Un
urlo agghiacciante squarciò l’aria, facendola
vibrare per
alcuni interminabili secondi.
Il
silenzio che ne seguì fu quasi più inquietante.
Tre
uomini se ne stavano seduti davanti al caminetto, i loro visi
erano maschere di tensione e il fuoco giocava con le ombre della
stanza,
facendole allungare e rimpicciolire a suo piacimento.
Un
secondo urlo violentò l’aria e l’uomo
che sedeva sulla poltrona
strinse i braccioli fin quasi a farsi diventare bianche le nocche.
Strinse
anche i denti, mentre un sentimento di rabbia e impotenza prendeva
possesso
della sua mente stanca.
-Andrà
tutto bene, Ted, vedrai- lo tranquillizzò quello che gli
sedeva accanto, sorridendogli fiducioso. I suoi capelli erano
così arancioni da
confondersi con la luce rossiccia diffusa dal fuoco nel caminetto.
-Le
donne partoriscono tutti i giorni- sbottò il terzo,
alzandosi
in piedi e avvicinandosi alla finestra. Il suo volto duro e affilato si
riflesse nel vetro, restituendogli la sua immagine distorta e confusa.
Improvvisamente
il fuoco del caminetto divenne di un verde
accecante e una figura alta e slanciata prese forma tra il fumo.
Un
ragazzo di nemmeno vent’anni, bello e con i capelli
così chiari
da sembrare bianchi entrò nella stanza con lentezza, facendo
dondolare un
bastone scuro che poco gli serviva.
-Rodolphus,
Arthur, Ted- salutò i tre uomini uno a uno,
rivolgendosi dapprima con un sorriso all’uomo alla finestra,
poi con
un’espressione indecifrabile a quello con i capelli rossi e
infine con palese
disprezzo all’uomo in poltrona.
-Sei
in ritardo- lo accusò immediatamente Rodolphus, stringendo
gli occhi fino a ridurli a due fessure.
-Chiedo
scusa, sono stato al Black Manor- disse lentamente, con il
tono di voce strascicato tipico della sua casata.
-Lucius?-
chiamò improvvisamente una ragazza bionda facendo
capolino dalle scale con un’espressione sconvolta e una
cascata di capelli
color del miele raccolti sopra la testa.
-Cissy-
mormorò il ragazzo, scostandosi i capelli corti dagli
occhi.
-Cosa
ha detto la mamma?- indagò subito Cissy scendendo le scale e
andando incontro al fidanzato.
Ted
alzò gli occhi con un ritrovato interesse, sentendo parlare
della suocera.
-Non
verrà- rispose semplicemente Lucius.
Il
silenzio cadde pesantemente nella stanza. Ted non poté
evitare
di pensare che certi maghi erano proprio degli ottusi.
Narcissa
e Bellatrix erano state capaci di mettere da parte gli
antichi rancori per una notte, e giungere al capezzale della sorella
per
aiutarla nel parto e almeno conoscere il nipote, prima di sparire per
sempre.
Ma
i coniugi Black no. Loro non erano stati in grado di accettare
il matrimonio della loro secondogenita con un nato
babbano . Un sudicio
mezzosangue, come lo aveva
amabilmente definito sua suocera la prima volta che si era presentato.
-Oh-
gemette Narcissa -Beh, c’era da aspettarselo, no?
-Mi
dispiace, tesoro- la abbracciò Lucius.
Ci
fu un momento di silenzio che fu rotto poco dopo dalla voce
gracchiante di una donna che scendeva le scale con foga:
-Arthur!-
gridò comparendo alla vista degli uomini. Era una donna
ben fatta, con un grosso seno, grossi fianchi e una matassa di capelli
rossi.
Stringeva tra le braccia un bambino di circa tre anni, che rideva
muovendosi
come un indemoniato tra le braccia della madre -Come ha fatto William a
venire
di sopra?
Il
rosso lanciò un’occhiata perplessa alla
carrozzina, dove
riposava placidamente il suo secondogenito, convinto di aver lasciato
il bimbo
che si agitava addosso alla moglie nella poltrona lì
accanto. Addormentato.
-Non
ne ho idea- ammise semplicemente guardando con un
sopracciglio alzato la donna.
-Io
un’idea la avrei! Non l’hai tenuto
d’occhio!- si infuriò lei,
depositando il piccolo sulle ginocchia del padre.
-Come
sta andando, Molly?- chiese improvvisamente Ted, alzandosi
in piedi mentre si tormentava le mani, stringendosi le dita.
-Tutto
come de regolamento, caro- trillò la donna, improvvisamente
allegra -Narcissa, c’è bisogno di te! Fra poco
bisognerà iniziare a spingere e
Dio solo sa quanto sia dannatamente difficile!
