Fandom:
Supernatural.
Pairing/Personaggi: Castiel/ Dean, Bobby/Crowley, Balthazar, Sam.
Rating:
Pg.
Beta:
Koorime (la martire ♥).
Genere:
Introspettivo, Romantico, Storico.
Warning: World War II!AU, Pre-Slash.
Words:
1663 (fiumidiparole).
Summary:
Seconda guerra mondiale: Dean Winchester è un tenente dell’esercito americano,
di stanza a Londra, e sta cercando l’aviatore che un mese prima gli ha salvato
la vita.
Note:
Scritta per il prompt Differente tempo
storico della mia Tabellina
Generale presa da auverse e
per la prima
settimana della COW-T
2 di maridichallenge,
Missione 1: Guerra – Team Magic
Sticks.
Il
titolo della storia è tratto da Lili
Marleen, la canzone che viene citata più volte nel testo. Durante la
seconda guerra mondiale, questo brano venne considerato “la canzone di tutti i
soldati” e la famosa attrice Marlene Dietrich la cantò per gli alleati.
Note inutili:
Ho associato i tre corpi dell’esercito a Paradiso, Terra e Inferno, quindi gli
angeli sono in aviazione, i cacciatori nell’esercito e i demoni in marina.
DISCLAIMER:
Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Aus dem stillen Raume
«Unsere
beide Schatten sah’n wie einer aus, dass wir so lieb uns hatten, das
sah man gleich daraus. Und alle Leute soll’n es seh’n, wenn wir bei der
Laterne steh’n. Wie einst Lili Marleen». [1] cantava la biondina sul palco,
dietro il grande microfono.
Non a livello di Marlene Dietrich,
pensò Dean, ma non male. Si massaggiò
distrattamente la spalla dolorante, colpita un mese prima durante un’imboscata,
osservando i suoi compagni d’arme danzare con le ragazze più belle di Londra.
«Non
balli?» gli domandò suo fratello, affiancandolo, impeccabile nella sua divisa da
guardiamarina.
«Sai
che non fa per me» rispose, senza voltarsi a guardarlo. «Ehi, Sammy, quella non
è la tua crocerossina?» domandò per distrarlo, indicando la bella sventola
all’angolo della sala, che chiacchierava con un’amica.
Lui
arrossì, borbottando qualcosa che sembrava: «Jess non è mia, Dean».
«Oh,
siamo già ai nomignoli, vedo. Avanti, fesso, va lì ed invitala a ballare»
replicò lui, sospingendolo in quella direzione.
Sam
borbottò un’imprecazione al suo indirizzo, ma si accostò alla ragazza ed
attaccò bottone. Dean sorrise soddisfatto e si mise di nuovo a scrutare la
folla. Stava cercando una persona in particolare, l’unico problema era che non
era a conoscenza di che aspetto avesse. Sapeva solo che era un uomo, un
capitano dell’aviazione americana, per essere più precisi, quindi stava
controllando i gradi sulle giacche di chi gli passava davanti, più che le
facce.
«Cerchi
qualcuno, ragazzo?» chiese una voce burbera alle sue spalle.
«In
realtà, sì, Capitano» ammise l’interpellato voltandosi per incontrare lo
sguardo di Robert Singer, suo diretto superiore, nonché vecchio amico dei suoi
genitori. «Sto cercando il tizio che mi ha salvato il culo» concluse in tono
più confidenziale, non appena furono fuori portata d’orecchio altrui.
«Il
Capitano Mitchell» [2] disse
quindi Singer, guardandosi attorno come lui.
«Esatto,
ma non so che faccia abbia» confermò Dean.
«L’Angelo dell’Aviazione» borbottò Bobby
«Lo chiamano così, lo sai? Dicono che in aria sia straordinario. Un autentico
soldato di Dio. Ha perfino il nome di un angelo. Castiel o Cassiel…
qualcosa del genere».
«Così
dicono, Signore» rispose il Tenente, con un mezzo sorriso. Nessuno dei due si
fidava delle voci di seconda mano, preferivano farsi un’idea propria. «Voglio
solo ringraziarlo, sa».
«È
naturale» osservò il Capitano «Eccolo laggiù» continuò indicando un tizio
dall’aria piuttosto anonima, in fondo alla sala.
«Grazie,
Signore» rispose Dean, chinando il capo, pronto ad allontanarsi.
«Tenente
Winchester» lo richiamò Singer «A prescindere dalla fama di quel tizio, sono
felice che il tuo culo sia a posto».
Il
ragazzo gli rivolse un sorriso sincero, prima di fargli il saluto militare e
congedarsi.
Osservò
meglio il suo obbiettivo, mentre lo
avvicinava: aveva i capelli scuri ed arruffati, un po’ troppo in disordine per
essere quelli di un ufficiale graduato, come se avesse appena terminato un volo
di ricognizione; la divisa era in parte coperta da un soprabito beige, motivo
per cui non gli era stato possibile notare i gradi sul petto; aveva un volto
regolare, dai tratti vagamente sovietici, labbra piene e screpolate dal vento,
e due occhi blu come il cielo, piuttosto impressionanti.
