa, Emma, si trasformò presto in preoccupazione al rendersi conto che la bambina tremava di freddo.
La raccolse tra le braccia, e fu quasi sopraffatto da un senso di gioioso sollievo. Questa era la Emma che stava cercando.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Untold Tale'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

My Wee One

 

 

 

 

Il signor Gold camminava con decisione lungo la strada buia. Non era sicuro di dove andasse o di cosa stesse cercando, ma certo l’avrebbe saputo quando l’avesse trovato. La nebbia che si avvinghiava alla strada oscurata dalla notte era speculare alla nebbia nella sua testa. Era successo qualcosa. Ma cosa?

« Emma. Il suo nome è Emma. »

La voce della donna gli echeggiava nella mente, benché lui non sapesse chi aveva pronunciato quelle parole o cosa volessero dire. Ma qualcosa gli diceva che doveva trovare questa ‘Emma’... Che lei era la chiave di tutto. Camminando, pensava alla propria vita. I dettagli gli sembrarono approssimativi, ma non se ne preoccupò. Non poteva perdere tempo a rimuginare sui falsi ricordi che gli erano stati infusi dalla maledizione...

Era quasi al confine della città quando lo sentì. Il cartello ‘Benvenuti a Storybrooke’ era appena comparso alla vista, quando l’intenso vagito di un neonato ruppe d’improvviso il silenzio della notte. Il cuore prese a battergli un po’ più forte e il passo accelerò. All’altezza del cartello dovette fermarsi di colpo e chiudere gli occhi.

Tornerò” promise a se stesso.

Il bambino lanciò un altro lamento, stavolta molto più debole, e lui spalancò di nuovo gli occhi. I suoi movimenti divennero frenetici mentre setacciava il canale a lato della strada. Passò un altro minuto intero prima che infine la individuasse.

La coperta bianca nella quale era stata avvolta non era abbastanza calda contro la gelida notte del Maine. L’euforia alla vista del nome mirabilmente ricamato nella stoffa, Emma, si trasformò presto in preoccupazione al rendersi conto che la bambina tremava di freddo.

La raccolse tra le braccia, e fu quasi sopraffatto da un senso di gioioso sollievo. Questa era la Emma che stava cercando. Era l’unica che avrebbe potuto spezzare la maledizione. I ricordi che gli erano stati tolti cominciavano già a tornare.

Si lasciò cadere sull’erba umida e la cullò contro il petto, sfregando le mani sulle sue piccole braccia e gambe, nel tentativo di scaldarla. A ogni tocco, la sua mente si riempiva di reminiscenze di una vita che aveva dimenticato. Una vita lunga, dolorosa, straordinaria e sola...

Sorrise e canticchiò mentre dondolava Emma, finché, finalmente al caldo, lei si rilassò nel sonno contro di lui.

« Va tutto bene, piccolina. Molto presto tu romperai la maledizione e salverai tutti, ma per ora devi solo dormire e restare al sicuro. »

Il dono della preveggenza che nel corso della sua lunga vita lo aveva tormentato era ricomparso, e il cuore gli si spezzò per lei. Così tante lacrime che non sarebbero state asciugate, così tante paure e dolori che non sarebbero stati leniti... Così tante volte in cui la ragazza si sarebbe avvolta tra le proprie braccia per sentire l’abbraccio che così disperatamente desiderava ma che nessuno avrebbe potuto darle.

Era la parte peggiore e più spregevole del suo piano. Che una bambina dovesse soffrire. I bambini erano il più prezioso dei tesori.

« Sistemerò tutto io, Emma. Te lo prometto. »

Ebbe bisogno di una grande forza interiore per sollevarsi in piedi e percorrere la strada fino alla città più vicina. Ancor più per affidare la bambina a uno sconcertato poliziotto.

« L’ho trovata sul ciglio della strada. Ero fuori a fare due passi e a schiarirmi la mente quando l’ho sentita piangere... »

La sua storia fu creduta. In questo mondo aveva una reputazione rispettata, a volte temuta, e oggi nessuno si sarebbe mai interrogato sulle sue azioni.

Sentì montare la rabbia mentre tornava indietro, a casa. I suoi occhi non vedevano il paesaggio, ma guardavano ad avvenimenti che dovevano ancora accadere. Un altro bambino, un ragazzo, sarebbe rimasto coinvolto in questa battaglia. Lo avrebbe tenuto accanto a sé e si sarebbe assicurato che stesse bene. Era il minimo che poteva fare per mantenere la promessa fatta ad Emma.