Le
due donne scomparvero di nuovo lungo le scale. Lucius si
lasciò
cadere sulla poltrona, con un tonfo sordo. Il bambino si diresse
immediatamente
verso di lui, identificandolo nella sua innocenza come la persona
più vicina
alla sua età.
-Ti
va di giocare?- chiese in una lingua stentata, con la sua
vocetta infantile, porgendo un cavaliere animato al ragazzo biondo.
Lui
si girò e lo guardò assorto per qualche istante.
-Non
mi piacciono i bambini- disse, prima di voltarsi dall’altra
parte. Il piccolo abbassò gli occhi deluso e corse di nuovo
dal padre, che lo
raccolse nelle sue grandi braccia e lo lasciò stringere al
suo petto.
-E
come farai a mandare avanti la “nobile casata dei
Malfoy”,
Lucius?- indagò Arthur Weasley, nervoso per come il ragazzo
aveva trattato suo
figlio.
-Narcissa
ed io avremo un solo bambino, maschio- rispose
tranquillamente il ragazzo -Sarà il perfetto erede della mia
casata, il
perfetto studente, il perfetto giocatore di Quidditch. E
sarà educato- aggiunse
poi lanciando un’eloquente occhiata al bimbo con i capelli
rossi in braccio
all’uomo di fronte a lui.
-E
se dovesse nascere femmina?- chiese Arthur, decidendo di
ignorare le provocazioni che quel ragazzo pieno di se’
continuava a lanciargli.
-Non
sarà femmina, Arthur- sorrise lui -Esistono delle pozioni
che
influenzano sul sesso del bambino. Dovresti saperlo, Arthur. Che razza
di mago
sei?
Rodolphus
rise mentre Arthur diventava dello stesso colore dei
suoi capelli. Ted invece stava assumendo un colorito per niente sano,
divorato
dall’ansia per la moglie.
Passò
qualche altro minuto di silenzio, poi Rodolphus prese
parola:
-Bella
e io stiamo tentando di avere un bambino. A me non importa
di che sesso sia, mio fratello ha già avuto un maschio e
sarà lui a mandare
avanti la casata dei Lestrange. Solo non ci stiamo riuscendo.
-C’è
tempo- disse semplicemente Arthur -Siete ancora giovanissimi.
Avete tutto il tempo che volete per fare un bambino.
-Credo
che Bellatrix abbia acconsentito a venire solo per vivere
l’esperienza di un parto- continuò lui senza
ascoltare il più grande -Lei crede
di essere sterile.
Un
altro urlo risuonò nelle pareti della stanza. Il bambino
piccolo che dormiva nella culla si mise improvvisamente a piangere.
Arthur si
alzò e lo prese in braccio, avvolgendolo in una copertina
gialla con ricamato
il nome dell’altro figlio.
Cercò
di nascondere il ricamo ma gli occhi di Lucius Malfoy
saettarono dritti su quel dettaglio, mentre le sue labbra si piegavano
in un
sorrisetto beffardo.
Un
ultimo, inesorabile, tremendo urlo fu accompagnato dal tipico
pianto di un bambino.
-È
nato- disse Ted, alzandosi in piedi. Non sapeva cosa fare, come
comportarsi, cosa dire. Si era semplicemente messo in posizione eretta
e
aspettava che qualcuno gli desse ordini.
-Congratulazioni,
vecchio mio!- festeggiò Arthur abbracciandolo,
mentre teneva il bambino in equilibrio sul braccio e cercava di
dondolarlo per
farlo calmare.
-Congratulazioni-
sorrise Rodolphus da lontano, invidioso della
gioia dell’uomo che non era più nemmeno in grado
di parlare.
Lucius
si alzò in piedi e strinse la mano a colui che presto
sarebbe stato suo cognato, congratulandosi per la nascita del futuro
nipote. La
creatura che lo avrebbe chiamato zio se solo il destino non fosse stato
avverso.
Molly
scese le scale come un tornado, stringendo Ted in un
abbraccio strettissimo.
-Vuoi
sapere se è maschio o femmina?- gli chiese.
Ted
scosse la testa lentamente, voleva sentirselo dire da Meda.
-Vai
allora!- lo incitò la donna mentre gli dava una spintarella
e
si avvicinava al marito -Charlie lo prendo io! Tu occupati di Bill:
credo che
stia cercando di mangiare uno zellino!
Mentre
Ted usciva dal salotto come un automa, Arthur si
precipitava a togliere la moneta dalla bocca del figlio tra le risate
di Lucius
Malfoy.
Sulle
scale, il neo-papà incontrò le sorelle Black che
scendevano.
