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Autore: Pudentilla Mc Moany    25/01/2012    2 recensioni
Remus si ritrovò suo malgrado a guardare la sua cucina scalcagnata attraverso i minuscoli occhi del suo ospite. Le macchie di muffa sul soffitto, le tendine vecchie, il marmo macchiato del ripiano gli sembrarono se possibile ancora più macchiati e vecchi e muffiti, e stringendosi nelle spalle si ritrovò non volente a mugolare un assenso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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nostos
Scritta per il prompt pozione polisucco della Scalata verso il Wolfstar di wolfstar_ita. Ovviamente non è una fanfiction nuovissima, ma così, visto che sono avida di lettori, la posto anche qui!



Nostos (come Odisseo)




Remus Lupin si considerava una persona fantasticamente difficile da stupire.
Probabilmente c’entrava il fatto che a nove anni un malaugurato morso l’avesse trasformato in un lupo mannaro, ma avrebbe giurato che quella particolare qualità l’avesse avuta fin da prima, l’origine sepolta da qualche parte nei remoti ricordi della sua prima infanzia.
Un occhio attento, tuttavia (sempre che nei paraggi di Remus Lupin ce ne fossero), avrebbe certamente notato che negli ultimi mesi l’uomo sembrava aver sviluppato una particolare predisposizione ad abdicare a questa convinzione. Il rapido rincorrersi nella sua vita recente di un fatto straordinario dopo l’altro aveva messo a dura prova la sua compiaciuta inamovibilità, gettandolo certe volte in un’assoluta confusione, il più delle volte in un autentico sbigottimento.
E quando in una delle lunghissime mattine successive al suo licenziamento sentì bussare alla sua porta non poteva sapere cosa lo attendeva. Date le premesse non c’è da stupirsi se quando aprì la porta di casa sua fu molto sorpreso di trovarsi davanti un piccolo uomo con una graziosa testa lucida che gli sorrideva dal basso con grinze di pelle intorno agli occhietti celesti.
<< Prego?>> 
<< Remus Lupin? Sono Comenius Crunch, responsabile in carica del ministero della magia, Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Posso farle qualche domanda? Anche un tè non sarebbe male, grazie; è un lungo viaggio dalla Scozia a casa sua!>>
Il licantropo sbattè le ciglia più volte, fermo sulla soglia con una salvietta da bagno in mano e una vecchia maglietta sui pantaloni del pigiama. Cercò di mantenere la calma anche se appena sentito il titolo del delegato aveva sentito le ginocchia cedergli e il cuore martellargli nel petto come non succedeva da tanti anni. A sua memoria visite dei dipendenti del ministero non avevano mai portato buone notizie, e non gli era mai piaciuto sentirsi chiamare una creatura magica. << Prego.>> Riuscì a dire facendosi suo malgrado un po’ da parte. Appese la giacca dell’ometto all’attaccapanni sbilenco dell’ingresso e lo condusse in cucina, dove il bollitore della colazione era già sul fuoco.
<< Prego.>> Disse ancora quando scostò una sedia dal tavolo traballante.
<< Grazie.>> Rispose educatamente il minuscolo Comenius Crunch, lottando per sedersi dritto sulla sedia. Con i piedi penzoloni accettò una tazza di tè, che si portò sotto il naso con due mani.
<< Gradisce un toast? Temo di avere soltanto della margarina, però.>>
<< La margarina andrà benissimo.>> Assentì l’ometto; Remus imburrò due fette sottili di pane scuro e le sistemò su un piattino sbreccato, che sistemò con premura sulla fòrmica verdastra del tavolo. << Non mi aspettavo una visita del Ministero.>> Buttò lì con un tono casuale, cercando di ignorare il brivido freddo che non aveva smesso di serpeggiargli addosso da quanto Comenius Crunch aveva bussato alla porta. Dal canto suo l’omino aveva di meglio da fare che placare le sue ansie. << È una casa molto piccola.>>, osservò, e Remus si ritrovò suo malgrado a guardare la sua cucina scalcagnata attraverso i minuscoli occhi del suo ospite. Le macchie di muffa sul soffitto, le tendine vecchie, il marmo macchiato del ripiano gli sembrarono se possibile ancora più macchiati e vecchi e muffiti, e stringendosi nelle spalle si ritrovò non volente a mugolare un assenso.