 

 

 

Quasi diciotto anni dopo

 

Il signor Gold sedeva su uno sgabello nel retro del suo negozio, contemplando la tela nera disposta su un cavalletto di legno di fronte a lui. Stringeva una paletta per colori in una mano e un pennello nell’altra. I suoi occhi erano concentrati sul passato, nella rievocazione di una scena da tempo dimenticata. Il primo incontro tra Biancaneve e il suo Principe Azzurro...

Il negozio era silenzioso, come sempre. Non aveva mai davvero venduto nulla, poiché non ce n’era alcuno scopo. Gli introiti gli venivano dagli affitti. Possedeva tutti gli edifici e aveva una parte in ogni affare che avvenisse in città; una giornata di lavoro non gli era certo richiesta.

Quella di ‘negoziante’ non era che una parte da recitare nell’attesa degli eventi che aveva previsto: l’eccitazione, le battaglie, la guerra del bene contro il male. Era un passatempo che lo teneva ancorato a terra, concentrato su ciò che era importante.

Il negozio dei pegni vantava solo articoli provenienti dall’altro mondo, che gli ricordavano tutti gli accordi che aveva stretto in un’altra vita, forme fisiche di memorie che erano andate perse. Era una vetrina dei trofei. Una mostra del suo potere e della sua influenza. Passava ore a spolverare, lucidare e sistemare gli oggetti e ad assaporare i dolci ricordi che questi evocavano.

Il campanello sulla porta trillò, annunciandogli che era di nuovo tempo di andare in scena. Mise da parte la pittura e si spostò nella parte anteriore del locale, sorridendo nel riconoscere il profumo. Di solito, le uniche volte in cui qualcuno entrava nel suo negozio era perché si era perso, o per pagargli un affitto, oppure nel disperato bisogno di un favore e in cerca di un patto da stringere. Era quest’ultimo il motivo per cui lei era venuta, ed era tutto ciò che poteva fare per evitarsi un sorriso trionfante*.

L’aspetto migliore del negozio dei pegni era che Regina Mills lo odiava. Era sempre furente quando veniva da lui, poiché sapeva esattamente di cosa si trattava, sebbene s’impedisse di crederci. Il pensiero che lui potesse essere in qualche modo scampato alla maledizione e che avesse ancora intatti i suoi ricordi era per lei inaccettabile.

Così, la teneva nell’incertezza. Era divertente vederla indagare ogni sua espressione e scavare dentro ogni sua parola. La domanda le era scritta in faccia, ma caparbiamente si rifiutava di chiedergli a chiare lettere: ‘Ti ricordi?’.

Lui le dava sorrisi blandi e risposte generiche che potevano essere interpretati in un milione di modi. Manipolarla era il punto saliente della sua vita in questa squallida città, e attendeva con ansia il giorno in cui lei avrebbe finalmente capito tutto ciò che aveva fatto per indebolirla fin dalla prima volta che era venuta da lui. Ma doveva essere paziente. E oggi era un giorno decisivo. L’accordo andava stretto, o il bambino sarebbe stato perduto.

« Signora sindaco, cosa la porta nel mio umile negozio in questa bella giornata? » l’accolse con il solito garbo.

Si accigliò, gli occhi di nuovo saettanti sui suoi lineamenti con sospetto, prima di scuotere la testa e guardare il pavimento.

« Signor Gold, sa bene perché sono qui. Non giochiamo. Voglio... Può ancora procurarmi il bambino? »

Sorrise, un bagliore dorato.

« Ma naturalmente. La ragazza partorirà da un momento all’altro. Vuole un’adozione chiusa e non desidera essere mai contattata. »

Regina gli restituì il sorriso.

« Allora lo faccia. »

Il suo gli scivolò via dalle labbra non appena se ne andò. Renderla felice non era ciò che voleva, ma era essenziale per il piano superiore.

 

 

 

Due giorni dopo, in un ospedale di Phoenix, Arizona

 

La scena era toccante e tragica. Fu come tornare indietro, alla notte in cui aveva trovato Emma. Aveva sofferto per lei allora, conoscendo una parte di ciò che avrebbe affrontato. E non era neanche lontanamente finita. Aveva altri dieci anni da fronteggiare da sola, prima di potersi riunire a coloro che l’amavano.

Dal suo punto di osservazione nel corridoio attiguo alla stanza d’ospedale, aveva una chiara visione di lei che stringeva il figlio appena nato.

Era indurita da una vita difficile e solitaria, ed esausta dal lungo travaglio, ma nei suoi occhi non brillava che amore mentre guardava il bambino.

