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Autore: Whatadaph    26/01/2012    9 recensioni
Dominique Weasley ha diciassette anni, una media impeccabile e una vita apparentemente perfetta - nonostante ci siano troppi cugini di mezzo, una sorella ingombrante e centinaia di studenti che sono a conoscenza di ogni dettaglio della sua esistenza. Ha anche una migliore amica scomparsa, un ragazzo con la testa da un'altra parte e troppi segreti da nascondere.
Una Nuova Generazione piena di squallore e frivolezze, che dovrà pezzo per pezzo recuperare ciò che ha perduto.
Ispirato a Gossip Girl. Dal secondo capitolo:
Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. [...] I capelli di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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Capitolo 25

Nuove Incognite


Now that I've lost everything to you

You say you wanna start something new

And it's breakin' my heart you're leavin'

Baby, I'm grievin'...


Quando Scorpius aprì gli occhi, quel lunedì mattina, dovette guardare l’orologio per vedere che ore fossero. Era una cosa che aveva sempre detestato dei dormitori di Serpeverde, la mancanza di finestre. Gli ambienti erano opprimenti e scuri, la vaga luminosità verdastra che li pervadeva innaturale e inquietante. A lui piaceva svegliarsi ai raggi del sole che sfioravano la pelle: per questo motivo apprezzava molto le mattinate estive e la sua stanza al quarto piano di Villa Malfoy.
Quando ci si svegliava nei dormitori di Serpeverde, bisognava controllare l’orologio per scoprire se era sorto il sole. Quel lunedì mattina, Scorpius si svegliò alle sei – l’alba doveva essere da poco passata. Si sentiva un poco intorpidito, gli pareva di avere la mente ovattata – come un doposbornia.
Devo essermi beccato un’influenza, o qualcosa del genere...
Rimase immobile per qualche minuto, in quello stato nel quale la mente deve elaborare il concetto di alzarsi dal letto prima di essere in grado di trasmetterlo al corpo. Finalmente, riuscì a mettersi seduto, e lo spettacolo che gli si parò davanti non poté che stupirlo: dovette battere un paio di volte le palpebre prima di convincersi di non star sognando. Distesi per terra, accanto al suo letto, c’erano Albus e, inspiegabilmente, Quinn Baston, la battitrice di Grifondoro – completamente vestiti ed entrambi profondamente addormentati. Il braccio di Al era poggiato distrattamente attorno alla vita della ragazza.
Spostando lo sguardo, Scorpius poté vedere anche Rose Weasley, raggomitolata nel letto di Bernard, il quale aveva dormito assieme a Jake – che doveva quasi aver buttato giù a calci il povero Bernie, poiché il ragazzo giaceva tutto storto con il busto fuori dal materasso e la bocca spalancata.
Merlino, ma cosa ci fanno tutti qui?!
Si lasciò cadere nuovamente sui cuscini, perplesso. Dandosi un’occhiata, si rese conto di indossare una delle sue migliori camicie bianche, tutta stropicciata.
La mamma mi ammazzerà.
Scostò la coperta: indossava dei pantaloni di sartoria. Ai piedi del letto erano posate delle scarpe eleganti, sotto al fango di cui erano ricoperte era visibile a tratti la vernice nera e lustra.
Ma cosa ho fatto ieri?
Ci pensò su.
Se oggi è lunedì, decise. Ieri doveva essere domenica...
Ricordò che sabato il Grinfondoro aveva giocato la finale di Quidditch contro il Corvonero, vincendo. Ricordò anche che di sera si erano riuniti tutti nella sala comune rosso-oro per festeggiare, e che era stato invitato anche lui. Albus era ubriaco. Aveva parlato con James, e poi... qualcuno gli aveva offerto da bere.
“Non berlo! Scorpius, non...”
Grace.
Oh, merda.
I ricordi del giorno precedente riaffiorarono uno dopo l’altro, inarrestabili – e davvero, Scorpius avrebbe desiderato non ricordarle certe cose...
“Ancora con questa Lucy? È da stamattina che non fate che nominarla. Quante volte vi devo ripetere che non conosco nessuna Lucy?!”
La ragazzina lo guarda. Ai suoi occhi è insignificante, davvero. Gli importa solo di Jackie, di vedere, baciare e toccare Jackie. Le rivolge uno sguardo gelido. Perché non se ne va?
… Le labbra di Jackie. Le labbra di Jackie sulle sue... lei che lo allontana.
“Bevi... bevi questo.”
“Tutto per te!” esclama lui, e manda giù l’intero contenuto della fialetta.
Le vertigini... gira tutto, tutto il mondo. Sente il duro pavimento sotto la schiena, fa male.
Cosa ha fatto? Che cosa... Lucy. Deve sapere dov’è Lucy.
“Lucy... dov’è Lucy?”
Scorpius si rizzò nuovamente a sedere di scatto.
Che cosa ho fatto?
Si prese la fronte fra le mani – fuori di testa, fuori di testa davvero.
Lucy... devo trovare Lucy.
Non si curò neanche di cambiarsi d’abito: infilò le scarpe e si precipitò fuori dal dormitorio così com’era, con gli abiti stropicciati e i segni del cuscino sulla faccia.
Lucy, devo parlare con Lucy.
Non si accorse che Rose si era svegliata, e l’aveva osservato uscire con aria dispiaciuta. Quando fu trascorso qualche minuto da che il ragazzo si era allontanato, anche lei si alzò.
“R-Rose?” chiese piano Bernie, sbadigliando.
Lei gli sorrise appena. “Dormi,” mormorò, prima di lasciare la stanza.