<< Lei è povero, signor Lupin?>>
<< Mmh, molto povero. Per caso vorrebbe un po’ di latte nel suo tè?>>
<< Soltanto una nuvola, grazie. E vive da solo?>>
Remus, colto a metà del gesto di versare il latte da una bottiglia mezza vuota, fu scosso da un sussulto così violento che rovesciò parte del liquido sul tavolo. Si chiese da quanto l’ispettore avesse cominciato a interrogarlo senza che se ne accorgesse, e impiegò un po’ di tempo a formulare la risposta più dignitosa possibile.
<< Non c’è bisogno di prendermi in giro, signor Crunch. Non si preoccupi, conduco una vita così ritirata che mi è difficile avere contatti con altre persone, figurarsi rappresentare un pericolo per loro.>>
<< Questa è la casa dei suoi genitori?>>
Remus sospirò, ma questa volta non c’era nulla di che stupirsi. Da tempo si era rassegnato all’idea che questo o quel membro del ministero della magia rovistasse nella sua vita, e lo accettava come parte integrante della sua sfortunata condizione, come la chiamavano. << Lo era. L’ho ereditata quando è morta mia madre.>>
<< Mi dispiace che sua madre sia morta.>>
<< È successo tanto tempo fa.>> Balbettò Remus, a cui non piaceva mostrarsi vulnerabile agli sconosciuti (e in effetti, a ben pensarci, neppure mostrarsi vulnerabile a chi conosceva bene).
Dal canto suo il signor Crunch attaccò con lena la seconda fetta di pane; << Ma durante la luna piena… I boschi qui intorno… Solo…>> sbocconcellò scatenando sul suo ospite una detonazione di briciole rafferme.
<< Se è per i nuovi incantesimi contenitivi sappia che io…>>
<< Incantesimi contenitivi?>>
<< …assolutamente bisogno. Una nuova pozione in via di sperimentazione…>>
<< Non era questa la ragione della mia visita, signor Lupin.>>
<< Sarebbe il caso che me la facesse presente, signor Crunch.>>
<< Come desidera. C’è un bagno?>>
Remus inarcò un sopracciglio e sentì che anche la schiena gli si inarcava all’indietro in un’incredulità sconfortante. Indicò meccanicamente la porta alle sue spalle. << Al piano di sopra, in fondo a destra. Stia attento al settimo scalino, ha il brutto vizio di mordere le caviglie.>>
L’ometto se ne andò borbottando su una casa tanto grande da solo e le lune piene. Remus, assicuratosi che fosse arrivato incolume al bagno, ne approfittò per vuotare la sua tazza di tè. Grattaenettò via dal tavolo i resti della colazione e posò il piatto nel lavabo, e dal momento che il suo ospite tardava ad arrivare, lasciatosi cadere su una sedia si prese il viso fra le mani. Era stanco. Sentiva i residui dell’ultima luna piena colargli via di dosso come una fanghiglia particolarmente fetida, e doveva rendere merito a Comenius Crunch per la scelta della data, perché quello era sicuramente il più inadatto di tutti i giorni inadatti a ricevere qualcuno a casa sua.
Le assi sopra di lui scricchiolarono. Poco dopo sentì lo sciacquone del bagno e il tonfo di piedi sulle scale, seguiti da un’imprecazione soffocata al settimo-adesso terzo- scalino. La porta si aprì e Remus si preparò alle inevitabili domande troppo personali e alle trafile burocratiche del caso, ma evidentemente al peggio non c’era mai fine.
Quella sorpresa lo colse molto più di sorpresa del solito.
<< Remus.>>
<< Signor Crunch, questo comportamento da parte di un pubblico ufficiale è semplicemente inaccettabile.>>
Comenius Crunch, che stava davanti a lui col corpo di Sirius e la faccia di Sirius e chiamava il suo nome con la voce di Sirius, afferrò la maniglia della porta come se stesse per cadere.