Stava
parlando con un tizio alto e biondo che portava i gradi di tenente sulla divisa
dell’aviazione. O, per meglio dire, il Tenente chiacchierava ed il Capitano
sembrava sopportarlo con pazienza divina.
«Scusate,»
li interruppe Dean «il Capitano Mitchell?» chiese conferma.
«Sì,
sono io» rispose l’uomo indicatogli da Singer.
«Hai
amici nell’esercito, ora, Cassie?» domandò il Tenente dell’aviazione, con un
ghigno divertito.
Dean
si accigliò, seccato. Lui non era interessato alle beghe tra i vari corpi
militari; se reputava qualcuno un idiota, gli stava sulle palle a prescindere
dal fatto che facesse parte dell’esercito, della marina o dell’aviazione. E
quel tizio era un idiota.
Ma
il Capitano Mitchell non stava ascoltando l’amico, osservava Dean con aria
contemplativa. «Il Tenente Winchester» lo riconobbe, allora, e gli tese la
mano.
Lui
la strinse, imbarazzato. Non si aspettava che quell’uomo si ricordasse di lui. «Sì,
io…» smozzicò, preso alla sprovvista «… non ho ancora avuto occasione di
ringraziarla, Capitano».
«Castiel.
Sono solo Castiel, per te» lo
corresse questi, coprendo la sua mano anche con quella libera e trattenendolo
un momento più del consueto. «Questo ragazzo è rimasto indietro per salvare i
suoi uomini, Balthazar» spiegò all’amico, continuando tuttavia a scrutare Dean
negli occhi «Si è preso tre colpi alla spalla, poco sopra il cuore, per dare
loro il tempo di ritirarsi».
«Ah,
ecco perché hai un debole per lui. Ti piacciono giovani ed intrepidi» sogghignò
il Tenente, dandogli una pacca sulla spalla, a cui il superiore rispose con un
occhiata tutt’altro che divertita «Be’, ora che hai trovato compagnia, vado a spassarmela»
annunciò, incurante, facendogli l’occhiolino.
Castiel
aspettò che si allontanasse, poi tentò di scusarlo: «Perdonalo, a volte Balthazar
sa essere un po’…» s’interruppe, a corto di parole o troppo beneducato per
denigrare un amico.
«Idiota»
completò Dean per lui.
«Sì»
ammise il Capitano, serio e compito.
«Posso
offrirle da bere, Signore?» propose lui, cambiando argomento.
«Solo
se smetti di chiamarmi Signore».
«Posso
offrirti da bere, Cas?» riformulò
Dean.
Questi
frullò le ciglia – incredibilmente lunghe e scure, notò lui –, poi gli angoli
della sua bocca si piegarono in un accenno di sorriso. «Non hai mezze misure,
vero?»
«No,
non mi vengono bene» ammise il ragazzo.
Mentre
attraversavano la sala per raggiungere il pianobar, diversi ragazzi li
fermarono per salutare Castiel, scambiandoci anche solo una parola o due, o un
cenno di rispetto con il capo.
«Sei
molto stimato» osservò Dean.
«Ho
concesso ai miei uomini questa serata di svago, dal momento che domani abbiamo
una breve missione» spiegò il Capitano.
«Qualcosa
di pericoloso?» chiese il Tenente, non per impicciarsi degli affari
dell’aviazione, ma per sincera apprensione. Ed era strano – ne era ben
cosciente –, perché lì erano tutti pronti a morire; dovevi esserlo, se facevi
quel mestiere.
«Normale
routine,» rispose il suo nuovo amico «ma chi può sapere cosa accadrà lassù, di
questi tempi, giusto?»
Se
Dean fosse stato una ragazza, avrebbe pensato che Castiel stesse cercando di
impressionarlo, invece gli occhi di quell’uomo erano seri ed assorti mentre si
alzavano al soffitto, come se il suo sguardo potesse superare la pietra per
raggiungere i palloni aerostatici che sorvegliavano i cieli di Londra.
«Beviamoci
su» suggerì Dean, dandogli una pacca su una spalla. «Scotch?»
«Sarebbe
perfetto» rispose il Capitano, rivolgendogli di nuovo quel sorriso appena
accennato, ma che in qualche modo riusciva a sembrare più vero di tanti altri –
innocente, quasi.
Poi
l’avviatore gli chiese come lui ed i suoi uomini fossero caduti nell’imboscata
in cui era stato ferito, quindi il Tenente si lanciò nel racconto dettagliato.
Era quasi giunto alla parte più cruenta, quando, d’un tratto, l’odiato suono
delle sirene riempì l’aria.
Dean
e Castiel intrecciarono gli sguardi, mentre attorno a loro le donne e perfino
gli uomini addestrati impazzivano, accalcandosi verso le porte della sala da
ballo per raggiungere le scale che li avrebbero portati ai rifugi antibombardamento.
