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Autore: RicksIlsa    25/01/2012    3 recensioni
« Sul serio? A lei piacciono i bambini? » gli chiese con uno sbuffo incredulo.
« Sul serio. Avevo un figlio... una volta » confidò, ma continuò a guardare fuori.
Regina s’irrigidì.
« Non lo sapevo. »
« Beh, lei non sa tutto di me, mia cara » le disse con un sorrisetto irrisorio.
Il sindaco cercò nel suo volto un qualunque segno, una prova che sapesse qualcosa che non avrebbe dovuto sapere, ma lui continuò soltanto a sorriderle benevolmente.
Si voltò e tornò alla sua scrivania, pronta a riprendere il lavoro, ma Gold si rivolse di nuovo alla finestra.
« Sa, i bambini sono in grado di colmare perfettamente quel vuoto che si ha dentro » disse, e lei si voltò di scatto a guardarlo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Untold Tale'
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The Deal

 

 

 

 

« Mi dispiace, signora. Non possiamo fare niente... »

Il sindaco Regina Mills sbatté giù il telefono e ringhiò di frustrazione. Il rumore echeggiò sui muri della sua casa vuota e risuonò fin dentro il suo cuore vuoto. Aveva raggiunto il suo ‘lieto fine’, certo, ma il prezzo era stato alto.

Le parole che le aveva rivolto Malefica, prima che lei lanciasse la maledizione, le tornarono alla mente non richieste: « Lascerà un vuoto dentro di te... un vuoto che non sarai mai in grado di riempire. »

In quel momento non se n’era curata. Finché Biancaneve e gli altri che le avevano nociuto avessero sofferto, lei, aveva creduto, sarebbe stata felice. Ma la soddisfazione della loro sofferenza era sfumata con il tempo. Non che si sarebbe mai stancata di tiranneggiare la povera Mary Margaret Blanchard...

Eppure, non era preparata alla dolorosa solitudine che aveva iniziato a infestare ogni suo istante di veglia. Lo sceriffo era una piacevole distrazione, ma sapeva che Graham non l’avrebbe mai amata. Era stata proprio lei a renderlo impossibile. Aveva sperato che potesse darle qualcosa di diverso. Qualcosa cui non aveva mai davvero pensato prima della sua conversazione con il signor Gold, pochi giorni prima.

Erano nel suo ufficio, a discutere di alcuni permessi di azzonamento su alcune proprietà che lui intendeva acquistare. Uno strillo li aveva indotti entrambi a guardare fuori dalla finestra.

Era un gruppo di bambini che giocavano a saltare la corda sul marciapiede. Le labbra di Regina si erano arricciate di disgusto.

« Ragazzini chiassosi. C’è un parco incantevole giusto dietro l’angolo, ma no, loro devono giocare proprio qui dove c’è gente che cerca di lavorare » brontolò, aspettandosi che l’uomo condividesse la sua insofferenza verso i bambini.

Sorprendentemente, lui non lo fece.

« Oh, non sia troppo dura con loro. L’infanzia è un tempo così breve. Sono abbastanza saggi da divertirsi dove e quando ne hanno voglia » disse nella sua cadenza morbida.

Regina si voltò a studiarlo, mentre lui continuava a guardare fuori dalla finestra.

« Sul serio? A lei piacciono i bambini? » gli chiese con uno sbuffo incredulo.

« Sul serio. Avevo un figlio... una volta » confidò, ma continuò a guardare fuori.

Regina s’irrigidì.

« Non lo sapevo. »

« Beh, lei non sa tutto di me, mia cara » le disse con un sorrisetto irrisorio.

Il sindaco cercò nel suo volto un qualunque segno, una prova che sapesse qualcosa che non avrebbe dovuto sapere, ma lui continuò soltanto a sorriderle benevolmente.

Si voltò e tornò alla sua scrivania, pronta a riprendere il lavoro, ma Gold si rivolse di nuovo alla finestra.

« Sa, i bambini sono in grado di colmare perfettamente quel vuoto che si ha dentro » disse, e lei si voltò di scatto a guardarlo.

« Cosa? Quale vuoto? Di che diavolo sta parlando? » domandò, una paura sconosciuta che le serpeggiava nello stomaco.

Lo sguardo che lui le rivolse le suggerì che si stava comportando in maniera bizzarra, così prese fiato per calmarsi.

« Non intendevo sconvolgerla. Volevo solo dire che a volte, nella vita, ci si sente un po’ soli. Come sindaco ha conseguito molto, ma persino lei deve sentirsi così alla fine della giornata, quando torna in quella grande casa vuota. È una solitudine che posso comprendere. »

Regina non disse nulla, e l’uomo continuò.