<< Posso spiegarti, amico mio.>>
<< Sgattaiolare nella casa di un privato cittadino e bere la pozione Polisucco per… Beh, non ho esattamente idea del perché, ma penso che volesse incastrarmi. Signor Crunch, mi lascia senza parole.>> Remus cercò di suonare il più calmo, anzi no, il più urbanamente scandalizzato possibile. In realtà stava morendo di paura. Nella migliore delle ipotesi stavano usando la sua antica amicizia con Sirius Black per infangare ulteriormente la sua reputazione, ma questa prospettiva, per quanto nauseante, impallidiva al confronto di quella in cui Sirius era stato rintracciato dal ministero e aveva già ricevuto il bacio del dissennatore, perché in quale dissennato modo il signor Comenius Crunch poteva altrimenti aver rimediato la pozione Polisucco per trasformarsi in Sirius Black? Il licantropo tremò per sé e tremò ancora, infinitamente più forte, per Sirius; tremò interiormente, però, in un modo tutto suo, e rifilò al suo ospite una smorfia di circostanza. << Non so niente di Sirius Black. E adesso sarebbe il caso che andasse.>>
L’uomo pallido e sottile che non era Sirius si tese verso di lui con un’espressione così stremata, così poco da Sirius (ma anche molto poco da Comenius Crunch, per quel che ne sapeva) che Remus, preso alla sprovvista, si aggrappò al bordo del tavolo. Se c’era una cosa che detestava di tutta la situazione era che una parte di lui sperava davvero, per quanto impossibile, in una visita di Sirius, anche sotto le mentite spoglie di uno zelante ufficiale.
<< Ho dovuto bere la pozione Polisucco.>>
<< Un’idea dei suoi superiori, suppongo.>> Replicò freddamente Remus, che sembrava avere riguadagnato il controllo.
<< Sì! …No. Remus, ascolta…>> Sirius (o Comenius Crunch o chi per lui) cominciava ad agitarsi; Remus poteva vedere le mani che gli tremavano, sottili e indurite come piccoli rami, mentre il panico gli spalancava gli occhi smisurati sul viso smunto. << …non mi avresti mai lasciato entrare se fossi stato io. O Padfoot.>>
<< Padfoot?>> Remus ebbe un sussulto, poi un lampo di comprensione. L'avrebbe stupito, sì, se un ufficiale del Ministero fosse stato a conoscenza dei soprannomi che usavano da giovani.
<< Te l’avevo detto che ero io.>> Sirius tentò un sorriso tutto storto, tirato sul suo teschio dai denti giallastri. Remus riuscì a non sorridergli di rimando, ma chissà da dove gli sfuggì un << Sei proprio tu?>>
<< Quale altro bastardo avrebbe messo su una cosa così?>>
<< Questo bastardo, immagino.>> Rispose Remus con un filo di voce, e seppellì la fine della frase in un colpo di tosse. Perché?, voleva chiedergli, ma preferì sgusciare via dal piccolo spazio fra il corpo di Sirius e il tavolo e mettere su ancora una volta l’acqua per il tè.
<< Come hai fatto a procurarti la pozione Polisucco?>>
<< Mundungus.>>
<< Mundungus…>> Ripetè Remus come se fosse una parolaccia, passandosi una mano sul volto.
<< Mi manda Silente.>>
<< Mi fa piacere.>> Il licantropo cercò di sembrare noncurante mentre apriva una latta di tè vecchio. Si premurò di cancellare dalla sua voce e dalla sua testa una vaga nota di delusione, che però restò nell’aria come un profumo dolciastro; una parte di lui (la stessa parte di lui che poco prima aveva desiderato che il Sirius in casa sua non fosse un replicante) sperava, aveva sperato, avrebbe sperato che Sirius semplicemente fosse passato di lì in mezzo ai suoi giri latitanti per dire ciao e bere una tazza di tè insieme a un vecchio amico.
