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Autore: Trigger    23/01/2012    13 recensioni
- Mamma, perché io non ho le ali?
- Tu non sei un gabbiano, bambino mio. Ma puoi volare comunque, se lo desideri.
- Come?
- Chiudi gli occhi.
- Fatto!
- Dove sei?
- Sul mare!
- E voli?
- Sì, insieme ad uno stormo di gabbiani. C’è anche Fortunata.
Il sorriso di lui era il sorriso di lei.
- Mamma, un giorno volerò anche ad occhi aperti.
- Ne sono certa, tesoro.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come gabbiani sul mare 

 


Nuvole d’ottobre tingono il mare di un grigio sporco.
Vento d’autunno fa danzare foglie come ballerine.
Per le vie di Valparaíso, si scorge solo un uomo che tiene per mano un bambino di appena sette anni.

- Non vedo l’ora di farlo vedere alla mamma.
- Cosa?
Il bambino porta la mano libera nella tasca destra della sua giacca.
E’ un aereoplanino di carta, quello che adesso mostra fiero al suo papà.
Ha le ali un po’ storte forse, ma rimane pur sempre il suo primo tentativo.
- Ho fatto come mi ha detto la mamma ieri, mentre le facevo compagnia nel letto.
- E vola?
- Certo che vola, papà. E’ un aeroplano, tutti gli aeroplani lo fanno.
Damian alza gli occhi al cielo.

Quante cose deve spiegare a suo padre.
 
E poi ancora silenzio.
Il silenzio di un lutto, il silenzio di passi che non vogliono far rumore, il silenzio di una lacrima solitaria che si insinua tra le rughe di una pelle segnata dal tempo. Il silenzio dell’urlo di un cuore.
- Perché piangi, papà?
- E’ perché sono triste, Damian.
- E perché sei triste, papà?
- La mamma è partita.
- Davvero? E dove è andata?
 
In mezzo a quella danza di vento e foglie, un uomo e suo figlio arrestano la loro passeggiata. L’uomo mette le mani sulle spalle del bambino, si inginocchia per arrivare alla sua altezza e gli sussurra parole che porterà sempre nel cuore.
 
- E’ partita per insegnare ad un piccolo angelo come si costruiscono gli aeroplani di carta.
- E quando torna?
- Sai, Damian, lassù è pieno di angeli che non lo sanno fare e che sono gelosi dei bambini come te.
La consapevolezza attraversa quegli occhi vispi che rapidamente si riempiono di tristezza e paura.
- Ma non l’ho nemmeno salutata! 
- E’ dovuta partire stanotte. Ha lasciato qualcosa per te, però.

 
Era un aeroplano di carta. Uno con le ali dritte. Un aeroplano grande e bianco.
Il bambino lo guarda affascinato, distratto da quella perfezione.
A confronto, il suo è un foglio stropicciato.
Lo prende con mani tremanti che hanno paura di rovinarlo.
Poi nota la grafia della mamma sporcare il bianco candido di una delle due ali.

 
“Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E’ acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole ed arriva sempre come ricompensa dopo la pioggia.
Apri le ali… Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo.”
 
Vola Damian,
Apri le ali del tuo cuore e vola.
Vola con il sole e con la tempesta.
 
Ti voglio bene,
mamma.

 
Il bambino conosce bene la prime frasi.
Sua madre gli racconta sempre quella storia, prima di andare a letto.
Damian ha sempre ammirato Fortunata. Ha avuto paura per lei, ha gioito con lei, si è sentito libero come lei, nel momento in cui impara a volare. 
Ha sempre desiderato poter volare come lei.

 
 
 
 
- Mamma, perché io non ho le ali?
- Tu non sei un gabbiano, bambino mio. Ma puoi volare comunque, se lo desideri.
- Come?
- Chiudi gli occhi.
- Fatto!
- Dove sei?
- Sul mare!
- E voli?
- Sì, insieme ad uno stormo di gabbiani. C’è anche Fortunata.
Il sorriso di lui era il sorriso di lei.
- Mamma, un giorno volerò anche ad occhi aperti.
- Ne sono certa, tesoro.

 
 

 
- Volerò, papà. Un giorno, andrò a prendere la mamma con un aeroplano più grande di questo, ed io, tu e lei voleremo sopra il mare come fanno i gabbiani.
Una forza nuova si muove dentro di lui.
La forza di una promessa fatta sotto nuvole d’ottobre e vento d’autunno.
 

 
 
 
 
Damian rivive quel giorno nella sua testa.
Una testa che non funziona come dovrebbe.
Ora il mare è una distesa di tranquillità mentre il sole si spegne lento, dietro la linea dell’orizzonte. Uno stormo di gabbiani riempie il silenzio della spiaggia.
Ora Damian ha quarant’anni ed un tumore gli sta mangiando il cervello.
Ma è un pilota.
D’aeroplani, ovviamente.
Ora sa che quelli di carta non li può guidare.
 
E’ seduto sulla sabbia che gli sporca i piedi e le mani.
Sta per affrontare un momento importante.
Si porta la mano nella tasca, con gli stessi movimenti di trentatrè anni prima, e ne estrae quello che prima era stato un aeroplano. Lo stesso di quel giorno d’autunno, solo un po’ spiegazzato.
 
Lo ha portato con sé in ogni momento della sua vita.
Ha affrontato il sole e la tempesta, Damian. 
Ed ora sa volare. Anche ad occhi chiusi.
 
Si alza per raggiungere il mare e lanciare per l’ultima volta quel suo vecchio aeroplano.
 
Sulla seconda ala, una nuova scritta, una vecchia promessa:
 
Fatti bella, mamma, sto venendo a prenderti.
Ora voleremo anche noi come gabbiani sul mare.
Ti voglio bene,
Damian.








 

 - Si ringrazia nes_sie per le correzioni.
- Trig -

   
 
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