UN DISPERATO BISOGNO DI TE
CAPITOLO I: Non ci capisco più niente
Dlin Dlon!
Dlin Dlon!
Dlin Dlon!
«Arrivo!»
Eccolo.
Il suo inconfondibile suonare tre volte il campanello. Scendo di corsa le scale,
con i capelli al vento. Fuori piove, non posso lasciarlo sulla soglia di casa.
Arrivo e spalanco la porta. I capelli rossi sono leggermente scompigliati, gli
occhi azzurri e profondi mi scrutano mentre indossa un impermeabile. Tra le
mani tiene un ombrello ormai chiuso, poco male, poteva aspettare qualche altro
secondo là fuori.
«Ciao!» gli sorrido, lui mi
sorride di un sorriso che per un attimo mi abbaglia. Calma Hermione, calma.
Entra permettendomi di chiudere la porta. Mi fiondo
di nuovo sulle scale. Arrivata a metà scalinata mi giro, si è tolto
l’impermeabile ed ora è tranquillamente seduto sul divano. Gli grido un: «Finisco
di sistemarmi e andiamo». Lui annuisce ancora sorridendo e
torno di sopra.
Stamattina
colazione con Ron, eh già Ron, il mio
migliore amico. Cosa consigliano gli esperti di bon ton per queste
occasioni? Intanto sento che la pioggia è terminata e dalle persiane socchiuse
arrivano degli sprazzi di luce. Per ora sarebbe meglio farsi una doccia. Apro
il getto d’acqua e lo posiziono su 'acqua fredda'.
Durante la doccia, mentre tamburello sulle piastrelle, cerco di decidere
l’abbigliamento. Ron è ancora giù che mi aspetta, è passata quasi mezz’ora…non
vorrei farlo spazientire semplicemente per una colazione! Appunto, solo una
colazione…solo una colazione, da amici.
Indosso una gonna di jeans lunga fino al ginocchio, a balze, con una maglietta
colorata a fasce contornate di nero e un paio di ballerine nere ai piedi.
Aggiusto i capelli alla bell’e meglio, raccogliendoli in parte in una pinzetta
colorata. Okay…38 minuti, potrebbe essere un mio nuovo record di velocità nel
vestirsi. Scendo giù, saltellando dalle scale. È intento a guardare la TV.
Nonostante sappia da anni dell’esistenza di quell’ “aggeggio infernale contenente babbani”, come lo chiama
lui, ne rimane affascinato ogni volta. Non si è accorto che sono scesa, troppo
impegnato ad ascoltare un programma che spiega il sistema della tosatura delle
pecore.
«Pronta!» esclamo sorridendo. Per
quanto ogni volta possa farmi arrabbiare, mi è pressoché impossibile regalargli
un sorriso.
Si
gira, mi studia per un secondo, poi sorride anche lui.
«Sicura di non aver
dimenticato niente?»
Lo
guardo dubbiosa: «Che ho dimenticato?» dico
guardando l’orlo della gonna, le scarpe e la maglietta.
«No è che…immaginavo
di dover aspettare di più!» confessa ridendo per la mia espressione.
Mi
stringo nelle spalle: «È solo una colazione» , dico con un
tono di voce, non ben identificabile. Forse deluso è il termine più
appropriato, però.
Lo
vedo sospirare lievemente, di solito quella è l’anticamera dei nostri litigi,
spero non si arrabbi. Perché poi dovrebbe?
«Bene, okay, possiamo
andare allora!» Non si arrabbia, evviva! Mi dirigo verso la porta, lo faccio
passare prima di me e la chiudo con un colpo di bacchetta. Ho installato una
specie di antifurto magico, che garantisce una sicurezza 50 volte maggiore
rispetto agli antifurti babbani.
Camminiamo
fianco a fianco, sotto il sole di giugno. Della pioggia, rimangono solo alcune
pozzanghere sparse sulla strada. Cerco di evitarle con cura, per non
compromettere le mie ballerine. Ron ora indossa solo una maglietta azzurra a
maniche corte e un paio di bermuda a quadrettoni bianchi con un paio di scarpe
da ginnastica ai piedi. Avrà fatto sparire l’impermeabile con la magia.
Sono
più o meno le otto di mattina, il cielo è ormai terso e una leggera brezza ci
sfiora, lievemente.