Narcissa
era una donna davvero bellissima; Lucius aveva scelto
proprio bene colei che gli avrebbe dato il suo unico figlio.
Immaginò per un
attimo il
bambino: con i capelli biondissimi, gli occhi chiari del padre e la
pelle
lattea della madre. Un bambino dolce, aggraziato ed etereo, esattamente
come la
donna che aveva di fronte.
Gli
sarebbe piaciuto conoscerlo, un giorno. Ma sapeva che
probabilmente quella era l’ultima volta che vedeva i futuri
coniugi Malfoy.
Bellatrix
era un’altri tipo di bellezza. I boccoli scuri le
cadevano disordinatamente ad incorniciare il viso pallido e rotondo.
Gli occhi
scuri e penetranti spiccavano come buchi neri in quella pelle bianca e
il
fisico esile somigliava tantissimo a quello della sua Meda.
Gli
occhi di Narcissa erano inondati dalle lacrime. Teneva una
mano sulla bocca e l’altra era stretta a quella della sorella
più grande, che
lo guardava impassibile.
Ted
si spostò per farle passare e le due giovani donne
continuarono a scendere, in una nuvola di vesti, fino a raggiungere i
rispettivi uomini, che le strinsero in un abbraccio affettuoso.
Bellatrix
entrò nel caminetto senza nemmeno girarsi.
Pronunciò
l’indirizzo della sua casa e sparì in una nuvola
di fumo verde insieme al
coniuge.
Lucius
stava prendendo in mano una manciata di Metropolvere ed era
già pronto a partire quando la fidanzata si voltò
indietro velocemente,
fissando i suoi occhi turchesi in quelli scuri di Ted.
-Addio-
mormorò solamente, prima di seguire l’uomo che
amava e
tornare alla vita che aveva scelto.
Arthur
e Molly seguirono la scena con gli occhi poi si rivolsero
all’amico:
-Noi
andiamo, Ted, vi lasciamo in pace.
-Grazie
di tutto, ragazzi. Molly, davvero- balbettò l’uomo.
-Vai
da tua moglie, imbecille, e smetti di ringraziarci- rise
Molly, prima di far evanescere la culla e uscire in giardino con il
piccolo in
braccio.
Lo
schiocco tipico della Smaterializzazione risuonò vibrando
nell’aria consumata della stanza.
-Ted?-
chiamò una voce gracchiante e stanca, dal piano superiore.
Il
mago, il nato babbano, raggiunse la camera da letto dove
giaceva la moglie salendo le scale due a due, improvvisamente
impaziente di
conoscere il figlio.
Spalancò
la porta con violenza, facendo però attenzione a non
farla sbattere,e l’immagine della donna che amava, la donna
che aveva
rinunciato alla sua famiglia per lui, gli comparve davanti agli occhi.
Andromeda
Black, ora Andromeda Tonks, stava seduta con la schiena
appoggiata a un cumolo di cuscini. I capelli castani se ne stavano
adagiati
disordinatamente dietro di lei, i ciuffi della frangetta appiccicati
alla
fronte.
Il
viso giovane della donna era incredibilmente stanco e sudato ma
esprimeva una gioia che andava oltre ogni immaginazione.
Spostò
il braccio, per mostrare al marito il fagotto di lenzuola
che teneva stretto al petto.
Ted
avanzò di qualche passo, sconcertato e ammaliato da quel
cumolo di vesti che, sapeva, nascondeva un bambino o una bambina.
Si
arrampicò sul letto e si sedette accanto alla moglie. Sporse il collo per vedere
il viso della
creaturina.
Il piccolo se ne stava
sveglio, con gli occhi di un marrone liquido bene aperti, e un ciuffo
di
capelli neri ritto in testa.
-È
una bambina, Ted- mormorò Meda appoggiando la testa alla
spalla
del marito. La sua voce non riusciva a nascondere
l’incredibile gioia e
l’orgoglio che provava nel profondo dell’anima.
Ted
Tonks, per la prima volta in vita sua, non riusciva a
muoversi, a reagire.
Una
bambina. La sua principessa.
Aveva
sempre detto che sarebbe stato contento di avere sia un
maschio che una femmina; ma in quel momento, quando guardò
negli occhi sua figlia
capì che era tutto quello che
aveva sempre desiderato.
Una
bambina.
Un
piccolina da portare alle giostre babbane e da aiutare a salire
sul cavalluccio o sulla carrozza, una bimba da vestire come una
principessa il
giorno di Carnevale o a cui fare indossare vestitini rossi e verdi il
giorno di
Natale, una bambina da accompagnare il suo primo giorno di Hogwarts,
mano nella
mano col suo papà, e darle un bacio sulla guancia.
