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Autore: Apricot    26/01/2012    1 recensioni
Arrivarono all'incrocio delle due stradine dove si era fermate il giorno precedente, però questa volta svoltarono a destra.
-Ma guarda che a destra non c'è niente! Perché veniamo qui?-
-Non c'è niente? A destra c'è il mondo intero, ricordatelo bene!-
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 MESI PRIMA.
GENNAIO
 
-Ethel! La colazione, muoviti!-
Ethel corse lungo le scale allacciandosi i bottoni dei jeans sgualciti. Saltò gli ultimi due scalini provocando un tonfo che fece scappare il gatto malnutrito di sua madre.
Diede un’occhiata al tavolino rotondo della cucina. Non c’era nessuna colazione.
Aprì l’anta destra dell’unico mobiletto ancora sano presente in quella stanza e tirò fuori una scatola di biscotti. Controllò la scadenza. Aveva imparato a controllare la scadenza di ogni singolo cibo da quando all’età di sette anni stette male per un paio di yogurt andati a male.
Frugò bene con la mano e scelse dei biscotti ancora interi.

Tua sorella è già fuori che ti aspetta in macchina. Vedi di ricordarti tutto, non voglio tue visite impreviste.-


- Certo Hanna.-


Ethel aveva smesso di chiamare sua madre ‘mamma’ da qualche mese. Non la chiamava spesso per nome, solo quando considerava i suoi comportamenti non materni.
Hanna non aveva detto niente a proposito della partenza di Ethel.
In un certo senso non si capiva se ne soffrisse o se per lei fosse una liberazione. Mostrava indifferenza, ma Ethel sosteneva che in realtà non vedesse l'ora di stare da sola.
Afferrò il borsone verde pastello utilizzato anni prima per le lezioni di danza, e il suo zaino. Sua sorella aveva già caricato nel cofano i libri di scuola, anche se non sapeva quanto gli fossero potuti servire.
 
Entrò nella Ford grigio scuro sbattendo la portiera e aprendo il finestrino.
Corinne le rivolse un sorriso di rassicurazione.
Corinne se ne era andata all’età di 19 anni, ma lo avrebbe fatto prima se i soldi glielo avessero permesso.
Quando aveva lasciato quella casa aveva provato una senso di liberazione immenso. Sapeva che sarebbe riuscita a crearsi una vita nuova. Non avrebbe più pensato a sua madre. E così aveva fatto.
La casa a Doolin non era di sicuro la più bella casa del paese, ma a lei andava bene. Aveva il suo lavoro, aveva i suoi amici, aveva il suo ragazzo, aveva la sua casa. Era indipendente, e questo la faceva sentire benissimo.
Ecco perché era così felice di poter vivere con sua sorella minore. Ecco perché era così felice di poter far si che anche Ethel provasse quella bella sensazione che aveva provato lei tre anni prima.
 

- Fra un mese è il tuo compleanno, vecchia!-

- A chi hai dato della vecchia?-
- Cara mia, ormai sono 22!-
- Questi sono gli anni migliori!-
- No, gli anni migliori sono i 16.-
- Non penso proprio, lo capirai.-
- Vero che casa tua non è lontana?-
- No, tranquilla. A proposito, io ti ho sistemata nella mia stessa camera, tanto ho il letto grande. Appena mi avanzano un po’ di soldi in più potremmo andare a comprare un armadio decente, così ci stanno anche i tuoi vestiti.-
- Non ti preoccupare, per me va bene tenerli nel borsone.-
- No! Non ti voglio mica far vivere come una profuga.-
- Lo so, però non voglio che spendi soldi per me. È già tanto che mi ospiti, sono felice di essermene andata di casa.-
- Chiunque lo sarebbe al tuo posto. Come sta la mamma?-
- Come sempre.-
- Beve ancora?-
- Ovvio.-
- Ma come una volta?-
- Ovvio.-

Le loro voci si abbassarono, così come i loro occhi.
Restarono in silenzio per qualche secondo. Entrambe sapevano che cosa significava vivere con Hanna, entrambe avevano provato gli stessi dolori, entrambe avevano vissuto gli stessi incubi.
Corinne buttò una rapida occhiata al suo polso destro. Una parte della cicatrice spuntava dal maglioncino arancio che portava. Era una linea dritta e lunga almeno cinque centimetri.
Ricordava come se l’era provocata come se fosse successo il giorno prima.
Ricordava l’alito che sapeva di alcol della madre, ricordava il suo viso sconvolto mentre rompeva il collo della bottiglia di vino scadente ed economico per poi gettarsi su Ethel. Ricordava come aveva spinto sua sorella per terra in tempo e come il vetro le aveva tagliato il polso facendolo grondare di sangue.
Nessuna delle due aveva provato sensi di colpa per essere andata via, nessuna di loro si preoccupava di come avrebbe potuto vivere la madre una volta rimasta sola in casa.
Ci sono delle volte in cui pensare a se stessi è la soluzione migliore.
 
Ethel riaprì le palpebre lentamente ed alzò il viso. Il finestrino umido e freddo aveva cominciato a darle fastidio.
Sapeva di trovarsi quasi vicino a Doolin.
Questa volta appoggiò il capo sullo schienale nero impregnato dell'odore del fumo delle sigarette di sua sorella.
Presero una stradina stretta, e dopo la terza curva l'auto si fermò.
La casa era piccola. Molto piccola. Gialla, ma di un giallo sbiadito e triste.
In realtà qui quasi tutto è sbiadito e triste, comprese le persone”, le aveva risposto Corinne.
A Ethel però non importava, era felice di essersene andata via. Era felice di aver abbandonato la sua vecchia vita, di aver voltato pagina. Era felice di poter passare del tempo con sua sorella.
Si dice che quando le donne vogliono cambiare radicalmente la loro vita partono dai capelli.
Ethel si era tagliata la frangetta ed aveva raccolto tutta la sua chioma in un'alta coda di cavallo.
A sua madre non erano mai piaciuti i suoi capelli. Biondi. Come quelli di suo padre.
 
Portarono il saccone con i pochi vestiti che aveva e i suoi libri nella stanza al piano di sopra.
La camera era la stanza più grande e più illuminata.
I vetri della finestra grande e bassa facevano trapelare la poca luce del sole presente.
Appoggiò il borsone accanto al letto, anch'esso piuttosto basso.
La camera era di suo gradimento, ma Corinne aveva ragione: c'era bisogno di un armadio grande. 
  
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