«Mamma mi ha chiesto
di invitarti alla Tana, per domani a pranzo. Ovviamente non sei obbligata…»,dice dopo qualche
secondo di silenzio.
«Certo che vengo, che
domande…!»,dico entusiasta. Non vedo Molly da un paio di mesi, e mi farebbe
tanto piacere farle di nuovo visita, ma gli impegni di lavoro non me lo hanno
permesso prima.
«Bene allora!» esclama illuminandosi
di un sorriso da capogiro. Sbatto le palpebre un paio di volte, prima di
tornare cosciente. Lui se ne accorge e ridendo di quel mio stato confusionale,
mi chiede: «Herm, che hai?»
«Oh…ah…niente,
niente.» Balbetto, cercando di essere più convincente possibile.
«Lo sai che di me ti puoi
fidare, vero?» mi chiede scrutandomi serio, stavolta.
Che
domande…metterei anche la mia vita in mani sue, per quanto io mi fidi
ciecamente di lui.
«Sì, che lo so.» rispondo sincera, pur
non capendo ancora dove voglia arrivare.
«Sai che puoi dirmi
tutto, vero?»
«Lo so, Ron, lo so.» dico con voce
esasperata.
Ultimamente
i nostri ruoli si sono invertiti, lui è quello sensibile e attento a capire gli
altri. Io sono diventata menefreghista. Terribilmente menefreghista. Non riesco
più a preoccuparmi di nient’altro, se non di me. Purtroppo, quando piangi ogni
notte, assaggiando il sapore delle tue lacrime, finché queste hanno la
possibilità di scorrere, finché ne hai a disposizione, perdi interesse verso i
sentimenti degli altri, semplicemente perché i tuoi sono stati calpestati. Nel
mio caso, sono stati calpestati da colui che è accanto a me in questo momento.
Colui che ora mi sta chiedendo:
«E allora cosa c’è?
Sei cambiata, Mione…»
«Può essere.» rispondo vaga. «Anche
se fosse?» chiedo con un’intonazione di acidità, che non
desideravo avere.
«Beh…» lo vedo in difficoltà
con le parole, in questo non è cambiato, e non sono cambiata neanche io, che
conservo sempre la mia abile parlantina.
«Lasciamo perdere…» dice scuotendo la
testa. «Spero che un giorno ti deciderai a dirmi cos’è che ti affligge.»
«Forse», dico rivolgendogli un
timido sorriso. É inutile negarlo, sa che gli nascondo qualcosa. Me lo legge
negli occhi. Ma cosa potrei dirgli? Potrei dirgli che lo amo talmente tanto che
questo mi sta distruggendo? Potrei dirgli che sono stufa di essere la sua
migliore amica, che vorrei solo scappare per non vederlo più? Ma come potrei?
Come? Senza di lui io non vivo. Forse un giorno, vuoterò il sacco, forse. Per
ora lasciatemi ancora la possibilità di rimandare. Come faccio da ormai troppi
anni.
Siamo
arrivati al bar, tempismo perfetto! Ora Ron si distrarrà nell’ordinare e non
tornerà più sul discorso precedente…Lo spero, almeno! Non sarei capace di
mentirgli. Posso solo tentare di sviarlo, confessandogli che, effettivamente
c’è qualcosa. Ma non saprà mai cosa. Non deve saperlo o lo perderò anche come
amico, e non potrei sopportarlo.
Eccoci
seduti ad un tavolo, mentre ci gustiamo un cappuccino, tutto schiuma, come
piace a noi. Ron è scoppiato a ridere, quando, dopo aver bevuto un sorso di
cappuccino, la schiuma mi è rimasta sopra le labbra, come a formare una sorta
di baffo.
«Assomigli al mio
bisnonno, sai? Aveva dei baffi così!» prova ad ironizzare quel rosso
scansafatiche.
Gli
faccio una smorfia e poi aggiungo: «Grazie del complimento!» mi
fingo offesa e gli metto un broncio falso, pulendomi le labbra con un
fazzolettino del bar. Ron, si accorge che sto fingendo, eppure appoggia la sua
mano sulla mia che è poggiata sul tavolo. Sento un brivido attraversarmi. Lo
guardo ancora imbronciata.
«Un bel bisnonno,
però.» dice sorridendomi. Bel bisnonno, bel bisnonno, bel bisnonno…Un
momento!