Ted
sentì il suo cuore farsi grande e pieno d’amore,
per la donna
che stringeva tra le braccia e la creatura che gli aveva appena donato.
-Ti
amo, Ted- disse improvvisamente Andromeda, strusciando la
testa sulla sua spalla.
-Anche
io ti amo, Meda- soffiò Ted con voce dolce -Sei la cosa
migliore che mi sia mai capitata.
Meda
rise e sollevò la bambina all’altezza degli occhi,
poterle
dare un bacio sulla piccola guancia paffuta.
-Hai
visto, piccolina? Questo è il tuo papà-
mormorò all’orecchio
della bambina, che si voltò a guardare Ted come se avesse
capito di cosa
stessero parlando.
Improvvisamente
i suoi capelli passarono dal nero petrolio al
biondo scuro, un colore identico a quello della capigliatura di Ted.
-Hai
visto?- chiese Meda trattenendo il fiato.
-Metamorfomagus-
sussurrò semplicemente Ted, guardando con un
affetto indicibile quella bambina che aveva appena tentato di diventare
come
lui. Come il suo papà.
Ted
tese in avanti le braccia e la moglie gli passò la piccola
sorridendo.
La
creatura sorrise mentre veniva passata di mano in mano e i suoi
occhi assunsero il colore cristallino di quello di Meda.
-Come
la chiamiamo?- chiese suo padre, ridendo.
-Pensavo
a Ninfadora- ammise Andromeda piegando la testa.
-Pensavi
a che?- quasi urlò Ted, facendo agitare la figlioletta
tra le sue braccia.
-Non
gridare, Ted!- lo riprese Meda -Ho detto che mi piacerebbe il
nome Ninfadora!
-E
che nome è!?- domandò stizzito Ted, mentre
immaginava la
professoressa McGranitt che gridava “Ninfadora
Tonks” il giorno dello
Smistamento. Tutto sommato suonava bene.
-L’ho
appena inventato ok?- sbottò Meda -Sono una donna originale,
io!
-È
per questo che ti ho sposata, cara- ridacchiò Ted, ma
Andromeda
rimase seria.
-E
poi è tradizione dei Black dare ai figli nomi di
costellazioni-
sussurrò la donna guardando il cielo stellato fuori dalla
finestra -Cissy mi
stava dicendo che chiamerà suo figlio Draco, quando lei e
Lucius ne avranno
uno.
-Anche
Narcissa è una donna originale- commentò Ted,
cercando di
mascherare le risate che gli sorgevano al pensiero di un nipotino di
nome
“Draco Malfoy”.
-Non
voglio più avere a che fare con i miei genitori, dopo tutto
quello che hanno fatto per ostacolarci, ma mi piace questa tradizione.
E
Ninfadora è un nome bellissimo.
-Si,
è bellissimo- acconsentì Ted, stampando un bacio
sulla fronte
della piccola che si era appena addormentata.
-Allora
va bene?- chiese speranzosa la moglie. I suoi occhi
brillavano mentre guardava l’uomo che aveva sposato, andando
contro tutto e
tutti, con la speranza nel cuore.
La
speranza di una vita finalmente insieme e finalmente felice.
-Va
bene- rispose Ted sorridendole dolcemente.
Le
loro labbra carnose si incontrarono in un bacio semplice e
casto, il bacio che i genitori si scambiano davanti ai figli.
-Mi
dispiace solo che questa bambina non avrà dei nonni-
mormorò
Meda staccandosi da Ted.
-Abbiamo
dei genitori imbecilli, amore, non è colpa nostra- disse
il ragazzo -Non avranno mai l’onore di conoscere questa
meraviglia.
-Hai
sempre ragione tesoro- rise Andromeda.
-Lo
so- ammise con falsa modestia, scoppiando a ridere -È per
questo che mi hai sposato!
-Oh,
no!- mormorò Meda con voce roca -Ti ho sposato
perché sei
l’uomo più affascinante, intelligente, dolce e
amorevole che io abbia mai
conosciuto. E sono certa che sarai un ottimo padre, Ted.
Gli
occhi scuri del giovane mago si illuminarono di infinito amore
per la ragazza che aveva scelto. Che lo aveva scelto, in
realtà.
Si
sporse in avanti e fece combaciare di nuovo le loro labbra
giovani, labbra che sarebbero invecchiate insieme.
Poi
si voltarono entrambi a guardare la figlia, la spettacolare
creatura che avevano dato al mondo in quella notte tersa e senza luna,
dove le
stelle brillavano come diamanti nel cielo.
-Benvenuta
al mondo Ninfadora- mormorano quasi in coro, con i
volti illuminati da meravigliosi sorrisi straripanti d’amore.