*


Anche quando fu Lucy ad aprire gli occhi era appena l’alba. Contrariamente a Scorpius, già appena sveglia si vide costretta a realizzare che non era stato tutto un sogno: gli avvenimenti del giorno precedente erano realmente accaduti. Erano ingombranti nella sua mente e nel suo cuore, dolorose in tutta la loro pesantezza. Ingombranti, pesanti e fastidiosi – e facevano male, tanto male. Le veniva da vomitare, e lei era una che non dava mai di stomaco.
Fino a quel momento, si era sforzata di tenere lo sguardo fisso sul baldacchino scarlatto sopra la propria testa. Aveva avuto l’impressione che, se avesse abbassato gli occhi, la realtà le sarebbe piovuta addosso, facendole male.
Realizzò che prima o poi avrebbe dovuto togliere lo sguardo da lì, e non vide motivo per aspettare ancora. Abbassò gli occhi e vide Lily, perfettamente sveglia, che sedeva appollaiata su di uno sgabello accanto al suo letto. Sulle ginocchia teneva aperta la Mappa del Malandrino, e la studiava alla luce rosata del giorno nascente – il sole cominciava ad affacciarsi dalle alte finestre. I capelli rossi le piovevano di fronte al viso. Lucy non avrebbe saputo dire se la cugina sapesse o no che lei era sveglia. Doveva ammettere però che faceva un po’ impressione, completamente vestita nella sua divisa Serpeverde – in quel dormitorio addormentato dove tutto era rosso e oro.
Lily levò lo sguardo dalla pagina, posando gli occhi castani su di lei. Lucy non le aveva mai visto un’espressione così dolce sul viso.
“Buongiorno,” la salutò tranquillamente.
Lucy aprì la bocca per ricambiare, ma si accorse di avere la gola secca. Lily corrugò le sopracciglia per un attimo, poi fece lievitare verso di lei la brocca d’acqua e il bicchiere che avevano sede su di un tavolino, in un angolo del dormitorio. Lucy si mise a sedere e bevve. L’acqua la rinfrancò immediatamente. Le sarebbe piaciuto se fosse stata in grado di lenire il bruciore del suo cuore quanto quello della sua gola.
“Meglio?” le chiese Lily.
Lucy avrebbe voluto dire di sì, ma non furono quelle le parole che uscirono dalla sua bocca. “È tutto vero?” chiese invece.
Lily annuì, seria. “Purtroppo sì.”
Tacquero per qualche istante. Lucy desiderò non uscire mai più da quella stanza.
“Cosa pensi di fare?” domandò poi l’altra.
Lei scosse la testa. “Non lo so. Dovrei parlargli, credo.”
“E cosa vuoi dirgli?”
Sospirò. “Non lo so,” ripeté.
Lily strinse appena le labbra, pensierosa. “È qui, comunque,” disse, indicando un puntino sulla Mappa. “Fuori dal ritratto della Signora Grassa.”
Lucy scosse la testa. “Non adesso,” mormorò. “Devo pensare.”
La cugina la guardò, un poco a disagio. “Va bene,” disse. “Vado... vado a dirglielo.”
Lei annuì.