« I bambini sono un sollievo a quella solitudine. Ho avuto una mano nel procurare dei bambini a delle persone sole... »

« Lei ruba i bambini? » lo interruppe, inorridita.

Rise. Una risata piena, aperta, che la fece sentire una stupida.

« Ma certo che non rubo i bambini! Scoprirà, signora sindaco, che ci sono moltissimi bambini in questo mondo, e persino nel nostro paese, in cerca di una buona casa. Sfortunatamente la legge rende un po’ difficile aiutare i piccoli e fa sì che si perda molto tempo prezioso. Io sono fortunato ad avere dei contatti in grado di ridurre i tempi e superare le difficoltà » spiegò.

Regina rimase in silenzio, a riflettere su quanto le aveva detto.

« Mi piacerebbe stringere un accordo... »

« No » lo interruppe di nuovo.

A tanta rudezza lui inarcò un sopracciglio, e lei sospirò.

« No, grazie. Non sono interessata. Ora, riguardo quei permessi... »

Gold non aveva più menzionato la sua folle offerta, ma Regina non era più stata in grado di pensare ad altro.

Voleva un bambino. Era diventato un desiderio disperato. Qualcosa che potesse davvero riempire la crepa che le si era spalancata nel petto.

L’idea di restare incinta non la entusiasmava, ma l’accordo del signor Gold le piaceva ancora meno. Stava sorridendo al pensiero di tutti gli ‘incontri sindacali’ extra che lei e lo sceriffo avrebbero avuto, quando improvvisamente pensò ad Ashley.

Diciotto anni prima, prima che tutti loro venissero strappati al mondo delle favole, Ashley era conosciuta come Cenerentola. La ragazza era incinta, all’epoca, e poiché in questo mondo erano tutti imprigionati dal tempo, era letteralmente rimasta in stato di gravidanza per diciotto anni. La maledizione la rendeva inconsapevole di ciò, ma non aiutava la difficile situazione del sindaco. Purtroppo anche Regina era intrappolata nella prigione del tempo, dunque concepire e dare alla luce un bambino sarebbe stato impossibile. Naturalmente questa nuova rivelazione non fece che intensificare il suo desiderio di avere un figlio.

Contattò allora delle agenzie di adozione e cercò un aiuto legale, solo per scoprire che il signor Gold aveva ragione sulle ‘difficoltà’ dei tempi troppo lunghi.

Regina era di pessimo umore quando l’uomo si presentò da lei quella sera.

Aveva bisogno della sua firma su un permesso e non poteva aspettare un giorno di più. Naturalmente la vera ragione per cui era venuto a trovarla a casa fu subito evidente.

« Oh, riguardo la nostra conversazione dell’altro giorno, ho pensato che le avrebbe fatto piacere sapere che ho trovato una giovane donna nei guai. »

Regina mantenne un’espressione accuratamente annoiata.

« Appena diciotto anni, ha passato tutta la vita dentro e fuori dagli istituti... Ha scelto le compagnie sbagliate e ora si è ritrovata in prigione... E avrà presto un bambino » le disse.

« Affascinante. Non credo di capire perché pensa che io sia interessata al figlio di una poco di buono » si stizzì lei.

Ma sapevano entrambi che lo era, o lo avrebbe buttato fuori da un pezzo.

« Il piccolo non ha alcuna colpa. Inoltre, la madre desidera una rapida adozione chiusa. Nessun contatto, mai. »

Sorrise e si servì di una mela da un cesto sul tavolo.

Regina aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ma non riuscì a trovare nulla da dire.

« Ci pensi, cara. Mi faccia sapere circa la sua decisione » disse lui, e si voltò per andarsene.

Lo guardò uscire, odiando il potere che aveva su di lei. Quello avrebbe dovuto essere il suo lieto fine!

Gold si fermò sulla porta e si voltò di nuovo a guardarla.

« E non ci metta troppo. Sono sicuro che la ragazza riceverà altre offerte... »

Accidenti a lui.

 

 

 

Cinque anni dopo

 

Regina chiuse gli occhi e si costrinse a prendere dei profondi respiri per recuperare il controllo. Una parte di lei non riusciva a credere di aver davvero schiaffeggiato Henry, un’altra desiderava di averlo fatto prima. La paura era un incentivo eccellente per mantenerlo in riga, ed era anche quello che lei conosceva meglio.