«Questo voleva essere
un complimento?» dico sarcastica per non compromettermi ulteriormente. Ma
prima…voleva dire che io sono bella? Impossibile! Io sono Hermione Granger, non
posso essere bella. Magari anche
carina, ma bella no. Devo aver capito male, ecco
perché.
«Devo essere più
esplicito?» dice con quel dannato sorriso sulla sua faccia di bronzo. Devo
ammettere che mi sta confondendo. Non so che rispondere, mi limito a fissarlo
perplessa, la mia faccia deve essersi trasfigurata in un punto interrogativo.
Il suo sorriso si allarga di più.
«Diciamo che
anche…anzi, soprattutto, nella versione con baffo hai un certo fascino.» ammette ridacchiando.
«Tu dici?» dico inarcando un
sopracciglio, sorridendo. Ecco appunto, Ron non pensa che io sia bella, né lo
penserà mai.
Usciamo
fuori dal bar. Un ragazzo sulla soglia del bar mi fissa. È carino. Ha i capelli
castano chiaro corti, gli occhi scurissimi, la mascella ben pronunciata, un
fisico scolpito. Mi rivolge un sorriso fin troppo audace, io sposto lo sguardo
su Ron. Lo sta guardando anche lui, in cagnesco. Oh. Oh. Guai in arrivo. Cerco
di intervenire: «Mh, Ron?»
«Eh?» bofonchia finalmente
spostando lo sguardo da quel tipo, fino ad incontrare il mio. Ha un’espressione
più rilassata, finalmente.
«Andiamo? Tra
mezz’ora attacco al lavoro.» dico guardando l’orologio.
«Sì, anche io ho il
turno di mattina.»
Io
e Ron lavoriamo come Auror del Ministero della Magia. Dopo lo scontro finale,
tra Harry e Voldemort, siamo diventati una specie di celebrità del mondo
magico, il lavoro c’è stato offerto dovunque. Ma noi, il magico trio, abbiamo
preferito mantenerci uniti, lavorando insieme al dipartimento di Difesa. Di
Mangiamorte ce ne sono sempre in giro, ma sono molti di meno, e tutti
appartenenti alla vecchia guardia. Per di più ora, senza il loro padrone,
faticano ad organizzarsi negli attacchi e ci risulta più facile, rispetto ad un
tempo, catturarli.
Camminiamo
fino a trovare un posto isolato dove Smaterializzarci per raggiungere il
Ministero.
Saluto
Ron con un sorriso, prima di andare a cambiarmi ed indossare una divisa più
consona per il lavoro.
Appena
entrata in ufficio, un indaffaratissimo Harry mi saluta immerso da innumerevoli
scartoffie.
«Serve aiuto?», dico sorridendo
amabilmente.
«Sei un tesoro,
Hermione», dice Harry ricambiando il mio sorriso con gratitudine e
porgendomi un ammasso di carte e certificati da compilare.
Vado
a sedermi dietro la mia scrivania di ciliegio.È
ampia, proprio come piace a me. Su questa c’è un computer babbano di ultima
generazione, un porta piume super accessoriato, alcune pergamene bianche ed un
paio di fotografie mie, mie con Harry e Ron e una con me e Ron. È la mia
preferita, si capisce. L’ha scattata Harry quest’inverno, mentre eravamo in
vacanza insieme in uno scialet di montagna. Con noi tre, c’era anche Ginny che
da un bel po' di tempo sta con Harry. Li invidio un po’ per la loro sfacciata
felicità, ma dopo tutto quello che abbiamo passato, anzi soprattutto tutto
quello che Harry ha passato,
se lo merita eccome. E poi il mio fratellone, come lo chiamo io, è innamorato
pazzo di Ginny e lei è innamorata pazza di lui.Mi
chiedo quand'è che si sposeranno...
Sospiro
e in quel preciso istante entra Ron che saluta Harry con un sorriso e poi
sorride anche verso di me. È andato a cambiarsi anche lui, ora indossa la
divisa nera degli Auror con una spilla luminosa raffigurante una “A” bianca in
movimento. Mi ci vuole poco più di mezz’ora per riempire i certificati di
Harry, che non sembra neanche più sorpreso della mia velocità, c’è abituato.