Emma stava sussurrando qualcosa a suo figlio, ma il signor Gold non poteva sentire le sue parole. Immaginò che fosse qualcosa di simile a ciò che il suo stesso padre le aveva detto il giorno della sua nascita. Lui conosceva bene il dolore della perdita di un figlio, e non l’avrebbe mai augurato a nessuno, ma dare spontaneamente via il tuo bambino... Com’era possibile anche solo prenderlo in considerazione?

Di nuovo, avvertì la colpa del sapere che le sue azioni l’avevano ferita. Ferita abbastanza da costringerla a dar via suo figlio, così che potesse avere una vita migliore.

Che forza straordinaria. Ogni dubbio sull’eventualità di aver sconvolto il suo destino si frantumò mentre l’osservava posare un ultimo bacio sulla testa del piccolo, prima di affidarlo a un’infermiera.

Emma volse il capo a guardare fuori dalla finestra, senza seguire la donna che lasciava la stanza con il bambino.

L’infermiera passò proprio accanto a lui, ma il signor Gold non poté distogliere gli occhi da Emma. La donna prese un respiro profondo, poi parve crollare su se stessa. Singhiozzi silenziosi ma potenti la scossero in tutto il corpo, e per quanto facesse male, lui si costrinse a guardare. Ne era responsabile, ed era giusto che condividesse questo dolore. Non aveva amici né una famiglia che le stesse accanto, a rassicurarla e a confortarla. Quella donna non aveva niente, neppure la consapevolezza che un giorno le cose sarebbero andate meglio.

Non poteva lasciare che lo vedesse, non ancora. Perché il piano avesse successo doveva restare all’oscuro di tutti i nessi che li univano. Ma forse, un giorno, sarebbe stato in grado di dirle che lui era stato lì. Che non era stata del tutto sola in quello che era stato probabilmente il momento più solo della sua vita. Che c’era stato un testimone intimorito di fronte alla bellezza di quello che era stato il momento più forte della sua vita.

Attese finché non si addormentò. Non c’era pericolo di poterla svegliare; l’infermiera le aveva dato un sedativo.

La luce della luna si riversava nella stanzetta scura, splendendo tra i suoi biondi capelli di seta. Era bellissima, come ogni principessa di fiaba. Raggiunse il letto e guardò giù sul suo bel viso, dissetandosene ardentemente. Diciotto anni di infiniti giorni e notti in cui niente e nessuno era cambiato mai. Nessuno invecchiava, capelli e unghie non crescevano, nessuna nuova ruga spuntava sui volti... Le sfiorò piano, con la punta delle dita, il viso, i capelli, la mano abbandonata sul ventre, ancora gonfio della gravidanza – Emma era cambiata.

Ricordò la bambina che una volta aveva stretto a sé sul buio e freddo ciglio di una strada.

Ora, lui avrebbe avuto il ragazzo. Be’, non lui. Ma l’avrebbe guardato da lontano. L’avrebbe guardato crescere... Sorrise al pensiero di una gioia così semplice.

« Andrà tutto bene, Emma. Mi assicurerò che stia bene. E quando sarà il momento, verrà a cercarti e ti porterà a casa. Sii forte, piccola mia » mormorò, e la baciò sulla fronte, come lei aveva baciato suo figlio poche ore prima.

Trasse una busta da una tasca e, con intima soddisfazione, la lasciò cadere nella borsa aperta di Emma, sul tavolino accanto al letto.

L’adozione era legale, se non propriamente a norma di legge, e il prezzo che il signor Gold aveva chiesto a Regina per un’operazione veloce e senza problemi era stato di diecimila dollari. Un prezzo che non avrebbe mai ripagato Emma di ciò cui aveva appena rinunciato, ma che l’avrebbe aiutata a muoversi, ad andare avanti. Era l’unico aiuto che poteva darle. Almeno per i prossimi dieci anni...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Questa è la prima, tra le storie di RicksIlsa, che abbia letto e amato fino alla venerazione. E confesso che finora è stata anche la più difficile da tradurre. Non è semplice tentare di ricreare in italiano il tono di pacata malinconia di cui ha velato i pensieri di Mr. Gold. Spero solo di non averla fatta sfigurare.

 

* L’originale per questa frase è and it was all he could do to keep the triumphant grin off of his face: sono stata costretta a tradurla letteralmente, perché in tutta onestà non ho trovato una struttura che ne rendesse il senso. Si accettano suggerimenti ^^’

 

Aya Lawliet ~

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: RicksIlsa