Ma c’era quella parte che sapeva di aver sbagliato nel colpirlo. Aveva sempre saputo che Henry, prima o poi, si sarebbe accorto che c’era qualcosa di ‘strano’ in quella città. Aveva solo sperato di avere più tempo. Non era abbastanza grande per capire ciò che lei aveva fatto, o le sue ragioni, e finché non lo fosse stato non avrebbe potuto dirglielo. Ma alla fine avrebbe pur dovuto dirgli qualcosa. La sua paura più grande era che, se lui avesse scoperto la verità troppo presto, l’avrebbe perso per sempre.

Le sue meditazioni furono interrotte da un bussare insistente alla porta del suo ufficio.

Accigliata, l’aprì per ritrovarsi di fronte il signor Gold e un uomo che un tempo era stato il Grillo Parlante.

« Che cosa vuole? » chiese; in quel momento non era dell’umore di trattare con Gold e i suoi giochetti.

« Signora sindaco, conosce il dottor Hopper? » chiese lui, inclinando leggermente il capo verso il tizio dai capelli rossi che gli era accanto.

L’uomo le rivolse un cenno con la testa, ma non disse nulla.

« Certo che lo conosco. Di che si tratta? » domandò, con un sospiro infastidito.

« Il dottor Hopper è un ottimo terapeuta, e io credo che al piccolo Henry gioverebbe passare un po’ di tempo con lui » disse Gold, un po’ brusco.

Gli occhi di Regina scattarono sul medico e poi di nuovo su Gold.

« Non ho tempo per questo » disse, e tornò nel suo ufficio.

Era quasi alla scrivania quando la porta si chiuse con tanta forza da scheggiare il legno.

Rimase a guardare Gold a bocca aperta, sconvolta.

« Farebbe bene ad ascoltarmi, signora. Ho superato un certo numero di problemi pur di procurarle quel bambino. Ciò che voleva più di ogni altra cosa... » La sua voce ingannevolmente calma e bassa era inquietante, dopo tanta violenza contro la sua porta.

Regina fece un passo avanti, le mani sui fianchi.

« Io l’ho pagata per il suo... »

Le fece cenno di tacere e le puntò contro il bastone.

« No, lei ha pagato per un’adozione veloce. Le ho affidato quel bambino perché lei ha promesso di prendersi cura di lui, ma ora lo vedo correre giù per la strada, accecato dalle lacrime, con l’impronta della sua mano su una guancia. »

Più si adirava, più la sua voce si faceva quieta, e questo la spaventò davvero. Se avesse urlato e infierito, lei avrebbe potuto rimetterlo al suo posto e buttarlo fuori a calci. Ma il suo sguardo di intensa furia e i suoi bisbigli quasi sibilanti le diffusero un freddo glaciale nel petto.

Non sembrava più il signor Gold, il proprietario del negozio dei pegni. Sembrava di nuovo Rumpelstiltskin, al culmine del suo potere, quando era in grado di mettere un uomo in ginocchio per la paura di un accordo con lui.

« Io ho solo... »

Ma lui non aveva finito.

« Il bambino ha cinque anni. In quanto madre sola con un lavoro così impegnativo, non c’è di che meravigliarsi se talvolta deve lottare per farcela. Dunque potrebbe essere saggio, per lei, riconsiderare il mio suggerimento di assumere i servigi del dottor Hopper. »

Si voltò per andarsene, e Regina sentì montare la furia dell’essere stata messa a tacere nel suo stesso ufficio. Nel suo lieto fine.

« E se non lo facessi? »

Il sorriso che le rivolse non era un sorriso felice.

« Se dovessi vedere o sentire che ha di nuovo picchiato quel bambino, chiamerò i servizi sociali. E, per quanto io possa essere bravo in ciò che faccio, non posso darle un’assoluta certezza che i documenti dell’adozione supereranno gli attenti esami degli avvocati. »

A questa nuova minaccia Regina sentì il sangue defluirle dal viso, e dovette posare una mano sulla scrivania per sostenersi.

« Riconsideri il dottor Hopper. Per favore. »

La voce la tradì, e tutto ciò che poté fare fu restar lì a guardarlo andar via.

Si riassettò la gonna e si passò una mano tra i capelli. Per quanto Henry la mandasse in collera, non avrebbe potuto vivere senza di lui. Aveva bisogno di lui. Era l’unico che potesse amarla. Un giorno gli avrebbe detto tutto, e allora avrebbero potuto gioire pienamente del loro lieto fine insieme. Ma fino a quel momento...

Prese fiato e aprì la porta dell’ufficio. Il medico si stava ancora guardando intorno come se non fosse sicuro di dover restare o meno.

« Dottor Hopper, potrei avere un minuto del suo tempo? »

   
 
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