*


Chissà come, Albus e Quinn si svegliarono contemporaneamente. Lei si accorse di averlo addosso e gli diede uno spintone, lui strillò.
“Ragazzina!” lo sgridò lei.
Allo strillo di Al, si era improvvisamente ridestato anche Jake, facendo inavvertitamente cadere Bernie dal letto. Quest’ultimo si rialzò, brontollando e assestandogli una cuscinata sulla spalla. Jacob lo ignorò.
“Buongiorno,” li salutò Rose in tono neutro, improvvisamente comparsa alla porta – era vestita di tutto punto. “Fra quindici minuti cominciano le lezioni... solo per dirve-”
“Che cosa?!” fece Albus, prima di dare un’occhiata all’orologio.
Oh, merda...
Si precipitò fuori dal dormitorio di Serpeverde e poi dalla sala comune, seguito da Quinn.
“Sai,” le disse ansante, mentre correvano fuori dai sotterranei, “mi hai fatto male, prima.”
“Sei tu che strilli come una femminuccia!” protestò la ragazza. “Guardati! Hai già il fiatone... io ho molto...” – cominciarono a salire lo scalone di marmo –, “molto più fiato di te!”
“Vuoi vedere?” replicò Al, piccato, e accellerò – gli pareva che i suoi polpacci stessero letteralmente gemendo.
Anche Quinn accellerò, apparentemente senza difficoltà – lui avrebbe voluto maledirla, davvero. Tuttavia, dopo un altro piano anche la ragazza cominciò ad avere il fiato corto. Albus rallentò appena, per poi aumentare di nuovo la velocità, superandola.
“Non vincerai, Potter...”
Albus scoppiò a ridere nel vedere la sua espressione concentrata. Ciò gli mozzò l’aria nei polmoni: Quinn gli fece uno sberleffo mentre guadagnava parecchi metri di vantaggio. Albus capì che stava facendo sul serio, e stette al gioco.
“Ehi, Baston! Vuoi che ti cacci dalla squadra?” le gridò, correndo dietro di lei – faceva davvero troppo caldo.
“Non oseresti!” esclamò Quinn, affannata.
“Tu dici?”
Lei strinse i denti e richiese uno sforzo ulteriore alle proprie gambe. Ormai correva a caso, come una furia, cercando solo – ed evidentemente – di andare pù veloce di Albus.
“E poi come faresti senza di me in squadra, Potter?” disse.
“Ce la farei tranquillamente.”
Quinn accennò una risata, ma questo non rallentò la sua corsa.
“No che non ce la faresti, Potter... chi ti salverebbe il culo da tutti quei Bolidi, eh?”
“Sai quanti bravi battitori ci sono in giro?”
Mancano solo due corridoi, Al. Ce la puoi fare. Ce la puoi... mamma mia, che fatica.
“Non bravi quanto me!” gridò Quinn.
“Sei una ragazza!”
“Sono una fuoriclasse!”
Si arrestarono di colpo davanti al ritratto della Signora Grassa, e si accorsero di essere arrivati lì allo stesso istante. Si guardarono e poi scoppiarono a ridere – ridere di cuore.
Quinn, esausta, si spostò un ricciolo dalla fronte.
Al le sorrise. “Hai avuto una...” – non riusciva a respirare –, “una buona idea, ieri, con questa storia della... della partita.”
Lei annuì. “Già.”
Ad interrompere il loro dialogo, furono Grace e James.
“Al, lo sai che fra cinque minuti cominciano le lezioni?” chiese quest’ultimo.
Albus guardò Quinn, e scoppiò a ridere ancora.


I need another story

Something to get off my chest

My life gets kinda boring

Need something that I can confess...


