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Autore: weasley_serpeverde    24/01/2012    0 recensioni
Questo è il primo capitolo di 'BRYAN PEVERALL'.. è una saga fantasy mia originale (©DELGIUDICE_2011).. divertitevi a leggerla :P
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte era tranquilla. C'era una leggera brezza estiva. Ma ormai l'estate era finita, almeno secondo alcuni. Nel buio di Heriot Street si delinearono improvvisamente due figure. “Sei sicuro che sia la scelta giusta?” Disse una delle due figure incappucciate. Una aveva in braccio un bambino. La strada era poco abitata e scarsamente illuminata. Tra le poche case abitate c'era anche il numero 7. Era una villetta unifamiliare su due piani. Aveva davanti un piccolo portico. La figura più alta si tolse il cappuccio. Era un uomo alto e magro. Si capiva che era anziano dalla faccia consumata dal tempo e dai folti capelli bianchi e dalla lunga barba grigia. Si riuscivano a malapena a riconoscere nel buio della notte. Tuttavia riuscivano lo stesso a muoversi come se fossero in pieno giorno. Harel e Sirius Fley si stavano dirigendo verso la casa dei Perevall. Sirius teneva in braccio suo figlio. Era un bambino di appena due anni. Era un po' nascosto dal grande abito verde scuro del padre e protetto dal mantello grigio che indossava Sirius. Aveva i capelli leggermente argentati, ma predominava il colore scuro dei capelli di suo padre. “Sei davvero convinto di quello che stiamo facendo Sirius?” Chiese sua moglie Harel con un tono rassegnato. “Siamo costretti, mia cara Harel – le rispose Sirius sospirando amaramente – sai che con noi sarebbe solo in pericolo.” E così detto appoggiò il bambino sul secondo scalino del piccolo portico. Insieme appoggiò anche un biglietto. C'era scritto di avere sempre cura del bambino e riportava le firme di entrambi. Dopo averlo lasciato, Harel si mise a piangere. Era la disperazione di una madre che deve lasciare suo figlio, forse per sempre. Le due persone si rimisero i cappucci dei loro mantelli e si prepararono per ritornare da dove erano venuti. Ma all'improvviso apparve dal nulla un uomo. Era abbastanza giovane, ma sembrava anche lui un uomo anziano. Indossava lui un mantello nero con raffigurato un drago pieno di aculei. Il mantello lo copriva quasi del tutto. Si vedeva solo un braccio. Nella mano destra aveva una bacchetta lunga non più di una ventina di centimetri. La rivolse contro Sirius e la agitò in senso orario. E dalla bacchetta uscì un lampo grigio che si diresse contro Sirius, ma Harel si gettò avanti a suo marito e il lampo colpì lei e non Sirius. Allora l'uomo col mantello col drago svanì nel nulla sghignazzando. Harel era distesa ai piedi del marito ed era senza vita. Sirius era distrutto dal dolore. Vedeva i capelli dorati della moglie che ricoprivano l'azzurro dei suoi occhi spenti. Quasi pensò di togliersi la vita con una fiala di veleno che portava sempre con sé, ma poi pensò a suo figlio e decise di non farlo. L'unica cosa che fece fu di prendere sua moglie fra le braccia e di svanire nel nulla. Le braccia della donna cadevano senza forza e il corpo diventava sempre più freddo. Nessuno si accorse di quello che era successo quella notte. Tranne il bambino. Si era svegliato e aveva visto tutta la scena. Era una vista talmente cruenta che gli rimase un segno visibile di quella notte: il rosso del sangue materno aveva tinto la pupilla dei suoi occhi. Il mattino dopo il signor Perevall si alzò di buon mattino. Fece colazione con le uova e la pancetta, come sempre. Tra le camicie scelse quella più anonima che riuscì a trovare nel cassetto. Prese anche la sua cravatta preferita: era grigio chiaro e aveva ricamata la sua iniziale. Sembrava una cravatta triste, ma a lui piaceva. Non riuscì ad allacciare tutti i bottoni della camicia. Il signor Perevall stava ingrassando molto negli ultimi tempi e quella ne era la prova. Stava per uscire di casa, quando si ricordò di doversi fare la barba. Dopotutto era lunedì e lui non aveva l'abitudine di radersi la domenica. Di solito dormiva fino a mezzogiorno. Andò in bagno e iniziò la rasatura. Quando ebbe finito ritoccò con le forbici i suoi baffi biondi. Pulì le lenti degli occhiali e si preparò di uscire. Poco prima di varcare la soglia di casa sentì il pianto di un bambino. Era sua figlia Ashley che aveva fame. Si svegliò anche la signora Perevall. Aveva i capelli che erano ancora più ricci del solito perché non si era ancora pettinata. Ma il signor Perevall aveva fretta. Doveva uscire subito di casa sennò sarebbero cominciate delle code per strada e non sarebbe arrivato in tempo al lavoro. Era il direttore di una piccola azienda di dolci, chiamata “Wickey's edge”. Era una piccola azienda che gestiva assieme a degli amici dei