Non c’è molto da fare, per cui inizio a giocare con il computer ad un gioco di
carte babbane: il solitario. Non è il massimo del
divertimento, lo ammetto, ma almeno così posso evitare di guardare Ron per
tutto il tempo. Ora mi viene in mente un detto: “Lupus in fabula”, infatti
eccolo qui, che mette una sedia accanto a me. Evidentemente neanche lui ha
niente da fare. Io lo ignoro, e continuo a giocare imperterrita.
«Hermione? Ti sei
accorta che qui c’è il tuo caro amico Ron?» mi sussurra lui,
pericolosamente vicino al mio viso.
«Come potrei non
accorgermene? Hai la grazia di un elefante quando ti sposti.» dico sbuffando senza
girare la testa dallo schermo del computer.
Ride
di gusto e poi mette un braccio dietro la mia spalla e si avvicina per vedere
meglio quello che sto facendo. Rabbrividisco, senza farlo apposta…Perché deve
farmi quest’effetto? Dannazione, se ne è accorto…che gli dico?
«Hai freddo?» chiede preoccupato.
«Un po’»,mento io, «Credo
di non sentirmi tanto bene.» E difatti, non sto bene, ma per
motivi psicologici e non fisici.
«Fa’ vedere.» dice mettendo una mano
sulla mia fronte. Nonostante sia un contatto così casuale e ingenuo, sento un
altro fremito. È sempre attento con me…anche affettuoso. Ma non nel modo in cui
lo vorrei io.
«Non sembri avere la
febbre.» constata ritirando la mano e accarezzandomi la guancia. Basta,
potrei non essere più responsabile delle mie azioni, smettila. Non lo guardo
ancora, ho smesso anche di giocare al solitario, ora fisso semplicemente lo
schermo e sono immobile sotto il suo tocco.
«Herm? Vuoi andare a
casa? Tanto qui non c’è nient’altro da fare.» prova a dire, vista la
mia mancanza di risposta.
«Non stargli troppo
addosso, Ron!» la voce di Harry , appena tornato nel nostro ufficio irrompe nelle
mie orecchie, «deciderà lei quando andarsene, no?».
«Già, comunque
preferisco andare. A domani ragazzi.» dico sorridendo lievemente ed uscendo
dall’ufficio.
«Comandante Granger!
Va via?» Lizzie,una nuova recluta è davanti a me che mi sorride
cordialmente. È una ragazza carina, coi capelli biondo miele, lisci e lunghi e
gli occhi verde smeraldo. È minuta e bassina, non si direbbe, ma nel
combattimento corpo a corpo è fenomenale!
«Sì, Lizzie, non sto
molto bene.» dico sorridendole lievemente di rimando.
«Hermione!» Sento chiamarmi, mi
giro e vedo arrivare Ron di corsa.
«Cosa c’è?» chiedo preoccupata.
Lui
mi fa un gesto in aria con la mano, come per dire che non è successo niente,
mentre riprende fiato.
«Vuoi che ti
accompagni a casa?» chiede ancora un po’ affannato. «Oh
ciao Lizzie» saluta la ragazza, che arrossisce e ricambia con
un cenno. Credo che Ron le piaccia molto. Lui però sembra non accorgersi del
suo comportamento, guarda me. Un senso di orgoglio ingiustificato mi riempie i
polmoni. Lui si preoccupa solo
per me.
Non
sentendomi rispondere, mentre ero troppo presa dai miei pensieri, Ron mi prende
per un braccio e bofonchia un: «Non sei nelle condizioni di
tornare a casa da sola, perciò ti accompagno che tu lo voglia o no.» Ma non è adorabile?
«Ma no non
preoccuparti, me la cavo.», parlo finalmente, anche se a dire il vero, non
mi dispiacerebbe affatto che mi accompagnasse.
«Ci tengo alla tua
salute, perciò fatti accompagnare!»
Ammicco
verso Lizzie che è stata ad ascoltare tutta la nostra sceneggiata, guardando
costantemente il mio amico. Posso capirla benissimo. Così ancora trascinata da
lui, arrivo di fronte ai camini magici. Guardo Ron di sbieco, come per chiedere
una spiegazione.
«Una
materializzazione potrebbe essere pericolosa se non ti senti bene…chissà dove
andresti a finire!» commenta ridacchiando, prende una manciata di polvere
volante ed io faccio lo stesso. Mi prende per mano e un altro brivido mi
scuote. Inspira, espira, ok, ci siamo, sono tornata consapevole delle mie
azioni. Sono o non sono Hermione Granger la razionale?
