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Autore: Amortenthia Lunaris    23/01/2012    1 recensioni
Tommy era un ragazzo dolce e buono, con gli occhi sinceri e profondi. Qualcosa però lo ha spezzato, ed ora il suo sguardo si è spento. Ha solo un modo per far uscire il dolore, anche se forse non è quello più giusto.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Sono arrivata anche in questa sezione. Questa storia è un po' la mia storia diciamo. Spero solo che vi piaccia e vi emozioni un po'. Soprattutto, però, che faccia capire che non è una malattia, è solo un dolore molto forte che non trova altro modo di esprimersi.                                                       

 

 

 

                                                            Tommy cut himself with the scissors

 

Faceva un freddo cane in quella stanza. Tommy sentiva i brividi correre sulla sua pelle, sentiva il gelo che penetrava nelle sue ossa, fino a farlo diventare un blocco di ghiaccio tremante. Anche se era luglio ed il sole batteva feroce sull’asfalto e sulla finestra di camera sua.

Non riusciva a ricordare da quanto sentiva quel gelo, ma soprattutto non riusciva a capire se veniva da fuori o direttamente dal suo cuore. Quello che però lo faceva stare peggio è che aveva solo un rimedio. Non serviva a nulla mettere maglie pesanti e coprirsi. Quando il gelo lo colpiva, aveva solo un modo per farlo passare.

Tommy doveva chiudersi nel suo bagno, quello dove tutto era cominciato, e incidere la sua pelle. Non importa se con una lametta, un bisturi o delle vecchie forbici. Gli bastava sentire il sangue che per qualche secondo scorreva e lo scaldava. Gli bastava sentire il bruciore di un taglio e tutto, tutto andava meglio.

Così, seduto sul pavimento e con due tagli da aggiungere alle ormai innumerevoli cicatrici che decoravano il suo corpo, Tommy si faceva trasportare dai ricordi. I ricordi lontani e un po’ sbiaditi di quando ancora era felice. Quando si sentiva abbastanza e aveva tante persone accanto.

Era stato un bambino e un ragazzino felice. Lui coi suoi occhioni verdi, così trasparenti da far concorrenza a due smeraldi. Aveva un bel sorriso e tutti lo adoravano, era fondamentalmente buono lui.

Questa però era stata la sua rovina, perché quando sei troppo buono, le persone se ne approfittano. E così quando era arrivato a essere un’adolescente aveva scoperto la cattiveria delle persone, a volte anche inconsapevole. Quelli che credeva amici lo usavano, stavano con lui quando aveva bisogno, finché gli serviva, poi sparivano dalla sua vita. E se invece rimanevano, era solo per prenderlo per il culo.

Aveva perso il conto dei soprannomi che gli avevano affibbiato: stupido, scorfano, sacco di merda, frocio, checca, idiota, diverso, sbagliato, rifiuto, abominio …

E la lista avrebbe potuto continuare. Non era questo però che lo aveva buttato giù. Insomma erano solo stupidi, potevano chiamarlo come volevano, potevano anche picchiarlo se gli andava. Si sarebbe sempre difeso.

Sapete cosa l’ha fatto andare giù? Che quando lui cercava aiuto, quando aveva bisogno di sfogarsi, non aveva nessuno ad ascoltarlo. Nemmeno la sua famiglia. Perché loro non capivano, erano troppo presi dai loro problemi personali: il lavoro, il loro rapporto alla deriva, la frenesia di una vita che non li soddisfaceva, l’insoddisfazione di essere persone mediocri come tante altre. Erano troppo occupati per vedere che gli occhi di Tommy si scurivano, che si spegnevano, che non rideva quasi più.

Così piano piano la fastidiosa convinzione di essere sbagliato si era insinuata in lui. Ormai si sentiva quasi in colpa per essere nato, ed era stanco di vivere. Aveva abbandonato tutta la sua forza d’animo. Andava a periodi, a volte era apatico, non sentiva nulla, altre volte era solo un involucro di dolore pulsante. Si addormentava la notte pregando di non doversi svegliare la mattina, e quando questo accadeva, metteva una bella maschera e affrontava la giornata.

Quando quelle vecchie forbici erano spuntate dal cassetto della scrivania, era quasi un anno che andava avanti così. La lama era ancora affilata, e lui aveva paura. Paura di non sentire nulla. E, in effetti, il primo taglio, chiuso nel suo bagno disordinato, non gli fece quasi male. Fu il secondo il peggiore. Bruciò da matti, forse perché era più profondo. Quando alzò la testa, si scontrò col suo riflesso vide che qualcosa era cambiato.

Non era pazzo o malato. Non era da rinchiudere in manicomio, ma il dolore stava uscendo. I sentimenti che lo distruggevano da dentro uscivano con suo sangue.

Forse non era la via migliore da intraprendere, ma era l’unica che gli permetteva di non affogare, l’unica che lo faceva sentire ancora vivo.

E ora dopo cinque anni è ancora lì, col suo dolore e le sue ferite. Forse un giorno qualcuno se ne accorgerà e lo ascolterà. Si siederà con lui e senza giudicarlo o guardarlo con pietà o disgusto gli si siederà accanto e gli dirà: “Spiegami, sfogati e non sentirti giudicato. Ti voglio bene per quello che sei, e non sei sbagliato, smetti di pensarlo”.

Fino a quel momento però non riuscirà ad abbandonare il dolore.

 

   
 
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