tempi del liceo. Sua moglie era perennemente dal dentista per le continue provviste di caramelle e cioccolata che il marito portava a casa quasi tutti i giorni. Ormai lei e il dentista erano amici e a volte il dentista era anche stato invitato a cena dai Perevall. Il dentista però faceva soggezione al signor Perevall, perché era un uomo molto alto, mentre il signor Perevall era un uomo cicciottello e piuttosto basso. Quando il signor Perevall uscì di casa si accorse di avere il laccio di un mocassino che si era slacciato. Lo riallacciò in tutta fretta per non perdere tempo e mentre si rialzava vide un bambino avvolto in un panno di colore chiaro. All'improvviso non gli interessò più delle code che avrebbe trovato per strada e decise di portare il bambino in casa. Riconobbe sul biglietto la firma di suo fratello Sirius. Suo fratello gli aveva accennato più volte che era in pericolo, ma lui non ci aveva dato troppo peso. Però in quel momento si rese conto che per aver lasciato un bambino alle sue cure doveva essere successo qualcosa di grave. Portò subito il piccolo in casa, mentre Norma, sua moglie, stava dando il latte dal biberon alla piccola Ashley. Stava cominciando lo svezzamento della piccola. Ashley era una bella bambina di quasi un anno. Quando Norma vide il signor Perevall con un bambino fra le braccia, per prima cosa fece un gran sorriso e poi chiese al marito: “Percy, dove lo hai trovato?” Il tono divenne un po' preoccupato. “L'ho trovato poco fa davanti a casa nostra e c'era anche un biglietto da parte di mio fratello Sirius e di sua moglie Harel. Diceva di prendersi cura di lui. Ecco” E le mostrò il biglietto. “Bene, allora vorrà dire che lo cresceremo noi. Sarà come un secondo figlio. Ma ora vai caro che sennò farai tardi al lavoro.” E i due coniugi si salutarono. Norma era felicissima di avere un altro bambino di cui prendersi cura. Avrebbero dovuto avere due bambini lei e suo marito, ma purtroppo una gravidanza si era interrotta ed era nata solo Ashley. Quel giorno il signor Perevall tornò presto dal lavoro. Non vedeva l'ora di conoscere meglio quel bambino. Si sapeva poco di lui. Il signor Perevall sapeva solo che suo fratello Sirius lo aveva chiamato Bryan. Anche il signor Perevall in fondo era felice di aver avuto in consegna il suo nipotino, ma non lo faceva vedere, conservando tutto gelosamente nel suo cuore. I giorni passavano e Bryan diventava sempre più grande. I capelli neri facevano da bordatura ad un volto ovale e gli occhi scarlatti erano semi nascosti. Non era tanto alto. Anche Ashley cresceva bene. Era più piccola di un anno di Bryan. Si volevano bene come fratello e sorella. Ashley era sempre sorridente, con i suoi bei capelli castani e mossi. Era abbastanza alta per la sua età e aveva un sorriso molto simpatico. Il segno distintivo di Bryan era una piccola cicatrice. Era una cicatrice a forma di piccolo fulmine che si trovava sul polso sinistro. Non faceva mai male. Bryan quasi non ci faceva neanche caso. Norma gli aveva sempre detto che si era fatto male da piccolo, ma in realtà quella cicatrice ce l'aveva fin da quando era stato lasciato davanti alla casa dei Perevall quella notte. Ogni tanto Bryan sognava quella notte. “Era una notte di luna piena e un lupo ululava. Poi c'era un uomo cattivo che mi faceva del male. Ma non sapevo cosa... E poi mi sveglio sempre a quel punto” Raccontava Bryan. Nessuno ci dava troppo peso a questi sogni, perché in fondo lui aveva solo due anni quando la madre era morta. Ma questo nessuno lo sapeva. Un giorno i Perevall decisero di portare i bambini allo zoo per il compleanno di Ashley. Quando arrivarono davanti alle vasche dei delfini, all'improvviso la cicatrice iniziò a provocare un dolore tremendo e Bryan non riusciva neanche a stare in piedi per il dolore. Era un dolore insopportabile. Sembrava come se qualcuno gli avesse conficcato una lama nel polso e la stesse rigirando nella ferita. Non sembrava un dolore umano, era più qualche cosa di strano. Tutti si spaventarono molto e lo soccorsero subito. Fu portato in ospedale da uno dei visitatori perché non si riusciva a placare quelle fitte atroci. Purtroppo quel giorno i Perevall erano venuti a piedi e l'ospedale era lontano. I medici lo visitarono a lungo, ma alla fine dissero che non c'erano anomalie di nessun genere né a livello nervoso, né a livello muscolare o sanguigno. Secondo loro Bryan aveva inventato tutto o era stato suggestionato da qualche cosa. Qualche ora più tardi il dolore cessò di colpo. Bryan aveva versato molte lacrime dai suoi occhi scarlatti per il dolore, ma la cosa che gli dispiaceva più di ogni altra, era stata l'aver rovinato il compleanno alla sorella. “Non ti preoccupare. Non è grave. L'importante è che tu stia bene. Sai, mi ero davvero