«Blackberry
Street 27!» gridiamo insieme, e qualche secondo dopo, siamo tornati a casa
mia. Tossisco un po’ a causa della fuliggine nel caminetto e poi mi pulisco i
vestiti anneriti con la bacchetta, lo stesso fa Ron.
«Sono a casa sana e
salva», gli dico sorridendo. «Grazie.»
«Dovere.», sorride anche lui.
«Ah…» biascico a bassa voce,
con un tono amaro.
«Cosa c’è?» lo vedo perplesso,
forse si sta chiedendo se è stato lui a farmi intristire e perché.
«Pensavo di essere un
po’ più che un dovere…per te.» dico arrossendo e guardandomi i piedi. So
perfettamente che non intendeva dire “dovere” in quel senso…ma voglio sentire
ora cosa dice. Mi faccio coraggio e torno a guardarlo, dire che è rimasto
spiazzato è poco. Sa che aspetto una sua risposta, ma lui si avvicina a me e mi
abbraccia sollevandomi quasi da terra. Sento il suo odore così particolare
penetrarmi nelle narici, mentre le sue braccia forti mi fanno sentire al
sicuro. Wow mi sembra di volare, in tutti i sensi! Si avvicina al mio orecchio
e mi sussurra: «Sei il dovere più piacevole del mondo…».
Oh cavolo! Non mi sento più le gambe. Il respiro si affievolisce, la vista mi
si annebbia. Non capisco più niente. Sento solo un’ondata del suo profumo e poi
svengo tra le sue braccia.
«Hermione!!! Ohi,
Hermione!». Qualcuno mi chiama. Che è successo? Chi ha spento la luce? Cerco
di aprire gli occhi e con un po’ di difficoltà nel focalizzare chi ho davanti,
capisco che è Ron. Sono sul letto, ho la testa appoggiata su due cuscini e lui
mi è affianco dandomi piccoli schiaffetti sulle guance per farmi riprendere.
Quando vede che apro gli occhi, sospira sorridendomi.
«Mi hai fatto
prendere un accidente!» Lo guardo perplessa, che ci fa lui qui?
«Ron, ma che è
successo?» mormoro con voce impastata cercando di alzarmi, ma Ron me lo
impedisce.
«Meglio che rimani a
letto…» mi accarezza una guancia col dorso della mano e senza volerlo
avvampo sotto il suo tocco.
Cerco
di darmi un po’ di contegno sollevandomi meglio sul cuscino e poi lo guardo
inarcando un sopracciglio. «Allora?»
Lui
ride del mio atteggiamento e poi mi risponde: «Sei svenuta.»
Strabuzzo
gli occhi, non ero mai svenuta prima in vita mia! «Davvero?
Quando? Come?»
«Piano con
l’interrogatorio signorina Granger…una domanda alla volta!», sorride e io
deglutisco consapevole che se continua a sorridermi così, sverrò un’altra
volta.
«Non ti ricordi
niente?» mi chiede poi apprensivo.
«No, cioè sì…» arrossisco fortemente «Mi
hai abbracciata.»
«Bene, pensavo avessi
perso la memoria!»
«Ehi, che credi, non
mi faccio mica abbattere da uno svenimento!» Ne sei proprio sicura
Hermione? Ti è bastato abbracciarlo per perdere i sensi! No, non ne sono più
sicura. Quando c’è in ballo Ron non sono mai sicura di niente.
«Comunque, è tutto
merito di Harry, è stato lui a consigliarmi di accompagnarti» confessa lui ridendo
quasi nervoso.
Allora
non è stata un’iniziativa sua…ecco mi sono di nuovo immaginata tutto. Che
illusa che sono…avrei dovuto capirlo subito.
«Già, ringrazierò
anche lui.» dico con voce soffocata, sto per mettermi a piangere, ma non devo
farglielo capire, avrei preferito non svegliarmi più e rimanere svenuta per un
altro po’.
Guardo
i suoi occhi azzurri scrutarmi per qualche secondo, poi dice: «Dai,
ora vado, ti lascio riposare, se non stai bene non esitare a chiamarmi, eh» mi
fa l’occhiolino dandomi un bacio in fronte.
Chiudo
gli occhi, stringendoli, no, non devo piangere.
CRACK!
Una
lacrima, seguita da mille altre mi attraversa il viso, ma lui se n’è già
andato.