<< A me invece non fa piacere per niente.>> Sirius si era spostato senza che Remus lo sentisse, e adesso era appoggiato al ripiano della cucina come se avesse sempre abitato nel suo appartamento malandato. << Remus, se sapessi cos’è successo a Harry. Cosa sta per succedere in tutto il mondo magico…>>
<< Basta così.>> Lo interruppe Remus, e come per sottolineare il concetto si fece sfuggire di mano una tazza che cadde in mille pezzi. Si chinò a incantarli approfittandone per sistemarsi sulla faccia un sorriso conciliante. << Dovresti farti una doccia. Sei a pezzi, e intanto potrei prepararti qualcosa da mangiare. È un lungo viaggio dalla Scozia a qui, no?>>
<< Al diavolo la doccia e al diavolo il tuo tè!>> Ringhiò riottoso Sirius, e come per sottolineare il concetto il bollitore incantato fischiò e poi proruppe in una bestemmia particolarmente virulenta. Remus, che non si aspettava un attacco su due fronti, si precipitò a silenziare la teiera. << Voldemort è tornato, Remus.>>
Il licantropo finì di versare il tè (prese una tazza pulita per Sirius, perché era inaccettabile che Sirius bevesse dalla stessa tazza di Comenius Crunch). << Perché Silente non mi ha inviato un gufo?>> Chiese dopo aver considerato la questione per un po’. Si riscaldò un po’ le mani con la tazza senza staccare gli occhi dall’uomo di fronte a lui.
<< Ha- ha mandato me a riunire il vecchio gruppo.>> Disse Sirius mentre si sedeva di fronte a lui. << Mundungus, Arabella… Te. Dobbiamo rimettere insieme l’Ordine della fenice, Remus, non possiamo permettergli di coglierci impreparati come l’ultima volta.>>
Il licantropo aggrottò le sopracciglia mentre si costringeva finalmente a mandare giù un sorso di tè amaro. Era terrorizzato. La paura che gli sguazzava nello stomaco, però, non aveva niente a che vedere con il ritorno di Voldemort; Remus Lupin era una specie diversa di codardo. A terrorizzarlo era piuttosto il pensiero ossessivo che il racconto di Sirius potesse essere soltanto un modo molto elaborato di metterlo nei guai- non era sicuro, ma in tutta la questione della pozione Polisucco c’era qualcosa non quadrava. << Bevi il tuo tè prima che si freddi.>>, incalzò, facendo un cenno col mento.
Sirius lo guardò incredulo per una manciata di secondi; poco ci mancava che ringhiasse. Allungò la mano verso il barattolo di miele, e solo n quel momento sembrò rendersene conto; Remus l'aveva posato sul tavolo ma non toccato. Fu come se fosse stato colpito da un fulmine.
<< Remus. Tu non bevi mai il tuo tè senza miele.>> Esclamò, fissandolo con grandi occhi disorientati, e questo bastò al lupo mannaro per mettere a tacere tutti i suoi sospetti e cominciare a considerare seriamente l’ipotesi del ritorno dell’oscuro signore, la presenza di Sirius Black in casa sua. << Mi era parso che ci fosse qualcosa di strano.>> Remus fece un riso tremolante e si fece passare il vasetto; mescolò il suo tè con le dita che gli sembravano di gelatina.
Sirius gli afferrò il polso; il cucchiaino gli cadde di mano e tintinnò sul tavolo come un campanello d’allarme. << Va tutto bene?>>
<< Va tutto bene, davvero. Sono soltanto un po’ sorpreso.>>
<< Sorpreso non è esattamente la reazione che mi aspettavo.>>
<< Ti ha sorpreso?>>
<< Non mi sembra il momento, Remus.>>
<< …Perché hai usato la pozione Polisucco?>>
<< Volevo assicurarmi di non disturbare.>>
<< E te ne sei assicurato?>>
<< Silente mi ha detto di restare da te per un po’.>>
<< E hai pensato…>>
<< Non avrei avuto il coraggio se avessi scoperto che non abitavi da solo.>>
<< E adesso?>>
<< Vorrei non averlo sperato. È brutto sapere che non c’è nessuno a farti compagnia.>>
<< Ti ha stupito?>>
<< Immagino che dovremo abituarci a convivere con lo stupore.>>
<< Senilità?>>
<< Mettiamola così.>>
Remus Lupin posò la tazza sul tavolo e rise piano, di naso. Non era ancora pronto a ridere di cuore, ma chissà, mai dire mai, era pronto ad abituarcisi.
Del resto era una persona fantasticamente difficile da stupire, e per quel che lo riguardava aveva già avuto la sua abbondante dose di sorprese.
<< La prima cosa da fare è trovarci un nuovo quartier generale.>>


  
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