«Dobbiamo
riportare la calma» asserì il Capitano, pragmatico «Di questo passo, qualcuno
verrà calpestato nella foga».
Dean
annuì e cominciò a chiamare i suoi uomini a gran voce, ordinando loro di
accompagnare ognuno una ragazza e lasciare ordinatamente la sala. Più in là,
vide suo fratello passare un braccio attorno alle spalle di Jessica, la
crocerossina, ed accompagnarla verso la porta, e Bobby sbraitare ordini,
riscuotendo i presenti dal terrore e spronandoli a darsi da fare.
Dopo
qualche minuto, riuscirono a radunare tutti i presenti nel rifugio, mentre i
fragori delle bombe che cadeva dal cielo iniziavano a scuotere il terreno sopra
di loro. Le signore nascondevano il viso contro le giacche dei soldati o si
stringevano alle amiche, gli uomini soli si riunivano negli angoli a fumare
nervosamente, solo qualche gemito e bisbiglio angosciato rompeva il silenzio.
Dean
notò il Capitano McLeod, il superiore di Sam, avvicinarsi alla cantante che li
aveva intrattenuti durante alla festa e sussurrarle qualcosa all’orecchio.
«Io…
non so se è il caso, Signore» rispose lei, con voce spaventata.
«Preferisce
restare qui a tremare? Ci dia qualcosa di più carino di questo casino da
ascoltare» insistette.
«Musica,
Crowley? Non mi sembra il momento di ballare» lo riprese bruscamente Singer,
usando il suo soprannome.
«Se
dobbiamo morire, Robert, tanto vale farlo con un sottofondo decente» rispose
l’interpellato con un sogghigno.
«Fergus…» ritentò in tono più duro, quasi
un ringhio. Di solito tanto bastava a spaventare i suoi uomini, ma Crowley non
era tipo da lasciarsi facilmente impressionare.
«Rawr, anche a te, tesoro» replicò,
infatti, noncurante.
Bobby
sbuffò dalle narici, forse nel tentativo di trattenersi dal prenderlo a pugni –
e Dean non lo biasimava affatto –, ma intanto la ragazza si alzò e domandò
qualcosa ad un ragazzo, che il Tenente riconobbe come un sassofonista. Questi
prese il suo strumento e cominciò a darsi da fare, mentre la cantante a poco a
poco ritrovava la voce.
«Deine Schritte kennt
sie, deinen zieren Gang alle Abend brennt sie, doch mich vergaß
sie lang und sollte mir ein Leids gescheh’n wer wird bei der Laterne
steh’n mit dir, Lili Marleen?» [3]
Una
mano gentile si poggiò sulla spalla di Dean e lui si voltò per ritrovare gli
occhi blu di Castiel.
«Ti
avevo perso di vista» gli disse questi.
«Mi
stavi cercando?» chiese il ragazzo, sorpreso.
«Ero
preoccupato» ammise Castiel, le sue labbra si strinsero per un leggero
imbarazzo e sviò lo sguardo, cosciente che non ci fosse davvero motivo per la sua
apprensione; Dean era un soldato addestrato, sapeva cosa fare.
Lui
non riuscì a trovare una risposta adeguata, a dispetto della sua lingua sempre
pronta. All’improvviso fu solo molto cosciente che da lì a qualche ora – o domani, o tra qualche giorno, che
differenza fa? – sarebbero potuti essere morti, ed il tempo non sembrava abbastanza.
Abbastanza per cosa?, si chiese. Non lo sapeva, ma non
sembrava avere davvero importanza. Strinse un lembo del soprabito di Castiel e
si addosso leggermente a lui, con discrezione, spalla contro spalla. In
silenzio, nascosto dalle pieghe del cappotto, il Capitano strinse la sua mano e
Dean chiuse gli occhi.
Al
momento, quella stretta gentile e decisa sembrava l’unica cosa importante al
mondo.
«Aus
dem stillen Raume, aus der Erde Grund hebt mich wie im
Traume dein verliebter Mund. Wenn sich die späten Nebel
drehn werd’ich bei der Laterne steh'n wie einst, Lili Marleen». [4]
FINE.
[1] «Prendi una rosa da tener sul cuor, legala col filo dei tuoi capelli
d'or. Forse domani piangerai, ma dopo tu sorriderai. A chi, Lili Marleen?»
(Marlene Dietrich – Lili
Marleen)
[3] «Quando nel fango debbo camminar, sotto il mio bottino mi sento vacillar. Che cosa mai sarà di me? Ma poi sorrido e penso a te, a te, Lili Marleen.» (Marlene Dietrich – Lili Marleen)
[4] «Se chiudo gli occhi, il viso tuo m’appar come quella sera nel cerchio del fanal. Tutte le notti sogno allor di ritornar, di riposar, con te, Lili Marleen.» (Marlene Dietrich – Lili Marleen)