*


Erano ormai le cinque di pomeriggio quando Scorpius riuscì a parlare con Lucy – o meglio, quando Lucy volle parlare con lui. Dapprima Lily gli aveva detto che la ragazza non si sentiva pronta in quel momento... Scorpius neanche l’aveva ascoltata. Gli era bastato capire che non sarebbe riuscito a vederla... si era allontanato subito.
Si erano incrociati per i corridoi, più tardi. Lei lo aveva guardato con serietà, in modo consapevole – consapevole di qualcosa che lui invece ancora non capiva, probabilmente. Aveva fatto una mossetta con la spalla, un movimento rapidissimo che diceva parliamo dopo.
Adesso era dopo, e adesso riuscirono a parlarsi. Lei gli aveva chiesto tramite Lily di vedersi in Guferia, così lui l’aveva raggiunta lì. Entrando nella stanza – le luci erano quelle bronzee che anticipano i tramonti di fine primavera – capì perché aveva scelto quel posto. C’era vita, c’era rumore.
Scorpius sentiva addosso un senso di apprensione, che non si acquietò quando riconobbe la sagoma di lei – gli dava le spalle, in pieni al centro della stanza, presa in pieno dal riquadro luminoso di una delle altissime finestre senza vetri. I suoi capelli riverberavano appena, e sembrava terribilmente piccola.
“Lucy.”
Non si voltò. “Ciao.”
Lui le girò intorno, fino a trovarsi di fronte a lei. Guardava fisso di fronte a sé – concentrata nel tentativo di non piangere, probabilmente.
“Mi dispiace,” disse Scorpius. “Mi dispiace da morire, scusami... Non volevo, io...”
“Non sono arrabbiata,” lo interruppe Lucy. “Non è... non è colpa tua.
“Ma io mi sento in colpa lo stesso.”
“Non devi,” – pronunciò queste parole in fretta, quasi come un singhiozzo.
“Mi dispiace. Io ti amo, Lucy. Amo te.”
Lei sospirò appena.
“Vorrei che potessi perdonarmi.”
Lucy scosse la testa. “Ti ho già perdonato. So che non volevi...”
“Ma?”
Lo guardò. “Deve esserci un ma?”
Scorpius deglutì. “Questo devi deciderlo tu.”
Cadde il silenzio, rotto solo dagli schiocchi e gli arruffamenti dei gufi. Il sole nel frattempo era sceso ancora – i rettangoli di luce si erano allungati, e la bronzea luminosità era divenuto più intensa e rossastra.


Oh, baby, baby, it's a wild world

It's hard to get by just upon a smile

Oh, baby, baby, it's a wild world

I'll always remember you like a child, girl...


Lucy puntò gli occhi nei suoi. Quei suoi larghi occhi chiari, larghi occhi saggi. “Io non so deciderlo, però.”
Scorpius sospirò. “Cosa pensi sia meglio?”
Lei si grattò nervosamente dietro al collo. “Penso... penso che sia meglio pensarci.”
“Io ti amo.”
Lei abbassò gli occhi. “Ti amo anche io,” sussurrò. “Ma c’è qualcosa che non va.”
Si sarebbe messo a urlare. “Che cosa non va, Lucy? Io ti amo, tu mi ami. Restiamo insieme. Non deve cambiare nulla, io...”
“Quello che è successo ieri –”
“Ma io non volevo!”
“Lo so,” fece lei. “Credimi, lo so.”
“Allora non –”
“Scorpius, ti prego, fammi parlare.”
Lui annuì.
“Penso che sia meglio pensarci un po’,” riprese lei.
Il ragazzo annuì ancora. “Va bene,” disse, “Non c’è bisogno di decidere ora, no?”
Lucy sospirò. “Ho già deciso.”
“Di pensarci?”
“Di pensarci da soli.”


You know I've seen a lot of what the world can do

And it's breakin' my heart in two

Because I never wanna see you a sad girl

Don't be a bad girl...


Nel vederla allontanarsi, Scorpius ricordò improvvisamente quanto Lucy fosse inesorabile. Una volta presa una decisione, non tornava sui propri passi – anche a costo di farsi male.
Anche a costo di farmi male.


Baby, I love you

But if you wanna leave, take good care

I hope you make a lot of nice friends out there

But just remember there's a lot of bad and beware.¹


*


Tre settimane più tardi...