preoccupata per la tua cicatrice. E dire che di solito non dovrebbero fare male le cicatrici.” Disse la piccola Ashley. “Ma... ma dieci anni non si compiono sempre... io... io mi sento in colpa. Devo rimediare in qualche modo.” Disse il piccolo Bryan. “Non importa, l'importante è che stai bene” Rispose Ashley facendogli un sorriso. A seguito di quell'episodio si sparse la voce nella scuola elementare frequentata da Bryan e tutti i suoi amici a poco a poco lo abbandonarono. Non voleva avere a che fare nessuno con un bambino strano. Era solo. Era triste. Era scoraggiato. Non aveva più fiducia in sé stesso. C'erano solo tre persone che ancora credevano in lui: Norma, Percy e soprattutto Ashley. Ashley non aveva mai perso la fiducia nelle capacità di Bryan. Anche se era un bambino basso, un po' goffo e che non faceva altro che combinare dei malestri, lei gli dava fiducia. Sapeva che dietro a quella persona goffa e impacciata si nascondeva un bambino pieno di qualità meravigliose, ma forse tra tutti era l'unica a pensarlo... Ormai il piccolo Bryan aveva completamente perso la fiducia in sé stesso e lentamente la stava perdendo anche negli altri. Era sempre stressato e nervoso. Non si riusciva a capacitare di qualcosa. Ma di cosa? Non lo sapeva nessuno, Bryan per primo. Una notte rifece lo stesso sogno che faceva spesso. Tornò a quella notte, ma quando l'uomo gli faceva del male, la cicatrice rispondeva. Era però un male diverso da quello dello zoo. Era un male più superficiale, come se avesse preso una botta: si era svegliata la cicatrice. Di questo episodio non ne volle mai parlare con nessuno, nemmeno con Ashley, con la quale si confidava per tutto. Se non ci si confida alla propria sorella … Purtroppo le giornate di Bryan non passavano allegramente. Tutti lo prendevano in giro e lui per tutta risposta iniziava a picchiare chiunque gli dicesse qualcosa. I Perevall erano molto preoccupati per lui. Non capivano perché un bambino così tranquillo fosse diventato di colpo aggressivo. In quel periodo Bryan iniziò anche a sentire delle voci. Anzi, la voce era una sola. Era una voce fredda. Distante. Una voce di uomo. Era come un sibilo. Un giorno mentre Bryan stava facendo i suoi compiti, sentì quella voce. All'improvviso i suoi occhi si tinsero di un blu marino. Si sentiva strano, come se dovesse vomitare. Di colpo cessò la voce e gli occhi tornarono scarlatti. Successe solo quel giorno. Tuttavia sentì quella voce sempre più spesso e ogni volta capiva sempre di più quello che diceva. “Vieni da me, vieni da me!” Diceva sempre la voce. Ormai Bryan si era abituato a sentire quella voce e a volte non ci faceva neanche troppo caso. Il tempo passava lento, ma inesorabile. Le giornate erano monotone e vuote. Era di nuovo arrivata l'estate. I Perevall avevano un piccolo appezzamento di terra in una campagna vicino a Bedgebury e quando ne capitava l'occasione, andavano nella casa di campagna in villeggiatura. Percy aveva trasmesso al piccolo Bryan la passione per la pesca. Gli aveva insegnato a pescare da poco, ma ormai Bryan era diventato molto bravo. Riusciva a pescare i pesci più corpulenti e grossi del laghetto pubblico della zona, dove si radunavano pescatori della Gran Bretagna per sfidarsi a colpi di canna da pesca e di amo. Il laghetto era molto grande e poteva ospitare circa una cinquantina di pescatori. Vicino al laghetto c'era anche un punto di ristoro. Un bar che a pranzo offriva anche dei panini ai pescatori. Siccome Percy si voleva vantare dei pesci che pescava, si portava a pescare anche la moglie e la figlia, che nutriva una profonda antipatia verso la pesca. Ashley si sedeva sempre sotto un albero vicino al laghetto e leggeva. Aveva letto ormai dei libri anche molto difficili per una bambina di nove anni, ma per lei era come leggere un libro per bambini. Era molto studiosa ed era molto bello vederla leggere sotto quell'albero, con un libro in mano e il sole che filtrava attraverso i rami le illuminava i suoi bei capelli castani. Era come se fosse un quadro animato da quanto era bella la bambina. Fortunatamente Bryan non aveva particolari reazioni con i pesci, ma rimaneva sempre quella curiosità nel voler sapere perché allo zoo i delfini gli avevano provocato tanto dolore. Le vacanze in campagna erano sempre bellissime. Ogni tanto Bryan portava a casa o delle rane, o degli insetti o degli uccellini feriti che , sottoposti alle sue cure, ritornavano in forma. Bryan aveva la capacità di parlare con gli uccelli e a volte dialogavano come due vecchi amici di sempre. Bryan aveva molta confidenza con gli animali, ma i delfini erano le uniche creature che gli facessero svegliare la cicatrice. Passarono circa due mesi nella casa di campagna.
  
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