“E così anche l’ultima prova pratica è andata!” esclamò James soddisfatto, sdraiandosi sul bordo del lago.
Grace sorrise e scosse la lunga chioma bionda, prima di poggiare il mento sul suo petto e sorridergli dolcemente. Lui prese ad accarezzarle pigramente i capelli, godendosi il sole estivo. Lei sorrise appena. “Finalmente, eh? Non vedevo l’ora.”
Tacquero per qualche istante.
“Avevi ragione, sai?” disse poi James. “Sui miei fratelli, dico.”
“Come mai?”
“Stavano combinando qualcosa.”
Grace sbuffò. “Te l’avevo detto io! E tu che non mi davi retta...”
“Il bello è che me l’hanno anche detto. Solo che hanno omesso qualche dettaglio, secondo me.”
Lei sollevò leggermente le sopracciglia, guardandolo negli occhi. “Dai, Jamie... a questo punto puoi dirmelo.”
James sospirò teatralmente. “E va bene,” concesse. “C’era una volta...”
“Dai!” lo interruppe lei, ridendo. “Non fare lo stupido!”
“Hai detto stupido a me?”
“Sì, proprio a te!”
“Ti amo”.

Caro Adrian,” lesse il giovane Goldstein. “Ho riflettuto un poco. In effetti mi sono sempre intromesso troppo in alcune parti della tua vita e troppo poco in altre. Spero ci sia tempo per recuperare, figliolo. E voglio conoscere la tua ragazza.”
“Beh,” sorrise Dominique, “adesso voglio conoscerlo anche io tuo padre.”
Adrian annuì, in silenzio.
“Ehi...” fece lei. “Che succede?”
La guardò dritta negli occhi. “Credo di amarti, Domi.”
La ragazza finse di rifletterci su. “Credo di amarti anche io,” convenne infine.
“Dici sul serio?”
“Beh, certo.”
Adrian parve rasserenato, mentre le baciava con dolcezza una tempia.
“A proposito,” disse Dominique, spostandosi per guardarlo in faccia. “Vieni al matrimonio di mia sorella, vero?”
“Non mi stai invitando solo per umiliarmi?”
Rise. “Questa è una vera insubordinazione, Goldstein...” mormorò, prima di afferrarlo per il colletto della camicia e tirarselo dietro sul divano.

“E così partirai.”
Lorcan guardò Molly. “Tanto devi diventare Ministro, Weasley,” brontolò. “Non avresti comunque tempo per me.”
Lei sospirò. “Mi mancherai, però.”
“Sciocchezze. Dici sempre che sono insopportabile.”
“Tu sei insopportabile, Lorcan.”
“Come farò a mancarti, allora?”
Lei ci pensò un istante. “Mi mancherà il tuo essere insopportabile,” concluse poi. “Anche se ammetterò che studiare i Draghi in Romania con la supervisione di mio zio Charlie costituisce un’alternativa valida.”
Lorcan sorrise in quel suo modo un po’ strano – come se per ostinazione non vi fosse abituato. “I draghi non sono meglio di te, Molly.”
“Che novità!” fece lei, sarcastica. “Anche se da te mi aspetta-”
“Ai draghi non si può fare niente del genere,” le fece notare lui, mentre la afferrava per la vita e poggiava le labbra sulle sue con la solita irruenza.
“No,” convenne Molly mentre lo baciava. “Effettivamente no”.

“Ti va di aiutarmi a fare i bagagli?” chiese Lysander a Roxanne.
Lei lo guardò, divertita. “No che non mi va!” disse. “Io ho sempre odiato fare i bagagli.”
Lysander parve sgonfiarsi come un palloncino bucato. “Ah,” fece. “Peccato. Mi sembrava una cosa tanto romantica.”
Roxanne si sentì un poco in colpa. “Mi dispiace!” esclamò.
“Tranquilla,” sorrise lui. “Non lo sapevo, sai?”
“Che cosa?”
“Che odi fare i bagagli.”
La ragazza lo guardò con tenerezza. “Come, ma non sapevi tutto di me?”
“Quasi,” convenne Lysander. “Ma è bello scoprire qualcosa di nuovo, ogni tanto”.


*


La locomotiva del lucido treno scarlatto emetteva continui getti di vapore, al punto che sulla fumosa banchina della stazione di Hogsmeade non si riusciva a vedere ad un palmo dal naso: il binario era assiepato di studenti, i cui contorni erano appena intuibili come sagome confuse attraverso il denso strato di esalazioni.
In quella nebbia, Albus riuscì a malapena distinguere la figura flessuosa di Georgia, ma non appena fu certo che si trattasse proprio di lei le si avvicinò.
“Ehi, Menley!”
Lei gli sorrise, provocante. “Potter... divertiti, quest’estate.”
“Anche tu,” fece lui. “Esci con me a settembre?”.

Lucy era seduta nello stesso scompartimento di Lily e Hugo, ma non partecipava alla conversazione. Fuori dal finestrino il paesaggio scorreva rapido, conducendoli via da Hogwarts – le aveva sempre messo un poco di tristezza, il viaggio di ritorno. L’andata, la chiamava Scorpius, l’inutile andata verso casa.
Qualcuno bussò alla porta dello scompartimento. I tre cugini non avrebbero potuto stupirsi di più, nel vedere chi c’era alla soglia.
“Posso... posso parlarti un attimo?” balbettò Jackie Finigann.
Lucy ignorò le occhiate preoccupate di Lily e Hugo, seguendo la ragazza nel corridoio del vagone senza dire una parola. Fissò l’altra, attendendo che dicesse ciò che doveva.
Jackie, c’è da dirlo, non si fece attendere poi molto. “Mi dispiace,” disse. “Mi dispiace molto di essermi comportata con te in quel modo.”
“Dominique mi ha detto di tua sorella.”
“Mi dispiace anche per quello.”
Lucy le sorrise tristemente. “Lo so”.

Scorpius e Jacob quasi non dissero una parola per tutta la durata del viaggio, nello scompartimento che condividevano con alcuni Tassorosso, i quali giocavano ininterrottamente a Sparaschiocco.
Quando il treno giunse alla stazione di Londra, sii guardarono per un istante solo, e a quel punto Jake sorrise, scuotendo la testa.
Scorpius capì. Ce l’avrebbero fatta entrambi. Anche se le ragazze che amavano li avevano scaricati.
Gli amici servono pur sempre a qualcosa, no?, pensò, nell’assestare al giovane Greengrass una robusta pacca sulla spalla.


Come ogni anno, l’arrivo a King’s Cross fu rumoroso e confusionario – saluti, grida, abbracci, anche lacrime. Risate.
“Ehi, Weasley!”
Rose si volse verso chi l’aveva chiamata.
Bernard Boot stava correndo verso di lei, goffo e impacciato come suo solito.
“Passa una buona estate, Weasley.”
Lei annuì, seria. “Certo,” gli assicurò. “Anche tu.”
Lo guardò allontanarsi, stranamente divertita
“Chi era quello?” le chiese Ron, una volta che il ragazzo ebbe raggiunto i propri genitori.
Rose sorrise, stringendosi al padre. “Un amico”.








¹ La canzone di Scorpius e Lucy è, come avrete capito, Wild World di Cat Stevens. Posto qui la traduzione di tutti i brani che ho inserito: Oh, tesoro, è un mondo selvaggio / è dura farcela solo con un sorriso / Oh, tesoro, è un mondo selvaggio / ti ricorderò per sempre come una bambina, ragazza. Poi: Sai, ho visto parecchio di quanto il mondo può fare / e questo sta spezzando il mio cuore in due / Perché mai avrei voluto vederti come una ragazza triste / Non essere una cattiva ragazza. E in ultimo: Tesoro, ti amo / ma se vuoi andartene, abbi cura di te / spero che troverai tanti buoni amici, là fuori / ma attenzione, ricorda che ce ne sono molti di cattivi.



Note dell’Autrice
E siamo al penultimo. Dopo lunghe riflessioni, ho stabilito di scrivere questo e poi un solo epilogo. Spero... spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Non so come ringraziarvi per tutto.
Avrete notato che lascio molti punti in sospeso. Vi assicuro che tutto vi sarà chiarito, qualcosa prima e qualcosa poi.
Per oggi basta così, che altrimenti mi commuovo.
Ci rivediamo per l’epilogo, e poi per il sequel!
Joie,
Daph.



 
   
 
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